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IL RICONOSCIMENTO DELLA SCRITTURA COME SACRA ED ISPIRATA

Molti citano, interpretano, traducono la Bibbia a proprio piacimento,
nonostante in 2 PT 1.20 vi sia il preciso criterio che "nessuna
Scrittura è soggetta a privata spiegazione".
Occorre sapere come, quando e chi soprattutto ha provveduto a
riconoscere, riunire insieme, conservare e difendere la Bibbia quale
essa è e come noi oggi la possediamo, cioè come sacra e ispirata
Parola di Dio.

A tal fine è necessario fare alcune precisazioni:

- In nessun libro della Bibbia vi è un elenco dei libri che sarebbero
stati ispirati.

- Gli autori dei vari libri biblici non hanno detto di ritenere sacri
e ispirati i loro scritti.

- Ammesso che gli autori degli scritti sacri avessero anche scritto
di essere ispirati da Dio a scrivere (AP: 1.3), se ne sarebbe potuto
avere il dubbio, considerato quanti si sono fregiati dei nomi
autorevoli degli Apostoli scrivendo libri ritenuti invece apocrifi e
perciò non ispirati. (vedi 2 Tess. 2,2)

- Non tutti gli scritti del N.T. sono stati composti proprio dagli
Apostoli o sono stati da essi dettati.

- Non tutte le primitive chiese cristiane ritenevano sacri tutti gli
attuali libri che compongono il N.T.

- In particolare erano ritenuti dubbi nel 3° e 4° sec. in diverse
chiese alcune lettere apostoliche come quella di Giuda, di Giacomo,
la 2^ e la 3^ di Giovanni, agli Ebrei e l'Apocalisse (che sono
denominati ancora oggi "deuterocanonici" del N.T.).

- Alcune Chiese ritenevano ispirate, la Didachè, oppure la Lettera di
Clemente Romano ai Corinti; altre Chiese ammettevano il Pastore di
Erma, o qualche testo apocrifo. Anche nella lettera di Giuda vi è
contenuta una citazione tratta dal libro apocrifo di Enoch.

Vi era quindi una certa diversità nelle varie chiese nel considerare
come testi sacri, normativi della fede, parte del N.T., almeno fino
al termine del IV° sec. riguardanti soprattutto appunto i libri sopra
citati. Occorre comunque notare che la trasmissione, la conservazione
e la difesa dei Vangeli, degli Atti degli Apostoli e delle lettere di
S. Paolo, era attentamente curata da tutte le chiese sin dal sorgere
del cristianesimo. Diventarono punto di riferimento e strumento per
combattere le prime eresie come il docetismo e lo gnosticismo.
Questa setta riconosceva solo parte del Vangelo di Luca e parte delle
lettere paoline mentre propagandava una serie di vangeli apocrifi
spacciati col nome di Tommaso, Pietro, Ebrei, Verità ecc. e che
la Chiesa delle origini dovette combattere strenuamente dimostrandone
la non autenticità e la discordanza rispetto ai testi di origine
apostolica che essa possedeva.
Di questi fatti troviamo una documentazione soprattutto negli
scritti di Ireneo, di Tertulliano, di Origene e di Clemente
Alessandrino ed altri Padri della Chiesa che hanno contribuito a
farci conoscere appunto quali erano gli scritti che erano ritenuti
sacri ed ispirati nel loro tempo e nelle loro chiese ed in tal modo
hanno quindi contribuito notevolmente alla fissazione definitiva del
canone: questo è solo uno dei motivi della importanza dei Padri
della Chiesa.

Un elenco completo dei libri che compongono il N.T. così come lo
abbiamo oggi, lo troviamo in S. Girolamo e in una lettera di papa
Innocenzo I scritto nel 405 D.C. E' possibile tuttavia ricostruire
anche attraverso le citazioni sparse degli scrittori cristiani dei
primi due secoli che tutti quei libri erano citati come sacri.
Dall'inizio del V° sec. quasi nessuno ha più messo in discussione i
libri sacri così elencati, fino a quando i riformatori del XVI sec.
rimisero in discussione il carattere ispirato dei deuterocanonici del
Nuovo Testamento, oltre che del Vecchio T.
Lutero, ad esempio chiamava lettera "di paglia" la lettera di
S.Giacomo e nella sua traduzione della Bibbia in tedesco, metteva in
appendice agli altri libri sacri, i cosiddetti deuterocanonici, sia
del Vecchio che del Nuovo Testamento, affermando che questi "erano
più sicuri". In tal modo poneva al lettore un atroce dubbio circa
l'autenticità degli altri libri posti in appendice.

A quel punto vi è stato un intervento unificatore ed autorevole del
concilio di Trento nel 1546 che ha definito in modo esplicito e
chiaro, una volta per sempre l'elenco dei libri da ritenere sacri ed
ispirati, ed oggi quasi più nessuna confessione cristiana mette in
dubbio alcun libro del N.T. compreso i luterani.

Coloro dunque che rivendicano il monopolio sulla Bibbia dovrebbero
chiedersi prima di tutto come fanno ad averla, come fanno ad avere
proprio quegli scritti sacri e non altri, e poi conseguentemente come
la osservano, come la interpretano e infine come la traducono,
ricordando che 2PT.3.16 dice esplicitamente che nelle Sacre Scritture
ci sono cose difficili da comprendere e gli uomini ignoranti ed
instabili le travisano a loro perdizione.




E' dunque necessario che ci si interroghi e si risponda in coscienza
a queste precise domande al fine di chiarire meglio la propria
posizione di fronte alla Scrittura, tenuto conto di quanto è stato
detto sopra:

1) Chi ha avuto l'autorevolezza per considerare ispirati determinati
libri?
2) In base a quale criterio sono stati ritenuti sacri quei libri e
non altri?
3) Se si afferma che "solo la Scrittura" racchiude "tutto il
consiglio di Dio", allora prima che fossero scritti tutti i libri del
N.T. e anche dopo, quando ancora non veniva riconosciuto il
carattere sacro di tutti i libri del N.T., chi garantiva ai cristiani
di poter disporre di tutta la verità rivelata?
4) Se si è avuta la prerogativa così determinante da poter indicare
con assoluta certezza i libri sacri del N.T., di difenderli da tutte
le decurtazioni, manipolazioni e aggiunte e di conservarli intatti
nel tempo, non si dovrebbe avere anche la prerogativa di dichiarare
sacri i libri del V.T. detti anch'essi "deuterocanonici" , inclusi
nella traduzione greca detta "dei Settanta" usata dagli stessi
scrittori del N.T.?
5) Se Dio stesso ha ispirato gli scritti sacri, non avrebbe dovuto
necessariamente vegliare che essi venissero conservati fedelmente,
fedelmente tradotti e fedelmente interpretati per la salvezza di
tutti i credenti, di tutte le generazioni, completando così la sua
opera che altrimenti sarebbe risultata vana?

Le risposte sono evidenti, tuttavia per maggiore chiarezza, si
precisa che:

1) La consapevolezza del carattere sacro ed ispirato degli
scritti contenuti nel N.T. è stato trasmesso nell'ambito della
Chiesa cattolica sin dagli inizi. La Chiesa è stata formata
dagli scritti sacri e gli scritti sacri sono stati riconosciuti
nel seno della Chiesa.
2) La Chiesa ha riconosciuto carattere sacro solo agli scritti
che sono stati trasmessi come tali per via di successione. Dalle
citazioni scritturali fatte dai primi padri della Chiesa e lungo
tutti i secoli successivi è possibile documentare con certezza quali
scritti essi ritenevano sacri. Dunque senza la tradizione non
potremmo conoscere a quali libri attribuire il carattere sacro e la
Scrittura non sarebbe rimasta integra.
3) L'insegnamento orale degli apostoli suppliva alla Scrittura
quando ancora non era iniziata la sua redazione (nei primi trent'anni
del cristianesimo) o anche quando non era completata (fino all'anno
100 circa); ma anche e soprattutto finché non fossero definiti i
libri da ritenere sacri (fino al 400 circa). Era la perciò la
predicazione orale che completava la rivelazione scritta secondo
quando afferma anche Paolo in 2TES.2.15 dicendo: STATE SALDI E
MANTENETE LE TRADIZIONI CHE AVETE APPRESO SIA DALLA NOSTRA PAROLA CHE
DALLA NOSTRA LETTERA
4) Se si accetta dalla Chiesa la definizione dei libri del N.T.
che è fatta unicamente sulla base della sua tradizione, è un
controsenso che non si accetti anche la definizione dei libri del
V.T. sulla base della stessa tradizione.
5) L'interpretazione della Scrittura non può dipendere dal
capriccio umano. Dio stesso che ha guidato gli uomini del suo Popolo
nella ispirazione ha anche guidato costantemente la retta
interpretazione secondo la promessa di Cristo: "Lo Spirito Santo vi
guiderà in ogni verità" (GV.16.12). Anche la retta interpretazione
della Bibbia deve sempre tenere conto di quanto è stato trasmesso
dalla tradizione apostolica (2TES.2.15), in modo da fare luce sui
passi più oscuri della Scrittura e che talora sembrano essere in
contraddizione con altri passi della stessa Scrittura. Quando
qualcuno ha voluto assolutizzare talune espressioni bibliche senza
tenere conto di altre espressioni bibliche, e soprattutto senza
tenere conto di quanto la Chiesa ha ricevuto come deposito di fede,
si è avuta la scissione e la ferita nel Corpo di Cristo.
Coloro che negano che il buon deposito della fede sia stato
fedelmente conservato dalla Chiesa, dimenticano quanto afferma S.
Paolo in 2 TIM.1.12 : "Sono convinto che egli (il Signore) ha il
potere di custodire il mio deposito fino a quel giorno."
Il rispetto della Parola di Dio comporta oltre quanto detto sopra
anche un altro aspetto importante:
cioè che la TRADUZIONE della Scrittura venga fatta con la massima
fedeltà ed accuratezza, senza tradire la sostanza degli scritti sacri
più antichi pervenuti fino a noi.
Oggi è possibile trovare con una certa facilità i testi originali
scritti in greco ed è anche facile controllare o farsi controllare la
rispondenza della relativa traduzione; una vera fedeltà alla Parola
divina dovrebbe spingere il credente sincero a fare questo controllo,
almeno per tutti i versetti la cui traduzione può determinare
conclusioni e dottrine ben diverse da quelle trasmesse e conservate
nei più antichi manoscritti.
La Scrittura è un dono di Dio alla Chiesa, per costruire la Chiesa,
strumento di unità per tutti i cristiani di tutti i secoli; non uno
strumento di divisione in migliaia di sette come è avvenuto tutte le
volte che è prevalsa la presunzione di volerla interpretare e/o
tradurre col proprio metro di misura.
Chi dice di voler conseguire la Verità e la Carità si interroghi
prima di tutto se agisce a favore o contro l'unità del Corpo di
Cristo che è la sua stessa PAROLA e la sua unica CHIESA.