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TEOLOGIA DELLA STORIA (R. Th. Calmel O.P.)

Ultimo Aggiornamento: 09/09/2011 18:19
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09/09/2011 18:19
 
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CAPITOLO QUINTO – Gli ultimi giorni del mondo

Sono convinto che il Signore, di fronte al mondo attuale in preda all'apostasia, ci chieda di non lasciarci prendere dalla paura o dall'angoscia: "Nolite timere, pusillus grex" (Non temere, piccolo gregge); "Confidite, ego vici mundum" (Coraggio, io ho vinto il mondo). Non penso tuttavia che ci chieda di sfuggire ogni angoscia, ogni timore, lui che tremava di paura nella sua santa agonia e piangeva su Gerusalemme infedele, irrimediabilmente votata alla vendetta divina " per non aver saputo riconoscere il tempo in cui era stata visitata ". So che vi sono dei cristiani più che soddisfatti e senza la minima inquietudine di fronte alla nostra attuale situazione. Ma la loro soddisfazione non è secondo il volere di Cristo. Essa deriva da un compromesso con il mondo e, in primo luogo, da un rifiuto di guardarlo in faccia per paura di riconoscervi l'opera del demonio e di doversi ricordare della croce di Cristo. Mentre tanti battezzati vivono nell'inconsapevolezza dei sacramenti che hanno ricevuto e sono inseriti in istituzioni laiche e talvolta atee; mentre la persecuzione, scientificamente organizzata, ha assunto con il comunismo un'ampiezza senza precedenti; mentre un numero sempre maggiore di preti divengono scettici sul loro sacerdozio, dubitando della sua grandezza divina come della sua assoluta necessità e celebrano senza dignità i santi misteri; mentre la lussuria insolente e priva di limiti progredisce ovunque e moltiplica i suoi stratagemmi per ossessionare e abbrutire i deboli mortali, insomma, " mentre le tenebre si propagano sulla faccia della terra ", si trovano dei preti e dei laici che ritengono che le cose non vadano poi troppo male e che abbiamo torto a inquietarci. Parlano e agiscono come se fossero corazzati, blindati di soddisfazione. E forse, in realtà, lo sono. Che cosa sarebbe necessario per aprire loro gli occhi sull'enormità del peccato, per far andare in pezzi la loro corazza di inebetimento?
Alla vista di questo mondo, che è edificato contro la fede, che è esattamente organizzato per perdere le anime senza darlo a vedere, neutralizzandone le reazioni, alla vista di un tale mondo ci capita di essere all'inizio spaventati e di non riuscire a superare questa prima impressione. Come possiamo non cedere alla tentazione di fuggire o di disperare? Non v'è che un rimedio: raddoppiare la fede; ripetere continuamente l'invocazione del Vangelo: " Signore, io credo, ma aumentate la mia fede ", e pregare senza mai stancarci la Madonna di aiutarci a proseguire il cammino:
Vitam praesta puram,
iter para tutum,
ut videntes Jesum
semper collaetemur.
Insegnandoci a guardare a Gesù, la Vergine Maria ci renderà capaci di proseguire il cammino nella pace e nella gioia inferiore, anche se la strada diventasse ancora più accidentata di quanto non lo sia oggi. Ed è indubbio che un giorno diverrà ancora più impraticabile, poiché è predetto. È predetto che la grande apostasia deve essere consumata dall'insieme delle nazioni mentre sorgerà l'Anticristo, " l'uomo del peccato ". Ma il Signore sarà il padrone di quell'ultimo periodo dei tempi storici, come lo è di quello presente e come lo era dei secoli della cristianità.
Di tale verità, la Vergine corredentrice ci renderà del tutto certi.
Iter para tutum,
ut videntes Jesum
semper collaetemur.
Rileggiamo ora le Scritture ispirate che profetizzano l'apostasia generale:
Nessuno vi inganni in alcun modo, perché prima [dell'avvento del Signore] bisogna che venga l'apostasia, si manifesti l'Uomo del peccato, il figlio della perdizione l'avversario che si innalza sopra tutto quello che è chiamato Dio o che è oggetto di venerazione al punto di sedersi egli nel tempio di Dio, proclamando se stesso come Dio. Non vi ricordate che vi dicevo queste cose quando ero in mezzo a voi? E voi ben sapete che cosa ora lo trattiene, in modo che egli si manifesterà solo al tempo opportuno. Già infatti il mistero dell'iniquità è in azione; è necessario solo che chi lo trattiene ora sia tolto di mezzo. Allora verrà l'Empio che il Signore Gesù ucciderà col soffio della sua bocca, e annienterà con lo splendore della sua venuta. Questo empio, in virtù della potenza di Satana, verrà accompagnato da ogni sorta di portenti, di segni e di prodigi menzogneri, e da tutte le seduzioni che presenta l'iniquità per quelli che si perdono, perché non hanno voluto accogliere l'amore della verità, che li avrebbe salvati. Per questo Dio permette che la potenza del Maligno li faccia smarrire sì che essi credano alla menzogna, affinché tutti coloro che non hanno creduto alla verità, ma si sono compiaciuti nell'iniquità, vengano condannati (2 Tess. 2,3-12)
Un quadro degli ultimi giorni, egualmente drammatico anche se meno esplicito su alcuni punti, era stato descritto da san Matteo:
Gesù rispose loro: state attenti che nessuno vi seduca. Perché molti verranno in nome mio a dire: Io sono il Cristo! E sedurranno molti... E, per il moltiplicarsi dell'iniquità, in molti si raffredderà la carità. Ma chi avrà saputo perseverare sino alla fine, questi sarà salvo. E questo Vangelo del regno sarà predicato in tutto il mondo, per essere in testimonianza a tutte le nazioni. E allora verrà la fine... Perché vi sarà allora una tribolazione sì grande, quale non vi fu mai dal principio del mondo fino ad ora, né mai vi sarà. E se quei giorni non fossero abbreviati, non scamperebbe anima viva; ma, in grazia degli eletti, saranno abbreviati quei giorni. Allora, se qualcuno vi dirà: Ecco, il Cristo è qui! Oppure: È là!, non gli credete; perché sorgeranno dei falsi cristi e dei falsi profeti che faranno dei grandi portenti e dei prodigi da sedurre anche gli eletti, se fosse possibile. Ecco, ve l'ho predetto). Se adunque vi diranno: Ecco, è nel deserto, non vi andate; Ecco, è nell'interno della casa, non ci credete; perché, come il lampo esce da levante e si mostra sino a ponente, così pure sarà la venuta del Figlio dell'uomo. Dovunque vi sarà il cadavere, quivi si raduneranno le aquile (Mt. 24,4-5,12-14,21-28).
Anche in quegli anni, che difficilmente possiamo immaginare, il Signore terrà nelle proprie mani tutte le cose. Una delle prove più palpabili, è che non permetterà alle tenebre della grande apostasia di ricoprire il mondo prima che la luce del Vangelo non abbia brillato su tutti i popoli (Mt. 24,14); d'altra parte la grande apostasia non gli impedirà di liberare il popolo ebreo dalla sua cecità millenaria e di ricondurlo all'unità della Chiesa (Rom. 11).
L'enormità dello scandalo negli ultimi giorni del mondo non diminuirà la potenza del Signore di modo che per i cristiani che vivranno allora non vi sarà vero motivo di perdersi di coraggio; a maggior ragione dobbiamo rimanere saldi e fiduciosi, noi che non siamo esposti a pericoli così estremi, anche se il nostro tempo, con i nuovi poteri di cui dispongono le due Bestie, è forse una prova generale dei tempi dell'Anticristo. Ma per chi ha la fede, non v'è motivo di non aver fiducia.
Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima; temete piuttosto colui che può far perdere anima e corpo nella geenna. Non si vendono forse due passerotti per un soldo? Eppure, nemmeno uno di essi cadrà in terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete dunque: voi siete ben più di molti passerotti (Mt. 10,28-31).
E sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma non andrà perduto neppure un capello della vostra testa: con la vostra perseveranza salverete le anime vostre! (Lc. 21,17-19).
Troveremo forza e consolazione nella fede e nelle parole della fede. "Consolamini invicem in verbis istis" (1 Tess. 4,18): è nella parola di Dio stesso che troveremo il conforto. Quanto alle parole soltanto umane, esse ci irriterebbero maggiormente, soprattutto quando vogliono convincerci che il nostro secolo non è peggiore di altri. È falso. Esistono una novità e un progresso nel male. Le forze dell'inferno non furono mai scatenate con una potenza così estesa, così feroce. Non è di tutti i tempi, ma solo del nostro, che l'ateismo si è imposto in paesi cattolici e a popoli formati per la maggior parte di battezzati. È tipica del nostro tempo la mancanza di Dio e di Cristo, questa mancanza che è peggiore della idolatria e che rappresenta il marchio satanico impresso sulle istituzioni e sul modo di vivere. Se volete dirci parole di conforto e di speranza, ricordateci piuttosto che questo mondo, organizzato per rendere Dio assente, non può tuttavia impedire che vengano celebrate delle messe e che la dottrina della verità sia insegnata da maestri fedeli; indicateci i segni indiscutibili per cui le porte dell'inferno non riusciranno a prevalere e il Signore non cesserà di manifestarsi, ma non tentate di farci passare per rosa o grigio ciò che è nero come l'inchiostro. Non possiamo sostenere, contro l'evidenza dei fatti, che le due Bestie non hanno aumentato il loro potere dai tempi di Celso o di Marc'Aurelio, da quelli di Calvino o della grande Elisabetta. La verità è che la loro forza, anche se accresciuta, è in definitiva nulla se paragonata all'onnipotenza dell'Agnello, e di fronte ai baluardi della città santa.
La missione di Bernanos fu di denunciare la cospirazione diabolica del nostro mondo contro ogni vita di preghiera, di proclamare che un tale mondo soffocava le anime in gran numero o le gettava nella disperazione.
Non è difficile notare gli stridori delle sue collere e deplorare un tono che non sempre è giusto. Ma sarà più utile unirci a lui nel fare attenzione alla novità e alla gravità del male che ci intossica. Stiamo egualmente in guardia, poiché a partire da una certa acutezza nella percezione del male, quando si sono rifiutate le confortevoli illusioni di un'inconsapevolezza più o meno volontaria, non rimangono possibili che alcuni atteggiamenti: la preghiera o la predicazione dei santi; il gelido silenzio dei disperati; l'ansimare di paura o il clamore di coloro che, essendo sfuggiti per un soffio alla disperazione, non sono ancora abbastanza pacificati nella preghiera per far sentire contemporaneamente parole vendicatrici e apportatrici di pace. Se è vero che Bernanos non aveva abbastanza santità per sopportare senza cedimenti la visione che aveva di fronte, preferisco, anziché fargliene un rimprovero, guardare bene in faccia il male contro il quale egli si indigna. Dopo tutto, Bernanos non fa che esprimere a suo modo ciò che Pio X aveva già scritto con la serena maestà di Sommo Pontefice, nella sua enciclica " E supremi apostolato cathedra ", nell'alba inquietante del secolo XX. E Pio X era un santo, scriveva nella pace della preghiera e con la luce dello Spirito di Dio:
Giacché veramente contro il proprio Creatore " fremettero le genti e i popoli meditarono cose vane" (Sal. 2,1), talché è comune il grido dei nemici di Dio: " Allontanati da noi " (Giob. 21,14). E conforme a ciò, vediamo nei più degli uomini estinto ogni rispetto verso Iddio Eterno, senza più riguardo al suo supremo volere nelle manifestazioni della vita privata e pubblica; che anzi, con ogni sforzo, con ogni artifizio si cerca che fin la memoria di Dio e la sua conoscenza sia del tutto distrutta. Chi tutto questo considera, bene ha ragione di temere che siffatta perversità di menti sia quasi un saggio e forse il cominciamento dei mali, che agli estremi tempi son riservati, che già sia nel mondo il figlio di perdizione, di cui parla l'Apostolo (2 Tess. 2,5). Tanta infatti è l'audacia e l'ira con cui si perseguita dappertutto la religione, si combattono i dogmi della fede e si adopera sfrontatamente a sterpare, ad annientare ogni rapporto dell'uomo con la divinità!
E all'inizio dell'Enciclica il Papa ci confidava:
... Ci atterrivano, sopra ogni altra cosa, le funestissime condizioni in che ora versa l'umano consorzio. Giacché chi non iscorge che la società umana, più che nelle passate età, trovasi ora in preda a un malessere gravissimo e profondo che, crescendo ogni dì di più e corrodendola sino all'intimo, la trae alla rovina? Voi comprendete, o venerabili Fratelli, quale sia questo morbo: l'apostasia di Dio...
Da parte sua, nel 1937, Pio XI scriveva nella "Divini Redemptoris": "Per la prima volta nella storia vediamo con immenso dolore una rivolta metodicamente calcolata e organizzata contro tutto ciò che è divino ".
Quando apparirà l'Anticristo, verrà effettivamente raggiunto il colmo dell'orrore profetizzato dall'Apostolo. Una profezia che ci fa fremere ma che non per questo cessa di essere vera. Gli avvenimenti che annuncia devono indubbiamente verificarsi. Del resto, i testi di san Paolo non si potrebbero mai interpretare in senso figurato o allegorico. La Scrittura infallibile annuncia avvenimenti del tutto reali e determinati: apostasia generale e venuta dell'Anticristo. La Scrittura non entra in tutti i dettagli, né negli ultimi particolari, ma sulla realtà dei fatti è di una chiarezza estrema. Ma perché le cose devono giungere a questo estremo e perché ci è stato detto? Non è pericoloso esporci a sterili inquietudini? Non sembra: anche questa rivelazione ci è molto salutare.
Infatti essa mette fine ai sogni del messianismo carnale. Dopo aver letto questo testo nell'ambito della fede, diventa impossibile immaginare che il propagarsi del Vangelo possa giungere a poco a poco a eliminare le persecuzioni della Chiesa provenienti dall'esterno e i tradimenti organizzati dal di dentro. Le due Bestie non disarmeranno mai quaggiù; al contrario, perfezioneranno le loro armi e svilupperanno la loro tattica col progredire della storia verso il suo termine. Quindi non possiamo più guardare ai secoli (o forse solo agli anni) futuri per cercarvi riposo e consolazione. Il nostro pensiero del futuro ci porta piuttosto, naturalmente se teniamo presente ciò che ci è stato predetto, a ricordarci dell'eterno, a volgere la nostra speranza verso la patria celeste e il re immortale dei secoli, a ripetere con maggiore fermezza l'ultimo passo del Credo della messa: "Expecto resurrectionem mortuorum et vitam venturi saeculi".
Perciò, al fine di condurci a vivere al livello del cielo, è stato bene che il Signore ci istruisse sulla maniera in cui il mondo doveva finire e a qual punto quest'ultimo sarebbe stato posseduto dal demonio. Facciamo tuttavia attenzione all'esatta portata di tale profezia: il mondo sarà posseduto dal demonio poiché il maligno disporrà di un potere di traviamento mai ottenuto fino ad allora, non perché sarà divenuto capace di annullare gli effetti della redenzione e di sopprimere l'azione della Chiesa; il mondo sarà posseduto dal demonio poiché quest'ultimo sarà riuscito a pervertire nella mente di moltissimi cristiani le verità della fede e a farle dimenticare (forse servendosi di gerarchie parallele); non perché avrà travolto il trono di Pietro, abolito ogni predicazione ortodossa, o accecato gli uomini di buona volontà che non desiderano che vedere; il mondo sarà posseduto dal demonio poiché al maligno sarà permesso di nuocere fino al limite estremo, non perché cesserà di essere incatenato da Cristo vincitore. Il maligno rimane per sempre impotente su " coloro che hanno disprezzato la loro vita fino al punto di accettare la morte " (Ap, 12,11).
Gli ultimi giorni del mondo, per quanto possano essere pericolosi, tenebrosi e sordidi, rimangono ancora dei giorni di redenzione: tempi che restano inclusi nella pienezza dei tempi. Così la pienezza della luce e dell'amore donata agli uomini una volta per tutte in Gesù Cristo, non ci verrà mai più tolta; così come il potere di Gesù Cristo non cesserà mai di far sentire la sua sovranità plenaria per il bene degli eletti: queste sono le due verità che dobbiamo indefettibilmente ricordare quando rileggiamo le profezie sulla fine dei secoli.
D'altronde, se meditiamo i testi così come sono stati scritti, vediamo che la tenerezza del Signore e l'efficacia del suo aiuto sono espresse con una chiarezza che non ammette esitazioni. Come non esserne rassicurati?
Perché vi sarà allora una tribolazione sì grande, quale non vi fu mai dal principio del mondo fino ad ora, ne mai vi sarà. E se quei giorni non fossero abbreviati, non scamperebbe anima viva; ma in grazia degli eletti saranno abbreviati quei giorni (Mt. 24,21-22).
E sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma non andrà perduto neppure un capello della vostra testa: con la vostra perseveranza salverete le anime vostre! (Lc. 21,17-19).
Le mie pecore nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può rapirle di mano al Padre mio (Gv. 10,28-29).

Quando la Scrittura parla della fine del mondo, annuncia gli avvenimenti ultimi di una storia che col natale, la pasqua e la pentecoste è entrata nella pienezza dei tempi e non certo un'era nuova posta fuori da tale pienezza. A questo punto dobbiamo notare la differenza fra la prima venuta del Salvatore e il suo glorioso ritorno. I giorni della sua prima venuta si contraddistinguono da quelli che li hanno preceduti non solo per l'intensità delle grazie accordate ma anche per la natura del dono che ci è stato fatto, poiché il Padre del cielo, oltre ad accordarci grazie sovrabbondanti, ha anche amato il mondo fino a donargli il Figlio suo, pieno di grazia e di verità. Ecco perché l'incarnazione del Verbo rimane senza paragone nei confronti delle visite di Dio che l'hanno preceduta. Ecco anche perché il peccato degli ebrei, quando rifiutarono il Messia, fu più grave, senza paragone, in rapporto ai peccati commessi fino ad allora, poiché è il Figlio di Dio che hanno crocifisso, colmando così la misura dei peccati dei loro padri (Mt. 25,32). Ma la santità del Verbo Incarnato fu infinitamente gradita a Dio, tanto da avere ragione della malvagità dei carnefici e dei bestemmiatori. La santità di Gesù nella passione riscattava ampiamente ogni peccato di quel popolo, come tutti i peccati degli uomini, e guadagnava in anticipo la conversione di Israele.
La venuta del Signore è quindi realizzata una volta per sempre. È cosa fatta, non verrà mai revocata. Il Verbo si è fatto carne ed abita in noi. Da allora tutti i secoli, senza eccezione, compresi quelli della fine dei secoli, sono inclusi, racchiusi nell'effusione plenaria della grazia. E non esisterà una diversità di natura, tanto nel bene come nel male, fra gli ultimi giorni e gli altri. Ma vi sarà tuttavia una differenza, in primo luogo nell'intensità del male e nella sua estensione: il che spiega perché tali giorni siano situati a parte e siano stati oggetto di una particolare rivelazione. Esisterà anche una differenza nella maggiore sollecitudine con la quale Dio circonderà i suoi eletti, " abbreviando persino quei giorni in grazia loro "; e non possiamo dubitare che la Vergine Maria proteggerà allora i cristiani con cura ancora più materna e gelosa.
Poiché siamo certi che Dio adegua le grazie maggiori a prove e tentazioni maggiori, siamo altrettanto sicuri che i cristiani che vivranno quelle ore veramente particolari nella storia della pienezza dei tempi, potranno dire come i loro fratelli dei secoli anteriori e persino con più sicurezza:
Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, i pericoli, la spada?... Ma in tutto questo noi siamo più che vincitori, per mezzo di colui che ci ha amati. Sono sicuro del resto che né la morte, né la vita, né gli angeli, né i principati, né il presente, né l'avvenire, né potenza, né altezza, né profondità, né qualsiasi altra creatura ci potranno separare dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù Signore nostro (Rom. 8,35-49).
D'altronde, se dalle apparizioni di importanza mondiale risulta chiaramente che la Vergine Maria interviene ancor più per la salvezza degli uomini quanto più questi si dedicano agli ultimi preparativi della grande apostasia, possiamo pensare che essa si dimostrerà ancor più nostra madre e regina nostra quando la defezione sarà quasi generale e la consumazione dei secoli molto vicina. Per cui gli ultimi giorni, per quanto spaventosi possano essere, non solo verranno abbreviati in grazia degli eletti, ma saranno anche protetti come i giorni precedenti e persino di più: verranno salvaguardati nel cuore divino del redentore onnipotente e in quello immacolato della Madonna.
Detto questo, ci chiederemo forse perché il Signore, padrone degli uomini e dei tempi, abbia fissato le tappe della storia così come ha fatto, come è riportato nelle sacre Scritture. Se crediamo al suo amore, afferriamo senza difficoltà la ragion d'essere degli interventi misericordiosi: creazione nello stato di giustizia originale, promessa di un redentore dopo il primo peccato, vocazione di Adamo e, sopra ogni cosa, l'incarnazione del Verbo, in seno alla Vergine Immacolata; e infine, la pasqua e la pentecoste. Tuttavia, se l'amore infinito e propriamente soprannaturale ci spiega il susseguirsi delle misericordie, che cosa ci spiegherà le tappe dell'infedeltà? Sappiamo che il peccato, con i suoi sforzi e tentativi, ha dei limiti invalicabili; soprattutto il peccato non è in grado di abolire gli effetti della redenzione, ne la santa Chiesa. Ma perché il Signore ha permesso che si sviluppasse in manifestazioni ogni volta più mostruose fino alla venuta dell'Anticristo, sino all'avvento dello “Uomo del peccato "? Se si leggono attentamente le Scritture, si vedrà che l'approfondirsi della perversità appare innegabile. Quando l'umanità, ferita in Adamo, si moltiplicava all'insegna della legge di natura ed era visitata in quella semioscurità da una grazia che la orientava misteriosamente verso Cristo ("Veni, expectatio gentium et desideratus earum") già in quei primi tempi della nostra specie la maggior parte dei popoli si allontanò da Dio per perdersi poco alla volta in un'idolatria dalle credenze assurde e dai riti abominevoli. Poi, quando il Signore, per impedire che l'accecamento divenisse totale e per preparare il mondo alla venuta del Figlio suo, si riservò un piccolo popolo che prese per mano e di cui egli stesso forgiò l'educazione, quel popolo benedetto, nel momento stesso in cui il Figlio di Dio diventato uomo gli era dato, rifiutò di accoglierlo, ad eccezione di un "piccolo avanzo".
Allora il Signore respinse per un periodo di tempo Israele, chiamò le nazioni idolatre e le fece entrare nella Chiesa; ma subito, il " mistero dell'iniquità " si insinuò nelle comunità dei convertiti. Essi, pur non ritornando agli idoli del paganesimo, cadono nell'eresia e forse già si preparano all'apostasia. La prima epistola di san Giovanni, proprio all'inizio della conversione dei pagani e della loro entrata nella Chiesa, afferma senza ambagi:
Figlioli, è l'ultima ora e, come avete sentito, l'Anticristo viene: anzi ecco fin d'ora son già molti gli anticristi: da questo possiamo capire che è l'ultima ora. Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri (1 Gv. 2,18-19).
Ogni spirito che non confessa Gesù, non è da Dio, ed è quello dell'Anticristo, di cui avete saputo che viene, anzi fin d'ora è già nel mondo (1 Gv. 4,3).
Veramente l'ultima condizione di questi convertiti del paganesimo era " peggiore della prima " (Mt. 12,45). A lungo contenuta, saldamente imbavagliata dai grandi santi che fiorirono nella Chiesa e dalle oneste strutture di una civiltà cristiana, l'apostasia è infine riuscita da quattro secoli, ma soprattutto dopo la Rivoluzione, a espandere qua si ovunque la sua virulenza; ai giorni nostri, è penetrata "in sinu et gremio Ecclesiae", come afferma san Pio X (e certamente non per colpa della Chiesa). E, anche se non siamo sufficientemente santi, non affermeremo che il progresso dell'apostasia debba sempre verificarsi necessariamente per colpa nostra. Sarebbe ingenuo dimenticare l' "odio oderunt me gratis" (Gv. 15,25). Però non siamo ancora al termine; il male deve ancora dilatarsi, al punto che, nonostante la conversione di Israele, che certamente avverrà, la grande apostasia s'impadronirà degli uomini e apparirà l'Anticristo. " Quando ritornerà il Figlio dell'Uomo, troverà a malapena la fede sulla terra " (Lc. 18,8). Ci chiediamo: perché questo progredire dell'iniquità, questo progredire nel rifiuto? Una spiegazione di questo permesso divino al peccato degli uomini, con i suoi livelli successivi, va cercata, nonostante le apparenze, nell'amore. In verità, Dio ci governa con un sistema che tiene conto anzitutto della nostra libertà e che meglio conviene alla nostra fede. E questa è una prova d'amore.
Senza dubbio, se Dio governasse le creature libere servendosi di prodigi, in modo da impedire sempre agli esseri defettibili di tradirlo, e se questi esseri fossero infallibilmente immunizzati nei confronti del loro nulla originario, la storia della nostra specie non avrebbe conosciuto questa serie di prevaricazioni. Tuttavia, è stato un trattamento di favore il fatto di chiamarci ad andare verso di lui così come siamo, senza dispensarci tuttavia dal correre i rischi ai quali la nostra natura defettibile ci espone e senza esentarci dalle pene meritate col peccato. D'altronde, questa era la via preferibile per la fede e la vita spirituale. In effetti, la fede è obbligata a divenire più forte quando deve essere esercitata nelle tenebre e malgrado ogni sorta di apparenze contrarie. Ugualmente, il nostro attaccamento a Cristo è portato a divenire più intenso e vigoroso quando la potenza divina del Signore non è lampante e le due Bestie sembrano dominare il presente e reggere il futuro.
È quindi preferibile per la purezza della fede, della speranza e dell'amore, che gli elementi negativi non siano eliminati dalla nostra lunga storia, di modo che, nella condotta dell'umanità come nella santificazione di ciascuno di noi, il nostro Dio meriti veramente il nome di Dio nascosto. "Tu es Deus absconditus, Deus Israèl": il fatto che si celi è segno di un amore maggiore, poiché ci invita in tal modo a cercarlo con più impegno, più umiltà e fiducia.
In ogni caso, a meno di un governo divino del tutto prodigioso, non riusciamo ad immaginare come l'umanità, nel corso dei secoli, si sarebbe potuta sottrarre alle maggiori defezioni citate dalla Scrittura. Defezioni che rimangono libere, evidentemente; ma a meno di una Provvidenza quasi eccezionale, come si sarebbero potute evitare? Solo una sorta di miracolo avrebbe potuto impedire al popolo ebreo, malgrado i suoi privilegi, di concepire in maniera tanto orgogliosa e carnale la propria elezione fino ad arrivare al rifiuto di Cristo. Solo una specie di prodigio avrebbe impedito al fermento dell'eresia di penetrare già nelle prime comunità cristiane. Questo rifiuto della luce totale proveniente da Cristo, non poteva che provocare un accecamento peggiore di quello dell'idolatria. Infine, senza l'aiuto di un miracolo, come avrebbe potuto il rifiuto della luce non giungere fino alla apostasia? E come i suoi fautori non si sarebbero accaniti per renderla universale? (Cosa che capiterà effettivamente, poiché è annunciato: forse per mezzo di un sistema di pensiero e di uno strumento di pressione di cui il modernismo può farci intravedere la potenza e la perfidia).
Comunque, pensiamo che anche per la Chiesa si realizzerà la parola sconvolgente, il "sinite usque huc" riportato dall'evangelista Luca nel racconto della passione (Lc. 22,51 ).
Ma ciò non diminuisce il nostro obbligo di far fronte agli assalti diabolici. A nessun prezzo dobbiamo scendere a patti col nemico col pretesto che guadagnerà ancora terreno. Il dovere della resistenza e della fedeltà rimane imperioso. Noi siamo come gli apostoli che dovevano rimanere fedeli nell'ora della " potenza delle tenebre ", anche se è stato predetto che tale ora suonerà infallibilmente, mentre le forze del male giungeranno all'estremo: "sinite usque huc".
Tuttavia, benché il sistema secondo il quale Dio ci governa non sia miracoloso, non bisogna sottovalutare l'importanza del miracolo. Infatti la vita della Chiesa è illuminata da radiosi miracoli; e i seguaci fedeli di Gesù Cristo scorgono nella propria vita degli interventi per così dire straordinari che li colmano di riconoscenza e di umiltà. Ma i miracoli, per loro natura, rimangono un fatto eccezionale.
Tutte queste argomentazioni, però, questi ragionamenti, anche se ci recano un certo aiuto, non saranno sufficienti nell'ora della tentazione e della lotta. Essi non sostituiscono né la preghiera né la santa Messa ne il rosario e la liturgia. I loro effetti sono modesti se non sfociano in un approfondimento della nostra preghiera. Se continuiamo la riflessione teologica è perché la crediamo capace, in una certa misura, di fortificarci nella fede in vista della lotta e di incamminarci sulla via della preghiera.
Comprendiamo perfettamente che cosa significhino, nel mondo in cui ci troviamo, l'aspetto negativo della storia e la preparazione dell'Anticristo. Ci rendiamo anche conto che il Signore rimane con noi e che la Chiesa non verrà mai a mancare. Ma per giungere a saperlo senza tentennamenti, per non perderci di coraggio, per continuare a far fronte, dobbiamo aggiungere alla riflessione teologica una costante invocazione o, per meglio dire, la teologia deve renderci inclini alla preghiera e all'invocazione: " Io credo, Signore, ma aumenta la mia fede. Vergine Maria, prega per noi. Vieni, Signore Gesù ".



EPILOGO - L'implorazione della Sposa e la risposta del Signore

E lo Spirito e la Sposa dicono " Vieni ". E chi ascolta dica pure: "Vieni...". "Sì, vengo presto" (Ap. 22,17-20).
" Sì, vengo presto ". Non sembra esservi nulla di oscuro nella risposta del Signore. Però, quando si tratta del suo avvento glorioso, la sua venuta è differita a un futuro che ci sfugge. Ma allora che cosa significa la sua ferma risposta all'implorazione della sua Sposa e come dobbiamo interpretarla?
Si può affermare senza ombra di dubbio che la Parusia è molto vicina: per Dio, "mille anni non sono più di un solo giorno". Ma dal nostro punto di vista, il secondo avvento, l'avvento di gloria, sembra allontanarsi nel tempo. Sono già trascorsi due millenni da quando la Chiesa proclama; "Et iterum venturus est cum gloria judicare vivos et mortuos". Innumerevoli "Te Deum", sotto le vòlte di tutte le cattedrali, non hanno cessato di far risuonare, dai tempi di sant'Ambrogio, il versetto solenne: "Judex crederis esse venturus", e ciò nonostante siamo ancora in attesa del Giudice supremo. In simile situazione, mi sembra che la promessa così confortante di una pronta venuta, pur indicando certamente il ritorno glorioso di Gesù Cristo, debba suggerire anche un'altra specie di visita, del tutto diversa.
Si tratta della morte di ciascuno di noi, della nostra ultima ora, di quella visita temibile di Gesù nostro Signore che verrà a cercarci "come un ladro"? Indubbiamente. E in tal senso, è proprio vero che la sua venuta non tarda. Soltanto alcuni anni ci separano dall'ora della morte. La vita di ogni uomo sta nel cavo di una mano; scorre veloce, come l'acqua che raccogliamo alla fontana e che scivola subito via fra le dita. Ma per l'acqua possiamo sempre ritendere la mano e prenderne altra, mentre invece non è lo stesso per la vita. La sua scomparsa è irreparabile. Perciò è esatto affermare che il Signore non tarda a venire.
Che il Maestro venga al cadere del giorno, o nelle tenebre della notte o al canto del gallo all'alba, il suo ritorno non è mai differito per troppo tempo. Speriamo di non esser trovati addormentati, di farci trovare pronti. E che la " santa Madre di Dio preghi per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte ", affinché la nostra sorte immortale, subito dopo l'ultimo respiro, sia con la Vergine immacolata, con Gesù, suo figlio, con il Padre e lo Spirito Santo, gli angeli e i beati.
Oltre che al suo secondo avvento e alla nostra morte, la promessa di Gesù di giungere senza tardare mi sembra riferirsi anche alla sua azione nella Chiesa e alle manifestazioni del suo governo sovrano.
Il Signore è presente nella Chiesa, ma non smette di venirvi. Se pensiamo per esempio all'offerta misteriosa che egli in ogni messa fa del suo corpo immolato "per la moltitudine umana in remissione dei peccati", è evidente che egli giunge senza tardare, che non cessa di rendersi presente per ciascuno di coloro che vogliano offrirsi con lui e riceverlo; "Veni, Domine, noli tardare", supplicava il profeta nel vecchio Testamento e il Signore rispondeva alla sua preghiera. Ma nel "testamento nuovo ed eterno", dopo che il Verbo si è fatto carne, questa invocazione viene esaudita oltre ogni limite presentito da profeti e patriarchi. Ogni prete che celebri la messa, ogni fedele che vi assista e faccia la comunione, scopre in una gran pace a qual punto la sua attesa sia già colmata. In verità, egli giunge prontamente, di persona, sotto le specie eucaristiche (viene anche con gli altri sacramenti, benché in maniera differente da quella dell'eucaristia).
Viene come maestro di verità, come Verbo apportatore di luce, in occasione delle grandi proclamazioni dogmatiche della sua Chiesa. La sua presenza è resa più sensibile e manifesta, si rinnova in qualche modo con le dichiarazioni infallibili dei concili, le definizioni "ex cathedra" dei successori di Pietro, le condanne solenni che depurano in modo definitivo i dogmi della fede, che edificano un bastione inespugnabile contro le astuzie e le macchinazioni del Principe delle tenebre. Tuttavia, anche al di fuori dei fatti solenni o straordinari, nella vita quotidiana della sua Chiesa e nella semplice diffusione della santa dottrina per mezzo dei suoi ministri fedeli, il Signore attualizza la sua presenza e rinnova la sua venuta. (Come abbiamo già detto, è evidente che queste diverse venute non hanno il significato di una evoluzione progressista; si tratta di un rinnovamento, di un approfondimento di ciò che fu dato una volta per tutte). Cristo, per mezzo dello Spirito Santo, suggerisce alla Chiesa tutto ciò che aveva già detto (Gv. 14,26) poiché ci ha fatto conoscere " tutto ciò che ha udito dal Padre suo " (Gv. 15,15). E non resta nulla da aggiungere. O meglio, come dice san Giovanni della Croce, ci fa " entrare più a fondo nella densità "; nella densità della sua vita e del suo amore. Ma questa vita e questo amore risiedono pienamente in lui, di modo che neppure in questo caso si tratta di superare o di far evolvere.
Ciò che non dobbiamo dimenticare quando parliamo della celebrazione dei sacramenti - e soprattutto dell'eucaristia - o dell'illuminazione per mezzo della dottrina, è che simili venute del Signore, che sono visibili e sensibili, sono subordinate alla sua venuta invisibile nelle nostre anime. Tutta la struttura visibile della Chiesa, che è divina e indispensabile, i poteri gerarchici con le loro funzioni determinate e necessarie, sono subordinati alla grazia invisibile (ma che si tradurrà con opere ben visibili), all'accrescimento della fede, della speranza e della carità.
A ogni progresso delle virtù teologali nella nostra anima corrisponde una nuova venuta del Signore. " Ecco, io sto alla porta e busso: se uno sente la mia voce e mi apre [compiendo dei gesti di un più grande amore] io entrerò da lui [con una nuova venuta] e cenerò con lui e lui con me " (Ap. 3,20).
Ma non è solo in questo modo che il Signore giunge prontamente. Bisogna proporre un'interpretazione più sconcertante del suo ritorno, di quel "marana tha" che era la forma di saluto tra i primi cristiani. Mi sembra che si possa anche tradurre: Quando una moltitudine di deboli innocenti o forse semicolpevoli viene trascinata nello stesso turbine in cui vi sono alcuni apostati forsennati, anche quando la folla dei minores, fuorviata più o meno volontariamente, viene colpita insieme al piccolo gruppo dei majores che hanno prevaricato con diabolica lucidità, si può sempre affermare che il Signore viene. O ancora: egli viene attraverso le persecuzioni che si abbattono sulle nazioni cristiane, mentre tanti fedeli sono impreparati o tiepidi. Per mezzo di tutti questi avvenimenti che ci sconcertano, è lui che ci raggiunge. Per quanto possa sembrare sorprendente a prima vista, tale interpretazione appare legittima se teniamo conto che il Signore " fa cooperare tutte le cose al bene di coloro che ama ", ordina tutto per il bene dei suoi eletti e, per prima cosa, le croci. Non sembri arbitraria la seguente parafrasi dell'Apocalisse:
Vedete la parte considerevole che hanno il Drago e le due Bestie nella diffusione della menzogna e dello scandalo. Sentite i loro furiosi latrati. Ma non abbiate paura, non sono loro i padroni; sono tenuti al guinzaglio e vinti in anticipo. In occasione del loro terribile scatenarsi, Gesù va incontro alla sua Chiesa al fine di prepararla per il giorno del suo avvento glorioso. Resta il padrone degli avvenimenti e fortifica ciascuno di noi per farci riportare la vittoria. " Non permetterà che si perda uno solo di questi piccoli che credono in lui ". E viene subito. Non nel senso che il suo ritorno glorioso sia immediato, ma perché prepara subito la Chiesa al suo ritorno glorioso, anche se regnano le tenebre più fitte e l'apostasia s'impadronisce di tutta la terra. La Chiesa ne è talmente certa da cantare nella veglia del Sabato Santo: "Et nox illuminatio mea in deliciis meis"; e ancora, con il salmista: "Probasti cor meum et visitasti nocte" (Hai messo il mio cuore alla prova e l'hai visitato nella notte, Sal. 16). E san Giovanni della Croce diceva: " II Signore ha sempre svelato ai mortali i tesori della sua saggezza e del suo Spirito. Ma li rivela maggiormente ora che la malizia si rivela di più.
Un cuore semplice, un'anima illuminata dalla fede e che veneri con ardore la croce di Cristo saprà riconoscere la sua venuta in situazioni analoghe a quelle dei cristiani di Roma del secolo XVI che, dopo il saccheggio della città da parte dei lanzichenecchi luterani, vennero venduti come bestiame ai Turchi e ai Mori, mercanti di schiavi e seguaci di Maometto. Eroici nella fede e nell'amore, quei cristiani, ridotti in schiavitù ma inaccessibili all'apostasia, non dubitarono mai che il Signore non venisse prontamente, e dalle loro anime non venne sradicata la pace.
Scrivo queste cose senza alcuna illusione sulla profondità inaudita di miseria e d'angoscia legate a un simile eroismo, sulla qualità segretissima di una pace interiore che rimane viva in mezzo a tali orrori. Non ignoro affatto che la sorte di molti nostri fratelli nella fede è certamente peggiore di quella dei cristiani vittime del sacco di Roma sotto papa Clemente VII. Non provo nessuna attrattiva per un qualsiasi e non ben definito romanticismo del martirio. Riconosco l'importanza inestimabile, per la salvezza delle anime, della stabilità delle nazioni cristiane, con la giustizia delle loro istituzioni e la vera libertà della Chiesa.
Ma scorgo anche la perfezione della fedeltà che può realizzarsi in mezzo all'angoscia; penso che quando il Signore invia dei castighi sulla terra non lo fa solo per punire i colpevoli, ma per trarre, dal coraggio dei santi, una testimonianza di fedeltà che non era ancora salita fino a lui. E la stessa cosa la si può affermare per le persecuzioni.
Soltanto una tale valutazione dei castighi divini o delle persecuzioni, permette di sfuggire alla vertigine della disperazione di fronte ai grandi tormenti che si scatenano con una stupidità bestiale, quelle ondate spaventose che ingoiano senza vedere e senza udire tanti innocenti insieme ai malvagi. Senza dubbio, l'ondata è cieca, ma è tenuta in pugno dal Signore che sa, che vede e che governa per il bene degli eletti. Soprattutto in queste ore tenebrose, egli illumina le anime di buona volontà, le riconforta, le lega a sé indefettibilmente. Dal profondo di queste anime lacerate, frantumate nella parte più intima, sale una preghiera talmente umile e veemente alla quale il Signore non resiste: e scende in loro dando la forza di vincere i nemici. Gli sforzi della menzogna e della malvagità, incessantemente rinnovati lungo il corso della storia, non servono in definitiva che a ottenere dai servi di Dio una nuova forma di fedeltà. Una fedeltà nella tormenta e nella notte è l'effetto certo della visita del Signore. " Sì, giungo presto ". È dunque in tal modo che la Chiesa chiede al Signore di prepararla alle sue visite, al suo glorioso ritorno, quando il numero degli eletti sarà completo e sarà raggiunta la loro perfezione; e il Signore l'esaudisce prontamente, sebbene in maniera molto nascosta, giungendo a lei attraverso la tribolazione che è sempre grande, ahimè! ma che raggiunge talora un'ampiezza smisurata.
(Molti non sanno più riconoscere il Signore quando egli visita, con i flagelli della giustizia, una città o un popolo che ha prevaricato; molti non credono più agli interventi della giustizia divina. Con il pretesto che il Vangelo annuncia la liberazione e la misericordia, trovano inammissibile parlare di castighi celesti: una simile concezione sarebbe superata e retrograda. La verità è diversa. Se è indubbio che il tempo della redenzione è un tempo di misericordia e di liberazione, è altrettanto certo che i colpi della giustizia sono molto spesso necessari per riportare i malvagi sul sentiero della dolcezza e della misericordia. Ricordiamoci del buon ladrone e che il suo esempio ci illumini. È molto probabile che non avrebbe ottenuto il perdono e provato gli effetti della misericordia di Gesù se non fosse stato punito e se non avesse finito col riconoscere la mano di Dio nella propria punizione).
"Vengo senza tardare". Cerchiamo anche di capire che la venuta del Signore assume a volte un carattere miracoloso. Abbiamo già detto che non è con un regime prodigioso che egli regge il mondo; e, anche quando la sua venuta non riveste aspetti straordinari, egli non cessa di rispondere all'implorazione della sua Chiesa. Tuttavia, di quando in quando, si manifesta per mezzo di prodigi e fatti straordinari: ciò è necessario per impedire alle porte dell'inferno di prevalere.
Sono indispensabili l'apparizione del "labarum" e la vittoria di Ponte Milvio, la disfatta dei Catari a Muret e la sconfitta dei Turchi e dei Mori a Lepanto, affinché la Chiesa conservi quel minimo di libertà temporale richiesta per dispensare la grazia divina. È anche inevitabile, per impedire che i cristiani siano soffocati dal peso delle istituzioni e delle propagande antinaturali e laiciste, che la Vergine immacolata, con solenni apparizioni, chiami tutto il suo popolo - l'immensa moltitudine dei battezzati - alla conversione, al pentimento e alla preghiera. Senza gli interventi miracolosi di Maria, madre della Chiesa, diventerebbe in certo modo impossibile alla comunità dei fedeli volgersi verso Gesù Cristo.
Perciò, le visite miracolose del Signore Gesù e della Madonna che le annuncia, sono indispensabili per sorreggere la vita della Chiesa e prepararla alla Parusia. Chi di noi, rendendosi conto che le tenebre si estendono sulla faccia della terra e che il nostro mondo si è organizzato per perdere le anime piano piano, senza che nessuno vi trovi a ridire, chi di noi, conscio del ratto che la grande apostasia si avvicina, non invocherebbe Gesù di accordarci prima una visita miracolosa, non fosse altro per i castighi che abbiamo meritato? E se non lo facesse, se non ci accordasse altre forme di vittoria se non quella di farci continuare nelle tenebre, rimarremmo in pace, malgrado tutto, avendo la certezza che, anche senza miracolo, egli giunge presto.
Crediamo che una di queste venute più prodigiose, più consolanti, si manifesterà con la conversione del popolo da cui egli è uscito carnalmente, quel popolo ebreo che è veramente unico, che è fra tutti benedetto, ma anche fra tutti infedele e punito. Il suo irrigidimento si prolunga da quasi due millenni. La Scrittura ci preannuncia che il Signore lo ricondurrà sulla retta via, ma ignoriamo le modalità di questa reintegrazione. Può darsi, ad esempio, che quando il popolo d'Israele entrerà a far parte della Chiesa venga decimato, ridotto a un piccolissimo numero di componenti, mentre tutte le altre nazioni avranno subito un'incredibile diminuzione a seguito di qualche guerra o cataclisma? Lo ignoriamo e le nostre congetture al riguardo non sono poi molto importanti. Quello che conta è di affrettare con la nostra preghiera la conversione di Israele, del popolo da cui il Figlio di Dio ha tratto la sua origine carnale, il popolo della Vergine immacolata e dei dodici apostoli. Che il Signore, ad ogni messa, si degni di ricordarsi di nostro padre Abramo che gli offrì simbolicamente quel sacrificio che ormai noi gli offriamo nella realtà e riconduca a sé la discendenza naturale del primo patriarca: "Supra quae propitio ac sereno vultu respicere digneris...".
Vieni, Signore Gesù. E abbiamo la certezza che verrai. Che la tua visita sia fulgida o che rimanga celata nella notte, vieni immancabilmente. Non respingere mai la preghiera della tua Sposa; non deludere mai la sua attesa. Quando non concedi ciò che ti chiediamo, accordaci ciò che preferiremmo se fossimo già ammessi alla tua presenza per contemplarti. "Tu sei vicino a coloro che ti invocano, a coloro che ti chiamano nella verità" (Sal. 144).
Vieni, Signore Gesù. - Sì, vengo senza tardare.

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Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
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