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1.Vita di S. Leone Magno
Le notizie, a nostra disposizione, sui primi anni della vita di san Leone Magno, papa, non sono molte 1 . Il Liber pontificalis lo dice natione Tuscus; altri, i più, lo pensano nativo di Roma; forse la famiglia era oriunda della Tuscia, probabilmente di Volterra, dato che in tale città il culto per il papa Leone I è molto antico. Era nato, con ogni verisimiglianza, verso la fine del IV secolo. Come risulta anche dal cursus latino presente nella sua opera (lettere, omelie), venne educato non solo nelle discipline ecclesiastiche, ma pure nelle lettere classiche. In più d’una lettera al testo latino si accompagna anche quello greco (specialmente quando debba scrivere a personaggi di Costantinopoli, come imperatori, imperatrici, vescovi, monaci, dato che lì si parlava il greco). E non è detto che il testo greco non possa essere anche uscito (ma non necessariamente) dalla penna di Leone Magno. Comunque, sia per il luogo natale, che per la data di nascita, come per la prima formazione del futuro papa, ci si può fondare soltanto su deduzioni, e non su notizie e attestazioni dirette.

Ben presto entrò a far parte dei clerici di Roma. Sotto papa Celestino I (422-432) fu diacono (o arcidiacono). E fu sotto Celestino I che si celebrò il Concilio di Efeso (anno 431), che condannò l’eresia di Nestorio, vescovo di Costantinopoli, il quale – sulla scia della teologia di Antiochia di Siria – negava che Gesù Cristo fosse veramente e realmente figlio di Dio. Tale negazione – tra le altre gravissime conseguenze di ordine dogmatico – finiva per disconoscere la divina maternità di Maria, che sarebbe stata – a suo avviso – solo cristotovko¦ e non anche qeotovko¦ 2 . Leone, ancor diacono, aveva invitato il monaco Cassiano, forse della Scizia, ma allora a Marsiglia, a comporre un’opera che rispondesse agli errori di Nestorio. Ne risultò il De incarnatione Domini contra Nestorium libri VII. Leone avrebbe preferito che a tale invito avesse potuto rispondere sant’Agostino; ma questi era ormai anziano e, per di più, si trovava in una città assediata dai Vandali.
L’opera di Cassiano presenta la sintesi cristologica del futuro papa Leone, dato che proprio Leone si trovò – durante il suo pontificato – ad affrontare due eresie, tutt’e due – in qualche modo – scoppiate a Costantinopoli, anche se – per dir così – «importate»: l’eresia di Nestorio (vicino alla teologia di Antiochia) e l’eresia di Eutiche (eresia che derivava dalla teologia di Alessandria) 3 . Guidò il concilio di Efeso (431) Cirillo di Alessandria, la cui teologia si sarebbe dovuta richiamare ad Atanasio (l’alfiere dell’ortodossia di Nicea contro il presbitero Ario, pure alessandrino); in realtà – senza saperlo – Cirillo si rifaceva, invece – quanto alla cristologia –, ad Apollinare di Laodicea (310-390 ca.), presentando un Verbo dimezzato nella natura umana, perché la parte razionale dell’anima (il nous) sarebbe stata «occupata» dal Logos 4 .
Nel sinodo di Efeso, dunque, non è assente l’opera di Leone, attivo diacono della Chiesa di Roma, accanto a papa Celestino. Defunto costui, successe Sisto III (432- 440), il cui pontificato non ha grande rilievo ai fini del dibattito teologico. Elevato al pontificato all’indomani del concilio di Efeso, si trattava piuttosto, per lui, di risolvere i problemi che erano rimasti insoluti, assieme ad altri, quali – ad esempio – le pretese di Giovenale vescovo di Gerusalemme 5 .
Un altro problema, alla soluzione del quale ebbe modo di concorrere il diacono Leone, fu il caso di Giuliano d’Eclano (in Campania), eretico inficiato di pelagianesimo, che avrebbe voluto riavere la sua sede vescovile 6 .
Può darsi che si debba considerare conseguenza del concilio di Efeso l’abbellimento di Santa Maria Maggiore, sull’Esquilino, ad opera di papa Sisto 7 . Nel 440 Sisto III veniva a morire, mentre Leone si trovava in Gallia quale messaggero di pace, al fine di ricomporre il contrasto sorto tra i due generali romani Ezio e Albino. Sul trono imperiale dell’Occidente sedeva Valentiniano III; ma la politica era guidata da sua madre Galla Placidia. Ecco perché Leone era assente da Roma. Ciò non impedì tuttavia che clero e popolo tutto volessero Leone come successore di Sisto III, considerata la sua spiccata personalità e santità. Gli fu inviata una delegazione che gli notificasse l’avvenuta elezione, mentre lo pregavano ardentemente che volesse accettare l’unanime indicazione a vescovo di Roma. Come scrive Prospero di Aquitania 8 , «Roma – priva del suo pastore – era in ansiosa attesa che giungesse il diacono Leone».
Leone accettò, pur non ignorando il grave peso cui stava per sottoporsi (risulta soprattutto dai sermoni tenuti nell’anniversario della sua elezione, o quelli tenuti per la festa dei santi Pietro e Paolo).
Il 29 settembre del 440 Leone dava inizio al suo servizio pastorale come vescovo di Roma e al compito di attendere alla Chiesa universale. Iniziava così uno dei pontificati più straordinari che la Chiesa ricordi nella sua storia bimillenaria, un pontificato segnato anche da una serie di anni ricchi di vicende ecclesiali e politiche. Leone resse la cattedra di Pietro per 21 anni (440-461). Certo che fu un pontificato dei più straordinari, al chiudersi dell’età antica e prossimi alle soglie dell’età di mezzo 9 . Anni densi di avvenimenti, s’è detto, su due versanti: quello ecclesiale (si era all’indomani del 1° concilio di Efeso, 431) e vicini a quello che Leone stesso definì latrocinium Ephesii (ossia latrocinio, o conciliabolo, o brigantaggio) (che avrebbe dovuto essere – nelle intenzioni di tutti – il 2° ecumenico di Efeso), e – a causa dell’eresia monofisita di Eutiche – in vista del concilio ecumenico di Calcedonia (451), di cui si dirà. Sul versante della storia civile compaiono le figure di Attila (452, distruzione di Aquileia), di Genserico, re dei Vandali (455, saccheggio di Roma), le varie personalità della corte imperiale di Costantinopoli, delle quali si dirà via via che si incontreranno. La documentazione di un’attività, che non è esagerazione definire prodigiosa, svolta da papa Leone I – cui ben si addice l’appellativo di «magno» che la storia gli serbò – è proprio entro le pagine stesse della storia del suo tempo, documentata di persona dalle numerose lettere (in numero di 143; 173 ne annovera il suo epistolario), dai riferimenti reperibili nei 96 sermoni, tenuti in varie circostanze. Fu grande, grandissimo papa, Leone, vescovo di Roma, tutto dedito al servizio del popolo affidato alle sue cure e con l’alta coscienza del suo ministero di confermare i fratelli nella fede (cf. Lc. 22, 32).
Non è questo il luogo per tracciare una sia pur sommaria biografia di san Leone Magno 10 . In sintesi, essa può così venire riassunta: fu uomo che «dette prova di una saggezza pratica, di un buon senso, di una rettitudine senza pari in tutte le questioni sia politiche che religiose che gli si presentarono nel non breve corso del suo pontificato» 11 .
Oltre a ciò che si è detto, in questa sede è pur consentito accennare a qualcuno dei più rilevanti problemi ai quali Leone si trovò a far fronte. A parte, si dirà in particolare della celebrazione del sinodo ecumenico di Calcedonia, che – come si vedrà – fu uno dei più impegnativi dei primi secoli del cristianesimo, alla pari di Nicea, di Efeso, del Costantinopolitano I. I grandi dibattiti teologici cui papa Leone I si trovò a far fronte furono quelli relativi a Nestorio ed Eutiche soprattutto; ma non ne mancarono altri, e rilevanti. Vi facciamo cenno, seguendo la successione del suo epistolario, perché in esso trova puntuale documentazione.
Così ebbe a che fare con i manichei 12 , che dall’Africa erano passati in Italia, per sottrarsi alle persecuzioni dei Vandali.
Non mancarono problemi sollevati dai pelagiani, ancora attivi entro le comunità cristiane. Uno di essi – s’è detto – fu relativo al vescovo Giuliano d’Eclano 13 . Altro intervento resosi necessario fu contro i priscillianisti, diffusi in modo particolare nella Spagna. Ad una sollecitazione di Ceponio, vescovo di Astorga, risponde san Leone I esponendo minutamente le loro dottrine; ma non mancano – in tale occasione – riferimenti ad altri eretici. Ciò è detto nella lunga lettera 15 a indirizzata a Turibio. Quella priscillianista, a giudizio di Leone, è sintesi di tanti errori dogmatici e di storture morali mutuati ora dagli ariani (cf. per la cristologia), ora dai fotiniani, ora da talune distorte visioni filosofiche, ora dai manichei;