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Gv 19, 26-27

Dopo aver ricordato la presenza di Maria e delle altre donne presso la croce del Signore, san Giovanni riferisce: "Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: 'Donna, ecco il tuo figlio!'. Poi disse al discepolo: 'Ecco la tua madre!'" (Gv 19,26-27).

Le parole di Gv 19, 26-27 sono state interpretate da molti credenti, unicamente come manifestazione della pietà filiale di Gesù verso la Madre, affidata al discepolo per la necessità contingente di risolvere un problema familiare. Seguendo questa lettura si deduce che Gesù abbia atteso gli ultimi istanti della sua vita per “trovare una sistemazione” a Maria. Occorre però tenere presenti alcuni particolari interessanti, che il Vangelo opportunamente ci rivela, ovvero che la morte di Gesù pur causando la massima sofferenza a Maria, non cambia di per sé le sue abituali condizioni di vita presenti e future. Infatti, abbandonando Nazaret per iniziare la sua vita pubblica, Gesù aveva lasciato sola la Madre già da tempo. Inoltre, volendo andare anche sulle sfumature, ricordiamo la presenza presso la croce della sua parente, Maria di Cleofa; cosa che permette di capire che la Vergine era in buoni rapporti con la famiglia e il parentado (cosa ravvisabile anche in altri "momenti" raccontati dal Vangelo). Quindi sia per il rispetto umano di cui godeva in famiglia, sia per l’oggettiva condizione di prestigio di cui godeva presso coloro che seguivano Gesù, di certo non vi erano difficoltà per cui avrebbe potuto trovare accoglienza dopo la morte del Figlio presso parenti o rispettosi fratelli. Fermo restando che Maria, sola da tempo, non avesse già una situazione serena dal punto di vista del sostentamento.

Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: 'Donna, ecco il tuo figlio!'. Poi disse al discepolo: 'Ecco la tua madre!' (Gv 19,26-27).

Queste parole, particolarmente commoventi, costituiscono una "scena di rivelazione": rivelano i profondi sentimenti del Cristo morente e racchiudono una grande ricchezza di significati per la fede e la spiritualità cristiana. Infatti, volgendosi, alla fine della sua vita terrena, alla Madre e al discepolo che amava, il Messia crocifisso stabilisce relazioni nuove di amore tra Maria e un uomo, Giovanni. Un uomo che amava in quanto Dio d’Amore e che stimava in quanto Vero Uomo. Quell’Amore Gesù lo ha però provato, prova e proverà non solo per Giovanni ma anche per tutti gli uomini in quanto Agnello immolatosi per Amore nostro.

Ecco che Giovanni è segno di una generazione spirituale riguardante l'intera umanità. E qui sta la chiave di tutto.

Quanto detto sopra apre la strada a una verità complessa e straordinaria, ineffabile e misteriosa. In ogni caso queste parole, non casuali, racchiudono l’ennesimo compimento del disegno di Dio (qui dovremmo poi andare a capire cosa si compie, ma riserviamo la questione per ulteriori approfondimenti che esulano da questa discussione specifica). La considerazione attenta di queste parole (confermata dall'interpretazione di molti Padri della Chiesa) ci pone dinanzi nella duplice consegna di Gesù, ad una rivelazione preziosa.

Le parole di Gesù morente sono straordinarie: Maria riceve la missione di essere “Madre” per un uomo che non è suo figlio naturale e Giovanni riceve Maria come Madre sua.

Un ordine chiaro che sottintende una nuova missione, un nuovo ruolo, per la Madre terrena del Redentore. Ma notiamo anche cosa dice l'Evangelista dopo le espressioni di Gesù alla Madre. Riporta un inciso significativo: "Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta..." (Gv 19,28 ), quasi a voler sottolineare che con questo dono della Madre anche quest’ultimo particolare del progetto divino era compiuto.

Gesù morente affidò la propria madre a un discepolo: "Poi disse al discepolo: " Ecco tua madre ". E da quel momento il discepolo la prese in casa sua" (Giovanni 19,, 27).

Questo discepolo non era un figlio di Maria. Quasi certamente era Giovanni, in quanto lo designa col titolo: il discepolo "che egli amava", e che è unanimemente riconosciuto come l'evangelista, figlio di Zebedeo (Matteo 4, 21).

Il gesto di Gesù morente è comprensibile solo se si ammette che Gesù era figlio unico. Se Maria avesse avuto altri fìgli, quel gesto di Gesù sarebbe stato offensivo o almeno poco riguardoso ed anche illegale. I supposti figli di Maria, le fìglie, i generi, le nuore, oltre a sentirsi offesi, avrebbero contestato a Giovanni il diritto di avere con sé la loro madre. Avrebbero giudicato irresponsabile il gesto di un morente.

Nulla di tutto questo nei vangeli. Giovanni prese Maria con sé in casa sua, pacificamente, senza contestazione alcuna. Gesù, perché figlio unico, poteva e doveva provvedere a sua madre un rifugio conveniente dopo la sua morte. Scelse quello di un discepolo.

Si obietta di solito: Gesù affidò sua madre a un estraneo perché i suoi fratelli non credevano in lui (cf. Giovanni 7,5).

Ma dal Vangelo appare che solo al principio della vita pubblica di Gesù i suoi parenti non l'hanno capito troppo. Ma con l'andare del tempo cambiarono idea e divennero suoi discepoli.

Infatti, li troviamo concordi con gli Apostoli ed assidui nella preghiera in attesa dello Spirito Santo (cf. Atti 1, 14). Giacomo fu messo alla guida della comunità cristiana di Gerusalemme (cf. Galati 2, 9; Atti 15, 13,) e gli altri parenti si dedicarono alla predicazione del Vangelo anche fuori della Palestina (cf. 1 Corinzi 9, 5).

Perché allora Gesù avrebbe dovuto affidare sua madre ad uno che non fosse figlio naturale di Maria se vi fossero stati dei figli naturali, tra cui anche persone che sarebbero presto divenuti tra i suoi testimoni più importanti?
La risposta logica è che Maria non aveva altri figli naturali.
[Modificato da AmarDio 03/02/2010 17:25]