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Pubblicata il 2 luglio 2013

Rwanda

Tra i tanti stati africani in cui opera AVSI vi è il Rwanda, in cui è presente sin dal 1994, anno del tristemente famoso genocidio che contrappose le comunità Hutu e Tutsi.

Da allora AVSI ha portato avanti moltissimi progetti: nel settore della sanità soprattutto per la prevenzione dell’HIV/AIDS; nei campi rifugiati congolesi presenti in Rwanda con progetti di “Child Protection”; nell’ambito idrico-ambientali con la costruzione e riabilitazione di acquedotti, insieme ad attività di sensibilizzazione su tematiche igienico sanitarie rivolte alla popolazione.

Di grande importanza anche i progetti nel settore educativo, volti a garantire ai bambini e giovani poveri, spesso orfani, la possibilità di avere un’istruzione, cure mediche, di avere supporto psicologico e una vita dignitosa.

In questo quadro di attività si inserisce il progetto del Sostegno a distanza, cui si dedica con passione Evelyne, assistente sociale che si occupa di seguire le famiglie e i bambini vulnerabili nel distretto di Gatsibo attraverso il metodo “fare con”, promosso da AVSI in ogni suo intervento:

“Durante il nostro lavoro di assistenza sanitaria, psicosociale e di supporto all’istruzione, abbiamo scoperto presso le nostre famiglie grandi capacità.Vogliono e possono cambiare la loro vita, hanno buoni progetti. Si pensava fossero totalmente vulnerabili, ma nonostante le loro difficoltà dimostrano di essere in grado di crescere non appena trovano una guida, qualcuno che le ascolti e le consigli, mostri loro come muoversi.

Durante la mia attività di follow up, ho parlato molto con le famiglie circa il loro stile di vita le loro competenze, le difficoltà che incontrano…prima di tutto occorre essere molto attenti alle loro parole, prestare ascolto, dare tutto il tuo tempo, partecipare realmente alla loro vita. A volte è necessario anche condividere le tue esperienze, la tua storia.

Bisogna creare un rapporto di fiducia perché possano aprirsi e iniziare a camminare insieme a te. Nella mia esperienza ho sempre notato una risposta positiva a questo approccio. Dopo un po’ è la stessa madre, o padre, che ti espone la sua idea, che ti chiede un parere su di essa: vorrei fare questo…secondo te è possibile? Potrei riuscire?

Spesso infatti, a causa dell’estrema indigenza in cui si trovano, li marchia un complesso di inferiorità. Questo è uno dei più grossi freni al loro sviluppo, non riescono a mostrare le loro capacità, la loro intelligenza. Tutto dipende da una buona relazione con queste famiglie: solo così si possono scoprire, svelare a loro stesse i loro tanti talenti”.

Talvolta capita, ci racconta, che l’aiuto venga frainteso, che i destinatari invece di trovare una spinta a mettersi in gioco si siedano ancora di più, pensando che d’ora in poi ci penserà l’assistente sociale ad aiutarli in tutto. Anche in questo caso si tratta di approfondire il rapporto con la famiglia, farle capire perché è importante che impari a camminare da sola, che il tratto di strada che si compie assieme per trovare le risorse serve ad imparare. Aiutati sì, ma al fine di divenire autonomi.

Sono tante le testimonianze che Evelyne ci porta di questo metodo, tanti i suoi racconti. Storie come quella della famiglia di Geradine Tuyisingive, ora sostenuta a distanza.

Quando Evelyne la conobbe, viveva insieme ai fratelli e con la madre, sieropositiva, spesso malata, il cui primo marito era morto di AIDS e il secondo l’aveva abbandonata. Erano soli, senza accesso a cure mediche né ad aiuti alimentari. La situazione era così disperata che la madre passava i suoi giorni ad aspettare di morire.

Dopo l’incontro con questa famiglia i figli vengono inseriti nel programma di Sostegno a distanza e qualcosa inizia a cambiare.

Evelyne ci racconta del riaffiorare della speranza nella vita di questa donna. Le visite a casa si susseguono, viene accompagnata ad accedere ai canali di aiuto delle autorità locali. Si scopre in grado di prendere la vita della sua famiglia nelle sue proprie mani. Tramite il supporto di AVSI avvia un piccolo commercio di pesci e patate e da allora non si è più fermata.

Ha ampliato il suo commercio, è divenuta autosufficiente, ha iniziato a frequentare il centro sanitario con regolarità per curarsi. È fiera ed orgogliosa di poter sostenere la sua famiglia.

Come lei tante altre famiglie, tante altre storie che raccontano di un nuovo inizio, un cambiamento positivo che si allarga, come i cerchi nell’acqua, in tutta la comunità in cui queste famiglie vivono.