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 “Ecumenismo”.
Il vocabolo ecumenismo indica il movimento che tende a riavvicinare e a riunire tutti i fedeli cristiani e quelli delle diverse Chiese. La base di partenza, su cui si erge il concetto stesso della Chiesa ecumenica, è la collettiva fede nella Trinità: in Dio Padre, in Gesù Cristo Figlio e in Dio Spirito Santo. Il termine stesso deriva dalla parola a “oikouméne”, che indica sin dal principio la parte abitata della Terra; la scelta indica come una sorta di indirizzo nella ricerca di una sempre più stretta collaborazione e comunione tra le varie chiese cristiane che abitano il mondo. Per ben comprendere la necessità di dover redigere una “riforma ecumenica” è doveroso considerare due concetti cardinali che si amalgamano tra loro. In primis è bene analizzare la differenza tra errore o disobbedienza e la ben più grave ed intollerabile eresia, unitamente alla storia del Cristianesimo, contrassegnata da svariati scismi e/o tradimenti.

Questa è la definizione di eretico che da la Chiesa: "Poiché non si deve chiamare subito eretico uno che abbia peccato contro la fede, ma se, disprezzata l'autorità della Chiesa, difende pertinacemente le sue empie opinioni" (Catechismo Tridentino, 103). Per pertinacia si intende insistenza. Ora il celibato sacerdotale, tanto per citare un esempio, non è un argomento di fede (tipo la Presenza Reale o la Trinità o l'infallibilità del Papa, ecc...), ma è una regola. Si deve obbedienza, ma se non la si pratica non certo si nega una verità di fede, tuttavia si incorre in un persistente errore che è accomunabile alla disobbedienza. Sant'Agostino, tuttavia, disse: "Roma ha parlato, il caso è chiuso".

Come ci tenne, in merito alle verità di fede, a specificare Leone XIII: Da quanto si è detto appare dunque che Gesù Cristo istituì nella chiesa "un vivo, autentico e perenne magistero", che egli stesso rafforzò col suo potere, lo informò dello Spirito di verità e l'autenticò coi miracoli; e volle e comandò che i precetti della sua dottrina fossero ricevuti come suoi. Quante volte dunque questo magistero dichiara che questo o quel dogma è contenuto nel corpo della dottrina divinamente rivelata, ciascuno lo deve tenere per vero, poiché, se potesse essere falso, ne seguirebbe che Dio stesso sarebbe autore dell'errore dell'uomo, il che ripugna: "O Signore, se vi è errore, siamo stati da tè ingannati". Quindi, rimossa ogni ragione di dubitare, a chi mai sarà lecito ripudiare una sola di queste verità, senza che egli venga per questo stesso a cadere in eresia e senza che, essendo separato dalla chiesa, rigetti in blocco tutta la dottrina cristiana?

Tale è infatti la natura della fede, che nulla tanto le ripugna come ammetterne un dogma e ripudiarne un altro. Infatti la chiesa professa che la fede è una "virtù soprannaturale, con la quale, ispirati e aiutati dalla grazia di Dio, crediamo che sono vere le cose da lui rivelate, non già per l'intrinseca verità delle medesime conosciuta con il lume naturale della ragione, ma per l'autorità dello stesso Dio rivelante, che non può ingannare ne essere ingannato". Se dunque si conosce che una verità è stata rivelata da Dio, e tuttavia non si crede, ne segue che nulla affatto si crede per fede divina. Infatti quello stesso che l'apostolo Giacomo sentenzia del delitto in materia di costumi, deve affermarsi di un'opinione erronea in materia di fede: "Chiunque avrà mancato in un punto solo, si è reso colpevole di tutti".

(Gc 2,10). Anzi a più forte ragione deve dirsi di questa che di quello. Infatti meno propriamente si dice violata tutta la legge da colui che la trasgredì in una cosa sola, non potendosi vedere in lui, se non interpretandone la volontà, un disprezzo della maestà di Dio legislatore. Invece colui che, anche in un punto solo, non assente alle verità rivelate, ha perduto del tutto la fede, in quanto ricusa di venerare Dio come somma verità e "proprio motivo di fede": perciò sant'Agostino dice: "In molte cose concordano con me, in alcune poche con me non concordano; ma per quelle poche cose in cui non convengono con me, a nulla approdano loro le molte in cui con me convengono". E con ragione; perché coloro che della dottrina cristiana prendono quello che a loro piace, si basano non sulla fede, ma sul proprio giudizio: e non "rendendo soggetto ogni intelletto all'obbedienza a Cristo" (2Cor 10,5) obbediscono più propriamente a loro stessi che a Dio. "Voi - diceva Agostino – che nell'evangelo credete quello che volete, e non credete quello che non volete, credete a voi stessi piuttosto che all'evangelo". (Leone XIII - Enciclica Satis Cognitum).

Ovviamente, tutte le vecchie e i contadini, il popolino per intenderci, nati per loro sventura in altre tradizioni religiose, che non sanno niente di tutto ciò e sono convinti di essere nella verità (in buona fede) e non solo, non sono eretici, proprio perché non gli è mai stato annunciata per bene la verità, né si sono mai rifiutati con ostinazione di credere con l'ossequio dell'intelletto ad eventuali verità di fede della Chiesa Cattolica dopo aver capito che cosa è la Chiesa Cattolica e cosa stanno facendo loro: "Chi, trovandosi senza sua colpa, ossia in buona fede, fuori della Chiesa, avesse ricevuto il Battesimo, o ne avesse il desiderio almeno implicito; cercasse inoltre sinceramente la verità e compisse la volontà di Dio come meglio può; benché separato dal corpo della Chiesa, sarebbe unito all'anima di lei..." (Catechismo di San Pio X).

Terminata questa breve ma obbligatoria parentesi, cercherò di soffermare la vostra attenzione sulle radici storiche delle eresie, riportando sinteticamente un riassunto degli scismi avvenuti nella Chiesa. “Anche se non sono mai mancati elementi di contrasto, dottrinali e pratici, già nelle primissime comunità (come testimoniano gli Atti degli Apostoli e alcune lettere di San Paolo), le prime divisioni tra cristiani, i cui effetti durano ancora oggi, hanno avuto inizio circa quattrocento anni dopo la morte di Gesù, intorno alle questioni di fondo sulla sua natura, come vero Dio e vero uomo. In particolare alcune Chiese tra le quali l'armena copta, l'etiope e la siriaca rifiutarono la definizione che fu data durante il Concilio di Calcedonia, nell'anno 451, secondo il quale la natura divina e la natura umana di Gesù sono unite «senza confusione e senza separazione». Oggi queste Chiese vengono chiamate ortodosse orientali o precalcedonesi perché condividono con gli altri cristiani solo le decisioni dei concili precedenti a quello di Calcedonia.

Le fratture più profonde in venti secoli di storia della Chiesa sono state quella tra Chiesa di Costantinopoli e Chiesa di Roma nel 1054 e quella verificatasi tra Cattolicesimo e Protestantesimo a partire del XVI secolo. Entrambe, da cause di natura politica e religiosa, hanno presto portato ad una differenziazione in alcuni contenuti della fede, nonché nella diversa pratica della vita cristiana. Naturalmente, vi è un patrimonio di fede - corrispondente al periodo della Chiesa indivisa - ancora in comune tra le tre principali confessioni cristiane: il Battesimo e, con alcune diverse interpretazioni, l'Eucaristia come sacramenti centrali per la salvezza; la fede nel Dio trinitario che si è rivelato ad Israele e in maniera piena in Gesù Cristo; la centralità della Bibbia nella riflessione e nella vita cristiana, e così via” (Wikipedia). Altra questione è la Chiesa Anglicana, che nasce con Enrico XIII nel XVI secolo a seguito di una presuntuosa presa di posizione del reggente, il quale voleva sposarsi per la seconda volta in Chiesa. Le ordinazioni sacerdotali anglicane, per esempio, non sono valide, dato che Leone XIII con la bolla Aostolicae Curae, dichiarò apertamente che l’Anglicanesimo è eresia.

L'eresia, dunque, è un termine utilizzato per indicare una dottrina o affermazione contraria ai dogmi e ai principi di una chiesa e condannata con prese di posizione delle gerarchie ecclesiastiche di qualsiasi credo o natura esse siano. Come avete notato, difatti, nel breve sunto storico succitato non ho assolutamente menzionato la altre filosofie di vita o credi errati, proprio perché questi si configurano palesemente nell’ambito delle eresie, ovviamente a seguito dell’avvenuta conoscenza di Cristo.

Ma torniamo al “falso mito” da sfatare: l’Ecumenismo. Durante il Concilio Vaticano II, iniziato da Giovanni XXIII e concluso nel 1965 sotto la presidenza di Paolo VI, furono invitati come "delegati fraterni" membri autorevoli delle Chiese separate, vennero annullate le reciproche scomuniche pronunciate nello scisma d'Oriente del 1054 tra la chiesa di Roma e quella di Costantinopoli; inoltre, uno dei nove decreti prodotti dal lavoro conciliare dei vescovi, assistiti dai consulenti teologici, è dedicato specificamente all'ecumenismo: Unitatis Redintegratio (Il ristabilimento dell'unità), del 21 novembre 1964.

Il decreto definisce il movimento ecumenico quale:  “l'insieme di attività e iniziative che, a seconda delle varie necessità della Chiesa e opportunità dei tempi, sono suscitate e ordinate a promuovere l'unità dei Cristiani”.  (Unitatis Redintegratio, 4)

Nel decreto vengono successivamente esposte le condizioni con cui si esercita l'azione ecumenica e i principi che la regolano: per promuovere l'unità dei cristiani è necessario intessere un dialogo costituito da desiderio di conoscere gli altri, senza precostituire falsi giudizi, e dalla stima reciproca. Sono perciò necessari “in primo luogo, tutti gli sforzi per eliminare parole, giudizi e opere che non rispecchiano con equità e verità la condizione dei fratelli separati e perciò rendono più difficili le mutue relazioni con essi; poi, in congressi che si tengono con intento e spirito religioso tra Cristiani di diverse Chiese o Comunità, il dialogo avviato tra esponenti debitamente preparati, nel quale ognuno espone più a fondo la dottrina della propria comunità e ne presenta con chiarezza le caratteristiche”. 

È dunque fondamentale e preliminare la corretta conoscenza reciproca che elimini errori e fraintendimenti, affinché siano ricercate l’equità e la verità, la concordia e la collaborazione, la carità fraterna e l’unione, cosicché per questa via a poco a poco, superati gli ostacoli frapposti alla perfetta comunione ecclesiastica, tutti i cristiani, nell'unica celebrazione dell’Eucaristia, si riuniscano in quella unità dell’unica Chiesa di Cristo. Perché tutti i cristiani percepiscano di condividere gli stessi valori, è indispensabile che “i cattolici con gioia riconoscano e stimino i valori veramente cristiani, promananti dal comune patrimonio, che si trovano presso i fratelli separati”.
 
L'ecumenismo è da allora costantemente sostenuto dalla Chiesa Cattolica e, lo stesso attuale Pontefice, anni fa, dichiarava: "l'ecumenismo è anzitutto un atteggiamento fondamentale, è un modo di vivere il cristianesimo. Non è un settore particolare, accanto ad altri settori. Il desiderio dell'unità, l'impegno per l'unità dipende dalla struttura dello stesso atto di fede, perché Cristo è venuto per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi". (Card. Ratzinger presso la Facoltà Valdese). E’ proprio da questa frase che, sperando di aver svolto un utile lavoro di sintesi, vi invito a riflettere ed a rispettare l’idea cattolica di ecumenismo; evitiamo di lasciarci confondere dal lassismo buonista e disinteressato che ci circonda, questo è “figlio” del governo globale, che forte di interessi economici e pressioni massoniche, tende unicamente a distogliere la nostra attenzione dal reale significato della fratellanza ecumenica e ci avvicina al pericolosissimo mondo del “chiesa universale new age”, dove tutto è lecito e dove l’opinione personale e l’ego hanno priorità assoluta a discapito dell’interesse collettivo. Ecumenismo è dialogo e fratellanza, nel senso cattolico del termine, finalizzando il tutto alla paziente conversione ed al necessario ravvedimento degli erranti, conversione in nome del Cristo Risorto, che rivive in eterno nella Chiesa di Roma.