L'ASPÈTTO FILOLOGICO
Abbiamo visto che il termine greco in questione è "epikalùmenon^ forma verbale di "Epikaléo"', ma qual è il suo reale significato? Un autorevole dizionario dice:(3)
"(epikaléo) ha normalmente il significalo di apostrofare, invocare e precisamente: a) l'adorazione, l'invocazione religiosa della divinità; b) in senso giuridico, richiamarsi a, fare appello "
Quale dei due significati bisogna dare alla "epikaléo" di Stefano descritta in Atti 7:59? Certamente non gli si può dare il senso giuridico. Quindi, gli si deve dare il primo significato, cioè quello di "adorazione, invocazione religiosa della divinità".
Lo stesso dizionario dopo una analisi della voce verbale "kaleo", dice:(4)
"Se prescindiamo dai casi in cui esso può significare, come kaléo, nominare o essere nominato (At 4,36; i 2, i 2) e da At 25-28 (unico caso in tutta la bibbia) in cui indica per 6 volte l'appello giuridico interposto da Paolo al tribunale imperiale, il verbo viene spesso usato per esprimere ^invocazione di dìo o del suo nome (per es. At 7,59; 9,14; Rm I0,12ss; 1 Cor 1,2) "
Quindi, l'invocazione di Stefano è da intendersi come preghiera, e non semplicemente un "fare appello". Anche nella Versione dei LXX, "epìkaléo" ha spesso lo stesso significato, in quanto esso traduce anche il termine ebraico "'beshem":
1. I Cronache 4:10 "epikalém fon Theòn Isarel", Invocò il Dio d'Israele;
2. Genesi 13:4 "epikaléin to ònoma Kirìou", Invocò il nome dd Signore (la T.N.M. ha '"invocò il nome di Geova).
Altri versetti in cui la versione dei LXX usa 'Epikaléo" con riferimento a Yahwéh, sono: I Rè 18:24; Isaia 64:7; Geremia 10:25 e altri. La conclusione è che in Atti 7:59 Stefano sta "invocando, pregando" Gesù Cristo.
il CONTESTO
II CD insiste molto sul contesto per una esatta traduzione, ma qui, come molte altre volte, non ne tiene conto, rifugiandosi, in Atti 25:11 dove contestualmente la situazione è diversa da quella descritta in Atti 7:59, e dove il verbo "epikaléo'\ ha giustamente il significato di "fare appello". Ignora, invece (forse volutamente), tutti gli altri versetti in cui "epikaléo" ha proprio il significato di "invocare, pregare" (Cfr. Atti 9:14; Romani 10:12, 13, 14; I Corinzi 1:2). Questi sono i versetti con cui va letto Atti 7:59.
La situazione in cui si trova l'apostolo Paolo è completamente diversa da quella in cui si trova Stefano. Paolo si trova in un tribunale, ed è ovvio che nel difendersi si "appella" a Cesare (Cfr. Atti 25:11). Mentre Stefano sta per essere lapidato, è in punto di morte. Egli aveva visto la gloria di Dio e Gesù che stava alla Sua destra (Cfr. Atti 7:55, 56), e "invoca e prega" Gesù (Atti 7:59). Certamente, nessuno pensa che in punto di morte Stefano facesse semplicemente appello.
Nel caso di Paolo si tratta di una situazione giuridica, mentre nel caso di Stefano si tratta di una situazione religiosa. Com'è possibile chiudere gli occhi dinanzi alle evidenze più evidenti?
D'altronde siamo convinti che il CD conosce bene i fatti, ma tenta di nasconderli ai propri adepti. La prova di ciò ce l'abbiamo nei loro stessi scritti, nel fatto che la traduzione letterale inglese che danno a "epikaléo" nei loro Interlinear non è "as he made appeal" (mentre faceva appello), ma "calling upon" (mentre pregava, invocava).
Quindi, la stessa W.T. ammette implicitamente che la propria traduzione della Bibbia (T.N.M.) non è una traduzione letterale del testo originale, cadendo così in una clamorosa contraddizione con quanto ha fatto scrivere nel libro "Tutta la Scrittura è ispirata da Dio" che diceva:
32 Una traduzione letterale. Anche la natura letterale di una traduzione è indice della sua fedeltà. Ciò richiede una corrispondenza quasi, parola per parola fra la traduzione e i testi ebraico e greco. La traduzione dovrebbe quindi essere quanto più letterale è possibile, nella misura in cui il modo di esprimersi della lingua originale lo permette. Inoltre, perché la traduzione sia letterale l'ordine delle parole deve rimanere in gran parte com'è in ebraico o in greco, conservando così l'enfasi degli scritti originali. Ì..3 traduzione letterale consente di trasmettere accuratamente il sapore, il colore e il ritmo degli scritti originali
(Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile", pubblicato dalla Watch Tower, edizione 1991,pag. 326)
Se è vero che il contesto di una frase ci illumina sul significato di una o più parole che la compongono, è altrettanto vero che il significato di una frase dipende in molti casi dal modo in cui si traduce una parola. Ora, una cosa è la traduzione, un'altra cosa è l'interpretazione. L'interpretazione del versetto può variare (vedi per es. Mattco 16:18), ma la traduzione deve essere fedele al testo originale; si, deve essere letterale, proprio come dice la W.T., ma che purtroppo poi non fa.