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Metodo teologico (Gr. « sulla via verso »; « inseguimento di »). (inizio)

È il modo di esaminare, classificare ed insegnare coerentemente le dottrine cristiane. La teologia trova il suo campo nella divina rivelazione narrata e comunicata dalla Scrittura e dalla Tradizione (DV 24; OT 16). Il metodo abbraccia:

  a) i presupposti propri;

  b) l'uso dei dati biblici e storici;

  c) gli approcci alle questioni del significato e della verità;

  d) la riflessione sul contesto sociale e culturale in cui uno opera come teologo;

  e) un intento particolare e determinati destinatari;

  f) il grado di generalizzazione sistematica che uno desidera.

  In Oriente, il dovuto riconoscimento del mistero divino è garantito dal metodo della teologia apofatica. La centralità della liturgia sottolinea il carattere dossologico della teologia orientale. Cf Analogia; Analogia della fede; Deposito della fede; Dossologia; Ermeneutica; Esegesi; Locus theologicus; Metodi in teologia; Mistero; Ortoprassi; Teologia apofatica; Teologia dogmatica; Teologia fondamentale; Teologia kerigmatica; Teologia della liberazione; Teologia negativa; Tradizione.

 

Midrash (Ebr. « investigazione, ricerca »). (inizio)

È un metodo dell'esegesi ebraica che si è sviluppato dopo il ritorno dalla schiavitù babilonese. Il suo intento era quello di edificare col ricavare da un testo scritturistico associazioni ed applicazioni che andavano oltre al suo significato letterale. Gli Ebrei distinguevano due tipi di midrash: il midrash halachah (Ebr. « guida ») che s'interessava della legge orale, e il midrash haggadah (Ebr. « narrazione ») che tendeva a chiarire le sezioni non giuridiche della Bibbia. Cf Esegesi; Haggadah:

 

Migne. (inizio)

Con questo titolo sommario, si indicano le pubblicazioni di Jacques‑Paul Migne (1800‑1875), il quale, dopo aver fatto il parroco di campagna per nove anni, si recò a Parigi e pubblicò un numero immenso di testi teologici. La sua opera principale fu il Patrologiae Cursus Completus. I 217 volumi della sua Patrologia Latina (PL) comprendono tutti gli autori ecclesiastici fino al Papa Innocenzo III (1160‑1216). I 161 volumi della Patrologia greca (PG) comprendono gli scrittori greci (con una traduzione latina) fino al 1439. Dove non sono disponibili edizioni recenti e più critiche, la Patrologia del Migne è sempre valida e rimane un'opera base a cui fare riferimento. Cf Patrologia.

 

Millenarismo (Lat. « mille »). (inizio)

La credenza, influenzata da scritti apocalittici e basata su un'interpretazione  critica dell'Apocalisse 20,1‑7, che Cristo regnerà su questa terra per mille anni coi suoi santi fino alla sconfitta definitiva di Satana e l'ingresso definitivo nella gloria. Nei primi secoli, anche presso cristiani influenti come san Giustino Martire (circa 100 ‑ circa 165) e sant'Ireneo di Lione (circa 130 circa 200), vigeva questa credenza. Dopo sant'Agostino di Ippona (354‑430), solo alcune sètte (per es., verso l'anno 1000) hanno alle volte ridato vita al Millenarismo. Cf Chiliasmo; Escatologia; Fondamentalismo; Testimoni di Geova.

 

Ministero. (inizio)

Partecipazione ai compiti di Cristo come profeta, sacerdote e re. Tutti i fedeli partecipano a queste funzioni in forza del battesimo e della confermazione. I chierici vi partecipano in un modo particolare mediante il sacramento dell'Ordine (cf DS 1326; FCC 9.287; PO 1; AA 10). Doni particolari e speciali vanno esercitati attraverso ministeri che giovano alla Chiesa intera (Rm 12,6‑8; 1 Cor 12,1‑31; 1 Pt 4,10‑11). Cf Carismi; Ordinazione; Ordine.

 

Ministero petrino. (inizio)

Il servizio speciale per la fede cristiana, per la sua vita ed unità esercitato da san Pietro e passato al suo successore, il vescovo di Roma, la città dove morirono martiri i santi Pietro e Paolo. L'ufficio petrino comporta la testimonianza da rendere alla risurrezione di Cristo (Lc 22,31‑32; 24,34; At 2,22‑36) e 1'esercizio dell'autorità pastorale con amore (Mt 16,17‑19; Gv 21,15‑19; 1 Pt 5,1‑4). Sant'Ignazio di Antiochia (circa 35 ‑ circa 107) chiamò la Chiesa di Roma: « Quella che presiede nella carità ». Questa espressione fu ripetuta dal patriarca Demetrio quando Giovanni Paolo II visitò Costantinopoli nel 1979. Sant'Ireneo di Lione (circa 130 circa 200) si appellò alla successione apostolica in genere e a quella del vescovo di Roma in particolare come un criterio per riconoscere la verità cristiana. Quando il Tomo (lettera inviata al Patriarca di Costantinopoli, san Flaviano) di san Leone Magno (papa dal 440 al 461) fu letto al Concilio di Calcedonia (451), i membri del Concilio esclamarono: « Pietro ha parlato per bocca di Leone ». Il Concilio Vaticano I (1869‑1870) espresse l'ufficio petrino in termini di giurisdizione universale e di infallibilità (DS 3050‑3075; FCC 7.176‑7.199). Il Concilio Vaticano II evidenziò il carattere collegiale di questo ufficio, esercitato insieme a tutti i vescovi i quali insieme e sotto al successore di Pietro condividono la responsabilità dell'intera Chiesa (LG 22). I recenti dialoghi ecumenici con Anglicani, Ortodossi e Protestanti hanno manifestato una crescente sensibilità per la necessità di un ufficio centrale nella Chiesa come segno visibile e agente dell'unità cristiana nella fede. Non c'è, però, ancora un accordo sull'esercizio concreto del ministero petrino. Cf Apostolo; Cattolicesimo; Collegialità; Conciliarismo; Febronianismo; Gallicanesimo; Giurisdizione; Infallibilità; Papa; Protestante; Riforma (La); Pentarchia; Successione apostolica.

 

Ministro (Lat. « che serve »). (inizio)

Persona abilitata a compiere funzioni spirituali nella Chiesa. Questo termine, che designa il clero in comunità non episcopali, è usato sempre più nella Chiesa Cattolica. Sacri ministri sono i chierici ordinati per amministrare i sacramenti (CIC 276). Ministri della Parola (cf At 6,4; Col 1,23) sono quelli che predicano il vangelo. Questo compito non è solo del papa e dei vescovi (CIC 756), ma anche dei presbiteri, dei diaconi e di altri che ricevono l'incarico di predicare e di insegnare (CIC 756‑761). Ministri ordinari della santa Comunione sono i vescovi, i presbiteri e i diaconi; ministri straordinari della Comunione sono quei laici che hanno ricevuto la facoltà di farlo (CIC 910). In casi di necessità, i laici possono essere autorizzati ad amministrare il battesimo, a distribuire la Comunione, a predicare e a presiedere la liturgia della Parola (CIC 290). Cf Chierico; Clero; Diacono; Laico; Presbitero; Vescovo.

 

Miracolo. (inizio)

Un evento che è causato da un intervento divino speciale, che non segue le leggi comuni della natura e che porta un messaggio religioso per il popolo ora e in seguito. Ben lungi dall'essere prodigi puramente strabilianti, i miracoli sono segni salvifici e rivelatori di Dio (Gv 2,11,18.23; 12,18.37). I Vangeli sinottici (Mt 4,23; 8,5‑17; 11,5.21; Mc 8,22‑26; Lc 13,32) e gli Atti degli Apostoli (per es. At 2,22‑23) attestano miracoli di Gesù legati alla proclamazione efficace dell'avvento del Regno di Dio. Gli Atti riportano vari miracoli operati da Pietro e da Paolo. Senza entrare nei particolari, Paolo rende testimonianza a questo dono fatto da Dio (Rm 15,19; 2 Cor 12,12). I miracoli sono comunemente richiesti per la beatificazione e la canonizzazione dei Servi di Dio (cf CIC 1403). Cf Determinismo; Doxa; Natura; Regno di Dio; Teologia giovannea.

 

Misericordia. (inizio)

La cura amorosa di Dio per tutte le sue creature, specialmente gli esseri umani. Essa ci invita a nostra volta a solidarizzare e ad alleviare le miserie altrui. L'AT fa uso di tre parole per esprimere la misericordia. Hesed (Ebr. « bontà »), o delicatezza fedele; è fondata su un vincolo o su un'alleanza come il matrimonio (Gn 20,13) o su un rapporto stretto (1 Sam 20,8.14‑15). Rahamin (Ebr. grembo); è le simpatia viscerale o compassione, come quella di una madre per il suo bambino (Is 49,15). Hen (Ebr. « grazia »); esprime il modo con cui il favore di Dio è elargito gratuitamente e indipendentemente dai meriti del ricevente (Es 33,12‑17). Gli esseri umani possono invocare la misericordia e Dio è quanto mai desideroso di donarla (cf Sal 51; 113; 117). Il NT esalta la misericordia  di Dio (Lc 1,50.54.72.78) rivelata ed espressa soprattutto mediante le parole e i fatti di Gesù (Mt 9,10‑13; 18,21‑35; Lc 10,29‑37). Il cieco invoca Gesù perché abbia pietà di lui (Mc 10,47‑48). Questa preghiera è entrata a far parte della preghiera dei cristiani, soprattutto in Oriente. Si deve tendere ad imitare il Padre celeste nella sua misericordia, e, a sua volta, Dio sarà misericordioso con coloro che eserciteranno la misericordia (cf Mt 6,12; 25,31‑46; Lc 11,4). Cf Amore; Grazia; Hesed; Preghiera di Gesù.

Mishnah (Ebr. « ripetizione »). (inizio)

Raccolta ebraica di trattati che interpretano e insegnano la Scrittura e la Legge. Quest'opera fu probabilmente compilata dal rabbino Giuda ha‑Nasi (circa 135 ‑ circa 220) e servi di base alle versioni palestinese e babilonese del Talmud. La Mishnah determina ancora come un pio Ebreo deve comportarsi in molte circostanze. Cf Giudaismo; Talmud.

 

Missione canonica. (inizio)

È l'autorizzazione ufficiale di partecipare in un determinato modo al ministero di insegnamento, di santificazione e di governo della Chiesa nel mondo. Cf Chierico; Concilio Lateranense IV; Diacono, Mandato; Predicazione.

 

Missioni divine. (inizio)

L'invio (o « processione ») della seconda e della terza Persona della Trinità da parte del Padre nell'eternità e nel tempo (cf Gv 14,26; 20,21; Gal 4,4‑6). Cf Appropriazione; Filioque; Processioni; Teologia trinitaria.

Missioni (le) nella Chiesa. (inizio)

Si tratta della risposta della Chiesa al compito ricevuto da Cristo di continuare la sua opera nel mondo intero. I libri profetici dell'AT indicano come Gerusalemme, il popolo eletto e i suoi rappresentanti abbiano un ruolo missionario per la salvezza delle nazioni (cf Is 2,1‑5; 42,6‑7; 49,6.22‑23; 56,1‑8; 60,1‑22; Giona). Con valore universale (Lc 2,29‑32), la buona Novella di Cristo va annunciata dovunque e a chiunque (Mt 28,18‑20; Mc 16,15‑20; Lc 24,47; Gv 20,21; At 1,8). Guidata da Pietro, da Paolo e da altri (Gal 2,7‑8; Rm 1,5; 16,3), la Chiesa apostolica diffuse la fede cristiana attraverso l'Impero romano. Nei primi secoli, il cristianesimo raggiunse l'Abissinia, l'India e (attraverso la Chiesa nestoriana dell'Oriente) perfino la Cina. Grandi missionari e loro discepoli, appoggiati alle volte da governanti potenti, hanno convertito praticamente tutta l'Europa al cristianesimo entro anno 1000. San Patrizio (circa 390 ‑ circa 460) contribuì all'evangelizzazione dell'Irlanda. Sant'Agostino di Canterbury (morto nel 604), fu un apostolo dell'Inghilterra; san Bonifacio (680‑754) evangelizzò la Germania; sant'Ansgravio (Oscar) (801‑865), i paesi scandinavi; e i santi Cirillo (826‑869) e Metodio (805‑885), i paesi slavi. Con la scoperta dell'America nel 1492 e l'apertura di nuove strade verso l'Asia, un'attività missionaria veramente eroica cominciò nelle Americhe, in Cina, in India, in Giappone e altrove. La fondazione della Congregazione per la Propagazione della Fede per opera del Papa Gregorio XV nel 1622 incoraggiò e aiutò l'organizzazione di questo sviluppo. All'inizio del secolo XIX, società missionarie anglicane e protestanti, guidate e ispirate da personaggi come David Livingstone (1813‑1873), divennero veramente attive fuori d'Europa. Alla fine del secolo XX, la necessità che l'Europa stessa venga ri‑evangelizzata è divenuta sempre più evidente. Cf. Apostolo; Evangelizzazione; Teologia della missione.

 

Mistagogia (Gr. « che guida ai segreti »). (inizio)

Intruzione sui riti segreti e sui misteri di una religione. Nelle sue Catechesi mistagogiche date nel tempo quaresimale e pasquale san Cirillo di Gerusalemme (circa 315‑386) preparava i catecumeni al battesimo il Sabato Santo e li istruiva ulteriormente dopo. San Massimo il Confessore (circa 580‑662) chiamava « mistagogia » la sua interpretazione mistica della liturgia. Comunemente, alcuni usano il termine per indicare una catechesi e una teologia ricavate dall'esperienza di Dio e destinate ad approfondire questa stessa esperienza. Cf Catechesi; Catecumenato; Disciplina dell'Arcano; Esperienza religiosa; Mistero; RICA.

 

Mistero (Gr. « segreto »). (inizio)

Non è qualcosa di semplicemente oscuro o inspiegabile (come, per es. un'uccisione « misteriosa »), ma è il piano amoroso di Dio per la salvezza dell'umanità che ora è stato svelato per mezzo di Cristo (Rm 16,25; Ef 1,9; 3,9; Col 1,26‑27; 2,2; 4,3). Mentre è stata rivelata definitivamente in Cristo, la realtà misteriosa di Dio trascende la ragione e la comprensione umana. La mente umana non può afferrare Dio; è la maestà divina che afferra noi. La teologia protestante ha seguito il tema luterano del Deus revelatus sed absconditus (Lat. « Dio rivelato, ma tuttora nascosto »). Gli Ortodossi hanno coltivato la teologia apofatica che sottolinea l'inaccessibilità di Dio. Nel secolo XIX, il Concilio Vaticano I (DS 3015‑3020; FCC 1.080‑1.085), Matthias Scheeben (1835‑1888) e altri hanno parlato dei misteri rivelati o verità intorno a Dio (misteri al plurale). La teologia recente e l'insegnamento ufficiale hanno accentuato l'unità dell'auto‑rivelazione di Dio. Karl Rahner (1904‑1984), il Concilio Vaticano II e le encicliche di Giovanni Paolo II favoriscono il linguaggio del « Mistero », anziché quello dei divini « misteri ». Cf Mistagogia; Mistero pasquale; Religioni misteriche; Storia della Salvezza; Teologia apofatica.

 

Mistero del male. (inizio)

È il mistero di un Dio infinitamente buono e onnipotente che permette tanti peccati, dolori e sofferenze varie nel nostro mondo. Le soluzioni soddisfano solo parzialmente: esse si appellano

  a) al rispetto di Dio per la nostra libertà creaturale;

  b) a Cristo che ha sopportato il mistero del male con la sua passione e morte;

  c) alla trasformazione gloriosa cui è destinato il nostro mondo (Rm 8,18‑23), quando le forze del male saranno definitivamente sconfitte (1 Cor 15,24‑28).

  Cf Mistero; Teodicea; Teologia apofatica.

 

Mistero pasquale.  (inizio)

La redenzione effettuata da Cristo soprattutto con la sua morte, risurrezione e ascensione (SC 5; GS 22) a cui i cristiani partecipano mediante il battesimo, l'Eucaristia, gli altri sacramenti e con tutta la loro vita (SC 6‑10; cf Rm 6,3‑4; 12,1; 1 Cor 11,23‑26). Cf Pasqua; Redenzione; Risurrezione.

 

Mistica. (inizio)

Un'esperienza speciale e profonda di conoscenza e di unione con la realtà divina, liberamente concessa da Dio. Le esperienze mistiche, che possono essere accompagnate da estasi, visioni e altri fenomeni del genere, sono di solito precedute da una pratica seria di contemplazione e di ascesi. La mistica si riscontra in tutte le grandi religioni del mondo, ma nell'esperienza cristiana ha una qualità altamente personale e accentua anziché sopprimere il senso di distinzione tra il mistico e Dio. La mistica genuina produce sempre un amore più generoso verso gli altri, e sembra trovarsi frequentemente tra i cristiani che si dedicano alla preghiera e che sono sensibili alla presenza di Dio nella loro vita. Cf Contemplazione; Mistero; Visioni.

 

Mistico. (inizio)

Cf Corpo mistico.

 

Mito (Gr. « favola, storia »). (inizio)

Una storia simbolica circa le realtà ultime. Il termine « mito » è stato spesso inteso come una storia di persone, cose ed eventi puramente fittizi. Mentre il lògos fornisce un resoconto razionale e vero della realtà e delle sue cause, un mito immaginario (per es., le attività scandalose di dèi) può essere piacevole, ma è essenzialmente falso. Il NT riflette ancora questa visuale negativa del termine « mito » (1 Tm 1,4; 4,7; Tt 1,14; 2 Pt 1,16). La mente umana, però, non opera unicamente sulla base di concetti astratti: ha bisogno del linguaggio simbolico‑immaginario per trovare ed esprimere la verità sulla nostra esistenza. Nei suoi dialoghi, Platone (427‑347 a.C.) fa alle volte un uso intelligente di miti per guidare i suoi lettori verso la verità. Cf Analogia; Demitizzazione; Simbolo; Teologia narrativa.

 

Modalismo (Lat. « aspetto, sfaccettatura »). (inizio)

Questa eresia accentuava talmente l'unità divina da negare la distinzione personale del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Essi non sarebbero altro che tre manifestazioni o modi con cui l'unico Dio si rivela e agisce nella creazione e nella redenzione. Cominciato in Asia Minore con Noeto (circa 200), il modalismo si propagò in Occidente con Prassea (circa 200), Sabellio (all'inizio del III secolo), Fotino (IV secolo) e, fino ad un certo punto, con Marcello di Ancira (= Ankara) (morto nel 374 circa) (cf DS 151, 284; FCC 6.023). Cf Patripassianismo; Teologia trinitaria.

 

Modernismo. (inizio)

È un termine generico che designa un movimento teologico abbastanza diffuso alla fine del secolo XIX e all'inizio del XX in Inghilterra, Francia, Italia e, fino ad un certo punto, in Germania. Tra i suoi esponenti principali ci furono Alfred Loisy (1857‑1940), Giorgio Tyrrell (1861‑1909) e forse il Barone Federico von Hügel (1852‑1925). I modernisti adottavano la critica biblica contemporanea, ammettevano gli sviluppi storici del cristianesimo, si opponevano energicamente alla Neo‑Scolastica e manifestavano una grande apertura ai progressi della scienza e della filosofia. Andarono soggetti alle volte a deviazioni, come, per esempio, nell'accentuare l'esperienza religiosa e nel minimizzare il valore delle affermazioni comuni di fede. Nel 1907, col decreto Lamentabili e con l'Enciclica Pascendi, la Santa Sede condannò il modernismo in un modo che non tenne conto delle dovute distinzioni. Seguì una campagna contro quanti erano sospettati di tendenze moderniste. Pio XII (riguardo alla critica biblica), il Concilio Vaticano II e gli sviluppi successivi nell'insegnamento della Chiesa e della teologia hanno rivendicato alcuni, ma non tutti, dei temi e delle intuizioni dei modernisti. Cf Critica biblica; Esperienza religiosa; Immanenza Divina; Neo‑Scolastica; Sviluppo della dottrina.

 

Molinismo(inizio)

È la teoria sviluppata dal gesuita spagnolo Luigi de Molina (1535‑1600) circa il rapporto tra la volontà libera e la grazia. Dio concede la grazia, adatta le circostanze per giungere a buon esito e prevede le nostre azioni future. Però, siccome questa previsione « dipende » dalle nostre libere decisioni, Molina chiamò scientia conditionata, o scientia media la conoscenza rispetto alle decisioni e azioni future degli uomini. Questo sistema era opposto a quello dei Domenicani, specialmente di Domenico Bañez (1528‑1604). Nell'accentuare la libertà sovrana di Dio, Bañez parlava del concorso divino nell'azione umana come di una premozione fisica. Questo concetto non sembrava rispettare pienamente la libertà umana. Tra il 1598 e il 1607, una commissione, chiamata « De Auxiliis, » si riunì a Roma, ma non riuscì a risolvere il problema. Si concluse con la proibizione ai Gesuiti di dare ai Domenicani l'etichetta di « Calvinisti » e ai Domenicani, di chiamare i Gesuiti « Pelagiani » (cf DS 1997, 2008). Questo dibattito indica come le questioni teologiche più profonde non possono in ultima analisi ricevere una risposta adeguata. Il mistero divino ha la prima e l'ultima parola. Cf Calvinismo; Libertà; Grazia; Mistero; Pelagianesimo; Prescienza; Semi‑Pelagianesimo.

 

Monachesimo (Gr « vita in solitudine »). (inizio)

Un movimento tra i credenti battezzati che rispondono alla chiamata di Cristo per la perfezione (Mt 5,48; 19,16‑26) col dedicarsi attraverso la povertà, il celibato e l'obbedienza ad una vita di preghiera, al culto e al servizio comunitario. Verso il termine delle persecuzioni romane, una forma di esistenza ascetica nei deserti dell'Egitto, della Palestina e della Siria cominciò ad offrire un'alternativa eroica al martirio reale. In Egitto, sant'Antonio Abate (circa 251‑356) e san Pacomio (circa 290‑346) contribuirono ad organizzare i loro discepoli attorno ad una regola di vita e a guide spirituali, aprendo così la strada alle due forme tipiche del monachesimo: l'anacoretismo, o vita degli eremiti, e il cenobitismo, o vita in comune. Fortemente influenzato da san Basilio Magno (circa 370‑379), il monachesimo orientale favorì il monachesimo occidentale attraverso scritti come la Vita di sant'Antonio scritta da sant'Atanasio di Alessandria (circa 296‑373) e le Conferenze di Giovanni Cassiano (circa 360‑435). Dopo san Martino di Tours (morto nel 397) e sant'Agostino di Ippona (354‑430), san Benedetto di Norcia (circa 480 ‑ circa 550) con la sua Regola diede la forma essenziale al monachesimo d'Occidente. I Domenicani, i Francescani e altri Ordini religiosi di vita attiva hanno offerto un'alternativa alla vita monastica strettamente contemplativa (cf UR 15; PC 9). In Oriente, però, tutti i religiosi sono ancora monaci. Cf Acemeti; Anacoretismo; Cenobiti; Esicasmo; Liturgia delle Ore; Monte Athos; Vita religiosa.