00 06/08/2012 23:03
1 - "I settari diventarono la spina più amara inflitta nella carne di
Lutero, in quanto essi rappresentavano il chiaro segno del suo
rifiuto dell'autorità esistente, e lo indussero ai gesti più
violenti, compresa l'approvazione della pena di morte per gli eretici
quali gli Anabattisti".
A distanza di quattro secoli e mezzo dalla vita di Lutero non lo si
può scagionare dall'aver dato l'avvio, certamente contro sua voglia,
a quel proliferare di sette religiose spuntate dopo di lui, e che
spuntano ancora, specie nelle nazioni e tra i popoli maggiormente
toccati dalla Riforma luterana.
Si tratta certamente d'una applicazione errata del principio
del "libero esame", della "sola fede", della "sola Scrittura". Nella
mente di Lutero questo principio voleva dire che la fede del vero
cristiano si basa sull'autorità della Parola di Dio, di Cristo, del
suo Spirito. Lutero non escludeva il ministero o servizio della
Parola, ossia la presenza e l'opera nelle comunità cristiane di
persone qualificate, che annunciassero autorevolmente la Parola di
Dio (cfr. Efesini 4, 11-16; 1 Corinzi 12, 4-30 ecc.). Lutero fu una
di queste.
2 - Tuttavia, fondati sul principio del "libero esame", Lutero e i
suoi seguaci, quanti cioè si sono ispirati e si ispirano al suo
insegnamento, hanno rigettato l'autorità del Papa e dei Concili, cioè
del Magistero ecclesiastico. A loro avviso, il Magistero
ecclesiastico ha soppiantato l'autorità della Scrittura. Vedremo che
non è così.
Questo rifiuto portò al rigetto di non poche dottrine ed elementi
importanti della Chiesa Cattolica, quali la santa Messa, la
confessione, il battesimo dei bambini, il culto della Madonna e dei
Santi, la fede nell'esistenza del purgatorio ecc.
3 - I cattolici giudicarono errata questa nuova dottrina e quindi
pericolosa per la vera fede, perché in definitiva dava troppo spazio,
anzi tutto lo spazio, al proprio giudizio. Essa apriva le porte a un
deleterio soggettivismo o, peggio ancora, a un deprecabile settarismo
come di fatto avvenne. I protestanti o riformatori replicavano che si
trattava d'un ritorno puro e semplice alle origini, al genuino
insegnamento del Vangelo. A loro avviso, la Chiesa Cattolica se ne
sarebbe allontanata, sostituendo all'autorità di Cristo quella di
uomini come papi, vescovi, concili.
Dov'è la verità?
Precisazioni doverose
Prima di rispondere a questa domanda, seguendo fedelmente ciò che
dice il Vangelo, è doveroso e anche utile fare alcune precisazione.
1 - Anzitutto non è esatto dire che i cattolici, nella loro scelta di
fede e nella coerenza morale della vita, obbediscono a un'autorità
diversa dalla Parola di Dio. E' errato dire che i cattolici basano la
loro fede sull'autorità arrogante di uomini come papi, vescovi,
concili.
Senza paura di essere frainteso, almeno da quanti sanno e ragionano,
dico che per il cattolico l'atto di fede è fondamentalmente una
scelta libera e responsabile del soggetto credente. Sono io a voler
accettare la fede e la morale insegnate nella Chiesa Cattolica.
Nessuno me lo impone.
In altre parole, l'atto di fede del cattolico è basato su un proprio
giudizio, che è l'accettazione della "sola Scrittura", purché si
intenda tutta la Scrittura. Certo è lo Spirito Santo che muove
all'obbedienza della fede (cfr. Romani 1, 5), dopo l'annuncio e
l'ascolto della Parola (cfr. Romani 10, 14). Ma rimane il fatto che
il credente cattolico risponde liberamente all'impulso dello Spirito
che parla mediante tutta la Scrittura. Vedremo in seguita come la
Scrittura, intesa nella sua integrità, non esclude anzi esige il
servizio autorevole di Papi, Vescovi e Concili.
2 - Per ora diciamo che da questa norma o processo non sono esenti né
papi né vescovi né concili. Anzi vi sono legati in modo particolare
perché nel servizio alla comunità sono essi i garanti della fede. Qui
fede va intesa in senso oggettivo, vale a dire il complesso di verità
da accettare liberamente per essere un autentico discepolo di Cristo.
Il Concilio Vaticano Il ha espresso questa dottrina con la massima
chiarezza:
"L'ufficio poi di interpretare autenticamente la Parola di Dio
scritta o trasmessa è affidato al solo Magistero vivo della Chiesa,
la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo. il quale
Magistero non è superiore alla Parola di Dio, ma ad essa serve,
insegnando soltanto ciò che è trasmesso, in quanto per divino mandato
e con l'assistenza dello Spirito Santo, piamente ascolta, santa-
mente custodisce e fedelmente espone quella Parola, e da questo unico
deposito della fede attinge tutto ciò che propone da credere come
rivelato da Dio".
Osservazioni:
a) Per Magistero bisogna intendere l'insieme dei vescovi (papa e
vescovi) in qualità di maestri o testimoni della Parola di Dio. Sono
ministri della Parola e pastori del gregge (cfr. Atti 20, 28).
E' detto vivo nel senso che tali ministri e pastori, per volontà di
Cristo, sono presenti nella sua Chiesa in ogni epoca della storia.
Sono suoi rappresentanti per far conoscere agli uomini di tutti i
tempi il suo insegnamento dato una volta per sempre (cfr. Giuda 3).
Non il proprio insegnamento, ma l'insegnamento di Cristo.
b) Per compiere questo loro ministero, papi e vescovi devono essi
stessi ascoltare la Parola di Dio e custodirla fedelmente senza
alterazione alcuna. Sono servi della Parola, non superiori ad essa.
Prima e sopra di loro vi è Cristo, vi è la Scrittura. Il papa e i
vescovi insegnano solo ciò che Cristo ha insegnato senza aggiungere o
togliere nulla. Ciò che essi insegnano è contenuto nel deposito della
fede (cfr. I Timoteo 5, 20). Lo Spirito Santo guida nella conoscenza
della verità tutta intera (cfr. Giovanni 14, 26).
c) Se nella lunga storia della Chiesa Cattolica vi sono pagine o
gesti di papi e di concili che potrebbero far pensare diversamente,
vale a dire che papi o concili abbiano alterato la parola di Dio,
un'analisi accurata ed onesta di quelle pagine o gesti può
rettificare e cancellare quella impressione. Bisogna analizzare
coscienziosamente i singoli casi come hanno fatto storici e teologi
di grande valore. In quanta verità di fede e di morale il Magistero
Ecclesiastico, anche se alcune volte rappresentato da persone
moralmente discutibili, non ha mai insegnato cose contrarie alla
Parola di Dio.
3 - Riassumendo diciamo o ripetiamo:
a) Secondo la dottrina cattolica la fede del credente cattolico è una
libera risposta alla chiamata di Dio mediante la sua Parola
conosciuta intelligentemente e confermata autorevolmente. Nessun
cattolico è forzato a credere ciò che crede. Dire il contrario è
calunnioso. La fede è un dono di Dio accettato liberamente dall'uomo.
Il cattolico accetta e aderisce alla Scrittura mediante una risposta
libera, personale, soggettiva, in virtù di una libera valutazione e
di una decisione personale.
Ci può essere, perciò, una interpretazione esatta del principio
del "libero esame", quando si vuole mettere in risalto la
responsabilità della persona e il primato della Parola di Dio; ma non
si può accettare l'uso che ne è stato fatto storicamente (e che si fa
ancora oggi) per far passare l'individualismo e il soggettivismo nel
campo della fede e della morale.
b) Affinché poi l'oggetto della fede e della morale sia garantito o,
in altre parole, affinché ciò che il cattolico crede sia veramente
Parola di Dio, Cristo ha stabilito il Magistero. Sotto tale guida la
Parola di Dio non è lasciata all'arbitrio dei singoli, ma preservata
nella sua integrità e purezza, e trasmessa nella sua genuinità.
c) L'atto di fede del cattolico ha perciò due componenti: una
soggettiva, che è, la libera adesione alla Parola di Dio; l'altra
oggettiva, nel senso che egli attinge ciò che crede dal deposito
della fede custodito e interpretato fedelmente dal Magistero sotto la
guida speciale dello Spirito Santo.
d) Il Magistero, infine, non è libero d'insegnare ciò che vuole.
Papi e Vescovi non sono superiori alla Parola di Dio, ma ad essa
servono, insegnando soltanto ciò che è trasmesso. Essi piamente
ascoltano, santamente custodiscono e fedelmente espongono la Parola
di Dio.

PARTE PRIMA
LA STRUTTURA DELLA VERA CHIESA
Concetto o nozione di Chiesa
Ritorniamo ora alla domanda o questione di prima, che può essere
formulata nel modo seguente.
Come riceve il cattolico la fede oggettiva, ossia le verità rivelate
da Dio, a cui aderisce liberamente? Direttamente dalla Scrittura
sotto l'impulso dello Spirito Santo oppure dalla Scrittura conservata
e interpretata, attraverso il tempo, da una guida autorevole, diretta
dallo Spirito Santo? E in questo secondo caso, qual è questa guida?
Chi l'ha costituita?
Com'è facile capire qui è in questione la natura e la struttura della
vera Chiesa di Gesù Cristo: Com'è strutturata questa Chiesa? Che cosa
dice la Scrittura a questo riguardo?
1 - La parola chiesa (greco ekklesìa da ekkalèin convocare) indica
l'assemblea religiosa. Il termine fu usato già prima di Cristo per
indicare l'assemblea religiosa degli Israeliti nel suo insieme. Col
tempo venne a indicare le assemblee religiose locali degli Israeliti
fuori di Gerusalemme, ossia le comunità riunite intorno alla sinagoga.
Presso i cristiani la Ekklesìa venne a indicare il gruppo o i gruppi
dei discepoli di Cristo che si riunivano prima a Gerusalemme e poi in
altre città e località fuori di Gerusalemme. Indicava cioè le chiese
o comunità locali, particolari. Così era chiamato il gruppo dei
cristiani di Gerusalemme (cfr. Atti 11, 22), come pure quello di
Antiochia (cfr. Atti 13, 1). Identico significato in san Paolo che
scrive "alla chiesa di Dio che è in Corinto" (1 Corinzi 1, 2; 2
Corinzi 1,1); "alle chiese della Galazia" (Galati 1, 2). Anche le
chiese, di cui in Apocalisse capitoli 2 e 3, sono chiese locali.
2 - Tuttavia lo stesso vocabolo Ekklesìa è usato nel Nuovo Testamento
per indicare l'assemblea o comunità dei discepoli di Cristo nella
loro totalità. Così, per esempio, in Efesini 1, 22-23 san Paolo parla
della Chiesa come del Corpo di Cristo, la pienezza di Lui che tutto
riempie. Identico significato> in Efesini 5, 25, dov'è detto
che "Cristo ha amato la Chiesa e si è offerto per lei per
santificarla". E' tutto il Popolo di Dio, tutto l'Israele di Dio
(cfr. Galati 6, 16), che Cristo ha santificato. Così pure in Matteo
Gesù chiama Ekklesìa la moltitudine dei suoi discepoli, che avranno
Pietro come fondamento incrollabile (cfr. Matteo 16, 16-18).
3 - Per indicare questa medesima realtà, ossia l'assemblea universale
dei discepoli di Cristo, la Bibbia usa anche altri vocaboli, altre
immagini. Ne ricordiamo solo alcune.
La Chiesa tutta è paragonata al gregge e ovile (cfr. Giovanni 10, 1-
10). L'una e l'altra immagine fa pensare a un'unica grande comunità
guidata da un Pastore. Un'altra immagine è quella della famiglia, che
comporta anche una struttura unitaria sotto una guida incontestata e
sicura (cfr. Efesini 2, 19-22). In quanto tale la Chiesa è detta
anche "la dimora di Dio con gli uomini" (Apocalisse 21, 3), "tempio
santo di Dio" (Efesini 2, 21), "la Città Santa" (Apocalisse 21, 2).
La Nuova Gerusalemme (Apocalisse 21, 10 ss.)
Soffermiamoci ora a considerare la Chiesa nella sua totalità, come
l'assemblea di tutti i discepoli di Cristo: qual è la struttura che
di essa ci offre la Bibbia? Citiamo e spieghiamo brevemente un testo
dell'Apocalisse molto significativo.
1 "L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande ed alto, e
mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da
Dio, risplendente della gloria di Dio. La città è cinta da un grande
e alto muro con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli
e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele (...).
Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono
i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello" (Apocalisse 21, 10-
14, CEI).

Spiegazione:
1 - La città santa, Gerusalemme, che l'angelo mostra a Giovanni, è
certamente la Chiesa universale, "tutto l'Israele di Dio" (Galati 6,
16). Di essa fa parte il popolo dell'Antico Testamento, come fa
chiaramente capire la menzione dei nomi delle dodici tribù dei figli
d'Israele. Ma fa parte soprattutto il popolo della Nuova Alleanza,
rappresentato dai nomi dei dodici apostoli dell'Agnello.
2 - Qui interessa mettere in rilievo come le mura della città santa
Gerusalemme, che è la Chiesa, poggiano su dodici basamenti, sopra i
quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello. Giovanni
dunque, presentando la struttura della Chiesa universale, assegna ai
dodici apostoli la funzione di fondamento (cfr. anche Efesini 2, 20).
Se si tiene presente che le fondamenta sono insostituibili nella
struttura d'un edificio, ne segue che la funzione dei dodici apostoli
è essenziale e di primaria importanza per la solidità e stabilità
della vera Chiesa di Cristo. San Giovanni non poteva essere più
chiaro: la vera Chiesa di Cristo deve essere apostolica, altrimenti
non è la vera Chiesa di Cristo.
Si ha qui un'illustrazione plastica del pensiero di san Paolo che,
riferendosi a tutti i credenti in Cristo, dice: "Siete concittadini
dei santi e membri della casa di Dio, sopraedificati sul fondamento
degli apostoli e dei profeti con lo stesso Cristo Gesù quale pietra
angolare" (Efesini 2, 19-20).
La vera Chiesa di Cristo, nella sua universalità, non poggia su uno
scritto, ma su uomini, testimoni e messaggeri di quello scritto.
3 - Ricordiamo infine che Giovanni nell'Apocalisse presenta la Chiesa
di tutti i tempi, la Chiesa di ieri, di oggi, di sempre, come procede
nel tempo tra lotte e trionfi, eroismi e tradimenti, coraggio e
viltà. Questa Chiesa poggia sulle solide fondamenta dei dodici
Apostoli.
Uno sguardo alle origini
Questa visione di Giovanni non è una sua invenzione. Egli era ben
consapevole di come il divino Maestro aveva strutturata la sua
comunità, il popolo della Nuova Alleanza. Uno sguardo alle origini ci
aiuta a capire bene le cose.
1 - Nei vangeli non si legge che il Signore Gesù abbia avuto mai la
preoccupazione di scrivere o di far scrivere i suoi insegnamenti, il
Vangelo del Regno. Egli volle essere un Maestro (Rabbì), non uno
scriba: "E si stupivano del suo insegnamento, perché li ammaestrava
come uno che ha autorità e non come gli scribi" (Marco 1, 22). Né
volle circondarsi di scribi.
Leggiamo invece nei vangeli che fin dai primi giorni della sua vita
pubblica il Maestro accettò, anzi invitò, persone che lo seguissero
come discepoli (cfr. Giovanni 1, 37-42). Il gruppo di questi
discepoli andò sempre crescendo.Erano molti (cfr. Luca 6, 17).
2 - E arrivò un giorno in cui il Maestro, dopo aver pregato a lungo
(cfr. Luca 6, 12), fece una scelta tra quanti lo seguivano come
discepoli. Racconta san Marco:
"Poi salì sulla montagna e chiamò quelli che volle, ed essi andarono
da lui. E ne costituì dodici perché stessero con lui, e per mandarli
a predicare col potere di scacciare i demoni. Costituì, dunque, i
Dodici: Simone, al quale diede il nome di Pietro ecc." (Marco 3, 13-
16, Garofalo). Seguono i nomi dei Dodici scelti.
San Luca, nel racconto parallelo, precisa che ai Dodici Gesù "diede
il nome di apostoli" cioè inviati (Luca 6, 13). Parlando poi della
prima missione, dice: "Riunì i Dodici" (Luca 9, 1).
La precisazione di Luca fa capire chiaramente che tra i discepoli in
genere e i Dodici scelti da Gesù esiste una differenza rimarchevole.
San Matteo dice: "I dodici discepoli", ma subito dopo precisa: "I
nomi dei dodici apostoli sono questi: primo, Simone detto Pietro
ecc." (Matteo 10, 2).
I Dodici dunque formano un gruppo ben distinto tra i seguaci o
discepoli di Cristo, con compiti o funzioni particolari. A conferma
vale il fatto che, dopo questa scelta o elezione, il gruppo è assai
spesso designato col solo nome di "I Dodici" (Oi Dòdeka): 34 volte
contro 8.
Gesù e i Dodici
Leggendo i vangeli si nota facilmente come dopo la scelta dei Dodici,
tra Gesù e questo gruppo si siano creati gradatamente rapporti
particolari. Molto significativa è l'espressione di Marco che
dice: "Li scelse per averli con sé, per mandarli a predicare e perché
avessero il potere di scacciare i demoni" (Marco 3, 14-15).
1 - Effettivamente, non molto tempo dopo la scelta, Gesù affida ai
Dodici la prima missione: li manda da soli, a due a due, rivestendoli
della sua stessa autorità e dei suoi poteri. Oltre all'impegno di
annunziare il Vangelo, come farà anche coi settantadue discepoli (cfr
Luca 10, 1 ss.), ai Dodici Gesù "diede autorità sugli spiriti maligni
e di guarire le malattie" (Luca 9, 1-2). Disse loro: "Guarite i
malati, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, scacciate i demoni"
(Matteo 10, 8).
2 - Ai Dodici, in corso di tempo, Gesù fa conoscere la vera natura
della sua missione messianica, vale a dire che, contrariamente alla
comune attesa, egli restaurerà il Regno di Dio mediante la sofferenza
e la morte, seguita dalla risurrezione. Più d'una volta Gesù aveva
accennato alla sua passione (cfr. Matteo 16, 21; 17, 22, e paralleli;
Giovanni 2, 19-22). Ma ai Dodici parlò in modo particolare e
abbastanza chiaro:
"Mentre erano nella strada che sale a Gerusalemme (…) ancora una
volta Gesù prese in disparte i Dodici discepoli e si mise a parlare
di quello che gli doveva accadere. Disse loro: "Ecco, noi stiamo
salendo verso Gerusalemme; là il Figlio dell'uomo sarà dato nelle
mani dei capi dei sacerdoti" (Marco 10, 32-34).
3 - Altro momento forte di questa intimità tra Gesù e i Dodici è
certamente la celebrazione dell'ultima Pasqua. Senza dubbio in quella
circostanza c'erano a Gerusalemme altri discepoli. Ma Gesù volle
celebrare la Pasqua solo coi Dodici: "Quando fu sera, si mise a
tavola insieme ai Dodici discepoli" (Matteo 26, 20; Marco 14, 17;
Luca 29,4).
Dal tenore delle parole che Gesù rivolse ai Dodici in quella
circostanza, apprendiamo che conferì loro il potere sacerdotale di
offrire l'unico sacrificio della Nuova Alleanza: "Fate questo in
memoria di me" (Luca 22, 19).
4 - Anche nel lungo discorso che segui la Santa Cena, in
cammino verso il Getsemani, gli interlocutori immediati di Gesù
furono i Dodici. A loro in modo particolare Gesù promette lo Spirito
Santo.
"lo pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito (difensore,
assistente, consolatore), che starà sempre con voi, Io Spirito di
verità (... ). Vi ho detto queste cose mentre sono con voi. Ma il
Padre vi manderà nel mio nome un Difensore: lo Spirito Santo. Egli vi
insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che ho detto"
(Giovanni 14, 16.25-26).
Senza dubbio lo Spirito Santo è dato a tutti i credenti in Cristo
(cfr. Giovanni 7, 39). Ma qui appare chiaro che una particolare
effusione dello Spirito è promessa ai Dodici, in vista certamente
della funzione speciale che avrebbero dovuto svolgere in seno alla
comunità dei discepoli di Cristo.
5 - Dopo la crisi del venerdì santo, che vide dispersi anche i
Dodici, il Risorto li ristabilisce nella loro missione, che riceve un
assetto definitivo dalla certezza della risurrezione. Luca ci informa
che il Risorto fu assunto in cielo "dopo aver dato istruzioni agli
Apostoli che si era scelti nello Spirito Santo. Egli si mostrò ad
essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo per
quaranta giorni e parlando del Regno di Dio" (Atti 1, 2-3).
Certo il Risorto apparve anche ad altri; ma nelle apparizioni una
particolare attenzione fu riservata ai Dodici. Nel racconto sommario
che san Paolo fa delle apparizioni di Cristo Risorto afferma
esplicitamente che si fece vedere ai Dodici (cfr. 1 Corinzi 15, 5).
I Dodici nella Chiesa primitiva
La scelta dei Dodici fatta da Gesù e la cura particolare che egli
ebbe nei loro riguardi spiegano e giustificano il ruolo che i Dodici
ebbero nella Chiesa dei primi tempi. I primi cristiani ricevettero la
fede non da uno scritto, ma dalla viva voce dei Dodici e dei loro
collaboratori.
1 - I Dodici insegnano e presiedono nella comunità di Gerusalemme
(cfr. Atti 2, 42-43). Con grande coraggio attestano la risurrezione
del Signore e riscuotono grande simpatia (cfr. Atti 4, 33), ma anche
avversità e persecuzioni (cfr. Atti 5, 17-18). S'interessano dei beni
della comunità (cfr. Atti 4, 34-35; 5, 2). Parlano in nome di Gesù e
sempre in suo nome compiono segni e miracoli (cfr. Atti 5, 12 e 5,
40). Riservandosi il servizio della Parola, autorizzano altri ad aver
cura della distribuzione dei beni (cfr. Atti 6, 2-6).Si riuniscono a
Gerusalemme insieme agli anziani per decidere, sotto la guida dello
Spirito Santo, che cosa bisogna esigere dai cristiani provenienti dal
paganesimo (cfr. Atti 15, 2-22).
2 - A conferma di questo ruolo direttivo dei Dodici nella Chiesa
primitiva vale quanto sugli Apostoli, ossia sui Dodici, dice san
Paolo nelle sue Lettere.
Scrivendo ai cristiani di Corinto afferma che nell'organismo
ecclesiale, oltre alla basilare uguaglianza di tutti come membra di
Cristo, vi sono diversità di funzioni volute da Dio:
"Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua
parte. Alcuni però Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come
apostoli" (1 Corinzi 12, 27-28).
E altrove:
"E' lui (Cristo) che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come
profeti" (Efesini 4, 11).
Commentando queste parole dell'Apostolo la Traduzione Ecumenica della
Bibbia osserva:
"La Lettera pone l'accento sull'iniziativa del Signore che dà alla
Chiesa gli uomini necessari per la propria edificazione. In questa
lista di ministri si nota il primato degli apostoli".
Significato d'una scelta
1 - Nella Chiesa primitiva i Dodici, oltre al ruolo di annunciare la
Parola e dirigere le comunità, ebbero anche la preoccupazione di
assicurare che queste due funzioni fossero partecipate e continuate
mediante persone qualificate ad essi intimamente legate.
Il primo esempio di questa preoccupazione fu l'elezione di Mattia per
occupare il posto lasciato vuoto dal traditore. Siamo alle origini
della Chiesa. Il Vangelo doveva essere annunziato da testimoni
oculari e auricolari della vita e della risurrezione del Signore.
Mattia era uno di quelli che fin dal battesimo di Gesù era stato in
loro compagnia, e lo fu fino alla fine. In questo modo era
qualificato a diventare testimone della sua risurrezione e ascensione
(cfr. Atti 1, 21-22).