MEDITIAMO LE SCRITTURE (Vol 4) Anno B

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Coordin.
00giovedì 27 settembre 2012 06:33
Eremo San Biagio


Dalla Parola del giorno
«Erode sentì parlare di tutto ciò che accadeva e non sapeva cosa pensare di Gesù... Diceva: "chi è dunque costui del quale sento dire tali cose?". E cercava di vederlo».

Come vivere questa Parola?
Un interrogativo inquietante rigurgita nella coscienza del tetrarca Erode. Sordido e scellerato, si era macchiato di adulterio e aveva tacitato la voce scomoda di Giovanni Battista. Ora "non sapeva cosa pensare" del Cristo: "Chi è costui, del quale sento dire tali cose?" - dice. Questa "volpe"? come lo definirà più tardi Gesù stesso ? è turbata. Le sue mani ancora sporche di sangue vorrebbero poter afferrare e manipolare anche la verità sul Messia. Per questo "cercava di vederlo". Nel vangelo di Luca, anche di Zaccheo il pubblicano si dice che "cercava di vedere chi fosse Gesù", ma quanta differenza tra il desiderio di vedere dell'uno e l'interesse dell'altro, quale abisso tra la gioia di Zaccheo che lo accoglierà in casa e il rallegrarsi di Erode che "sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui" (Lc 23,8)!
Chiediamoci dunque: cosa muove veramente il nostro "cercare di vedere" Gesù? E' la curiosità inquieta di chi si percepisce "piccolo" e bisognoso di salvezza o il capriccio superficiale di chi vuol toccare con mano e in qualche modo gestire in proprio la grazia di Dio? Un criterio c'è per verificare la qualità delle nostre attese: se a contatto con la Parola, come per Erode, non troviamo risposta alle nostre "molte domande", allora questi interrogativi sono solo pustole di vuota presunzione, sintomo evidente di una malattia dell'anima che impedisce a Dio di convertire il nostro cuore; se invece l'incontro con la Parola, come per Zaccheo, suscita in noi disponibilità risoluta nell'accogliere la salvezza, possiamo ritenerci "cercati e trovati" da Dio.

Nella mia pausa contemplativa oggi verificherò i motivi e la qualità del mio 'cercare' Gesù, contattandolo nelle profondità del cuore. Questa la mia preghiera:

Non mi accada mai, Signore, di non sapere cosa pensare di Te né che ti cerchi per tacitare la mia coscienza o per imbottigliare la tua grazia nella ristrettezza delle mie futili aspettative. Ti sappia accogliere piuttosto con cuore puro, anelando sinceramente alla salvezza che viene da Te.

La voce di un mistico detto "l'angelo della Slesia"
Puro come l'oro più puro, saldo come la roccia,/ come cristallo limpidissimo dev'essere il tuo cuore./ Altri può tormentarsi per la sua sepoltura, celare la sua carogna in superbo edificio!/ Io di ciò non mi curo; / mia tomba, pietra e scrigno per riposo eterno sia il cuore di Gesù.
Angelus Silesius
Coordin.
00venerdì 28 settembre 2012 06:29
Eremo San Biagio


Dalla Parola del giorno
Il Figlio dell'uomo - disse - deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno.

Come vivere questa Parola?
Nel Vangelo di oggi, il tema centrale continua ad essere l'identità di Gesù. Pietro, ispirato dallo Spirito Santo, risponde alla domanda di Gesù con la bella professione di fede: "Tu sei ?il Cristo di Dio'", cioè, tu sei il Messia promesso.
La risposta di Gesù fa capire che non è ancora la sua ?ora', non è il momento per una rivelazione piena per tutto il popolo; a Gesù preme soprattutto la formazione dei discepoli, vuole portarli ad una comprensione più precisa della sua identità, vuole dissipare ogni equivoco riguardo la sua identità messianica: è il Cristo, sì, ma sarà un Messia sofferente che subirà insulti e persino la morte nelle mani dei capi del popolo d'Israele. Nonostante tutto questo, c'è la promessa di una vittoria inaspettata e definitiva: ?la risurrezione al terzo giorno!'.

Nella mia pausa contemplativa oggi, chiedo l'aiuto dello Spirito Santo per riflettere più a fondo su ciò che Gesù, Figlio del Dio vivente, ha sofferto personalmente per me. Sono riconoscente e consapevole che anch' io devo testimoniare Lui davanti a tutti e collaborare con lui per soccorrere i fratelli, i miei compagni di viaggio. Possiamo vivere nella fiducia e nella sicurezza della promessa di Gesù che anche noi risorgeremo con lui (Gv 11,25).

Signore Gesù, voglio confessare la mia fede in te: Tu sei il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo per salvarci. Nei momenti di difficoltà, aiutami a ricordare questa verità e mettere tutta la mia fiducia in te! Grazie Signore!

Un teologo-mistico dei nostri giorni
La salvezza mondo dipende dal mistero di Cristo morto e risorto e questo mistero si fa presente per tutte le età e fino ai confini della terra col sacrificio eucaristico. Così ogni uomo è raggiunto dal Cristo perché l'uomo possa concretamente consentire all'amore di Dio che lo salva... ogni uomo riceve Cristo per trasformarsi in lui e divenire figlio nel Figlio Unigenito ed essere associato a lui nella sua missione di salvezza universale.
Divo Barsotti
Coordin.
00sabato 29 settembre 2012 09:01
Eremo San Biagio
Commento su Giovanni 1,48

"Come mi consce?" Gli rispose Gesù: " Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l'albero di fichi."
Gv 1,48

Come vivere questa parola?

Con il brano evangelico di oggi, Giovanni presenta la chiamata di Natanaele. Dal versetto 35 del capitolo 9, c'è un susseguirsi di inviti da parte di Giovanni Battista a conoscere e seguire Gesù. Andrea e Filippo hanno incontrato Gesù di persona e adesso vogliono condividerne l'esperienza entusiasmante e liberante. La testimonianza è un aiuto valido per avvicinarci a Gesù ma l'incontro con lui è immediato e personale. Vedendo Natanaele che si avvicina accompagnato da Filippo, Gesù lo conosce dal di dentro come uomo giusto, senza falsità, alla ricerca della verità. Natanaele sorpreso di essere così conosciuto chiede: "Come mi conosce?" e Gesù gli rivela un momento personale in cui egli ha sperimentato la presenza intima di Dio. Questa memoria evoca la stupenda riconoscenza: "Tu sei il Figlio di Dio!". Nel silenzio del nostro essere, anche noi avremmo avuto i nostri momenti di incontro personale, intimo con il Signore.

Nella mia pausa contemplativa oggi, cerco di richiamare alla memoria, rivisitare una mia esperienza di incontro con Dio, rievocando l'amore, la fede e la fiducia che ciò ha suscitato nella mia interiorità.

Signore, Tu sei il mio Dio, di Te ha sete l'anima mia! Signore, accresci in me la capacità di vederti, di conoscerti sempre più nel creato, nelle relazioni e negli della mia vita. Fa' che anch'io possa essere testimone autentico che annuncia agli altri: Venite e vedete!

Le parole di un grande vescovo

Alla reazione di Natanaele è data una risposta molto semplice: "Vieni e vedi". Non è un ragionamento, non è una teoria; è un fatto, che Gesù stesso aveva già messo in moto quando ai due discepoli di Giovanni aveva detto: "Venite e vedete". Gesù invita a fare esperienza pratica.
Carlo Maria Martini
Coordin.
00domenica 30 settembre 2012 08:25
Wilma Chasseur
Apriamo gli orizzonti

Cieli chiusi

La prima lettura ci mostra il regime dei cieli chiusi che vigeva nell'Antico testamento e cioè che lo Spirito era effuso su determinate persone per compiere particolari missioni, ma poi veniva ritirato e non era effuso su tutti.

Giosué geloso di Mosè?

Mosè aveva sentito il bisogno di scegliersi degli uomini che lo aiutassero a governare quel popolo dalla "dura cervice". Ne sceglie settanta tra gli anziani del popolo e li raduna nella tenda del convegno per procedere all'investitura. E lo Spirito del Signore si posa su ognuno di loro. Sennonché fuori dalla tenda, c'erano due uomini: Eldad e Medad che ricevettero un'effusione spontanea dello Spirito e si misero a profetare anche loro, con grande scompiglio di Giosuè che credeva di doverglielo impedire, pensando fosse irregolare. Lo disse a Mosè che gli rispose: "Sei tu forse geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore dare loro il suo Spirito". Vediamo qui la grande liberalità di Dio che non fa preferenze di persone ed effonde il suo Spirito anche ad altri, ma vediamo anche la grande magnanimità di Mosè che, lungi dall'essere geloso, si augura che tutti possano essere profeti. Ma la gelosia spirituale esiste e forse fa capolino in Giosuè e ha radici vecchie come il mondo! E' un vizio capitale che i vecchi catechismi definivano peccato contro lo Spirito Santo e rischia di farci cascare tutti quando attribuiamo lo Spirito a "categorie privilegiate" come fosse un monopolio riservato a qualcuno o un genere contingentato?Allora inscatoliamo il divino e non siamo per niente profeti. Lo Spirito è come il vento: soffia dove vuole e non sai donde venga e dove vada? non si lascia certo condizionare da noi. Siamo noi che ci facciamo condizionare dai nostri preconcetti e pregiudizi.

Solleviamo le tapparelle

Il regime dei cieli aperti si caratterizza proprio dal fatto che lo Spirito Santo è effuso su tutti.
Quando Gesù morì sulla Croce, il velo della sua carne si squarciò e lo Spirito si riversò sul mondo. Quindi ora, in virtù del sacerdozio regale conferitoci dal battesimo, possiamo anche avere il dono profetico se Dio fa questa grazia. Lo Spirito è dato a tutti, così come il Sole splende su tutto: tocca a noi sollevare le tapparelle e spalancare le finestre affinché la luce entri. Il solo ostacolo a riceverlo dipende da noi, dalla nostra chiusura e non da Dio che non lo dà
Il Vangelo ci mostra gli Apostoli che avevano lo stesso timore di Giosuè: "Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato perché non era dei nostri". I nostri. Gesù fa fatica a far capire che nel regno di Dio non ci sono da una parte i "nostri" e dall'altra quelli che non sono nostri. Non esistono più scontri di civiltà e di mentalità, ma siamo tutti figli di un unico Padre. E risponde loro: "Non glielo proibite perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me; chi non è contro di noi è per noi".
In questo Vangelo, Gesù invita anche noi, come invitava i discepoli, ad aprire gli orizzonti e ad augurarci che tutti siano profeti e a rallegrarci che tutti abbiano lo Spirito in pienezza. Se ce ne rattristiamo non siamo abitati dallo Spirito e non esercitiamo il nostro sacerdozio regale e tanto meno quello profetico. Se siamo ancora troppo inquadrati, chiediamo allo Spirito di sconquassarci un po', affinché possa aprirsi un varco per penetrare nel nostro cuore e inondarci con la sua luce.
Coordin.
00lunedì 1 ottobre 2012 08:07
Eremo San Biagio
Commento su Luca 9,48

"Chi infatti è il più piccolo fra di voi, questi è grande"
Lc 9,48

Come vivere questa parola?

Per la strada verso Gerusalemme, gli apostoli incominciano a discutere tra di loro chi sia il più grande. Il desiderio di primeggiare è sempre una tentazione pericolosa. Gesù conosce il loro cuore, conosce che la brama di essere superiori agli altri è alla radice di ogni peccato da Adamo in poi; un'aspirazione sempre presente in ogni persona, portando alla competizione, alla divisione fra gli uomini e fra gli uomini e Dio. Gesù aspira a ben altro. Egli ha l'intenzione di guidare i suoi a capire qualcosa di più della sua identità intima e di conseguenza che cosa implica per la sequela. Prendendo l'esempio del bambino, Gesù capovolge la loro logica: chi si fa piccolo, umile servo, è il più grande. Infatti, il più grande è Gesù stesso che si è fatto piccolo diventando uomo, servo di tutti, vulnerabile al punto di soffrire il peso dei nostri peccati fino alla morte di croce. E così l'amore smisurato di Dio si è manifestato come umiltà per farci gustare, in Cristo, la grandezza di essere figli di Dio, eredi della sua stessa vita eterna.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, mi confronto con la mia tendenza di voler essere il primo e come questa diventa palese nelle mie azioni, nelle relazioni con gli altri. Il bambino è dipendente e vulnerabile. Vorrei essere così nella mia relazione con Dio.

Signore Gesù, tu sei la Via, la Verità e la Vita; aiutami a riconoscere la mia fragilità, i miei limiti come segni della mia creaturalità; aiutami ad accettarli come segnali lungo la strada che conduce all'incontro con il Padre e con tutti i fratelli che vivono accanto a me.

La voce del Papa

Facciamo dell'Eucaristia il vero centro delle nostre comunità e lasciamoci educare e plasmare da questo abisso di carità! Ogni opera apostolica e caritativa prenderà vigore e fecondità da questa sorgente!
Benedetto XVI
Coordin.
00martedì 2 ottobre 2012 08:51
padre Lino Pedron
Commento su Matteo 18, 1-5.10

Alla domanda dei discepoli: "Chi è il più grande nel regno dei cieli" (v.1), Gesù non risponde direttamente, ma compie anzitutto un gesto simbolico, che è già di per sé una risposta sconvolgente alle loro prospettive arriviste. Ci troviamo catapultati in una comunità in cui l'ordine delle grandezze è invertito, perché il bambino accolto si rivela essere Gesù in persona: "Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me" (v.5).

I rapporti tra di noi si impostano correttamente solo mediante la conversione e un atteggiamento umile verso Dio (v.3). Quando ci scopriamo poveri e piccoli davanti a Dio, allora capiamo che la domanda posta all'inizio dai discepoli non ha più senso. "Chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli" (v.4).

Il punto di arrivo di ogni vera conversione è il diventare come i bambini. Ciò non significa ritornare nell'infanzia o, peggio, nell'infantilismo, ma mettersi davanti a Dio come bambini di fronte al padre. Questa situazione è considerata dal vangelo un'esigenza indispensabile di umiltà che permette tutte le crescite.

Diventare come un bambino e percepire che il Padre ci chiama sempre a crescere, è diventare ciò che dobbiamo essere: dei piccoli, dei poveri, dei beati (v.3) che aspettano tutto dalla sua grazia. Questa "umiltà attiva", che ha in Dio la sua origine e deve stare alla base della comunità cristiana, è un cammino coraggioso verso la croce come quello di Gesù. Consiste nel prendere il posto che è realmente il nostro.

Umiliarsi, diventare piccoli non è un ideale ascetico di timido nascondimento o di rassegnata sottomissione, ma un concreto servizio di Dio e del prossimo. Se Gesù si identifica con il piccolo, chi vorrà ancora essere grande? Piccolo è colui che non conta, colui che serve. Il primo posto nella comunità cristiana è riservato a lui. L'autorità deve mettere i piccoli al primo posto nella sua considerazione e nei suoi programmi. E tutti, se vogliono stare nella comunità cristiana, che è il regno di Dio, devono diventare piccoli, mettendosi in atteggiamento di servizio.

Dunque, per entrare nella comunità cristiana, per rimanervi e ancor più per affermarsi, non bisogna salire, ma tornare indietro (convertirsi) o discendere, non sentirsi grandi, ma farsi piccoli. Più la creatura si svuota di sé, più si rende idonea ad essere riempita da Dio.

La base di misura dei cristiani non è la grandezza o la potenza, ma l'umiltà (v.4). Essa è un atteggiamento interiore che si manifesta all'esterno ed è il segreto per la buona riuscita dei rapporti comunitari. Colui che è piccolo è un vero discepolo di Cristo ed è un vero membro della comunità, perché non pone ostacoli all'accoglienza e alla costruzione del regno di Dio.

Nel discorso della montagna (5, 3) Matteo aveva presentato la Chiesa dei poveri, qui presenta la Chiesa dei piccoli, che è una continuazione e un ampliamento della medesima. Purtroppo, anche nella Chiesa di Dio non sempre si vive fedelmente e integralmente il vangelo. San Giacomo scriveva: "Fratelli miei, non mescolate a favoritismi personali la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria. Supponiamo che entri in una vostra adunanza qualcuno con un anello d'oro al dito, vestito splendidamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se voi guardate a colui che è vestito splendidamente e gli dite: "Tu siediti qui comodamente", e al povero dite: "Tu mettiti in piedi lì", oppure: "Siediti qui ai piedi del mio sgabello", non fate in voi stessi preferenze e non siete giudici dai giudizi perversi? Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del regno che ha promesso a quelli che lo amano? Voi invece avete disprezzato il povero!" (2, 1-5).

Un simile atteggiamento provoca il forte richiamo di Gesù: "Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli!" (v.10) e l'intervento immediato del Padre in loro difesa: egli ha disposto uno schieramento di angeli a servizio e a difesa dei suoi bambini, dei suoi "piccoli". Tramite i propri angeli che vedono la faccia di Dio, essi possono far giungere fino a lui i torti e le ingiustizie che ricevono. Chi tocca i suoi "piccoli", tocca Dio.

Il valore dei "piccoli" davanti a Dio è sottolineato dal riferimento ai loro angeli che vedono sempre la faccia del Padre che è nei cieli. Nella tradizione giudaica gli angeli "che stanno davanti a Dio", chiamati "angeli del volto", sono quelli di primo grado, incaricati di compiti speciali in ordine alla protezione degli eletti (cfr 1Enoch 40,1-10).
Coordin.
00mercoledì 3 ottobre 2012 06:16
Movimento Apostolico - rito romano
Lascia che i morti seppelliscano i loro morti

Ai suoi profeti, messaggeri, inviati, ministri nella comunicazione della sua Parola e manifestazione della sua volontà ai figli di Israele sempre Dio aveva dato delle regole perché la loro missione si svolgesse in modo ordinato, giusto, santo.
Queste regole attestano una sola verità: l'inviato di Dio deve spogliarsi della sua volontà, dei suoi peccati, vizi, abitudini, usi, costumi, tradizioni umane, convenienze, opportunità, esigenze, necessità che provengono dalla storia, dalla tradizione, od anche dalla stessa sua natura. I suoi inviati devono essere perennemente a sua disposizione, di notte e di giorno, sazi o digiuni, svestiti o coperti, sani ed anche ammalati. In ogni istante il Signore può loro comandare e in ogni istante loro devono essere pronti. Loro non sono più di se stessi o degli uomini, sono solo di Dio. Sono suoi servi sempre, sempre in assetto da viaggio o da missione.
Il vero profeta di Dio deve essere libero anche dalle nobili e sante aspirazioni o desideri che nascono dalla volontà di costruirsi un futuro alla maniera di tutti gli altri uomini. Neanche questo è possibile. Il futuro del profeta deve essere interamente nelle mani del suo Dio. La vita stessa del profeta a volte deve essere un segno per gli altri. Questo lo possiamo constatare con Osea: "Parola del Signore rivolta a Osea, figlio di Beerì, al tempo di Ozia, di Iotam, di Acaz, di Ezechia, re di Giuda, e al tempo di Geroboamo, figlio di Ioas, re d'Israele. Quando il Signore cominciò a parlare a Osea, gli disse: «Va', prenditi in moglie una prostituta, genera figli di prostituzione, poiché il paese non fa' che prostituirsi allontanandosi dal Signore». Egli andò a prendere Gomer, figlia di Diblàim: ella concepì e gli partorì un figlio. E il Signore disse a Osea: «Chiamalo Izreèl, perché tra poco punirò la casa di Ieu per il sangue sparso a Izreèl e porrò fine al regno della casa d'Israele. In quel giorno io spezzerò l'arco d'Israele nella valle di Izreèl». La donna concepì di nuovo e partorì una figlia e il Signore disse a Osea: «Chiamala Non-amata, perché non amerò più la casa d'Israele, non li perdonerò più. Invece io amerò la casa di Giuda e li salverò nel Signore, loro Dio; non li salverò con l'arco, con la spada, con la guerra, né con cavalli o cavalieri». Quando ebbe svezzato Non-amata, Gomer concepì e partorì un figlio. E il Signore disse a Osea: «Chiamalo Non-popolo-mio, perché voi non siete popolo mio e io per voi non sono" (Os 1,1-9). Osea non si deve più appartenere, la sua stessa vita è profezia, rivelazione, manifestazione del mistero del Signore. Questa stessa verità è insegnata da Gesù.
Gesù è fortemente serio, vero, sincero, non illude e non inganna. Chi vuole seguirlo, deve espropriarsi di cuore, mente, volontà, desideri, tradizioni umane, abitudini, convenienze, opportunità. Il mondo intero deve essere considerato morto da lui. Niente esiste se non Dio e la sua volontà. Neanche il suo corpo esiste. Esso è affidato al Signore perché sia Lui a prendersene cura, a proteggerlo, nutrirlo, custodirlo, difenderlo. Chi ama le comodità, chi è preoccupato per i suoi, chi vuole seguire leggi e usanze tra gli uomini, che se ne stia a casa. Non potrà mai seguirlo. Lui è del Padre.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, dateci questa libertà.
Coordin.
00giovedì 4 ottobre 2012 08:26
a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

O Dio, che riveli la tua onnipotenza
soprattutto con la misericordia e il perdono,
continua a effondere su di noi la tua grazia,
perché, camminando verso i beni da te promessi,
diventiamo partecipi della felicità eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Matteo 11,25-30
In quel tempo, Gesù disse: ?Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te.
Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero?.


3) Riflessione

? Oggi, festa di San Francesco, il vangelo mostra la tenerezza con cui Gesù accoglie i piccoli. Lui voleva che i poveri trovassero riposo e pace. Per questo, Gesù fu assai criticato e perseguitato. Soffrì molto! I poveri non ricevono da parte dei cristiani la stessa tenerezza che, in quel tempo, ricevevano da Gesù. Per esempio, tutto il continente africano, il più povero di tutti, è abbandonato dai paesi ricchi dell?Europa e dell?America del Nord che si dicono cristiani.
Il contesto in cui appare questo testo nel capitolo XI di Matteo getta luce sul resto. In esso appare la contraddizione che sta provocando l?azione di Gesù. Giovanni Battista, che guardava Gesù con lo sguardo del passato, non riesce a capirlo (Mt 11,1-15). La gente, che guardava Gesù con finalità d?interesse, non fu capace di capirlo (Mt 11,16-19). Le grandi città attorno al lago, che ascoltarono la predicazione di Gesù e videro i suoi miracoli, non vollero aprirsi al suo messaggio (Mt 11,20-24). I sapienti ed i dottori, che giudicavano tutto partendo dalla propria scienza, non furono capaci di capire la predicazione di Gesù (Mt 11,25). Neppure i parenti lo capirono (Mt 12,46-50). Solo i piccoli capirono ed accettarono la Buona Novella del Regno (Mt 11,25-30).
? Matteo 11,25-26: Solo i piccoli capiscono ed accettano la Buona Novella del Regno. Gesù innalza una preghiera: ?Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te?. I sapienti, i dottori dell?epoca avevano emanato una serie di leggi che imponevano al popolo in nome di Dio. Essi pensavano che Dio esigesse dalla gente l?osservanza di queste leggi. Essi stessi non le osservavano (Mt 23,4). La legge dell?amore, portata da Gesù, diceva il contrario. Ciò che importa, non è cosa facciamo per Dio, ma ciò che Dio, nel suo grande amore, fa per noi! Osservano la legge non per meritare la salvezza, ma per ringraziare per l'amore ricevuto da Dio. La gente capiva il modo di parlare di Gesù e se ne rallegrava. I sapienti pensavano che Gesù sbagliasse. Non potevano capire il suo insegnamento.
? Matteo 11,27: L?origine della nuova Legge: Il Figlio conosce il Padre. Gesù, il Figlio, conosce il Padre. Lui sa ciò che il Padre voleva quando, secoli addietro, consegnò la Legge a Mosè. Ciò che il Padre vuole dirci, lo consegnò a Gesù e Gesù lo rivela ai piccoli, in modo che si aprano al suo messaggio. Anche oggi, Gesù sta insegnando molte cose ai poveri ed ai piccoli. I sapienti e gli intelligenti farebbero bene a diventare alunni dei piccoli! Non è Dio che disprezza ed esclude i sapienti, ma sono loro stessi che si chiudono dinanzi al messaggio di Gesù.
? Matteo 11,28-30: Gesù invita tutti coloro che sono stanchi ad andare verso di lui e promette riposo. E? la gente che vive stanca sotto il peso delle imposizioni e delle osservanze che le leggi della purezza esigono. E dice: ?Imparate da me che sono mite ed umile di cuore?. Molte volte, questa frase è stata manipolata per chiedere alla gente sottomissione, mansuetudine e passività. Ciò che Gesù volle dire è il contrario. Chiede che la gente lasci da parte i professori di religione dell?epoca e cominci ad imparare da lui, da Gesù, che è ?mite ed umile di cuore?. Gesù non fa come gli scribi che si esaltano per la loro scienza, ma è come la gente che vive umiliata e sfruttata. Gesù, il nuovo maestro, sa per esperienza ciò che succede nel cuore della gente e ciò che la gente soffre.
Il modo in cui Gesù attua il Discorso della Missione. Nel modo in cui Gesù annuncia la Buona Novella del Regno si rivela una passione. Passione per il Padre e per la gente abbandonata. Dove trova gente che lo ascolta, Gesù trasmette la Buona Novella. In qualsiasi luogo. Nelle sinagoghe durante la celebrazione della Parola (Mt 4,23). Nelle case degli amici (Mt 13,36). Andando lungo il cammino con i discepoli (Mt 12,1-8). Lungo il mare, sulle rive della spiaggia, seduto in una barca (Mt 13,1-3). Sulla montagna, da dove proclama le beatitudini (Mt 5,1). Nelle piazze dei villaggi e delle città, dove la gente gli porta i malati (Mt 14,34-36). Nel Tempio di Gerusalemme, durante i pellegrinaggi (Mt 26,55)! In Gesù, tutto è rivelazione di ciò che portano dentro! Non solo annuncia la Buona Novella del Regno. Lui stesso è una prova viva del Regno. In lui appare ciò che avviene quando un essere umano lascia che Dio regni ed occupi la sua vita.


4) Per un confronto personale

? Per te, la comunità è fonte di pace o di tensione? Cosa ti dà pace e cosa ti causa tensione? Qual? è il peso che oggi opprime la gente e qual? è il peso da cui oggi la gente si sente sollevata?
? Nella prima parte (vv.25-27) Gesù parla al Padre. Quali sono i motivi che spingono Gesù a lodare il Padre? Come e quando lodo il Padre?

5) Preghiera finale

Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio cuore mi istruisce.
Io pongo sempre innanzi a me il Signore,
sta alla mia destra, non posso vacillare. (Sal 15)
Coordin.
00venerdì 5 ottobre 2012 06:54
Movimento Apostolico - rito romano
Nel giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi

In Tiro e in Sidone nessuno però ha mai predicato la Parola di Dio. Nessuno le ha invitati alla conversione. Nessuno ha rivelato loro la via dell'umiltà e della mitezza del cuore. Nessuno ha mai parlato loro della carità come via di vera salvezza. Tito e Sidone avevano come luce solo la loro coscienza pagana. Per questa coscienza che aveva soffocato la verità nella superbia Dio interviene con un giudizio eterno. Le città della Galilea non si possono appellare alla loro coscienza. Ad esse è stato predicato il Vangelo. In esse sono avvenuti miracoli, segni e prodigi. Il giudizio per loro sarà molto più severo, perché non possono loro scusarsi a motivo della natura corrotta, incapace di vedere il bene e di perseguirlo. Il loro peccato non è di cecità naturale. È invece un peccato di volontà. Non hanno voluto ravvedersi, convertirsi, credere. Avrebbero potuto, ma non hanno voluto. Dio le aveva avvolte con la sua grazia potente. Aveva riversato sopra di esse tutta la sua divina ed eterna misericordia. Le parole di Gesù su queste città rivelano tutta la loro colpa e ogni responsabilità.
Tra fragilità di natura, incapacità di coscienza non formata o formata male, ma pur sempre responsabili del male che viene operato dalla persona, e compimento del male per cattiva volontà, per non conversione avvenuta, per rifiuto di credere nella verità della Parola di Dio, offerta loro con molti segni, miracoli e prodigi, la differenza c'è ed è abissale, grande, grandissima. Ogni luce che Dio fa brillare su di noi e ogni grazia che ci elargisce aggravano la nostra condizione spirituale, se da noi rifiutate, ignorate, disprezzate, calpestate. La responsabilità di chi conosce la volontà di Dio e non la attua, pur avendo a sua disposizione ogni grazia, è infinitamente più alta di chi la ignora, non la conosce, perché nessuna luce è stata mai fatta nel suo cuore.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi di Dio, aprite il nostro cuore e la nostra mente perché possiamo rispondere ad ogni luce e grazia di Cristo Gesù.
Coordin.
00sabato 6 ottobre 2012 06:44
Eremo San Biagio
Commento su Sl 68,33-34

Dalla Parola del giorno
?Vedano gli umili e si rallegrino, si ravvivi il cuore di chi cerca Dio perché il Signore ascolta i poveri.?

Come vivere questa Parola?
Questa è un?espressione del salmo responsoriale collocato tra la prima lettura che è un brano del profeta Baruc e il vangelo di Luca.
Baruc incoraggia gli Israeliti a credere con cuore saldo che il Signore, dopo averli provati, è lì a volere per loro ?una gioia perenne?.
Luca riporta la parola di Gesù che assicura i suoi di un?allegrezza interiore data loro a misura della semplicità di cuore con cui, come bambini, si fidano del Padre Celeste. Così, in tale cornice preziosa, acquista rilievo il senso di questa parola salmica.
Sì, gli occhi del cuore sono essi a vedere. Ma si aprono se ci sono due condizioni: umiltà e povertà come un continuo spossessarsi dagli averi di ogni genere.
Gli occhi di un cuore umile e povero possono ben rallegrarsi perché, avendo abbandonata qualsiasi pretesa, sono liberi. E la libertà vera è quella di percepirsi vivi, anzi continuamente ravvivati interiormente, nella sincera continua unione di Dio, in pratica del compimento della sua volontà.
Certo, il Signore ?ascolta i poveri? perché è Lui e non altri il loro appoggio e tutta la loro speranza-ricchezza vera.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, passo del tempo a consegnarmi a Dio con tutto quello che sono e che ho. Rallegrarmi, dentro il ravvivarsi del cuore, dipende proprio da questo non trattenere nulla con avide mani. Tutto dare a Lui. Di tutto servirsi per servire i fratelli. E cercarlo ad ogni attimo, in ogni respiro.

Signore, vita del mio vivere, che io sia rivolto a te sempre. Come il navigante alla stella polare. E nella tua luce io veda la luce del bene da compiere in mezzo ai fratelli.

La voce di una beata
Sorridere e gioire sempre! Poiché in verità tutto è buono per un'anima che vuole ciò che Dio vuole.
Madre Maria Candida dell?Eucaristia
Coordin.
00domenica 7 ottobre 2012 07:21
padre Paul Devreux


Il libro della Genesi ci ricorda che Dio dice che non è bene che l'uomo sia solo, e pertanto gli fa un aiuto che gli corrisponde. Da qui parte la proposta del matrimonio come soluzione alla solitudine e via maestra per costruirsi un futuro.

Nel Vangelo Gesù viene interrogato riguardo al ripudio.
Al tempo di Gesù il divorzio era un fatto consolidato, attribuito a Mosè e quindi intangibile, ma era un divorzio maschilista. Forse Gesù è il primo a dire che anche la donna che lascia suo marito per un altro commette adulterio, affermando così sottilmente che se l'uomo vuole questo diritto, è giusto che l'abbia anche la donna.
L'atto di ripudio liberava la donna da ogni vincolo dandole cosi il diritto di risposarsi. E' l'unico diritto che le veniva garantito. Riguardo poi alle motivazioni possibili per il ripudio, vi erano varie scuole; alcune dicevano che ci voleva una motivazione grave, altre dicevano che bastava che bruciasse l'arrosto, e su questo facevano accese discussioni.

Gesù non cade nel tranello di mettersi a discutere sul se e sul ma, preferisce toccare il cuore del problema; dopo aver spiegato perché Mosè ha dato questa concessione, ricorda il progetto di Dio, ciò in cui crede: l'amore fedele tra un uomo e una donna, ad immagine dell'amore Trinitario. Ricordiamo che l?obiettivo della vita di coppia non è vivere insieme per sempre, ma amarsi per sempre! L'indissolubilità del matrimonio non vuole essere un cappio ma un ideale che risponde ad un bisogno fondamentale dell'uomo: quello di potersi fidare di qualcuno per poter costruire insieme un futuro. Da soli si costruisce poco, per cui il problema da affrontare non è il divorzio ma come evitare la solitudine e la sterilità dell'uomo.

Personalmente, riguardo al matrimonio e sul come fare per riuscirlo mi ritengo incompetente, perché non ne ho l'esperienza.
Dirò solo che quando incontro una coppia che prega e frequenta, mi fa piacere perché mi sembrano felici. Per me il problema è come aiutare coloro che hanno fatto l'esperienza dolorosa del fallimento matrimoniale a continuare a credere in quest'ideale per avere la forza di rialzarsi e ricominciare a costruirsi un futuro. Ecco perché è importante la fede, come dicevamo domenica scorsa, perché è una ciambella di salvataggio, un opportunità relazionale sicura e fedele, un luogo dove tornare e dal quale ripartire. Chi si fida di Dio, come un bimbo dei genitori, può confidare almeno in Lui e con Lui provare a costruire il regno di Dio, che include anche il matrimonio.
Coordin.
00lunedì 8 ottobre 2012 08:27
Movimento Apostolico - rito romano
Passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione

Fin da subito è giusto dire che la carità verso i poveri è la via per il raggiungimento della vita eterna. Essa è la strada maestra per chi vuole entrare domani in Paradiso e per quanti desiderano essere avvolti nel tempo dalla misericordia di Dio. L'elemosina, l'aiuto spirituale e materiale, è vero strumento di redenzione, espiazione, salvezza per chi li opera. Nessuno si faccia illusione: senza l'osservanza del comandamento della carità, nessuno mai si potrà salvare.
La carità va fatta all'uomo in sé e per questo occorre che noi lo liberiamo da ogni etichetta che la storia o il peccato dell'uomo ha scritto sul suo dorso. Queste etichette da abolire, cancellare sono: amico, nemico, vicino, lontano, familiare, straniero, forestiero, credente, non credente, ateo, religioso, fede diversa, religione differente, buono, malvagio, cattivo, onesto, disonesto, meritevole, non meritevole. Tolte queste etichette, rimane il "nudo" uomo. È la "nuda" umanità concreta, personale, che è dinanzi a noi, che noi siamo chiamati a servire, facendole tutto il bene che è nelle nostre possibilità materiali e spirituali.
Il Vangelo secondo Matteo è chiaro. L'accoglienza nel regno eterno avviene per l'amore verso il Cristo che è sul lastrico della fame, nudità, sete, solitudine, abbandono, miseria, carcere, malattia, disperazione: "Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi" (Mt 25,34-36). La vita eterna è dono, ma anche frutto della nostra carità. La salvezza eterna è dal nostro amore per il prossimo.
Ancora non siamo all'amore del Padre misericordioso che sconvolge il figlio minore e lascia senza fiato noi che meditiamo la parabola di Gesù: "Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: "Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio". Ma il padre disse ai servi: "Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato". E cominciarono a far festa" (Lc 15,20-24). Ma è questo il traguardo cui dovrà giungere la nostra carità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, fateci perfetti nell'amore.
Coordin.
00martedì 9 ottobre 2012 08:06
a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

O Dio, fonte di ogni bene,
che esaudisci le preghiere del tuo popolo
al di là di ogni desiderio e di ogni merito,
effondi su di noi la tua misericordia:
perdona ciò che la coscienza teme
e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura
Dal Vangelo secondo Luca 10,38-42
In quel tempo, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa.
Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi.
Pertanto, fattasi avanti, disse: ?Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti?.
Ma Gesù le rispose: ?Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c?è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta?.



3) Riflessione

? Contesto. Il viaggio di Gesù, intrapreso in 9,51, è costellato di incontri singolari, tra cui quello con un Dottore della Legge (10,25-37). Che precede l?incontro con Marta e Maria (vv.38-42). Innanzitutto c?è un dottore della Legge che pone una domanda a Gesù e che per il lettore diventa un?occasione propizia per scoprire come si eredita la vita eterna che è L?intimità col Padre. A questa si può accedere partecipando alla missione di Gesù, l?inviato primo che ci ha mostrato la misericordia di Dio in pienezza (v.37). In Gesù il Padre si è fatto vicino agli uomini, ha mostrato in modo tangibile la sua paternità. Alla fine dell?incontro l?espressione che Gesù rivolge al Dottore della Legge e ad ogni lettore è cruciale: «Và, e anche tu fa lo stesso» (v.37). Diventare prossimo, avvicinarsi agli altri come ha fatto Gesù ci fa diventare strumenti per mostrare in modo vivo l?amore misericordioso del Padre. Questa è la chiave segreta per entrare nella vita eterna.
? L?ascolto della Parola. Dopo questo incontro con un esperto della Legge, mentre è in cammino, Gesù entra in un villaggio e viene accolto da amici di vecchia data: Marta e Maria. Gesù non è solo il primo inviato del Padre ma è anche colui che raduna gli uomini e nel nostro caso i membri della casa di Betania, in quanto Lui è l?unica Parola del Padre. Se è vero che sono molti i servizi da svolgere, l?accoglienza, le attenzioni ai bisogni degli altri, è ancor più vero che quello insostituibile è l?ascolto della Parola. Il racconto che Luca qui riporta è un episodio reale e ideale allo stesso tempo. Inizia con l?accoglienza da parte di Marta (v.38), poi, tratteggia Maria con un atteggiamento tipico del discepolo, seduta ai piedi di Gesù è tutta intenta ad ascoltare la sua Parola. Questo atteggiamento di Maria rimane straordinario perché nel giudaismo al tempo di Gesù non era permesso a una donna porsi alla scuola di un maestro. Finora un quadro armonioso: l?accoglienza di Marta, l?ascolto di Maria. Ma presto l?accoglienza di Marta si trasforma in un super attivismo: la donna è «tirata», divisa dai molteplici servizi; è talmente assorbita che non riesce a padroneggiare le molteplici attività domestiche. La grande quantità di attività, comprensibile per l?ospite di riguardo, diventa però sproporzionata tanto da impedire di vivere l?essenziale proprio nel momento in cui Gesù è presente nella sua casa. È legittima la sua preoccupazione, ma poi si trasforma in ansia, stato d?animo non conveniente quando si accoglie un amico.
c. Relazionare il servizio all?ascolto. Il suo servizio di accoglienza è altamente positivo ma viene pregiudicato da questo stato ansioso con cui lo svolge.. L?evangelista fa intravedere al lettore che non c?è una contrapposizione tra la diaconia della tavola e quella della Parola, ma intende suggerire di relazionare il servizio all?ascolto. Per non aver relazionato l?atteggiamento spirituale del servizio a quello dell?ascolto Marta si sente abbandonata dalla sorella e invece, di dialogare con Maria, si lamenta con il Maestro. Intrappolata nella sua solitudine se la prende con Gesù che sembra essere indifferente al suo problema («Non ti importa affatto?») e con la sorella ((«che mi ha lasciata solo a servire»). Nella sua risposta Gesù non la rimprovera, né la critica, ma cerca di aiutare Marta a recuperare ciò che è essenziale in questo momento: l?ascolto del maestro. La invita a scegliere quella parte unica e prioritaria che Maria ha spontaneamente assunto. L?episodio ci invita a considerare un pericolo sempre ricorrente nella vita dei cristiani: gli affanni, l?ansia l?iperattivismo possono isolarci dalla comunione con Cristo e la comunità. Il pericolo è tanto più subdolo perché spesso le preoccupazioni materiali svolte con ansia le riteniamo una forma di servizio. Quel che preme a Luca è che nelle nostre comunità non sia trascurata la priorità da dare alla Parola di Dio e al suo ascolto. Prima di servire gli altri, i parenti, la comunità ecclesiale è necessario essere serviti dal Cristo con la sua Parola di grazia. Così immersi nelle faccende quotidiane dimentichiamo come Marta che il Signore desidera prendersi cura di noi.. È necessario, invece, porre in Gesù e in Dio tutte le nostre preoccupazioni.



4) Per un confronto personale

? Sai relazionare il servizio all?ascolto della Parola di Gesù? Oppure ti lasci prendere solo dall?ansia per le molteplici cose da fare?
? Hai compreso che prima di servire devi accettare di essere servito dal Cristo? Sei consapevole che il tuo servizio diventa divino solo quando avrai per primo accolto Cristo e la sua parola?

5) Preghiera finale

Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri,
mi scruti quando cammino e quando riposo.
Ti sono note tutte le mie vie. (Sal 138)
Coordin.
00mercoledì 10 ottobre 2012 08:05
Eremo San Biagio


Dalla Parola del giorno
Esposi loro il Vangelo che io annuncio tra le genti, ma lo esposi privatamente alle persone più autorevoli, per non correre o aver corso invano.

Come vivere questa Parola?
Come una rivelazione aveva aperto a Paolo gli occhi alla fede, così un'ulteriore rivelazione lo sollecita a prendere la via di Gerusalemme per confrontarsi con le "persone più ragguardevoli" circa la dottrina che va predicando con tanto calore.
Una duplice indicazione: depositaria, custode e interprete delle verità di fede è la Chiesa, cioè non un individuo singolo, sia pure illuminato, ma la comunità dei fedeli, che rimane pertanto un impre-scindibile punto di riferimento e di confronto. All'interno di essa, poi, le "persone più ragguardevoli", cioè gli apostoli, costituiscono il perno intorno a cui la stessa comunità si raccoglie, trovando in loro o-rientamento e guida.
Fidarsi unicamente delle proprie intuizioni o anche seguire le ultime stuzzicanti novità senza appurarne la fondatezza lascia adito al rischio o di non correre o di correre invano. Tutto quello che ha il sapore di una nuova conquista è da guardare con sospetto allora? Non è lecito cercare di dare un fon-damento, anche razionalmente più saldo, alla propria fede?
Gesù stesso ha messo sull'avviso che quanto i discepoli di allora, illuminati dalle sue parole, e-rano riusciti a comprendere, era suscettibile di ulteriori approfondimenti. Lo Spirito Santo è stato dona-to alla Chiesa anche per questo. Non solo quindi è possibile cercare di scandagliare i misteri di Dio alla luce della Rivelazione e delle nuove acquisizioni, anche scientifiche, ma è doveroso. Questo tuttavia non esonera dall'umile gesto di confrontarsi con chi può illuminare, come ha fatto Paolo.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, rivedrò la mia posizione: sono di quelli che si accontentano di quanto hanno ricevuto alla catechesi di prima comunione fermi ad una fede infantile, oppure sono di quelli che anticipano il Concilio Vaticano III o anche IV?

Mettimi in cuore, Signore, una sana curiosità che mi spinga a interrogarmi e ad interrogare per meglio conoscerti, ma fa' che essa vada di pari passo con l'umiltà di chi si lascia illuminare.

La voce di un testimone
La fede non è un approdo, ma un sicuro orientamento di grazia verso l'approdo. La traversata continua e faticosamente. Chi non ha la grazia di credere è tentato dall'incertezza e dal timore del niente. Chi ha la grazia di credere è travagliato dalla luce stessa che gli fu comunicata.
Primo Mazzolari
Coordin.
00giovedì 11 ottobre 2012 08:35
padre Lino Pedron
Commento su Luca 11, 5-13

Questa parabola è un commento a Lc 11,3: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano". Ci esorta a una preghiera coraggiosa, a una fede senza esitazioni. Potrebbe essere riassunta con il detto ebraico, che recita così: "L'importuno vince il cattivo, tanto più Dio infinitamente buono".

Gesù ci assicura che Dio esaudisce ogni preghiera. Egli non è sordo alle richieste dell'uomo. Non si nasconde davanti a lui. E questo, perché ama infinitamente l'uomo, suo figlio. Quindi il problema non esiste da parte di Dio ma, eventualmente, da parte dell'uomo. L'uomo prega solo se si sente veramente bisognoso: i sazi e i buontemponi non sentono il bisogno di pregare. La prima condizione per la preghiera è la consapevolezza della propria povertà. L'unica condizione che Gesù pone per l'esaudimento delle nostre preghiere presso Dio è la fiducia, anzi, la certezza di essere ascoltati. Se l'uomo si commuove davanti alle necessità di un amico o di un figlio, tanto più Dio.

Le parole "molestia" e "importunità" sottolineano l'insistenza e il coraggio del richiedente. Se già gli uomini egoisti, falsi amici, ecc. alla fine si scomodano ed esaudiscono, quanto più dobbiamo avere piena fiducia in Dio. Egli non ci ascolta per togliersi d'attorno uno scocciatore, ma perché è il vero nostro amico: è il nostro papà.

Le preghiere rivolte a Dio possono assomigliare a quelle di un figlio verso il padre umano. E' impensabile che questi risponda con cattiverie alle richieste di cibo del figlio. Non c'è un padre così spietato tra gli uomini, tanto meno si può pensare che un tale comportamento sia possibile in Dio. Gli uomini sono cattivi, Dio è buono. Se un padre umano, che è cattivo, sa dare cose buone a suo figlio, quanto più il Padre del cielo darà tutto, cioè lo Spirito Santo, a coloro che glielo chiedono. Nel vangelo di san Matteo, Dio dà "cose buone" (7,11), cioè i beni della salvezza, in san Luca dà lo Spirito Santo, che è il Dono dei doni. La differenza tra i due testi è meno rilevante di quanto potrebbe sembrare. L'uomo si raccomanda per il pane e Dio gli dona anche lo Spirito Santo, che è il Dono che contiene tutti gli altri doni.

Solo Dio può riempire il cuore dell'uomo. Egli ci dà "molto di più di quanto possiamo domandare o pensare" (Ef 3,20): si dona a ciascuno secondo il suo desiderio. L'unica misura del dono è data dal nostro desiderio: che desidera poco, riceve poco; chi desidera tutto, riceve tutto. Il tema dominante è la paternità di Dio che si esprime nel dare. Noi dobbiamo chiedere non perché lui ignori il nostro bisogno, ma perché il dono può essere ricevuto solo da chi lo desidera. Quanti doni di Dio abbiamo rispedito al mittente! Questo brano ci esorta a grandi desideri che ci fanno capaci di ricevere il dono più grande: lo Spirito Santo.

Quando il Padre sembra restio a dare, è perché non ci dà ciò che vogliamo, ma ciò che è giusto. Di solito chiediamo a Dio che soddisfi i nostri bisogni immediati e superficiali, ma egli vuol farci scoprire e colmare il nostro bene essenziale: essere suoi figli. Ci nasconde i suoi doni, affinché cerchiamo lui che è il Donatore. Egli esaudisce sempre le nostre preghiere quando sono secondo la sua volontà; e ci fa proprio un grande piacere a non esaudirle quando non sono secondo la sua volontà, perché farebbe il nostro male. Quando preghiamo succede sempre qualcosa di buono, anche se non sempre sappiamo che cosa.
Coordin.
00venerdì 12 ottobre 2012 11:06
Eremo San Biagio


Dalla Parola del giorno
Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventan-do lui stesso maledizione per noi, poiché sta scritto: Maledetto chi è appeso al legno.

Come vivere questa Parola?
La croce non era soltanto un orribile supplizio. Agli occhi degli ebrei era anche il segno tangibile della maledizione di Dio (cf Dt 21,23), cioè del suo giudizio definitivo di condanna, con cui veniva convalidata la scelta di totale separazione da lui, e quindi di autodistruzione, fatta dal peccatore.
Assoggettandosi ad essa, Gesù si è sostituito a noi, assumendo su se stesso l'orrore del nostro peccato. Veniva così a prodursi in lui una lacerazione profonda: irresistibilmente attratto dal Padre con cui viveva in perfetta unità e, al tempo stesso, violentemente strappato da lui per la sua solidarietà con i peccatori.
In questo immane dolore, egli giunse a sperimentare il tremendo abbandono di Dio, riferito dagli evangelisti e sotteso all'idea di maledizione riportata da Paolo. Non si trattava di una ferita esterna, di un male che lo poteva opprimere anche pesantemente ma che era altro da lui: egli era dilaniato nel suo essere Dio e uomo, Uno in seno alla Trinità, non di un'unità morale ma ontologica e quindi inscindibile dal Padre e dallo Spirito Santo. E, al tempo stesso, vero uomo, partecipe di una natura spinta al peccato, ma pur sempre segnata nel suo DNA dall'essere immagine di Dio.
Sulla croce, più ancora che il suo corpo era il suo essere profondo che agonizzava. Un baratro di amarezza e di dolore che non possiamo neppure immaginare e di cui la morte fisica era una pallidissima e lontanissima manifestazione.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, sosterò dinanzi al Crocifisso leggendo nelle sue piaghe lo scempio operato in me dal peccato, devastazione da cui Egli mi ha sottratto facendo sua la mia morte.

Le tue piaghe, o Dio, gridano la preziosità del mio essere per te: che io non calpesti mai più la mia grandezza.

La voce di un dottore della Chiesa
Il chiodo penetrando fu per me come una chiave che mi ha aperto perché io vedessi la volontà del Si-gnore ? E' aperto l'ingresso al segreto del cuore per le ferite del corpo ? appaiono le viscere di misericordia del nostro Dio, per cui ci visitò dall'alto un sole che sorge (Lc 1,78).
S. Bernardo
Coordin.
00sabato 13 ottobre 2012 06:57
Movimento Apostolico - rito romano
Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!

Gesù è sempre l'uomo dalla perfetta verità. Mai si lascia tentare, neanche dalla più piccola manifestazione di falsità o più piccolo oscuramente della luce celeste che sempre deve avvolgere il suo corpo, la sua anima, il suo cuore, ogni sua sentimento, ogni parte di sé. Dove per noi è sempre facile cadere nella tentazione della falsità che si impossessa della nostra vita e la conduce su sentieri di non verità, questo mai accade con Lui. Egli rimane sempre sulla via della più alta e perfetta verità.
Egli è vero Maestro nell'insegnamento dell'origine della vera gloria. Ogni gloria deve essere data al Padre suo che è nei cieli. È Lui la fonte della verità, santità, beatitudine grandezza di ogni uomo. È Lui la sorgente di ogni bene che si compie nell'uomo e attraverso l'uomo. Questo insegnamento Lui lo ha donato anche quando riguardava la sua persona: "Un notabile lo interrogò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli rispose: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo" (Lc 18,18-23). Anche la bontà eterna di Gesù è dal Padre assieme alla bontà umana. Il notabile non è buono perché da Dio non si lascia fare buono. Lui vuole essere buono dalle cose di questo mondo, dalle sue ricchezze.
Anche la Vergine Maria è maestra nell'attribuire a Dio ogni bene, lode, onore, gloria benedizione: "Allora Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre»" (Lc 1,46-55). Tutto è da Dio sempre. Nessun bene è dall'uomo, perché l'uomo non è né fonte e né sorgente della bontà. È questa la verità che Gesù vuole affermare nel Vangelo di questo giorno.
La Vergine Maria è grande, beata, benedetta non perché ha generato un figlio così grande, beato e benedetto. È grande perché ha ascoltato, obbedito, fatto la volontà del Padre suo. La grandezza di Maria è tutta opera del Padre suo. È Lui che ha fatto grande sua Madre. Ha potuto farla grande perché ha creduto. Ha accolto la missione della divina maternità ed è divenuta grande presso Dio e gli uomini.
Vedere ogni cosa da Dio è purissima fede. Ecco come il re Davide confessa il suo Dio: "«Benedetto sei tu, Signore, Dio d'Israele, nostro padre, ora e per sempre. Tua, Signore, è la grandezza, la potenza, lo splendore, la gloria e la maestà: perché tutto, nei cieli e sulla terra, è tuo. Tuo è il regno, Signore: ti innalzi sovrano sopra ogni cosa. Da te provengono la ricchezza e la gloria, tu domini tutto; nella tua mano c'è forza e potenza, con la tua mano dai a tutti ricchezza e potere. Ed ora, nostro Dio, noi ti ringraziamo e lodiamo il tuo nome glorioso. E chi sono io e chi è il mio popolo, per essere in grado di offrirti tutto questo spontaneamente? Tutto proviene da te: noi, dopo averlo ricevuto dalla tua mano, te l'abbiamo ridato" (1Cro 29,10-14). Tutto è del Signore e da Lui. Tutto è per Lui e con Lui. Lui solo è la bontà, la verità, la sapienza, la carità che ci fa buoni, veri, saggi, misericordiosi. Lui è la fonte del bene che è in noi.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, insegnateci questa verità.
Coordin.
00domenica 14 ottobre 2012 06:29
Wilma Chasseur
Poveri ricchi!...

Le letture di oggi ci mostrano quali siano le vere ricchezze che nessun ladro, nessun cataclisma e nessuna bancarotta possono portare via.

Abbiamo già chiesto la sapienza?

La prima lettura, tratta dal Libro della Sapienza, costituisce un insegnamento ammirabile su quale debba essere l'oggetto della nostra preghiera: "Pregai e mi fu elargita la prudenza; implorai e venne in me lo spirito della sapienza". Facciamo un piccolo esame di coscienza: quante volte nella preghiera abbiamo chiesto, per prima cosa, la sapienza? Quale percentuale occupa nelle nostre domande e petizioni al Signore? Viene prima del benessere, salute, lavoro, casa ecc. ecc.?
"L'amai più della salute e della bellezza". E' così anche per noi? Ahimè, mi sa tanto che nella società degli uomini si moltiplicano palestre di ginnastica, corsi di fitness, istituti di bellezza, ma non ho ancora visto un "Istituto di sapienza"?E anche qualora ci fosse, temo che registrerebbe ben poche presenze, rispetto agli altri.

La preferiamo a salute, bellezza e ricchezza?

"La preferii a scettri e troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto". Ohimè! Possiamo dire altrettanto? Quanti, come massima ambizione, hanno quella di salire finalmente su di un trono (arrivare al potere) e vincere al lotto? Quanti vanno a gara per partecipare a quiz televisivi a premi e portarsi via il consistente gruzzolo. Se facessimo un sondaggio tra la gente comune, scopriremmo probabilmente che le mete più agognate sono proprio quelle!
Ma io mi domando: dopo che uno ha vinto 100 miliardi, è forse migliore di prima? E' forse cambiato dentro, migliore fuori e più sapiente in casa e fuori casa? E' forse più felice? Temo che dopo una prima comprensibile esaltazione, si ritroverebbe pieno di grattacapi: come investire il gruzzolo? Come proteggerlo dai ladri? Dove andare in ferie, che si trasformerebbero subito in furie?Poveri noi! Che fatica essere ricchi: a quel poveretto non gli rimarrebbe più tempo per occuparsi di altro e dovrebbe vivere in funzione del "gruzzolo" (perché purtroppo, a causa del peccato originale, spesso, quella di voler diventare ricchi per poi dare tutto in beneficenza, rimane una pia illusione). Altro che acquistare la sapienza: perderebbe di colpo anche quel poco che gli era rimasta, perché, senza un miracolo, tutti quei denari improvvisi, non potrebbero non dargli alla testa? Povero ricco che sfortuna gli è capitata!

Verso cosa corriamo?

Eppure la corsa al denaro finalizza la vita di molti ed è deleteria quanto la corsa agli armamenti, perché il denaro è l'arma più micidiale che ci sia, in nome del quale si commettono delitti innominabili. Del resto anche la corsa agli armamenti è finalizzata al denaro.
Gesù nel Vangelo ribadisce questo concetto e nella sua risposta al giovane ricco, leggiamo una serie di cinque verbi: và, vendi, dai, vieni e seguimi. Questo vangelo ci riguarda tutti: siamo tutti attaccati a qualche bene (o male?) da cui dobbiamo saper staccare il cuore. E' una parola che ci mette in crisi, del resto la parola di Dio è sempre una spada tagliente che penetra fino alla divisione tra carne e spirito e tenta di farci superare i desideri terrestri per farci pervenire alla suprema libertà dello spirito. Per questo è necessaria la grazia che viene dall'alto perché "ciò che è impossibile agli uomini è possibile a DIO".

Quali sono le vere ricchezze?

Le vere ricchezze sono quelle spirituali, soprattutto il dono della sapienza che, lungi dal farci disprezzare i beni materiali, ce li fa usare per aiutare i fratelli, far avanzare il regno di Dio e metterli al Suo servizio.
Coordin.
00lunedì 15 ottobre 2012 07:10
Movimento Apostolico - rito romano
Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona

Giona è un profeta singolare, unico. Egli crede così tanto nell'efficacia della Parola di Dio proclamata da rifiutarsi di recarsi in Ninive e in quella vasta città farla udire a tutti i suoi numerosi abitanti. Ecco il suo pensiero: "Se io vado e predico, i suoi abitanti si convertiranno e il Signore li perdonerà. Non farà loro il male minacciato. Io non vado, loro non ascoltano la Parola di Dio, non si convertono e verranno sterminati".
Il Signore lo "costrinse" a recarsi nella città peccatrice ed ecco cosa avvenne: "Fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore: «Àlzati, va' a Ninive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore. Ninive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta». I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere. Per ordine del re e dei suoi grandi fu poi proclamato a Ninive questo decreto: «Uomini e animali, armenti e greggi non gustino nulla, non pascolino, non bevano acqua. Uomini e animali si coprano di sacco, e Dio sia invocato con tutte le forze; ognuno si converta dalla sua condotta malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani. Chi sa che Dio non cambi, si ravveda, deponga il suo ardente sdegno e noi non abbiamo a perire!». Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece" (Gio 3,1-10). Appena pochissime parole e tutta Ninive si convertì. Gesù è venuto ha compiuto ogni sorta di miracolo, ha rivelato i misteri del regno, a manifestato tutta la misericordia del Padre, ha perdonato i peccatori, ma la sua generazione è rimasta insensibile. Il suo popolo rimase inconvertito e impenitente.
È questo il principio di giudizio e di responsabilità che oggi Gesù annunzia: ognuno domani sarà giudicato e condannato per quello che ha ricevuto. Più grande è stato il dono di grazia e più grave è la responsabilità della persona. Così anche: più alto è il ministero e più pesante sarà per esso il giudizio di Dio. Un papa, un cardinale, un vescovo, un presbitero, un diacono, un religioso, una religiosa, un fedele laico non hanno la stessa responsabilità dinanzi al Signore. Più in alto si è stati collocati e più aumentano le possibilità di una nostra dannazione eterna. Chi ha ricevuto molto deve rendere per molto. Chi ha ricevuto poco deve rendere per poco. È questa la giustizia di Dio nel giorno del rendimento dei conti. Nessun uomo ha ricevuto tanta grazia più di coloro che hanno ascoltato direttamente Dio che parlava al loro cuore e lo hanno visto compiere tutte le sue grandi opere di misericordia e di bontà. Questa è una grazia irripetibile. Di essa i suoi concittadini sono responsabili. Dio chiederà loro conto perché dinanzi a tanto dono sono rimasti ciechi, sordi, muti, l'hanno combattuta e rifiutata.
Vergine Maria Madre della Redenzione, Angeli e Santi, aiutateci a comprendere.
Coordin.
00martedì 16 ottobre 2012 08:18
Eremo San Biagio


Dalla Parola del giorno
Per virtù dello Spirito, attendiamo dalla fede la giustificazione che speriamo. Poiché in Cristo Gesù non è la circoncisione che conta, ma la fede che opera per mezzo della carità.

Come vivere questa Parola?
Non è l'osservanza della legge che giustifica, cioè santifica, ma la fede in Cristo Signore. Con questa affermazione, Paolo continua la sua azione educativa dei Galati e, in fondo, anche dei giudei del tempo e di noi oggi!
Con queste parole, Paolo non intende recriminare contro la pratica giudaica della circoncisione. Egli denuncia il fatto che ci si rifugi in essa quale garanzia di salvezza, dimenticando che "non c'è altro nome in cui essere salvati che quello di Gesù".
La circoncisione voluta da Mosè non era che un segno della particolare appartenenza a Dio del popolo ebraico. Con Gesù il segno è sostituito dalla realtà: la sua stessa Persona. Chi aderisce a Lui è già proprietà di Dio, anzi, molto di più: figlio suo!
Ma, attenzione! Come per la circoncisione la garanzia della salvezza non era data dal semplice segno esterno, ma dalla fede. Così oggi non basta essere battezzati, partecipare ai riti, credere a determinate verità, ma è necessario vivere il battesimo: aderire cioè in modo incondizionato a Gesù e al suo messaggio. È la fede operante nella carità, l'AMORE, la garanzia di salvezza già qui e ora.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, verificherò la qualità della mia fede e mi chiederò: Il mio credere è adesione vitale a Cristo Signore? Si concretizza nell'esercizio assiduo della carità come servizio e dono gioioso di me stesso a Lui e ai fratelli?

Che io aderisca a Te, Signore Gesù, e cerchi te in ogni fratello e sorella, e Te serva in ciascuno di loro.

La voce di una piccola santa
Fate con libertà tutto ciò che richiede la carità.
Maria Domenica Mazzarello
Coordin.
00mercoledì 17 ottobre 2012 08:23
padre Lino Pedron
Commento su Luca 11,42-46

I farisei osservano scrupolosamente la legge nelle piccole cose e la calpestano nei comandamenti essenziali. Sono vanagloriosi. Esteriormente si presentano irreprensibili, ma interiormente sono ben lontani dall'osservanza della legge.

Gesù esige che la legge sia osservata per intero: "Queste cose bisogna curare senza trascurare le altre" (v. 43). Ma il precetto più importante è il comandamento dell'amore (cfr Lc 10,27). Chi ama compie tutta la legge (cfr Rm 13,10), anche quella sulle decime. Chi non ama non osserva nulla, anche se compie tutti gli atti di osservanza. L'osservanza dei comandamenti, se è senza amore, è non osservanza. Invece di amare Dio e il prossimo, il fariseo ama se stesso; si mette al centro di tutto, facendo del proprio io il suo Dio.

Nell'osservanza della legge il movente non dev'essere l'ambizione, ma la volontà del Padre: "Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli" (Mt 6,1).

I farisei cercano la loro salvezza nell'osservanza della legge. La loro salvezza sta in realtà nella parola di Dio, che giunge a loro tramite Gesù. La legge non serve a nulla, se il regno di Dio non nasce nell'uomo mediante la parola di Gesù.

I farisei erano scolari docili e fedeli dei dottori della legge. Essi realizzavano nella vita ciò che questi insegnavano. I rimproveri rivolti ai farisei colpiscono quindi anche i dottori della legge. Essi fanno della legge, che Dio ha dato per il bene e la salvezza degli uomini, un peso insopportabile con la loro dottrina e la loro interpretazione; però essi stessi sanno egregiamente sottrarsi dalla sua osservanza usando i loro cavilli. Se si sforzassero di osservare quanto dicono, forse si accorgerebbero del peso insopportabile del giogo che impongono agli altri.
Coordin.
00giovedì 18 ottobre 2012 06:30
a cura dei Carmelitani
Commento Luca 10,1-9

1) Preghiera

Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia,
Signore,
perché, sorretti dal tuo paterno aiuto,
non ci stanchiamo mai di operare il bene.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 10,1-9
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: ?La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l?operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: È vicino a voi il regno di Dio?.


3) Riflessione

? Oggi, festa dell?evangelista San Luca, il vangelo ci presenta l?invio dei settantadue discepoli che devono annunciare la Buona Novella di Dio nei villaggi e nelle città della Galilea. I settantadue siamo tutti noi che veniamo dopo i Dodici. Mediante la missione dei discepoli e delle discepole Gesù cerca di riscattare i valori comunitari della tradizione della gente che si sentiva schiacciata dalla duplice schiavitù della dominazione romana e dalla religione ufficiale. Gesù cerca di rinnovare e di riorganizzare le comunità in modo che siano di nuovo un?espressione dell?Alleanza, una dimostrazione del Regno di Dio. Per questo insiste sull?ospitalità, nella condivisione, sulla comunione, sull?accoglienza agli esclusi. Questa insistenza di Gesù appare nei consigli che dava ai discepoli ed alle discepole quando li mandava in missione. Al tempo di Gesù c?erano altri movimenti che, come Gesù, cercavano un modo nuovo di vivere e convivere, per esempio Giovanni Battista, i farisei ed altri. Anche loro formavano comunità di discepoli (Gv 1,35; Lc 11,1; At 19,3) ed avevano i loro missionari (Mt 23,15). Ma come vedremo c?era una grande differenza.
? Luca 10,1-3: La Missione. Gesù manda i discepoli nei luoghi dove lui voleva andare. Il discepolo è il portavoce di Gesù. Non è il depositario della Buona Novella. Lui li manda due a due. Ciò favorisce l?aiuto reciproco, poiché la missione non è individuale, bensì comunitaria. Due persone rappresentano meglio la comunità.
? Luca 10,2-3: La corresponsabilità. Il primo compito è pregare affinché Dio mandi operai. Tutti i discepoli e le discepole devono sentirsi responsabili della missione. Per questo devono pregare il Padre per la continuità della missione. Gesù manda i suoi discepoli come agnelli in mezzo ai lupi. La missione è un compito difficile e pericoloso. Perché il sistema in cui vivono i discepoli ed in cui viviamo era e continua ad essere contrario alla riorganizzazione della gente in comunità attive.
? Luca 10,4-6: L?ospitalità. Al contrario degli altri missionari, i discepoli e le discepole di Gesù non dovevano portare nulla, né bisaccia, né sandali. Ma dovevano portare la pace. Ciò significa che devono aver fiducia nell?ospitalità della gente. Perché il discepolo che va senza nulla, portando solo la pace, dimostra di avere fiducia nella gente. Pensa che sarà accolto, e la gente si sente rispettata e confermata. Per mezzo di questa pratica il discepolo critica le leggi dell?esclusione e riscatta gli antichi valori della convivenza comunitaria. Non salutate nessuno lungo la strada significa che non si deve perdere tempo con le cose che non appartengono alla missione.
? Luca 10,7: La condivisione. I discepoli non devono andare di casa in casa, ma rimanere nella stessa casa. Cioè devono convivere in modo stabile, partecipare alla vita ed al lavoro della gente e vivere con ciò che ricevono in cambio, perché l?operaio è degno della sua mercede. Ciò significa che devono aver fiducia nella condivisione. Cosi, per mezzo di questa nuova pratica, riscattano una vecchia tradizione della gente, criticano la cultura di accumulo che caratterizzava la politica dell?Impero Romano ed annunciano un nuovo modello di convivenza.
? Luca 10,8: La comunione attorno al tavolo. Quando i farisei andavano in missione, andavano prevenuti. Pensavano che non potevano fidarsi del cibo della gente che non sempre era ?puro?. Per questo, loro portavano bisaccia e denaro, per potersi procurare il proprio cibo. Cosi, invece di aiutare a superare le divisioni, l?osservanza della Legge della purezza debilitava ancora di più il vissuto dei valori comunitari. I discepoli di Gesù dovevano mangiare ciò che la gente offriva loro. Non potevano vivere separati, mangiando il loro cibo. Ciò significa che devono accettare la condivisione attorno al tavolo. A contatto con la gente, non possono aver paura di perdere la purezza legale. Agendo cosi, criticano le leggi in vigore, ed annunciano un accesso nuovo alla purezza, cioè all?intimità con Dio.
? Luca 10,9a: L?accoglienza degli esclusi. I discepoli devono occuparsi degli infermi, curare i lebbrosi e scacciare i demoni (Mt 10,8). Ciò significa che devono accogliere dentro la comunità coloro che ne sono stati esclusi. Questa pratica solidale critica la società che esclude ed indica soluzioni concrete. E? ciò che oggi fa la pastorale degli esclusi, dei migranti ed emarginati.
? Luca 10,9b: La venuta del Regno. Se queste esigenze vengono rispettate, allora i discepoli possono e devono gridare ai quattro venti: Il Regno è venuto! Annunciare il Regno non è in primo luogo insegnare verità e dottrine, ma condurre verso un nuovo modo di vivere e di convivere da fratelli e sorelle partendo dalla Buona Novella che Gesù ci ha proclamato: Dio è Padre e Madre di tutti noi.


4) Per un confronto personale

? L?ospitalità, la condivisione, la comunione, l?accoglienza degli esclusi: sono pilastri che sostengono la vita comunitaria. Come avviene questo nella mia comunità?
? Cos?è per me essere cristiano o essere cristiana? In un?intervista alla TV, una persona ha risposto così al giornalista: ?Sono cristiano, cerco di vivere il vangelo, ma non partecipo alla comunità della Chiesa?. Ed il giornalista commentò: ?Allora lei si considera un giocatore di calcio, senza una squadra!? E? il mio caso?


5) Preghiera finale

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza. (Sal 144)
Coordin.
00venerdì 19 ottobre 2012 05:46
Movimento Apostolico - rito romano
Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati

L'ipocrisia è mostrare un viso di santità, mentre nel cuore vi è falsità, inganno, immoralità. È lavare l'esterno e lasciare impuro e immondo l'intero. È purificarsi le mani, mentre si abbandona l'anima al peccato e alla morte. L'immagine più eloquente per dire cosa è esattamente l'ipocrisia è un sepolcro: bei fuori all'esterno, bei marmi, belle raffigurazioni, belle lapidi, ma dentro vi è putridume ed ossa di morto.
Gesù non vuole una Chiesa così: fatta di apparenza, facciata, esteriorità, finzione, camuffamento, imbiancata con mille fronzoli vani. Non vuole neanche una liturgia senza volontà di conversione, ma abbellita con luci, candelabri, incensieri, lumi, segni, gesti che nascondo il nostro cuore impuro, impenitente, cattivo e malvagio.
Gesù non vuole tutto questo e lo dice espressamente ai suo discepoli: "Guardatevi bene dal lievito dei farisei che è l'ipocrisia". Il loro esterno è stupendo: belle vesti, andatura solenne, comportamento maestoso, cura dei particolari, lunghe orazioni, passeggi sulle piazze per essere ammirati, primi posti per essere esaltati. Era la loro la religione che ruotava tutto intorno alla propria persona. Dio era uno strumento assieme al culto per innalzare e mettere in mostra se stessi. Avevano privato Dio della sua gloria e se ne erano impadroniti. Tutto però era fatto rigorosamente in nome di Dio e per il suo più grande onore. Tanto può l'ipocrita.
Ora Gesù dona ai suoi discepoli un principio di retta azione che dovrà governarli per sempre. Chi vuole che una cosa non si sappia, non deve né dirla e né farla. Ciò che si dice, si saprà dal mondo intero. Ciò che si fa', tutti lo verranno a conoscere. Niente di ciò che è detto o fatto rimarrà nel segreto, nel silenzio, nel ristretto cerchio dei presenti. Questa principio non vale solo per il male, vale anche per il bene. Quali dovranno essere allora le decisioni che ognuno dovrà prendere a partire da questo principio di conoscenza universale di quanto viene da noi detto, operato, voluto e scelto? Eccole:
Chi sceglie di essere cristiano non pensi di poter rimanere nascosto nella sua nuova identità. Deve avere il coraggio di vivere apertamente, dinanzi al mondo intero la sua nuova scelta di vita. Nascondersi non serve. Avere paura neanche, dal momento che tutto apparirà in piena luce. Chi sceglie Cristo, il suo Vangelo, non deve temere gli uomini. Questi possono solo uccidere il suo corpo. La sua anima non appartiene ai carnefici di questo mondo. Essa è di Dio e sarà custodita da Lui nello scrigno della vita nel suo Paradiso. Chi decide di essere discepolo di Gesù Signore deve scegliere il martirio fin da subito, già dal primo istante della sua sequela, altrimenti è giusto che neanche pensi a seguirlo, perché la sequela o è sino alla fine, sigillata anche con il sangue, o essa non serve perché noi entriamo nella vita eterna.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, fateci saggi e veri discepoli.
Coordin.
00sabato 20 ottobre 2012 09:34
Eremo San Biagio


Dalla Parola del giorno
Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni.

Come vivere questa Parola?
Nel Vangelo odierno c'è un tale che vorrebbe coinvolgere Gesù nel gorgo delle preoccupazioni materiali: . Gesù non solo ne resta assolutamente libero, ma trae l'occasione per un insegnamento tanto importante sempre, circa il nostro rapporto con l' "avere". Ciò che Gesù afferma, con un detto sapienziale che è una punta di diamante, ci provoca a fondo circa il mistero della nostra vita. Sì, proprio perché è "mistero" (e non un accadimento casuale!) la nostra vita, è la ricchezza dell' "essere" per di più "a immagine e somiglianza di Dio", dentro un rapporto personale con Lui che, per la Fede, ci rassicura circa una promessa di fondo: la nostra vita durerà per sempre. Noi inoltre verremo arricchendola, nutrendola, per così dire, di eternità, nella misura un cui, liberi dal bramare cose vane e dall'attaccarci a quello che ci serve per vivere, c'impegneremo ad amare. E' infatti l'unica cosa che conta e Dio stesso, in Gesù e col Suo Spirito ce ne dà la forza. Aggrapparci al resto? Vanità e stoltezza!

Oggi, nel mio rientro al cuore chiederò luce di Spirito Santo per vedere ciò che lo ingombra. Vedrò quali attaccamenti a cose o progetti vari, ostacolano il mio libero andare a Dio, nel servizio ai fratelli. Lascerò pure risuonare la parola di Gesù al ricco attaccato ai suoi averi: Stolto, questa notte morirai! E' segnato dalla pace il mio pensiero della morte?

La voce di un sapiente orientale
"Se vuoi vivere leggero e sereno, familiarizza col pensiero della morte. Non è la fine della vita, ma la nascita. La morte è una porta".
Dugpa Rimpoce
Coordin.
00domenica 21 ottobre 2012 06:37
Wilma Chasseur
La sequela si fa difficile

In questo Vangelo vediamo Giacomo e Giovanni, già "battezzati" figli del tuono da Gesù, chiedere al Maestro, nientemeno, che faccia loro quanto vogliono. "Maestro noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo". "Padre nostro" al contrario: sia fatta la nostra volontà! E speravano che Gesù rispondesse: Amen.
A dire il vero una cosa del genere era già avvenuta nell'Antico Testamento a Salomone: questi appena eletto re, in sogno aveva sentito il Signore che gli aveva chiesto: "Chiedimi cos'è che ti devo dare". Nientemeno! L'Altissimo che si mette a disposizione del servo. E Salomone aveva chiesto la sapienza ed era stato esaudito oltre ogni più rosea aspettativa. Ma questa volta le cose non vanno altrettanto lisce. Gesù ribatte: "Cosa volete che io faccia per voi?" Gli risposero: "Concedici di sedere nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra". Gesù disse loro: "Voi non sapete cosa domandate". Avessero almeno avuto il buon gusto di chiedere qualche dono spirituale e l'accortezza di non chiedere simili cose davanti agli altri; ma no! E così ricevono "en pleine figure" e in pubblico, il diniego di Gesù e scatenano lo sdegno degli altri discepoli. Ma Gesù visto questo risentimento che stava nascendo in seno ai Dodici, li chiamò a sé e disse: "Chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo si farà il servo di tutti. Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti". Ecco che Gesù a questo desiderio di essere grandi, ribadisce per l'ennesima volta, che la vera grandezza sta nel rimanere piccoli. Al desiderio di potenza oppone la necessità del servizio che Lui per primo ha praticato tutta la sua vita e non solo, ma anche dopo morto e risorto, perché in una delle apparizioni pasquali, dopo la sua risurrezione, lo vediamo che prepara addirittura da mangiare agli apostoli.
Ma questo brano ci mostra anche, come diceva don Luciano Sole, che Gesù non è uno dei tanti, ma è il Messia, l'inviato di Dio per la salvezza di tutti. Questa quarta sezione del Vangelo di Marco ci mostra il cammino di Gesù verso Gerusalemme e i discepoli sono invitati a seguirlo: "Il calice che io bevo anche voi lo berrete e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete". La grande difficoltà per i Dodici è sempre stata quella di capire il mistero dell'identità del Figlio di Dio col quale condividevano la vita. All'inizio avevano lasciato tutto per seguirlo: barca, padre, casa e mestiere, ma ora devono seguirlo sulla via della Croce. Prima era potente, attirava le folle al suo seguito, ma continuare a seguirlo ora diventa sempre più difficile perché occorre entrare nell'ottica della Croce. E loro vorrebbero il trionfo di Gesù (come avremmo sicuramente voluto tutti noi, al loro posto), ma vorrebbero anche il loro trionfo: sedere ai primi posti ed essere grandi. E invece moriranno tutti ammazzati come il loro Maestro. Io ogni tanto domando al Signore: ma perché la vita deve essere così tragica? E' stata oltremodo tragica per Lui e continua ad esserlo per i suoi discepoli che continuano a cadere uccisi. Mistero d'iniquità: capiremo solo in Cielo perché Dio ha scelto - o permesso - questa economia piuttosto che un'altra. "Sangue di martiri, seme di cristiani" diceva Tertulliano.
L'unica risposta che possiamo darci è che la via della croce sbocca nella gloria.
Il nostro cammino doloroso ci prepara un destino glorioso. Ora vediamo solo il rovescio del tappeto, ma oltre l'intrico dei nodi, sul diritto si va formando un bellissimo disegno che sarà il nostro destino di comunione eterna con Lui e ci riscatterà da ogni sofferenza patita quaggiù.
Coordin.
00lunedì 22 ottobre 2012 06:52
Movimento Apostolico - rito romano
Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita

Nell'Antico Israele spettava al giudice dirimere le questioni tra un uomo e l'altro. Erano stati costituiti proprio per questo: per fare da intermediari di pace nelle infinite liti che necessariamente sorgono in ogni relazione umana. La lite è il frutto del peccato, del vizio, di una virtù con conquistata, di una perfezione morale non ancora raggiunta. Essendo l'uomo sempre imperfetto, attorno a lui nasceranno sempre delle liti più o meno fondate, lievi, pesanti, che possono sfociare anche nell'omicidio.

"Ti costituirai giudici e scribi in tutte le città che il Signore, tuo Dio, ti dà, tribù per tribù; essi giudicheranno il popolo con giuste sentenze. Non lederai il diritto, non avrai riguardi personali e non accetterai regali, perché il regalo acceca gli occhi dei saggi e corrompe le parole dei giusti. La giustizia e solo la giustizia seguirai, per poter vivere e possedere la terra che il Signore, tuo Dio, sta per darti" (18,18-20). Un solo testimone non avrà valore contro alcuno, per qualsiasi colpa e per qualsiasi peccato; qualunque peccato uno abbia commesso, il fatto dovrà essere stabilito sulla parola di due o di tre testimoni. Qualora un testimone ingiusto si alzi contro qualcuno per accusarlo di ribellione, i due uomini fra i quali ha luogo la causa compariranno davanti al Signore, davanti ai sacerdoti e ai giudici in carica in quei giorni. I giudici indagheranno con diligenza e, se quel testimone risulta falso perché ha deposto il falso contro il suo fratello, farete a lui quello che egli aveva pensato di fare al suo fratello. Così estirperai il male in mezzo a te. Gli altri verranno a saperlo e ne avranno paura e non commetteranno più in mezzo a te una tale azione malvagia. Il tuo occhio non avrà compassione: vita per vita, occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede" (Dt 19,15-21).

Sulla lite vale proprio la pena ascoltare e mettere nel cuore questa verità attinta dalla Sapienza di Israele. Mai un uomo è così saggio da evitare ogni lite.

"Iniziare un litigio è come aprire una diga, prima che la lite si esasperi, troncala" (Pr 17, 14). "Sbattendo il latte ne esce la panna, premendo il naso ne esce il sangue, spremendo la collera ne esce la lite" (Pr 30, 33). "Per mancanza di legna il fuoco si spegne; se non c'è il delatore, il litigio si calma" (Pr 26, 20). "Astieniti dalle risse e diminuirai i peccati, perché l'uomo passionale attizza la lite. Un uomo peccatore semina discordia tra gli amici e tra persone pacifiche diffonde la calunnia. Il fuoco divampa in proporzione dell'esca, così la lite s'accresce con l'ostinazione; il furore di un uomo è proporzionato alla sua forza, la sua ira cresce in base alla sua ricchezza. Una lite concitata accende il fuoco, una rissa violenta fa versare sangue. Se soffi su una scintilla, divampa, se vi sputi sopra, si spegne; eppure ambedue le cose escono dalla tua bocca (Sir 28,8-12).

Oggi Gesù è pensato come uno dei tanti giudici che vi sono in Israele. Si chiede a Lui di intromettersi, fare da mediatore in una lite tra fratelli. Gesù respinge con fermezza l'invito. Evita con forza di lasciarsi coinvolgere. Perché? Lui non è venuto per dirimere le questioni tra un uomo e l'altro, bensì tra Dio e l'umanità intera.

Risolte le questioni con Dio, non vi sono più questioni con gli uomini. È verità. Chi vive di santa relazioni con Dio sempre vivrà di sante relazioni con gli uomini. La lite attesta la falsità o l'imperfezione della nostra relazione con Dio. Se non siamo veri con Dio, mai lo potremo essere con gli uomini. È la verità con Dio che ci fa essere veri con gli uomini. Cristo Gesù per questo è venuto: per darci la grazia e la verità.



Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci saggi, sapienti, veri.
Coordin.
00martedì 23 ottobre 2012 13:34
a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

Dio onnipotente ed eterno,
crea in noi un cuore generoso e fedele,
perché possiamo sempre servirti con lealtà
e purezza di spirito.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 12,35-38
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.
E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro!"


3) Riflessione

? Per mezzo della parabola il vangelo di oggi ci esorta ad essere vigili.
? Luca 12,35: Esortazione alla vigilanza. "Siate pronti con le cinture ai fianchi e le lucerne accese". Cingersi voleva dire prendere una tela o una corda e metterla attorno alla veste talare. Essere cinti significava essere preparati, pronti all'azione immediata. Prima della fuga dall'Egitto, nel momento di celebrare la pasqua, gli israeliti dovevano cingersi, cioè essere preparati, pronti a poter partire immediatamente (Es 12,11). Quando qualcuno va a lavorare, a lottare o a eseguire un compito si cinga (Ct 3,8). Nella lettera agli Efesini, Paolo descrive l'armatura di Dio e dice che i fianchi devono essere cinti con il cingolo della verità (Ef 6,14). Le lampade devono essere accese, poiché la vigilanza è compito da svolgere sia di giorno sia di notte. Senza la luce non si va nell'oscurità della notte.
? Luca 12,36: La parabola. Per spiegare ciò che significa essere cinti, Gesù racconta una piccola parabola. "Siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa." Il compito di aspettare l'arrivo del padrone esige una vigilanza costante e permanente, soprattutto di notte, poiché non si sa a che ora il padrone ritorna. Il servo deve essere attento, vigilante sempre.
? Luca 12,37: Promessa di felicità. "Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli". Qui, in questa promessa di felicità, i ruoli si invertono. Il padrone diventa servo e comincia a servire il servo che diventa padrone. Evoca Gesù nell'ultima cena, che pur essendo signore e maestro, si fece servo di tutti (Gv 13,4-17). La felicità promessa ha a che vedere con il futuro, con la felicità alla fine dei tempi, ed è l'opposto di ciò che Gesù promette nell'altra parabola che diceva: "Chi di voi ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola? Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu? Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare" (Lc 17,7-10).
? Luca 12,38: Ripete la promessa di felicità. "E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro!" Ripete la promessa di felicità che esige una vigilanza totale. Il padrone può ritornare nel mezzo della notte, alle tre del mattino, o in qualsiasi altro momento. L'impiegato deve essere cinto, pronto a poter entrare in azione.


4) Per un confronto personale

? Siamo servi di Dio. Dobbiamo essere cinti, pronti, attenti e vigilanti ventiquattro ore al giorno. Tu ci riesci? Come fai?
? La promessa di felicità futura è sicura. Cosa ci rivela ciò sulla bontà di Dio per noi, per me?


5) Preghiera finale

Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annunzia la pace.
La sua salvezza è vicina a chi lo teme
e la sua gloria abiterà la nostra terra. (Sal 84)
Coordin.
00mercoledì 24 ottobre 2012 09:30
Commento su Romani 6,17-18

Rendiamo grazie a Dio, perché eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quella forma di insegnamento alla quale siete stati affidati. Così, liberati dal peccato, siete stati resi schiavi della giustizia.
Rm 6,17-18

Come vivere questa Parola?

Essere libero è la grande aspirazione dell'uomo e anche il compito che Dio gli ha affidato. La grazia ci viene data proprio perché liberiamo la nostra libertà.

Cioè? La libertà si libera nella relazione. È questo il suo alveo naturale. Fuori da qui la libertà diventa liberalità e libertinaggio.

È un po' quanto registriamo nella nostra società, dove in nome di una sfrenatezza che certa gente chiama libertà si tende a vivere in modo tanto autoreferenziale da sentirsi onnipotenti, slegati non solo da ogni regola ma da ogni altro che ci vive accanto.

Così, nel tentativo di affermare la propria libertà sopra e contro tutto e tutti, si finisce nella più avvilente soggezione agli impulsi meno nobili dell'ego: schiavi di se stessi e delle cose. Paolo ce ne mette in guardia e ci invita ad offrire noi stessi a Dio: l'Unico vero garante e promotore della nostra libertà. Sì, nel momento in cui, conquistati dal suo amore, troviamo il coraggio di conseganrci a Lui senza riserve, facciamo l'esperienza più esaltante di libertà. Scopriamo di essere portati all'Amore e dall'Amore e da questo Amore resi signori di noi stessi.

Oggi, nel mio rientro al cuore, pongo la mia vita nelle mani dell'Amore del Cristo Signore e da lì prendo alto il volo in libertà di amore anch'io.

Le parole di un Papa santo

La libertà, nella quale ogni giorno spendiamo le nostre energie vitali e definiamo il nostro volto, è realtà estremamente seria. Di essa non possiamo accettare concezioni ridotte, perché inganneremmo noi stessi e sciuperemmo il bene della vita. È essenziale, invece, che scopriamo il fondamento e le finalità della libertà, che sono già implicate nel mistero della nostra vita, e ad esse aderiamo con tutta la forza del nostro cuore.
Giovanni Paolo II
Coordin.
00mercoledì 24 ottobre 2012 09:33
Movimento Apostolico - rito romano
Chi è dunque l'amministratore fidato e prudente?

Nella Chiesa santa il ruolo più alto di amministratore è senz'altro quello dell'Apostolo. Cristo Gesù si è consegnato interamente nelle mani dei suoi Apostoli e dei loro successori. Per loro la grazia e la verità inondano la terra. Per loro vengono contrastate le tenebre. Per loro si chiudono le porte dell'inferno e si aprono quelle del Paradiso.

Paolo, servo di Dio e apostolo di Gesù Cristo per portare alla fede quelli che Dio ha scelto e per far conoscere la verità, che è conforme a un'autentica religiosità, nella speranza della vita eterna - promessa fin dai secoli eterni da Dio, il quale non mente, e manifestata al tempo stabilito nella sua parola mediante la predicazione, a me affidata per ordine di Dio, nostro salvatore -, a Tito, mio vero figlio nella medesima fede: grazia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù, nostro salvatore. Per questo ti ho lasciato a Creta: perché tu metta ordine in quello che rimane da fare e stabilisca alcuni presbìteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato. Ognuno di loro sia irreprensibile, marito di una sola donna e abbia figli credenti, non accusabili di vita dissoluta o indisciplinati. Il vescovo infatti, come amministratore di Dio, deve essere irreprensibile: non arrogante, non collerico, non dedito al vino, non violento, non avido di guadagni disonesti, ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, santo, padrone di sé, fedele alla Parola, degna di fede, che gli è stata insegnata, perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina e di confutare i suoi oppositori" (Tt 1,1-9).

San Paolo possiede questa altissima coscienza del suo ministero. Lui non è il padrone, non è il signore, non è neanche un autarca, è semplicemente un servo di Cristo Gesù e un amministratore dei misteri di Dio. Quest'ufficio richiede un'altissima fedeltà, senza la quale in pochi istante si può distruggere tutta l'opera della redenzione e della salvezza.

Ognuno ci consideri come servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, ciò che si richiede agli amministratori è che ognuno risulti fedele. A me però importa assai poco di venire giudicato da voi o da un tribunale umano; anzi, io non giudico neppure me stesso, perché, anche se non sono consapevole di alcuna colpa, non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore! Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, fino a quando il Signore verrà. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno riceverà da Dio la lode" (1Cor 4,1-5).

Che San Paolo avesse questa perfetta scienza di sé lo attesta con chiarezza ai Corinzi. Lui non è il padrone della fede. È il servo della gioia di tutti i credenti in Cristo Gesù. Lui è l'amico dello sposo che deve condurre tutti al loro unico Sposo e Signore

"Noi non intendiamo fare da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia. Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina: vi ho promessi infatti a un unico sposo, per presentarvi a Cristo come vergine casta" (2Cor 1,24; 11,2).

Oggi si elaborano programmi di pastorale per gli altri. Gesù dice a tutti noi che in qualche modo partecipazione dell'amministrazione dei misteri di Dio: siate fedeli al vostro ministero, alla vostra carica, al vostro ufficio. Siate fedeli al Vangelo.

La fedeltà è personale. È per noi, non per gli altri. Dalla fedeltà di ciascuno è la vita.
Coordin.
00giovedì 25 ottobre 2012 06:24
a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

Dio onnipotente ed eterno,
crea in noi un cuore generoso e fedele,
perché possiamo sempre servirti con lealtà
e purezza di spirito.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 12,49-53
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!
C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. D'ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre;
padre contro figlio e figlio contro padre,
madre contro figlia e figlia contro madre,
suocera contro nuora e nuora contro suocera".


3) Riflessione

? Il vangelo di oggi ci riporta alcune frasi di Gesù. La prima, sul fuoco sulla terra, c'è solo in Luca. Le altre hanno frasi più o meno parallele in Matteo. Ciò ci riporta al problema dell'origine della composizione di questi due vangeli un problema che si risolverà in pieno solo quando potremo conversare con Matteo e Luca, dopo la nostra risurrezione!
? Luca 12,49-50: Gesù è venuto a portare fuoco sulla terra. "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sarà compiuto!" L'immagine del fuoco ricorre spesso nella Bibbia e non ha solo un significato. Può essere l'immagine della devastazione e del castigo, e può anche essere l'immagine della purificazione e dell'illuminazione (Is 1,25; Zc 13,9). Può anche evocare protezione come appare in Isaia: "Se dovrai attraversare il fuoco, sarò con te" (Is 43,2). Giovanni Battista battezzava con acqua, ma dopo di lui Gesù battezzò con il fuoco (Lc 3,16). Qui l'immagine del fuoco è associata all'azione dello Spirito Santo che scende il giorno di Pentecoste sull'immagine delle lingue di fuoco (At 2,2-4). Immagini e simboli non hanno mai un senso unico, totalmente definito, che non permette divergenze. In questo caso non sarebbe né immagine né simbolo. E' proprio del simbolo provocare l'immaginazione degli auditori e degli spettatori. Lasciando libertà agli auditori, l'immagine del fuoco combinata con l'immagine del battesimo indica la direzione verso cui Gesù vuole che la gente volga la sua immaginazione. Il battesimo è associato con l'acqua ed è sempre l'espressione di un impegno. In un altro punto, il battesimo appare come il simbolo dell'impegno di Gesù con la sua passione: "Potete essere battezzati con il battesimo con cui io sono battezzato?" (Mc 10,38-39).
? Luca 12,51-53: Gesù è venuto a portare la divisione. Gesù parla sempre di pace (Mt 5,9; Mc 9,50; Lc 1,79; 10,5; 19,38; 24,36; Gv 14,27; 16,33; 20,21.26). Ed allora, come capire la frase del vangelo di oggi che sembra dire il contrario: "Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione". Questa affermazione non significa che Gesù fosse a favore della divisione. No! Gesù non voleva la divisione. Ma l'annuncio della verità di cui Gesù di Nazaret era il Messia diventò motivo di molta divisione tra i giudei. Nella stessa famiglia o comunità, alcuni erano a favore ed altri radicalmente contro. In questo senso, la Buona Novella di Gesù era realmente una fonte di divisione, un "segno di contraddizione" (Lc 2,34) o come diceva Gesù: "si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera". Era ciò che stava succedendo, di fatto, nelle famiglie e nelle comunità: molta divisione, molta discussione, come conseguenza della Buona Novella tra i giudei di quell'epoca, alcuni accettando, altri negando. Lo stesso valeva per l'annuncio della fraternità quale valore supremo della convivenza umana. Non tutti erano d'accordo con questo annuncio, poiché preferivano mantenere i loro privilegi. Per questo, non avevano paura di perseguire coloro che annunciavano la condivisione e la fraternità. Questa era la divisione che sorgeva e che era all'origine della passione e morte di Gesù. Era ciò che stava avvenendo. Gesù vuole l'unione di tutti nella verità (cf. Gv 17,17-23). Ancora oggi è così. Molte volte lì dove la Chiesa si rinnova, l'appello della Buona Novella diventa un "segno di contraddizione" e di divisione. Persone che per anni hanno vissuto ben comode nella routine della loro vita cristiana, non vogliono essere più scomodate dalle "innovazioni" del Concilio Vaticano II. Scomodate dai mutamenti, usano tutta la loro intelligenza per trovare argomenti in difesa delle loro opinioni e per condannare i mutamenti considerandoli contrari a ciò che pensano essere la loro vera fede.


4) Per un confronto personale

? Cercando l'unione, Gesù era causa di divisione. Oggi succede questo con te?
? Come reagisco dinanzi ai mutamenti nella Chiesa?


5) Preghiera finale

Esultate, giusti, nel Signore:
ai retti si addice la lode.
Lodate il Signore con la cetra,
con l'arpa a dieci corde a lui cantate. (Sal 33)
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