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 2. Credo la Chiesa! È mia convinzione profonda che la Chiesa è madre non perché nasca da interessi umani o dallo slancio di qualche cuore generoso, ma perché è dono dall’alto, frutto dell’iniziativa divina. È Dio Trinità ad avercela donata ed è la Chiesa a farci incontrare il Dio che è amore. Con gli occhi della fede contemplo questo popolo di Dio come voluto da sempre nel disegno del Padre, lo riconosco preparato attraverso l’alleanza con il popolo eletto, Israele, affinché, compiutisi i tempi, fosse donato agli uomini come la casa e la scuola della comunione, grazie alla missione del Figlio e all’effusione dello Spirito Santo. È così che posso dire con fiducia, come insegna il Simbolo della fede, credo la Chiesa! Credo che essa è opera di Dio e non dell’uomo, inaccessibile nella sua natura più profonda a uno sguardo puramente umano. Credo che la Chiesa è “mistero”, tenda di Dio fra gli uomini, frammento di carne e di tempo in cui lo Spirito dell’Eterno ha preso dimora. E perciò so che la Chiesa non s’inventa né si produce, ma si riceve: è dono che va accolto con l’invocazione e il rendimento di grazie, in uno stile di vita contemplativo ed eucaristico. Allo sguardo della fede la Chiesa si offre come “icona della Trinità”, immagine vivente della comunione del Dio che è amore, popolo generato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Perciò, prego per la Chiesa e chiedo a Dio di farcela amare come Suo dono prezioso, volto della Sua tenerezza e abbraccio del Suo amore che accoglie e rigenera. E tu? Riconosci nella Chiesa il Mistero della presenza di Dio? o la vedi come una semplice rete di amicizie o di interessi umani?


            3. La Chiesa comunione. Con gli occhi della fede riconosco nella varietà dei doni e dei servizi, presenti nella Chiesa, non un’invenzione umana, né il frutto di giochi di potere o di ambizioni terrene, ma un’opera di Dio. Nella Chiesa ogni dono viene dall’alto, ogni vocazione è chiamata, rivolta da Dio a ciascuno per il bene di tutti. Proprio così, la varietà dei carismi e dei ministeri ecclesiali non compromette, ma esprime la profonda unità del popolo di Dio. In questa luce, riconosco quali segni e strumenti del dono divino dell’unità i pastori, dal Papa, vescovo della Chiesa di Roma che presiede nell’amore, ai vescovi in comunione con Lui, ai sacerdoti che in ogni comunità sono inviati dal vescovo, ai diaconi, collaboratori del vescovo. È così che nell’amore al Papa e al Vescovo, nella docilità alla loro guida, quanti hanno accolto i doni dall’alto possono entrare in dialogo fra loro e crescere nella comunione. È la comunione di un popolo di credenti adulti e responsabili, capaci di pronunciare con la vita tre grandi “no”etre grandi “sì”. Il primo “no” è al disimpegno, cui nessuno ha diritto, perché i doni di Dio vanno vissuti nel servizio degli altri: a questo “no” deve corrispondere il “sì” alla corresponsabilità, per cui ognuno si faccia carico per la propria parte del bene comune da realizzare secondo il disegno di Dio. Il secondo “no” è alla divisione, cui nessuno può sentirsi autorizzato, perché i carismi vengono dall’unico Signore e sono orientati alla costruzione dell’unico Corpo, che è la Chiesa: il “sì”che ne consegue è quello al dialogo fraterno, rispettoso della diversità e volto alla costante ricerca della volontà divina per ciascuno e per tutti. Il terzo “no” è alla stasi e alla nostalgia del passato, cui nessuno deve acconsentire, perché lo Spirito è sempre vivo e operante nella storia: ad esso corrisponde il “sì” alla continua riforma, per la quale ognuno possa realizzare sempre più fedelmente la chiamata di Dio e la Chiesa tutta possa celebrarne la gloria. Attraverso questo triplice “no” e questo triplice “sì”, la Chiesa si costruisce come icona della Trinità, comunione di uomini e donne, adulti e responsabili nella loro diversità, uniti fra loro nell’amore e testimoni del dono di Dio a tutto l’uomo, a ogni uomo. Ti chiedo, allora, di verificare la tua vita alla luce del triplice “sì” e del triplice “no”, provando a capire quale dei tre è più urgente per te.


            4. Una comunione necessaria per vivere! Quanto bisogno c’è di questa comunione! Di fronte all’arcipelago, che è spesso la società in cui viviamo, la comunione della Chiesa rappresenta una buona novella contro la solitudine. È così che vorrei si offrisse a tutti la nostra Chiesa, suscitando e coltivando relazioni di rispetto e di amore, che siano un’immagine eloquente della comunione trinitaria e accendano in chi è lontano il desiderio di Dio e dell’esperienza del Suo amore, offerta nella Chiesa. Queste relazioni vanno vissute anzitutto nella vita quotidiana, a cominciare da quella vissuta in famiglia, “piccola Chiesa”, luogo fondamentale e originario dell’educazione a credere. I genitori sono chiamati a essere per i figli i primi testimoni della fede. In questo consiste, peraltro, la missione affidata a ciascun battezzato: essere luce delle genti, attrarre gli uomini a Dio con vincoli di amore, mostrando a tutti la bellezza dell’incontro con Gesù, vissuto nella Chiesa. Il Signore ci aiuti a essere una Chiesa ospitale e ognuno di noi s’impegni nell’esercizio della carità che tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. In questa prospettiva, faccio mie le riflessioni che tanti (a cominciare dall’Azione Cattolica diocesana) mi hanno inviato, in risposta alla mia richiesta di descrivere la Chiesa che vorremmo. Eccone i tratti fondamentali. La Chiesa che amiamo sia una comunità che sa spendersi per gli altri, annunciando e vivendo la Parola di Gesù: una Chiesa viva non è mai autoreferenziale, perché la fede adulta si dona senza misura. Chi si sa amato dal Signore non esita ad agire tra le piaghe della storia, per mediare con generosità tra le attese degli uomini e la luce del Vangelo. Si coglie qui la grande responsabilità dei laici, chiamati in prima persona a rendere presente il Dio vivente fra gli uomini, aiutando ciascuno a mettersi in gioco in ciò che il Signore gli affida. La Chiesa che amiamo sia una comunità che promuove la giustizia, vivendo l’alleanza con Dio: se vogliamo essere annunciatori credibili del Regno che verrà, dobbiamo impegnarci a far risorgere le esistenze lacerate, le prossimità dilaniate, le fragilità abbrutenti, con la forza dell’amore che viene dall’alto. È così che la comunità ecclesiale si offre come testimone umile ed eloquente della misericordia di Dio per tutte le miserie umane. La Chiesa che amiamo sia una comunità capace di porsi domande vere per leggere la realtà cui si rivolge e offrire risposte credibili: come viviamo il dialogo con il mondo circostante, presupposto e via maestra per qualsiasi evangelizzazione? Per rispondere a questi interrogativi, occorre coniugare l’impegno nella fede con lo slancio generoso sulle frontiere della vita professionale, del dibattito culturale, della promozione del bene comune e della responsabilità civile. Ponendosi così, la Chiesa che amiamo sia una comunità profetica,che alla scuola della Parola di Dio, ascoltata e proclamata, sappia rinnovarele modalità del suo annuncio e dell’educazione alla fede, ricercando un rapporto sempre nuovo con la gente, per essere strumento di un cristianesimo credibile e incisivo nella storia. Le comunità parrocchiali non siano ripiegate nella sola gestione dell’esistente, ma pronte a raggiungere tutti: i lontani, gli indifferenti, quelli fuori dal “giro” o ai margini della società, coloro che vivono in situazioni di degrado sociale e ambientale senza vedere via di uscita, quanti hanno abbandonato la fede per le più disparate motivazioni o non hanno più ragioni per continuare a vivere e sperare. Vuoi contribuire anche tu a costruire una Chiesa che sia comunità profetica attraverso l’ascolto attento della Parola di Dio e dei bisogni degli altri, spendendoti per la giustizia, annunciando con fiducia il Vangelo, cercando di raggiungere con simpatia i lontani?