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EMBRIONI UMANI: interrogativi e risposte

Ultimo Aggiornamento: 23/10/2012 21:32
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06/01/2011 17:25
 
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Identità Giuridica Dell’Embrione
I Giuristi davanti ai problemi bioetici:
Nel grande dibattito internazionale sulla bioetica, iniziato da una ventina di anni, i giuristi sono entrati molto tardi, spinti a forza dagli interrogativi rivolti loro da un’opinione pubblica sempre più affascinata e turbata dai progressi della medicina e della biologia e dalle sollecitazioni sempre più pressanti provenienti dagli stessi scienziati e operatori bio-sanitari a non essere lasciati soli.
E con ancora maggiori indecisione vi sono entrati politici e legislatori che solo di recente hanno fatto seguire a condivisibili dichiarazioni di intenti (costantemente incentrate sulla rilevanza dei problemi bioetici) interventi concreti e incisivi nei singoli ordinamenti giuridici.
Soprattutto nei paesi più avanzati non mancano norme e indirizzi amministrativi ma hanno tutti carattere episodico perchè mancano quelle autentiche e meditate teorie giuridiche alle quali riconnettere le norme positive e tramite le quali fornire letture univoche..
Nella stessa comunità internazionale manca un comune ethos socio-politico che possa costituire, al di là della variabilità dei singoli ordinamenti, un punto di riferimento obiettivo e certo.
Insomma: in materia bioetica parlano le leggi, (e per di più non sempre) ma tace il diritto.
Ma l’intervento del diritto appare indilazionabile, soprattuto rispetto al problema della definizione di uno“statuto giuridico” dell’embrione umano.1
La legge sull’aborto (194/1978) se pur portò in sede parlamentare il dibattito sul problema dell’embrione “umano” affrontato da diverse prospettive: (biologica, filosofica è di quegli anni anche la nascita della meta-biologia), riuscì ad evitare di rispondere alle domande a chi appartiene l’ebrione, chi può disporne, è un soggetto o un oggetto, una persona o una cosa, è un fine o un mezzo, domande che oggi appaiono ineludibili2.
Infatti quel lontano 1978 appare preistoria di fronte agli avanzamenti dell’ingegneria genetica e della fecondazione artificiale.3
Si è partiti con Louise Brown, (il primo essere umano concepito in provetta), nata a Londra nel 1978,poi si sono incominciate ad applicare all’uomo tecniche di fecondazione artificiale precedentemente usate in zootecnia. Ci si riferisce in particolare alla fecondazione in vitro, attraverso la quale si provoca l’incontro dello spermatozoo con l’uovo-cellula al di fuori del corpo materno.
In tale caso il “prodotto del concepimento”, non più nascosto e protetto dall’apparato riproduttivo della donna, è a disposizione di persone estranee, prevalentemente medici, in laboratori scientifici o ospedalieri; può essere congelato e conservato per un tempo indeterminato; può essere utilizzato come materiale per sperimentazione ( teorica e applicata); può essere, infine, introdotto nell’utero femminile per tentarne l’’ulteriore sviluppo fino alla nascita di un neonato, con tecniche diverse, la maggior parte delle quali, produce un rilevante “ spreco”di embrioni.
Però mentre il legislatore, se pur con leggi permissive, ha regolamentato i rapporti madre-embrione dal momento dell’impianto, nulla ha predisposto per una regolamentazione diretta del comportamento umano a riguardo dell’embrione nella fase del pre-impianto.
Ed ecco allora, come dicevamo all’inizio, che si ripropone ineludibilmente il problema della tutela giuridica dell’embrione umano, e tale tutela si porta dietro anche inevitabilmente tutte quelle domande circa la natura dell’embrione. E’ evidente quindi che nonostante la prospettiva dalla quale guarderemo l’’embrione sarà principalmente giuridica, sarà però impossibile, anche se vedremo c’è chi la pensa diversamente, evitare il campo biologico e filosofico.
Procederemo in questo modo: vedremo innanzitutto qual’è attualmente la tutela dell’embrione impiantato e del feto nel diritto positivo italiano e dopo affronteremo, per quanto possibile, il dibattito sullo “statuto giuridico” dell’embrione precoce (non impiantato) che rappresenta il problema bioetico più dibattuto e controverso negli ultimi due decenni in quanto la risposta a tale domanda diventa cruciale anche per la questione della liceità dell’aborto (che oggi ai più sembre inattaccabile) o, più recentemente, per la creazione di embrioni umani al fine di superare certe forme di sterilità o acquisire conoscenza scientifica.Dopo il dibattito cercheremo di tirare qulche conclusione per quello che sarà possibile.
La tutela dell’embrione impiantato e del feto nel diritto positivo italiano vigente:
Tale tutela è regolamentata dalla legge 194/1978 che regola l’interruzione volontaria di gravidanza (comunemente chiamata legge sull’aborto).
In pratica, rispetto all’interruzione volontaria di gravidanza si danno diversi gradi di tutela all’embrione:
Ricordandoci che stiamo parlando dell’embrione già impiantato (gravidanza in atto).
a)Prima dei 90 giorni, lo “status” del prodotto del concepimento è fortemente dipendente dalla volontà materna essendo l’aborto autorizzato allorchè la donna “accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica”, o in relazione al suo stato di salute, o alle circostanza in cui è avvenuto il concepimento; o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito;
b)Dopo i primi 90 giorni, l’’interruzione della gravidanza può essere praticata:( vedi art.6 legge1944/1978):
1)quando la gravidanza o il parto comportano un grave pericolo per la donna;
2) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Tuttavia ai sensi dell’articolo seguente (Art.7/III): “quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l’interruzione di gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui al punto 1) e il medico che esegue l’interruzione deva adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto”.
Tala articolo ha valore generale ed esclude una valutazione “opzionale”.
Anche se questa legge non ha giustificazione nè biologica, nè etica intendende comunque affermare la tutela della vita umana e in particolare del vita prenatale sin dal suo inizio e un diritto alla sopravvivenza stabilito appunto dall’art.7/III della suddetta legge.

Il dibattito sullo statuto giuridico dell’embrione:
Come dicevamo in precedenza, l’’embrione umano precoce (prima dell’impianto) è “formalmente” privo di una protezione giuridica, al momento attuale,perchè la “gravidanza” in senso tecnico inizia con l’impianto dell’’uovo, anche se il “rapporto” dell’embrione con la madre incomincia immediatamente (dal momento della formazione dello zigote) almeno sotto l’aspetto della prospettiva di tradursi in gestazione.
Ma la questione non è soltanto questa, infatti anche a detta di persone di correnti di pensiero “laiche” ,visto che oggi è possibile produrre l’embrione per fecondazione in vitro, la manipolazione dell’embrione umano porrebbe comunque in causa la dignità della vita e della specie umana, anche se non ancora la dignità dell’individuo; Ed è con questa motivazione che essi rispondono alla corrente di pensiero che reifica l’embrione umano (che analizzeremo subito) e per cui Zatti afferma che anche in difetto di una esplicita disciplina le norme da applicare sarebbero quelle relative all’ordine pubblico e al buon costume.
La questione dello “statuto giuridico” dell’embrione libero (non solo) è quindi di rilevante importanza.
Qual’è allora il panorama italiano di fronte a tale discussione?
Siccome il nostro ordinamento, per quanto riguarada la tutela in generale, prevede una previa
distinzione tra le persone e le cose, la questione dell’embrione si pone, in termini generali, in questo modo: l’embrione è da ascriversi al regno degli oggetti o a quello dei soggetti di diritto?
Ultimamente poi cì’è chi parla di un tertium genus. ( Zatti 1990)
La prima ipotesi è fortemente minoritaria (Bianca 1976), e non impedirebbe comunque, anche se fosse ammessa, lo svilupparsi di una tutela giuridica proporzionata al valore della cosa (Zatti 1990).
La seconda ipotesi dà luogo alla grande distinzione fra i giuristi, tra chi sostiene che gli argomenti biologici e filosofici siano determinanti anche per il diritto (e iponendo anche agli embrioni la protezione riservata ai soggetti di diritto) e chi invece ritiene l’ipotesi sostenuta più da argomenti metafisici che da argomenti giuridicamente fondati.
I primi sostengono che l’individuo debba essere tutelato nel suo diritto all’esistenza (e correlati diritti come quello dell’integrità e non manipolabilità arbitraria del proprio patrimonio genetico) sin dal momento in cui sussiste la sua “natura umana”; essi ritengono che un concetto giuridico autonomo di vita prenatale “non potrebbe mai considerarsi proponibile, in quanto il diritto strumento di organizzzazione sociale, cadrebbe in un’insanabile contraddizione se volesse descrivere secondo esigenze precostituite la stessa realtà obiettiva sulla quale è chiamato ad incidere. Il concetto di vita umana preesiste alla elaborazione normativa e da quest’ultima non può che essere che recepito.4
I secondi, invece, assumono posizioni più frastagliate, per quanto tutti concordino nel ritenere che la “capacità di vita vita autonoma” e la “nascita” siano segni inequivocabili di quella “separabilità biologica dei destini” che dà pienezza giuridica al soggetto di diritto.
Tra questi molti si affannano nello stabilire un “tertium genus”.
Questa ipotesi intende elaborare una linea plausibile che porti ad “anticipare” per quanto è possibile la tutela giuridica dell’embrione, facendo assumere particolare rilievo all’ “accertamento” di una diversità qualitativa fra una vita umana non individuale e l’esistenza di un organismo individuale (biologicamente unico e inconfondibile) della specie umana. Tale criterio, per Zatti (1990), permetterebbe di affermare nell’ambito di un diritto abituato al sistema binario “persona”- “cosa”, la “tutela giuridica da attribuirsi alla vita umana non individuale”
In definitiva, chi milita da giurista in questa corrente di pensiero, non si sottrae alle suggestioni di un’etica del “consenso” (sostanzialmente utilitaristica) su determinate posizioni, rese necessarie, secondo il principio democratico di tolleranza, per il vivere comune.
Comunque un punto di incontro tra i seguaci dell’una o dell’altra linea di riflessione giuridica dovrebbe essere ricercato nello stesso art.1 della citata legge 194/1978, il quale a rigore configura le norme sull’interruzione volontaria di gravidanza come “eccezioni” rispetto al principio generale della tutela della vita umana “sin dal suo inizio”.
Si fà tuttavia osservare che a tale costruzione giuridica per essere completa, sotto il profilo della tutela, mancano due elementi fondamentali: il riconoscimento espresso dell’inizio della vita umana nel momento della fecondazione e la mancanza di ipotesi specifiche di divieto munite di corrispondente sanzione.
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Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
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