00 07/02/2019 12:36

500 imam al fianco di Asia Bibi e contro l’Islam violento



islam fondamentalistaIn Pakistan 500 leader islamici prendono posizione a favore di un Islam moderato, isolando e condannando i terroristi e l’interpretazione violenta del Corano. Un passo storico, frutto della lungimirante posizione dialogante della Chiesa.


 


Papa Francesco lo aveva chiesto esplicitamente nel 2014, riferendosi al terrorismo: «Sarebbe bello che tutti i leader islamici parlino chiaramente e condannino quegli atti, aiuterà la maggioranza del popolo islamico a dire “no”. Abbiamo bisogno di una condanna mondiale da parte degli islamici, che dicano: “Noi non siamo quelli. Il Corano non è questo”».


Una risposta concreta la si è avuta cinque anni dopo, in occasione dell’assoluzione della cristiana pakistana accusata falsamente di blasfemia, Asia Bibi, un evento che ha incendiato il mondo islamico. Alcuni estremisti del partito Tehreek-e-Labaik hanno chiesto ed ottenuto una revisione del caso ed il nuovo giudizio si attende a breve, intanto la donna è in attesa fuori dal carcere (in cui è stata 3.421 giorni), in un luogo segreto.


 


500 leader islamici contro l’Islam fondamentalista: un passo storico.


Nel frattempo oltre 500 predicatori islamici pakistani -durante il Consiglio pakistano degli ulema- hanno firmato la “Dichiarazione di Islamabad” contro il terrorismo islamico. Una svolta storica per la Repubblica islamica del Pakistan e il documento contiene anche un riferimento eccezionale ad Asia Bibi. Numerosi i punti riguardanti la libertà religiosa, si condannano gli omicidi compiuti «con il pretesto della religione», affermando che tutto questo «è contro gli insegnamenti dell’islam». La dichiarazione ribadisce l’importanza della lotta al fondamentalismo ed afferma che nessun musulmano o non musulmano può essere dichiarato “meritevole” di essere ucciso tramite sentenze pronunciate al di fuori dei tribunali e i fedeli di ogni religione o setta hanno il diritto costituzionale di vivere nel Paese in base alle proprie norme culturali e dottrinali.


I leader islamici vietano di pubblicare materiale che incita allodio religioso e riconoscono il Pakistan come un Paese multi-etnico e multi-religioso così, in accordo con gli insegnamenti della sharia, sottolineano che «è responsabilità del governo proteggere la vita e le proprietà dei non musulmani che vivono in Pakistan. Il governo deve trattare con fermezza gli elementi che minacciano i luoghi sacri dei non musulmani residenti in Pakistan». Ed ancora, si legge: «tutti i non musulmani residenti in Pakistan hanno propri diritti e il governo deve assicurare i diritti fondamentali delle minoranze». Il 2019, infine, viene decretato come l’anno dedicato a «sradicare il terrorismo, l’estremismo e la violenza settaria dal Paese». «Un passo storico», lo ha definito l’Osservatore Romano.


 


Nel Corano c’è di tutto: pace e sottomissione. Manca un’autorità e le fonti sono contraddittorie.


E’ piuttosto sterile la polemica tra chi parla di “Islam pacifico” e “Islam fondamentalista”:  hanno torto entrambi. Nel Corano si trova di tutto, sia versetti di pace che di sottomissione degli infedeli. Ogni attentato terroristico è sempre appoggiato da un un giurista musulmano che lo ritiene conforme ad un precetto dell’islam ma, tuttavia, ci sono tanti altri giuristi che lo condannano, anch’essi partendo dai precetti dell’Islam. Il grande problema è la contraddittorietà delle fonti e la mancanza di un interlocutore unico, di un’autorità unica ad interpretare la sharia, la legge islamica.


Il patriarca cattolico iracheno, Louis Raphaël Sako -creato cardinale da Francesco come segno di vicinanza ai cristiani perseguitati- ha recentemente ribadito che «l’Isis secondo me è politicizzata, è chiaro, ma l’Isis si basa sui versetti del Corano. I musulmani devono fare una nuova lettura dei versetti che chiedono la violenza, che pensano che solo l’Islam sia la vera religione, che le altre religioni siano false. Se ci sono versetti del tempo di Maometto bisogna inserirli nel contesto, fare una esegesi, come noi abbiamo fatto». Ma, tuttavia, ha precisato: «Non tutti i musulmani sono fanatici, non bisogna generalizzare, e per natura gli iracheni sono moderati, abbiamo vissuto 35 anni in un regime laico. Poi gli americani hanno aperto le frontiere e sono entrati tutti questi fondamentalisti dalla Giordania, dall’Egitto, dallo Yemen, dall’Arabia Saudita».


 


Benedetto XVI e l’Islam: coerenza con l’approccio di Papa Francesco.


Qualche settimana fa il card. Gerhard Müller, ex prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ha ribadito che «la maggioranza dei musulmani è pacifica». Non mancano episodi di cronaca che lo dimostrano, come il recente invito dell’International Christian Concern a firmare una lettera ai familiari di un ufficiale di polizia musulmano che ha sacrificato la sua vita per salvare centinaia di fedeli in Egitto, oppure la fila di musulmani egiziani per donare sangue ai cristiani vittime degli attentati. Anche una moschea ha ospitato e ristorato i giovani cattolici che partecipano in questi giorni alla Giornata Mondiale della Gioventù di Panama e perfino il quotidiano Libero ha certificato che in Palestina i musulmani convivono pacificamente con le tradizioni cristiane.


Benedetto XVI non attribuì mai alla religione islamica, in modo generalizzato, la responsabilità degli attentati terroristici. Addirittura disse che «certamente l’Islam contiene degli elementi in favore della pace» e, in un’altra occasione, ricordò che «i musulmani condividono con i cristiani la convinzione che in materia religiosa nessuna costrizione è consentita, tanto meno con la forza». Nel novembre 2006, due mesi dopo la crudele esecuzione di tre cattolici indonesiani da parte di fondamentalisti musulmani, volle manifestare «tutta la mia stima per i musulmani». Anche il suo successore, Papa Francesco, ha ribadito che «non si può dire che tutti gli islamici sono terroristi». Quando lo si afferma, «tanti islamici sono offesi. Dicono: “No, noi non siamo questo. Il Corano è un libro di pace, è un libro profetico di pace. Questo non è islam”». Da queste parole è nata la leggenda che Bergoglio ritenga l’Islam “una religione di pace”, cosa che non ha mai detto, ma d’altra parte anche Giovanni Paolo II subì diverse reprimende dai soliti polemisti per il “dialogo ad ogni costo” con i leader islamici.


 


Salvaguardare il dialogo con i musulmani moderati, allearsi con loro.


Dipingere la religione islamica come estranea al terrorismo e al desiderio di sottomissione degli infedeli (cioè tutti i non islamici) è chiaramente fuorviante e falso. Ma lo è anche continuare a perpetrare la generalizzazione Islam = terrorismo, ignorando una realtà più ampia e stratificata. Sopratutto perché contribuisce a rinforzare l’area realmente fondamentalista, togliendo fiato e riflettori invece a chi, all’interno del mondo musulmano, vi si oppone. La scelta più ponderata resta quella di dare rilevanza alla possibile convivenza pacifica (come recentemente ha fatto la Chiesa polacca) ed appellarsi ai leader islamici disponibili ad un dialogo, alla separazione fra politica e religione e alla revisione storica del Corano, perché convincano il popolo ad isolare e condannare i fondamentalisti. La recente Dichiarazione di Islamabad è uno dei frutti più maturi di questo tentativo.


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