Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

EMBRIONI UMANI: interrogativi e risposte

Ultimo Aggiornamento: 23/10/2012 21:32
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
06/01/2011 17:18
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Università Pontificia Salesiana



Embrione:

 


Uno di Noi?


Riflessioni biologiche, filosofiche e giuridiche

sull’identità dell’embrione umano



Seminario di “biologia per l’educazione”

presentato al prof. Polizzi V. s.d.b.

dagli alunni

Di Martino Vincenzo s.d.b.

Farina Andrea s.d.b.

Morretta Paolo s.d.b.

OFFLINE
06/01/2011 17:19
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

L’identità Biologica Dell’embrione
Alla radice del problema:
L’avvento ed il perfezionamento delle tecniche di fecondazione assistita, e quindi la possibilità di poter operare nel campo delle prime fasi di sviluppo dell’essere umano, hanno acuito la necessità di definire in maniera scientificamente esaustiva le varie fasi di questo sviluppo, sia per poter tutelare l’individualità di un potenziale essere umano, sia per poter circoscrivere le fasi in cui questa individualità non è ancora biologicamente presente ed è quindi eticamente accettabile l’ipotesi di una ricerca scientifica, o di un intervento terapeutico o eventualmente abortivo. Uno dei problemi che si pone l’embriologia moderna, riguarda i meccanismi che determinano il destino delle prime cellule dell’embrione. Infatti, secondo molti studiosi, le ricerche sul destino delle cellule embrionali possono aiutare a capire in quale momento l’embrione può essere considerato un individuo, consentendo di rileggere una serie di punti di vista etici in una prospettiva biologica.1
Al giorno d’oggi la realtà del concepimento umano, considerata dal punto di vista scientifico, non è più un mistero. Pur rimanendo, come accade in ogni conquista del sapere, ancora molto da comprendere e da ricercare, le osservazioni raccolte fino ad oggi ci forniscono un materiale di discussione più che sufficiente. A partire dall’oggettività di questi dati scientifici, però, si sviluppano linee di pensiero che divergono in maniera sostanziale circa il riconoscimento della identità individuale dell’embrione. Per riuscire bene ad inquadrare i motivi della questione in atto, è conveniente fare una veloce esposizione biologica delle fasi che accompagnano lo sviluppo dell’essere umano, dal concepimento fino ai 15-20 giorni seguenti.
Nozioni di embriologia
In preparazione al concepimento:
Lo sviluppo di un individuo ha inizio con la fecondazione. Durante questo processo due cellule altamente specializzate (i gameti), l’una derivante dall’uomo (lo spermatozoo) e l’altra dalla donna (la cellula uovo), si uniscono per dare origine ad uno zigote (uovo fecondato). In preparazione alla fecondazione ambedue i gameti sottostanno ad una serie di modificazioni che hanno due particolari scopi:
a)Preparare dal punto di vista formale i gameti alla possibile fecondazione (capacitazione).
b) Ridurre il numero dei cromosomi alla metà di quello della cellula somatica cioè da 46 a 23 cromosomi (maturazione o meiosi). La riduzione è necessaria, altrimenti la fusione della cellula maschile con una femminile avrebbe come risultato un individuo provvisto di un numero di cromosomi doppio rispetto al normale.2 Quando questo processo è avvenuto, i due corredi cromosomici vengono detti aploidi.
Dal concepimento in poi:
La prima settimana di sviluppo:
L’unione dei due corredi cromosomici aploidi porta alla formazione dello zigote (stadio unicellulare dell’embrione). Lo zigote, appena avvenuta la fecondazione, presenta queste particolari caratteristiche:
a)E’ diploide (46 cromosomi) in quanto consegue alla fusione di due nuclei aploidi. I cromosomi saranno metà di origine paterna e metà di origine materna, con una combinazione che li renderà differenti da quelli di entrambi i genitori.
b)E’ già determinato nel sesso del nuovo individuo.
c)E’ già in fase di sviluppo. In esso, infatti, ha origine un processo (la segmentazione) che lo trasformerà in un organismo pluricellulare complesso, per permettere la formazione delle nuove strutture che mano a mano andranno differenziandosi.
La segmentazione consiste nella rapida successione di divisioni mitotiche3, che portano alla formazione di numerose cellule sempre più piccole dette blastomeri e permettono la trascrizione dell’informazione genetica contenuta nello zigote. La prima divisione avviene a trenta ore dalla fecondazione e si conclude con la formazione dei primi due blastomeri. Nelle ore successive, ma non oltre il terzo giorno, le divisioni porteranno l’embrione fino ad uno stato di suddivisione in 16 cellule chiamato morula (il nome deriva direttamente dalla somiglianza al frutto del gelso). Il processo di segmentazione avrà termine allorché le cellule (i blastomeri), diventate sempre più piccole avranno raggiunto le dimensioni proprie della specie.
Ciascun blastomero, fino allo stato embrionale di 16 blastomeri4, è totipotente, cioè è capace di svilupparsi da solo dando vita ad un embrione completo. Negli stati embrionali successivi i blastomeri perdono questa loro prerogativa per diventare cellule pluripotenti, capaci cioè di dare vita a parti via via sempre meno complesse di un organismo. Questo passaggio è importantissimo perché se, nel momento in cui i blastomeri sono totipotenti, avviene una divisione di questi, allora si svilupperanno dei gemelli in maniera tale che dallo stesso zigote si formano individui differenti.
Nel 4-5 giorno dalla fecondazione, allo stadio di 32 blastomeri, comincia a formarsi nella morula una cavità detta blastocele, ripiena di liquido. A questo punto la morula diventa blastocisti. Nella blastocisti avviene la prima differenziazione tra blastomeri, i quali si dividono, alcuni per andare a formare la placenta5, altri per andare a formare il nodo embrionale da cui si genererà l’embrione.
Verso la fine della settimana (6°-7° giorno) la blastocisti incomincia ad impiantarsi nella parete uterina e si consolidano, a livello cellulare, le interazioni tra embrione ed organismo materno, già presenti a livello biochimico-endocrinologico nell’ambiente tubarico.

La seconda settimana di sviluppo:
“Nella seconda settimana di sviluppo avvengono stati biologici molto significativi:
a)da una parte (dal 7° al 12° giorno) l’ impianto della blastocisti giunge a completamento e si distinguono nettamente la componente embrionaria da quella extra-embrionaria;
b)dall’altra parte (da 13° al 15° giorno)compare la linea o stria primitiva che permette di identificare l’asse cranio-caudale, le superfici dorsale e ventrale, la simmetria destro-sinistra, in altre parole il piano costruttivo dell’embrione.
La comparsa della stria primitiva rappresenta il punto di non ritorno per la suddivisione gemellare. In questo momento, infatti, se non in casi particolari (come quelli dei gemelli siamesi) si fissa definitivamente il numero di individui suscettibili di svilupparsi da un solo uovo fertilizzato.”6

Considerazioni conclusive:
Le informazioni precedenti ci permettono di affermare che:
a)Ogni individuo ha un genoma7 diverso da quello di un altro, se questo altro non è un suo gemello monozigote; quindi può essere identificato sicuramente come appartenente alla specie umana, essendone garantita l’identità genetica, fin dal momento della fecondazione. Tuttavia identità genetica ed identità individuale non sono condizioni sovrapponibili necessariamente. Infatti due individui distinti possono condividere lo stesso patrimonio genetico (come nel caso dei gemelli monozigoti).
b)Lo sviluppo dell’embrione umano avviene in un modo continuo ed orientato attraverso meccanismi di interazioni molecolari che non sono ancora adeguatamente conosciute.
OFFLINE
06/01/2011 17:21
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

La discussione ancora in atto:
La cronologia dello sviluppo embrionale riassunta fin qui, non offrendo una risposta immediata e diretta al problema del momento in cui si determina l’identità individuale umana, ha dato luogo a diverse interpretazioni che possono essere ridotte a due linee di pensiero principali e contrapposte: quella che sostiene l’ origine immediata della vita embrionale e quella che sostiene l’origine successiva della vita embrionale.

Origine successiva della vita embrionale:
Questa linea di pensiero rielabora le informazioni biologiche in modo tale da affermare che l’embrione, considerato periodo iniziale dello sviluppo, non è in possesso delle caratteristiche che ne fanno una persona. In questo senso si è espresso Carlo Flamigni (professore di Fisiopatologia della riproduzione umana all’ Università di Bologna) il quale asserisce che “ bisogna distinguere tra l’embrione pre-impiantatorio e l’embrione impiantato, non perché si abbia a che fare con strutture biologiche fondamentalmente diverse ma perché sono entità che possiedono caratteristiche e possibilità proprie e distinte. Quando ci si riferisce all’embrione pre-impiantatorio è conveniente parlare di pre-embrione il quale non va riconosciuto come persona, perché ciò che caratterizza l’essere umano è l’individualità. Il pre-embrione invece:
Può produrre gemelli monozigoti
Dopo l’impianto perde il 25-30% delle sue cellule che vanno a formare strutture le quali, se la gravidanza procede, saranno distrutte.
E’ possibile che in corso di segmentazione possa evolvere in maniera tale da trasformarsi in struttura tumorale.”1
Sulla stessa linea si muove, in maniera molto determinata, Norman Ford, preside del Catholic Thelogical College di Melbourne. Egli rifiuta la possibilità di considerare lo zigote un individuo perché “fino alla comparsa della stria primitiva, a circa 14 giorni dalla fertilizzazione, le cellule identiche che da esso si formano possono diventare naturalmente un individuo umano. Con la comparsa della stria primitiva viene a stabilirsi per ogni individuo umano (anche nel caso dei gemelli monozigoti) un piano di simmetria corporale lungo l’asse cranio-caudale. Solo quando quest’ultimo si è formato, si costituisce un individuo spazialmente distinto, cioè un individuo con la destra e la sinistra, il davanti ed il dietro.”2

Origine immediata della vita embrionale:
Secondo questa linea di pensiero, l’inizio della vita umana pienamente individuale si colloca al momento della fecondazione. “Il dato inoppugnabile è messo in chiaro dalla genetica: al momento della fertilizzazione i due gameti dei genitori formano una nuova entità biologica, lo zigote che porta in sé un nuovo progetto-programma individualizzato. Il fatto che si deve notare è che questo nuovo programma non è inerte, né è eseguito ad opera di organi fisiologici materni. Esso è un nuovo progetto che si costruisce da solo ed è l’attore principale di sé. Il tentativo di declassificare l’embrione a pre-embrione è una violazione della verità oggettiva”3.
Secondo il prof. A. Serra “il programma di fronte al quale ci troviamo nello stato iniziale dell’embrione è caratterizzato da tre proprietà biologiche importanti:
1)la coordinazione: Lo sviluppo embrionale, dal momento della formazione dei due gameti fino alla formazione della blastociste, è un processo in cui si ha un coordinato succedersi ed interagire di attività cellulari e molecolari sotto il controllo del nuovo genoma. E’ precisamente questa coordinazione che esige una rigorosa unità dell’essere in sviluppo.
2)la continuità: alla fusione dei due gameti umani incomincia un nuovo ciclo vitale di un nuovo essere umano. Questo ciclo procede senza interruzioni: gli eventi singoli (come la moltiplicazione cellulare) non sono altro che l’espressione di una successione ininterrotta di avvenimenti. Questa continuità implica unicità.
3)la gradualità: è data dallo sviluppo di un progetto individuale unico che implica un succedersi di forme, passando da una struttura complessa ad una più semplice. Questa caratteristica esige una regolazione intrinseca all’embrione stesso il quale mantiene il suo sviluppo orientato in direzione della forma finale.”4
Le qualità appena mostrate mettono in evidenza l’individualità, l’identità, l’unicità dell’embrione che rimane sempre lo stesso individuo lungo tutto il processo di sviluppo, che inizia al momento della fusione dei gameti.
“La difficoltà che potrebbe a prima vista avere qualche rilevanza biologica è quella che si basa sul fenomeno della gemellanza monozigotica. Il punto da chiarire è questo: il fatto della eventuale divisione non smentisce quanto appena detto, anzi lo comprova. La divisione, infatti prevede l’intervento di una causa interferente nel progetto: non avviene cioè in forza di un meccanismo evolutivo ma contro di esso. Inoltre il risultato è ancora conforme allo sviluppo descritto nel genoma e tale sviluppo (autocostruttivo e determinato) si ripete in ognuna delle porzioni divise. La natura di queste porzioni di zigote è ancora un progetto umano.
Un’altra difficoltà che viene riportata da alcuni si basa sul fatto che l’embrione può essere interrotto nel suo sviluppo prima dell’impianto. Ma questo fatto non nega che l’embrione, se non fosse disturbato da cause esterne, continuerebbe a svilupparsi in maniera autonoma secondo il suo programma. Le cause esterne possono anche interrompere lo sviluppo embrionale, ma da questo non si può dedurre che l’embrione non sia capace di sviluppo autonomo. In conclusione il neoconcepito ha una propria e ben determinata realtà biologica”5.
OFFLINE
06/01/2011 17:21
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Conclusione:
E’ il caso di osservare che la logica di tale controversia può essere individuata nel fatto che il criterio di valutazione, che è stato usato per discutere, a livello biologico, del momento in cui si può affermare la presenza della realtà individuale nell’embrione, è soltanto un criterio. Pertanto l’interpretazione dei dati biologici finisce per essere influenzata dalle opzioni morali dell’interprete, ossia dal modo in cui egli ritiene di doversi atteggiare di fronte all’embrione sin dalla fecondazione.
OFFLINE
06/01/2011 17:22
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Identità filosofica dell’embrione umano
Introduzione:
Alla fiducia illimitata, all’ottimismo incrollabile, all’approvazione incondizionata nei confronti della crescita, delle realizzazioni della scienza e della tecnologia, è subentrato negli ultimi decenni un atteggiamento piuttosto diffuso di diffidenza e di paura.
Stiamo vivendo senza dubbio il passaggio dallo scientismo all’antiscenza, o meglio dalla valutazione della scienza come qualcosa di assolutamente e incondizionatamente buono in sé, alla considerazione della stessa come qualcosa di assolutamente e incondizionatamente cattivo.
Entrambi gli atteggiamenti naturalmente ci sembrano scorretti, nel senso che sono essenzialmente irrazionali, come lo è di solito ogni posizione che metta l’accento esageratamente sull’uno di due estremi, essendo incapace di vedere l’altro.
Così, lo scientismo ha condotto a scaricare su agenti “esterni” alcune conseguenze e alcuni impatti negativi dello sviluppo tecnologico, riducendo la responsabilità degli scienziati alla pura esecuzione corretta del loro lavoro di professionisti specializzati, ed ha portato a denunciare ogni possibile proposta tesa alla regolamentazione della scienza come un tentativo oscurantista contro la sua intoccabile libertà.
L’anti-scienza ha condotto a scaricare sulla scienza e sulla tecnologia la responsabilità di tutti gli impatti negativi menzionati, negando così che la scienza meritasse una qualsiasi forma di libertà.
Come precedentemente accennato, entrambe le posisioni sono erronee: la scienza e la tecnologia sono certamente buone, ma non incondizionatamente buone, mentre è innegabile che numerosi aspetti negativi sono emersi in connessione del loro sviluppo.
Questo non giustifica la proposta di bloccarle, non tanto perchè sarebbe probabilmente impossibile farlo, in quanto il loro sviluppo non è un processo automatico, ma qualcosa
che è promosso da esseri umani, e, in quanto tale, è in linea di principio suscettibile di essere orientato e intenzionalmente guidato.
Il problema dunque è quello di rendere compatibile la legittima crescita della scienza e della tecnologia con l’eliminazione dei loro impatti negativi, e, possibilmente, anche con la promozione di alcuni diversi valori umani.
Non ci sembra di esagerare affermando che la soluzione di questo problema può essere vista come la più grande sfida del nostro tempo, soluzione che deve portare a trovare una
via di una possibile regolamentazione della scienza e della tecnologia.
Ovviamente tutto questo si riflette anche e soprattutto sul campo della bioetica. Uno dei problemi più rilevanti della bioetica, è costituito dal cosiddetto “status ontologico” dell’embrione: infatti, dai contenuti che si danno a tale nozione derivano conseguenze anche in merito alla tutela giuridica che si ritiene giusto attribuire all’embrione. Per avere tuttavia un quadro completo del “problema embrione”, ci è parso opportuno esaminare lo “status” biologico di esso, chiarendone i processi di formazione e sviluppo, per poi così trattarne più cocretamente il problema ontologico, e da qui arrivare a chiarirne lo “status giuridico”. Così, in definitiva abbiamo preso in esame alcune domande di scottante attualità: l’embrione è persona ? Quali sono e quali dovrebbero essere i suoi diritti ? Cosa concerne lo “status biologico” dell’embrione ?





La persona umana:

Progresso scientifico e urgenza di una riflessione antropologica:
I nuovi orizzonti aperti dal progresso scientifico nell’ambito biomedico sollevano con urgenza domande etiche per la definizione dei confini di liceità dell’intervento dell’uomo sulla vita. Il problema dell’uomo e del significato globale della persona umana si ripropone oggi con crescente attualità. Quali confini definiscono la doverosità morale del rispetto della vita umana? L’embrione è persona? L’intervento sulle altre forme di vita sub-umana è giustificato quando è a vantaggio dell’uomo?
La bioetica, in quanto “studio sistematico della condotta umana nel campo delle scienze della vita e della cura della salute alla luce di valori e di principi morali,”1implica e presuppone necessariamente sul piano fondativo e giustificativo una riflessione filosofica antropologica e morale.
Antropologia filosofica e filosofia morale si coimplicano strutturalmente in bioetica.
Non è possibile fondare i principi e i valori che orientano la condotta umana senza porsi la domamda su cosa è l’uomo, così come un indagine sull’uomo non può prescindere dal valore dell’essere umano e dall’indicazione dei criteri morali dell’agire per la realizzazione piena dell’essere e delle potenzialità della persona.2
OFFLINE
06/01/2011 17:23
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

La persona umana: breve storia del termine e del concetto:
Per comprendere meglio il significato del termine persona umana è utile tracciare un rapido quadro di riferimento dell’evoluzione della riflessione filosofica su tale concetto.
E’ interesante subito notare come nè nelle culture greca e latina precristiane, nè nelle culture orientali anche odierne, esiste qualcosa di assimilabile alla nozione di “persona” per definire l’uomo. Se infatti si consulta un vocabolario latino, alla voce “persona” troveremo che esso, almeno fino a prima del secolo IV, significa la maschera che l’attore indossava nelle rappresentazioni teatrali per poter interpretare in essa diverse parti, così come era costume nel teatro greco-romano.1
“Così applicato all’essere umano, il termine “persona” stava ad indicare le diverse identità che possono essere attribuite ad un essere umano, nei diversi contesti e situazioni, a seconda del ruolo che è chiamato a svolgere in queste situazioni”2. E’ facile notare come tale significato sia esattamente l’opposto di quello che noi, oggi, in occidente, consideriamo: sinonimo, cioè di individuo nella sua irriducibile ed unica identità.
Successivamente il concetto di persona è stato approfondito dalla patristica nelle dispute trinitarie: la difficoltà era infatti, quella di riuscire a definire l’individualità delle Tre Persone Divine, nonostante la comunanza della natura che li faceva tutti, ugualmente a Dio. Come si può immaginare la risoluzione del problema non fu facile: bisognerà aspettare così il magistero di tre padri della Chiesa della Cappadocia ( Basilio, Gregorio di Nazianzo e Gregorio di Nissa ) che dopo Nicea, nella seconda metà del IV secolo, chiarirono definitivamente il problema distinguendo tra ousìa, “essenza”, e ypòstasis, “sostanza”.
Tuttavia, nonostante vari tentativi fatti, soprattutto da sant’Agostino, non si è giunti ancora ad una definizione completa di “persona”. Per essa dobbiamo aspettare l’elaborazione successiva di altri due eminenti medievali: Severino Boezio e Tommaso d’Aquino.
Proprio Boezio definì la persona come “una sostanza individuale di natura ragionevole ( naturae rationalis individua sostanzia)”.3Con tale definizione il termine “persona” acquisisce una essenziale caratteristica: il riferimento alla natura razionale. “Una persona, infatti, non è solo natura, non è solo sostanza, non è solo individuo: a questi tre elementi colti dal pensiero cristiano prima di Boezio, occorre aggiungere la “differenza specifica” che definisce la persona rispetto a qualsiasi altri ente, sia esso sostanza o accidente: la razionalità.”4 Con tale arricchimento, così, la persona viene a caratterizzarsi come una sostanza individua che possiede una natura razionale.
Tommaso d’Aquino, nel secolo XIII, fa propria la definizione boeziana di persona, la difende da tutte le critiche, ma soprattutto la approfondisce.
Sintetizzando la dottrina tomista sulla persona così come Tommaso la presenta, potremmo così dire: la persona è un ente reale, una sussistenza particolare, concretizzata nell’individuo singolo. La sussistenza indica l’esistere della persona in sè e per sè in virtù del proprio atto di essere. L’individuazione si riferisce alla unicità e irripetibilità della persona umana che si distingue dalle altre persone grazie alla corporeità che consente la materializzazione della forma, l’esistenzializzazione dell’essenza e l’incarnazione dello spirito. La corporeità è il principio di individuazione e di differenzazione della sostanza che si manifesta secondo le coordinate spazio-temporali.
Come già accennato , un ulteriore specificazione della persona umana nel contesto ontologico tomista è la “natura raginevole”, ossia l’essere dotato di ragione, intesa come facoltà intellettiva che consente di astrarre, universalizzare, progettare e dare significato alle cose. “L’attribuzione della caratteristca della razionalità alla persona umana, ha dato origine a molte ambiguità. Ci si è chiesti: la razionalità va intesa come capacità di esercizio attuale o come attributo che connota la sostanzialità della persona ? Nella prima ipotesi si esclude dal riconoscimento della dignità di persona ogni soggetto che non esercita attualmente il raziocinio: non sarebbero persone i dormienti, gli ubriachi, gli handicappati mentali, gli anziani , ma nemmeno gli embrioni. Se, al contrario, la ragione indica l’attributo appartenente alla natura umana, ogni soggetto anche non esercitante attualmente la funzionalità celebrale neurologico-sinaptica, è persona in quanto sostanza individua dotata per natura di ragionevolezza”.5
La fondazione ontologica del concetto di persona consente il riconoscimento di una trascendenza che garantisce all’essere umano il rispetto in ogni manifestazione della vita fisica contro ogni tentativo filosofico-antropologico riduzionistico. Tuttavia dopo l’apice raggiunto con Tommaso, si è assistito al declino moderno della nozione di persona: “il riconoscimento ontologico del carattere sostanziale della persona si indebolisce sino ad essere negato sia nelle correnti di pensiero di indirizzo razionalistico che di indirizzo empiristico.”6

L’embrione: è persona ?
L’unità individuale della persona umana, nella sua composizione psicofisica di anima e corpo, dove l’anima deve essere intesa come “forma sostanziale” della materia che costituisce il corpo umano, implica immediatamente un altro problema, che ci permetterà chiarire se l’embrione è o meno persona: la creazione dell’anima.
Se l’anima è forma sostanziale dell’individuo, è chiaro che non appena l’individuo umano manifesta le caratteristiche innanzitutto biologiche dell’umanità già si deve parlare di presenza in esso della sua forma sostanziale, della forma che organizza, distingue, attualizza la sua materia. Da questo punto di vista esistono due problemi storici e teoretici da chiarire riguardo al “quando” di questa creazione dell’anima umana,7l’uno che riguarda la posizione di Tommaso d’Aquino su questo punto, l’altro che riguarda la posizione di alcuni filosofi e moralisti moderni sulla delicata questione delle manipolazioni genetiche su embrioni umani.
“La posizione di Tommaso, anche se formalmente e decisamente negativa nei confronti dell’aborto come il resto della tradizione patristica cristiana, difendeva una teoria dell’animazione sucessiva, non simultanea cioè all’atto del concepimento dell’embrione.
In questo Tommaso dipendeva dai principi erronei della biologia aristotelica che supponeva che l’embrione umano passasse per successivi stadi di vita animale e vegetale, prima di giungere al livello di vita propriamente umana ( cf. Aristotele, De Gentile. An., II, 3 ).”8
Ciò dipendeva dal fatto che il principio dell’unicità della forma sostanziale, per cui quella di livello più alto inglobava le funzioni di quella del livello più basso, implicava che l’embrione sviluppasse prima gli organi delle essenziali funzioni vegetative, per poter accedere ad una forma di vita animale e non solo vegetale come quella presente al concepimento, e che quindi sviluppasse gli organi essenziali delle funzioni sensomotorie per poter accedere alla forma di vita umana legata alla creazione da parte di Dio dell’anima razionale. “ Solo quando il corpo aveva sviluppato un abbozzo di funzione nervosa esisteva infatti la materia “ben disposta” a ricevere quell’ulteriore perfezionamento dell’ “ominizzazione” da parte di un’anima spirituale creata direttamente da Dio, quel perfezionamento cioè che solo la forma di un’anima razionale poteva dargli”.9
In questo senso per Tommaso la creazione dell’anima spirituale avveniva solo alcuni giorni dopo il concepimento vero e proprio.
Naturalmente alla luce della biologia contemporanea il medesimo ragionamento metafisico che portava Tommaso a propendere per l’ “ominizzazione” sucessiva all’atto del concepimento dell’embrione, ci deve far affermare oggi la dottrina dell’animazione simultanea da parte di Dio all’atto del concepimento. Infatti la scoperta del corredo genetico tipicamente umano anche nella prima cellula fecondata ci deve far affermare che l’embrione fin dal primo istante vive una vita tipicamente umana ed è dunque dotato di una forma sostanziale umana, anche se per poter eseguire operazioni tipicamente umane, quali quelle del pensiero logico e dell’azione consapevole bisognerà attendere molto tempo.
Addirittura bisogna attendere non solo il tempo della gestazione e della nascita necessari per lo sviluppo completo di organi del corpo umano, ma, se dobbiamo dar retta alla psicologia dell’età evolutiva, un bambino comincia a divenire responsabile delle proprie azioni ad una età relativamente tarda ( intorno al settimo anno di età ) e capace di pensiero logico-formale astratto addirittura ancora più avanti ( dopo il dodicesimo anno di età ).
“ Nondimeno come nessuno osa negare l’attributo metafisico di persona umana al bambino anche prima di divenire capace di atti di deliberazione e di pensiero consapevoli, prima cioè che sia capace di aver sviluppato una personalità psicologica davvero autonoma, così nessuno dovrebbe negare un simile attributo all’embrione nei diversi stadi del suo sviluppo a cominciare dai primissimi.”10
Malgrado ciò, da parte di alcuni filosofi e moralisti nonché di alcuni genetisti, viene fatta una ulteriore distinzione per negare dignità di persona all’embrione nei primissimi giorni di vita prima dell’annidamento nell’utero materno che avviene di solito intorno al ventesimo giorno dopo il concepimento. Se infatti grazie all’evidenza del corredo genetico è difficile negare di “umanità” al prodotto del concepimento, esiste un problema legato al fatto se si possa parlare di “individualità” autonoma di quel prodotto rispetto al corpo materno. Tale individualità è negata in due sensi:
1. Nel senso di una mancanza reale di autonomia rispetto al corpo materno: esso viene visto piuttosto come una sorta di prodotto dell’azione dell’apparato generativo materno.
2. Nel senso di una mancanza di reale individualità, innanzitutto quantitativa11, del prodotto del concepimento. Infatti nel periodo che va dal secondo all’ottavo giorno dopo il concepimento, è possibile che da un unico zigote possano derivare, per varie cause, più gemelli detti appunto monozigoti.

In definitiva, allora, alcuni tendono a definire l’embrione nei primi giorni di vita prima dell’annidamento naturale nell’’utero materno come un pre-embrione, una sorta di materiale umano pre-individuale e dunque pre-personale, intendendo così avvallare , sia moralmente che giuridicamente, la liceità di interventi non solo abortivi, ma anche di ingegneria genetica. Ora affermare ciò è un falso scientifico enorme. Infatti “il corredo genetico di 46 cromosomi garantisce l’identità umana dello zigote fin dal primo istante e la sua differenzazione individuale rispetto all’organismo dei genitori. Inoltre lo zigote e l’embrione sono un prodotto che “si progetta” e “si produce” ed è percui in grado di generare da se stesso l’informazione necessaria a guidare adattivamente, finalisticamente, i passi dello sviluppo dell’organismo a cui appartiene. Questo carattere “autopoietico” evidenzia l’autonomia individuale dello zigote rispetto al corpo materno di cui è ospite.”12
Ovviamente l’autonomia è relativa non certo assoluta: ma quale persona umana, anche dopo la nascita o i suoi primi anni di vita, può dirsi totalmente autonoma rispetto al proprio ambiente, ai propri genitori e in particolare alla madre ?
Riguardo al problema quantitativo cioè del numero di indidividui che deriveranno dallo zigote, bisogna dire che, nei primissimi giorni di vita, non è possibile, allo stadio attuale delle nostre nozioni scientifiche di bioetica, stabilirlo. Ma ciò non toglie il fatto che in futuro possa essere dimostrato a livello scientifico e soprattutto che altre caratteristiche fondamentali dell’essere personale umano siano già attribuibili ad esso: soprattutto quelle caratteristiche di essere indiviso in se stesso e diviso rispetto altro da sè che definiscono la nozione di unità trascendentale alla quale la nozione di individualità si riduce. Che poi a questa unità trascendentale dello zigote non corrisponda in tutti i casi un’unita quantitativa di individui umani che da esso deriveranno, nulla toglie al carattere di individualità sostanziale umana e quindi incoativamente “personale” dello zigote rispetto al corpo della madre, la quale dunque non può disporre a piacimento di esso, quindi avvallare che altri - istituzioni mediche e/o scientifico-tecnologiche innanzi tutto - ne dispongano a piacimento.
OFFLINE
06/01/2011 17:24
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Conclusione:
Ci sembra così di poter affermare che nell’embrione è presente vita umana che manifesta un grado evidente di autonomia, di autopoiesi rispetto agli organismi parentali. Come tale essa va rispettata e difesa per se stessa poiché è per se stessa.
Dunque nessuno ha, né i genitori, né alcun altra istituzione statale o sociale, scientifica o tecnologica, potere di vita e di morte su di essa. Anzi la sua stessa fragilità, che si manifesta proprio nella possibilità di manipolarla così radicalmente nei primi tempi della sua esistenza, esige moralmente e giuridicamente una tutela ancora maggiore. “La liceità degli interventi di ingegneria genetica sulla vita umana nei primi passi del suo sorgere è dunque limitata a tutto ciò che può aiutare o promuovere lo sviluppo di questa vita verso la sua piena realizzazione di persona(e) (p.es., l’intervento sul genoma per correggere malformazioni e malattie ereditarie ), ma non certo a distruggerla o stravolgerla per soddisfare immorali esigenze parentali o sociali (p. es., si pensi all’assurdità di interventi eugenetici per favorire certe caratteristiche del nascituro, o per la determinazione del sesso secondo il gusto dei genitori, per l’eventuale clonazione di individui se e quando questa divenisse tecnicamente possibile anche per organismi complessi quali quello umano, etc.).”1
OFFLINE
06/01/2011 17:25
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Identità Giuridica Dell’Embrione
I Giuristi davanti ai problemi bioetici:
Nel grande dibattito internazionale sulla bioetica, iniziato da una ventina di anni, i giuristi sono entrati molto tardi, spinti a forza dagli interrogativi rivolti loro da un’opinione pubblica sempre più affascinata e turbata dai progressi della medicina e della biologia e dalle sollecitazioni sempre più pressanti provenienti dagli stessi scienziati e operatori bio-sanitari a non essere lasciati soli.
E con ancora maggiori indecisione vi sono entrati politici e legislatori che solo di recente hanno fatto seguire a condivisibili dichiarazioni di intenti (costantemente incentrate sulla rilevanza dei problemi bioetici) interventi concreti e incisivi nei singoli ordinamenti giuridici.
Soprattutto nei paesi più avanzati non mancano norme e indirizzi amministrativi ma hanno tutti carattere episodico perchè mancano quelle autentiche e meditate teorie giuridiche alle quali riconnettere le norme positive e tramite le quali fornire letture univoche..
Nella stessa comunità internazionale manca un comune ethos socio-politico che possa costituire, al di là della variabilità dei singoli ordinamenti, un punto di riferimento obiettivo e certo.
Insomma: in materia bioetica parlano le leggi, (e per di più non sempre) ma tace il diritto.
Ma l’intervento del diritto appare indilazionabile, soprattuto rispetto al problema della definizione di uno“statuto giuridico” dell’embrione umano.1
La legge sull’aborto (194/1978) se pur portò in sede parlamentare il dibattito sul problema dell’embrione “umano” affrontato da diverse prospettive: (biologica, filosofica è di quegli anni anche la nascita della meta-biologia), riuscì ad evitare di rispondere alle domande a chi appartiene l’ebrione, chi può disporne, è un soggetto o un oggetto, una persona o una cosa, è un fine o un mezzo, domande che oggi appaiono ineludibili2.
Infatti quel lontano 1978 appare preistoria di fronte agli avanzamenti dell’ingegneria genetica e della fecondazione artificiale.3
Si è partiti con Louise Brown, (il primo essere umano concepito in provetta), nata a Londra nel 1978,poi si sono incominciate ad applicare all’uomo tecniche di fecondazione artificiale precedentemente usate in zootecnia. Ci si riferisce in particolare alla fecondazione in vitro, attraverso la quale si provoca l’incontro dello spermatozoo con l’uovo-cellula al di fuori del corpo materno.
In tale caso il “prodotto del concepimento”, non più nascosto e protetto dall’apparato riproduttivo della donna, è a disposizione di persone estranee, prevalentemente medici, in laboratori scientifici o ospedalieri; può essere congelato e conservato per un tempo indeterminato; può essere utilizzato come materiale per sperimentazione ( teorica e applicata); può essere, infine, introdotto nell’utero femminile per tentarne l’’ulteriore sviluppo fino alla nascita di un neonato, con tecniche diverse, la maggior parte delle quali, produce un rilevante “ spreco”di embrioni.
Però mentre il legislatore, se pur con leggi permissive, ha regolamentato i rapporti madre-embrione dal momento dell’impianto, nulla ha predisposto per una regolamentazione diretta del comportamento umano a riguardo dell’embrione nella fase del pre-impianto.
Ed ecco allora, come dicevamo all’inizio, che si ripropone ineludibilmente il problema della tutela giuridica dell’embrione umano, e tale tutela si porta dietro anche inevitabilmente tutte quelle domande circa la natura dell’embrione. E’ evidente quindi che nonostante la prospettiva dalla quale guarderemo l’’embrione sarà principalmente giuridica, sarà però impossibile, anche se vedremo c’è chi la pensa diversamente, evitare il campo biologico e filosofico.
Procederemo in questo modo: vedremo innanzitutto qual’è attualmente la tutela dell’embrione impiantato e del feto nel diritto positivo italiano e dopo affronteremo, per quanto possibile, il dibattito sullo “statuto giuridico” dell’embrione precoce (non impiantato) che rappresenta il problema bioetico più dibattuto e controverso negli ultimi due decenni in quanto la risposta a tale domanda diventa cruciale anche per la questione della liceità dell’aborto (che oggi ai più sembre inattaccabile) o, più recentemente, per la creazione di embrioni umani al fine di superare certe forme di sterilità o acquisire conoscenza scientifica.Dopo il dibattito cercheremo di tirare qulche conclusione per quello che sarà possibile.
La tutela dell’embrione impiantato e del feto nel diritto positivo italiano vigente:
Tale tutela è regolamentata dalla legge 194/1978 che regola l’interruzione volontaria di gravidanza (comunemente chiamata legge sull’aborto).
In pratica, rispetto all’interruzione volontaria di gravidanza si danno diversi gradi di tutela all’embrione:
Ricordandoci che stiamo parlando dell’embrione già impiantato (gravidanza in atto).
a)Prima dei 90 giorni, lo “status” del prodotto del concepimento è fortemente dipendente dalla volontà materna essendo l’aborto autorizzato allorchè la donna “accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica”, o in relazione al suo stato di salute, o alle circostanza in cui è avvenuto il concepimento; o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito;
b)Dopo i primi 90 giorni, l’’interruzione della gravidanza può essere praticata:( vedi art.6 legge1944/1978):
1)quando la gravidanza o il parto comportano un grave pericolo per la donna;
2) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Tuttavia ai sensi dell’articolo seguente (Art.7/III): “quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l’interruzione di gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui al punto 1) e il medico che esegue l’interruzione deva adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto”.
Tala articolo ha valore generale ed esclude una valutazione “opzionale”.
Anche se questa legge non ha giustificazione nè biologica, nè etica intendende comunque affermare la tutela della vita umana e in particolare del vita prenatale sin dal suo inizio e un diritto alla sopravvivenza stabilito appunto dall’art.7/III della suddetta legge.

Il dibattito sullo statuto giuridico dell’embrione:
Come dicevamo in precedenza, l’’embrione umano precoce (prima dell’impianto) è “formalmente” privo di una protezione giuridica, al momento attuale,perchè la “gravidanza” in senso tecnico inizia con l’impianto dell’’uovo, anche se il “rapporto” dell’embrione con la madre incomincia immediatamente (dal momento della formazione dello zigote) almeno sotto l’aspetto della prospettiva di tradursi in gestazione.
Ma la questione non è soltanto questa, infatti anche a detta di persone di correnti di pensiero “laiche” ,visto che oggi è possibile produrre l’embrione per fecondazione in vitro, la manipolazione dell’embrione umano porrebbe comunque in causa la dignità della vita e della specie umana, anche se non ancora la dignità dell’individuo; Ed è con questa motivazione che essi rispondono alla corrente di pensiero che reifica l’embrione umano (che analizzeremo subito) e per cui Zatti afferma che anche in difetto di una esplicita disciplina le norme da applicare sarebbero quelle relative all’ordine pubblico e al buon costume.
La questione dello “statuto giuridico” dell’embrione libero (non solo) è quindi di rilevante importanza.
Qual’è allora il panorama italiano di fronte a tale discussione?
Siccome il nostro ordinamento, per quanto riguarada la tutela in generale, prevede una previa
distinzione tra le persone e le cose, la questione dell’embrione si pone, in termini generali, in questo modo: l’embrione è da ascriversi al regno degli oggetti o a quello dei soggetti di diritto?
Ultimamente poi cì’è chi parla di un tertium genus. ( Zatti 1990)
La prima ipotesi è fortemente minoritaria (Bianca 1976), e non impedirebbe comunque, anche se fosse ammessa, lo svilupparsi di una tutela giuridica proporzionata al valore della cosa (Zatti 1990).
La seconda ipotesi dà luogo alla grande distinzione fra i giuristi, tra chi sostiene che gli argomenti biologici e filosofici siano determinanti anche per il diritto (e iponendo anche agli embrioni la protezione riservata ai soggetti di diritto) e chi invece ritiene l’ipotesi sostenuta più da argomenti metafisici che da argomenti giuridicamente fondati.
I primi sostengono che l’individuo debba essere tutelato nel suo diritto all’esistenza (e correlati diritti come quello dell’integrità e non manipolabilità arbitraria del proprio patrimonio genetico) sin dal momento in cui sussiste la sua “natura umana”; essi ritengono che un concetto giuridico autonomo di vita prenatale “non potrebbe mai considerarsi proponibile, in quanto il diritto strumento di organizzzazione sociale, cadrebbe in un’insanabile contraddizione se volesse descrivere secondo esigenze precostituite la stessa realtà obiettiva sulla quale è chiamato ad incidere. Il concetto di vita umana preesiste alla elaborazione normativa e da quest’ultima non può che essere che recepito.4
I secondi, invece, assumono posizioni più frastagliate, per quanto tutti concordino nel ritenere che la “capacità di vita vita autonoma” e la “nascita” siano segni inequivocabili di quella “separabilità biologica dei destini” che dà pienezza giuridica al soggetto di diritto.
Tra questi molti si affannano nello stabilire un “tertium genus”.
Questa ipotesi intende elaborare una linea plausibile che porti ad “anticipare” per quanto è possibile la tutela giuridica dell’embrione, facendo assumere particolare rilievo all’ “accertamento” di una diversità qualitativa fra una vita umana non individuale e l’esistenza di un organismo individuale (biologicamente unico e inconfondibile) della specie umana. Tale criterio, per Zatti (1990), permetterebbe di affermare nell’ambito di un diritto abituato al sistema binario “persona”- “cosa”, la “tutela giuridica da attribuirsi alla vita umana non individuale”
In definitiva, chi milita da giurista in questa corrente di pensiero, non si sottrae alle suggestioni di un’etica del “consenso” (sostanzialmente utilitaristica) su determinate posizioni, rese necessarie, secondo il principio democratico di tolleranza, per il vivere comune.
Comunque un punto di incontro tra i seguaci dell’una o dell’altra linea di riflessione giuridica dovrebbe essere ricercato nello stesso art.1 della citata legge 194/1978, il quale a rigore configura le norme sull’interruzione volontaria di gravidanza come “eccezioni” rispetto al principio generale della tutela della vita umana “sin dal suo inizio”.
Si fà tuttavia osservare che a tale costruzione giuridica per essere completa, sotto il profilo della tutela, mancano due elementi fondamentali: il riconoscimento espresso dell’inizio della vita umana nel momento della fecondazione e la mancanza di ipotesi specifiche di divieto munite di corrispondente sanzione.
OFFLINE
06/01/2011 17:27
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Le ragioni della tutela:
Preliminarmente va osservato che una certa tutela potrebbe essere offerta al concepito, anche senza riconoscerlo titolare di diritti. Infatti la protezione potrebbe essere motivata da ragioni estrinseche al suo valore.
Così l’esigenza di combattere in una nazione il crollo della natalità e l’invecchiamento della popolazione può indurre a misure protettive della vita nascente, anche se a questa non è riconosciuta autonoma soggettività. L’’interesse protetto sarebbe quello delle generazioni complessivamente considerate.
Ma non ci si può fermare a ragioni estrinseche bisogna ravvisare la ragione della tutela nel valore autonomo dell’embrione umano. Per cui la domanda principale diventa chi (o cosa) è il concepito e soltanto dopo tale indagine, che verterà sulla qualità di “uomo”, cioè di essere appartenente alla specie umana che si potranno attribuire al concepito dei diritti, appunto, umani.
E’ evidente che questa indagine non rientra nell’ambito della nostra trattazione a noi ne spetta una di tipo giuridico, nella quale però potremo notare come i vari ordinamenti giuridici, il Parlamento Europeo, il consiglio d’Europa e la corte costituzionale non negano diritti alla vita nascente anche nella sua fase prenatale, prorio perchè l’embrione è un essere umano nella fase più giovane della sua esistenza.
I diritti dell’embrione:
Partiamo dalle leggi legalizzatrici dell’aborto volontario, sia in quella italiana come in quella francese non c’è il presupposto logico di negare l’identità umana del concepito, anzi vi sono talora impegni di “tutela della vita umana sin dal suo inizio” che, seppur non chiariscono la ragione della protezione mal si conciliano con la negazione di qualsiasi significato della vita concepita.
A questo riguardo è meritevole il giudizio che il Parlamento Europeo ha data sulla ratio delle varie leggi sull’aborto vigenti nei paesi associati nella C.E.E. Nei lavori preparatori della risoluzione A2.732/88 sulla fecondazione artificiale in vivo ed in vitro si legge che il presupposto delle varie
normative permissive “non è la negazione del valore dell’’embrione, ma la necessità di risolvere un conflitto tra l’interesse della donna e quello dell’embrione.
Ebbene l’’idea di conflitto presuppone l’esistenza di diritti in contrapposizione”.1
Anche se poi tale conflitto è risolto a discapito dell’embrione qui interessa rilevare che neppure le leggi legalizzatrici dell’aborto negano a livello esplicito l’esistenza di diritti del concepito.
Inoltre sempre a tal proposito possiamo ricordare le tre raccomandazioni del Consiglio d’Europa, la 934 del 1982, la 1046 dell’86 e la 1100 dell’89 che sono, tra loro, logicamente collegate.
Esse “considerando che fin dalla fecondazione dell’ovulo la vita umana si sviluppa in modo continuo, sicchè non si posono fare distinzioni durante le prime fasi (embrionali) del suo sviluppo” affermano che “l’embrione e il feto umano devono in ogni circostanza beneficiare del rispetto dovuto alla dignità della vita amana”.2
Che l’embrione sia titolare di diritti personalissimi, in primo luogo quello alla vita,costituzionalmente garantiti3 lo si evince anche dalle sentenze espresse dalla varie corti costituzionali europee che in vario modo sono state interpellate sull’aborto.
Sostanzialmente hanno scelto la linea ambigua di non negare tali diritti e tuttavia non censurare nel nucleo essenziale le varie leggi permissive.4
Tale obiettivo è stato raggiunto utilizzando per lo più argomenti di procedura. Tipica la decisione n.108/81 della Corte Costituzionale Italiana la quale, pur non dissolvendo i fondati sospetti di incostituzionalità della legge sull’aborto, ha richiamato l’art.25 della Costituzione che impedirebbe l’annullamento di una legge se da esso derivano conseguenze penali per i cittadini. Tale decisione, seppure ha stabilito una preclusione che rende difficile la rimozione dei dubbi di costituzionalità con gli strumenti processuali, tuttavia nega alla legge qualsiasi patente di costituzionalità5.
Più autorevoli dovrebbero essere considerate le risoluzioni del Parlamento Europeo A.2. 327/88 e A.2372/88 sui prblemi etici e giuridici della manipolazione genetica e sulla fecondazione in vivo e in vitro, approvate il 16 Marzo 1989. In esse è rilevante l’esplicita affermazione degli Stati di proteggere la vita umana fin dal momento del concepimento-fecondazione e l’attribuzione all’embrione dei diritti fondamentali, individuati nel diritto alla vita ed alla integrità fisica, nel diritto alla famiglia, nel diritto alla identità psichica e genetica6.
Da questi principi i due documenti fanno rilevare: in nome del diritto alla vita: il divieto di sperimentare sull’embrione, di usare tecniche che ne producono lo spreco, di produrre embrioni più di quanti ne siano inseriti nell’utero materno, di congelare le uova fecondate; in nome del dirittto alla famiglia: l’atteggiamento favorevole solo alla fecondazione artificiale omologa tra i genitori viventi, e il divieto del c.d. affitto di utero e della maternità di sostituzione; dal diritto alla identità: il rifiuto di tecniche che producono esseri identici o fecondazione tra specie e più generalmente gli interventi sulle cellule germinali che non siano strettamente riparatori di malattie genetiche specificatamente catalogate.

Intensità e modi della tutela:
Precisati così i diritti resta da stabilire quale sia l’intensità della tutela e quale debbano essere le modalità di essa.
Le esigenze pratiche della “manipolazione genetica” spingono alcuni a distinguere tra embrione e pre-embrione, in modo da escludere la tutela per il secondo. Il pre- embrione sarebbe il prodotto del concepimento fino al 14° giorno dalla fecondazione7.
E’ evidente che se la distinzione fosse accolta si darebbe via libera ad ogni sperimentazione (possibile di fatto finchè l’embrione può svilupparsi in provetta , cioè entro il termine indicato) e cadrebbero tutte le obiezioni inerenti allo spreco di uova fecondate. Di rimbalzo anche gli aborti precocissimi sfuggirebbero ai pur tenui limiti delle leggi legalizzatrici e rientrerebbero nello spazio concettuale della contraccezione.
Senonchè avendo dimostrato che le basi biologiche di tale distinzione sono irragionevoli, la distinzione si rivela una inaccetabile discriminazione.Ultimamente la Germania ha varato la legge 13/11/1990 sulla “protezione dell’embrione” che, non solo rifiuta la distinzione ma punisce penalmente chiunque provochi la morte di un embrione fuori dal seno materno e definisce embrione “ l’uovo fecondato con possibilità di sviluppo dal momento di fusione della cellule”(art.8).
Un’ altra discussione è incentrata sull’assolutezzza o relatività della tutela accordata all’embrione.
Ma la questione è mal posta, perchè in un certo modo, ogni tutela dei diritti è relativa. Lo stesso diritto alla vita di un uomo adulto ha una minor tutela in certi casi ( stato di necessità, legittima difesa, stato di guerra , pena di morte, etc). Il vero problema è di stabilire se i diritti del concepito non ancora nato debbano avere o no la stessa consistenza dei paralleli diritti riconosciuti al già nato.
Guardando più profondamente il problema può ammettersi nella dignità umana una gradazione?
Oppure tra l’uomo o la cosa si può ammettere un tertium genus, una sorta di “mezzo-uomo” o “più che cosa”.
Così impostato il problema la risposta non può essere che univoca. Ancora una volta non possono operarsi distinzioni che discriminano l’uomo. La dignità umana è tale che c’è o non c’è, ma non può ammettersi solo parzialmente.
Un’altro tentativo di ridurre la tutela all’embrione è operato ricorrendo al concetto di “persona”: la salute della donna che è già persona ha priorità rispetto all’embrione che persona deve ancora diventare. Non si capisce bene in che senso si parla di “persona”.
Nel suo significato giuridico è “persona ogni punto di riferimento di diritti. Se dunque all’embrione si riconosce il diritto alla vita deve, per logica conseguenza, riconoscegliersi anche la personalità giuridica.
Infine c’è il tentativo di ridurre l’embrione a “persona potenziale”8. Ma le sintetiche osservazioni sin qui fatte non consentono alternative. Se la persona è attualmente solo potenziale, vuol dire che non è persona, ma cosa. Poichè però l’embrione è un essere umano la questione resta quella della impossibiltà di distinguere tra esseri umani che valgono di più ed esseri umani che valgono di meno9.
Diverso è il discorso dei modi di tutela. Il diritto penale è solo una strumento, ma non l’unico e non è detto che sia il migliore o il più opportuno in rapporto alle contingenze storiche.
Obblighi possono essere stabiliti anche in sede extra-penale.
Vi è poi tutto il campo dell’educazione, dell’informazione, delle strutture di solidarietà. delle politiche fiscali, sanitarie, abitative,etc. Qui non si può dire altro se non che la chiarezza del valore dell’embrione e sui suoi diritti è indispensabile presupposto di una strumantazione di tutela che, pur nella variabilità delle forme, voglia essere univoca e non trasformarsi nel suo contrario.
Bibliografia
AA.VV., Identità e statuto dell’embrione umano, i n: “Medicina e morale” , n. 4 del 1989.

AA.VV., L’aborto nelle sentenze delle Corti Costituzionali, Ed.Giuffre, Milano,1976.

AA.VV., La tutela costituzionale della persona umana prima della nascita, Ed.Giuffrè, Milano 1997.

Basti G., Filosofia dell’uomo, ESD, Bologna, 1995.

Casini C. e Cieri C., La Nuova disciplina dell’aborto, Cedam, Padova 1978.

Casini C., Diritto alla Vita: La vicenda Costituzionale, Ed. Dehoniane, 1982.

Convegno internazionale per la bioetica,Identità e statuto dell’embrione umano, Roma 1996.

Eusebi L., Statuto giuridico e tutela penale dell’embrione umano, in: Aggiornamenti Sociali n. 5, 1989.

Flamigni c., Nuove acqisizioni in embriologia: lo sviluppo della struttura embrionale, in: Quale statuto per
l’embrione umano. Problemi e prospettive, Politeia, Milano 1991.

Ford N., Quando ho cominciato ad esistere, in: : Quale statuto per l’embrione umano. Problemi e prospettive, Politeia, Milano 1991.

Lauricella E., Embryo and pre-embryo, in: AA.VV., Tecniche di fecondazione assistita: aspetti etici e giuridici, Ed. Riviste scientifiche, Firenze 1990.

Mori M., il feto ha diritto alla vita?, in AA.VV., il Meritevole di tutela, Ed. Giuffre 1990.

Parlamento Europeo (a cura), Considerando. Risoluzione A2-372/88.

Parlamento Europeo, Problemi etici e giuridici della Manipolazione gene e della Fecondazione artificiale Umana, ufficio pubblicazioni ufficiali delle Comunità Europee,1990.

Reich W. I. (ed.), Encyclopedia of Bioethics. New York: The Free Press, 1978, vol. I. p. XIX.

Romano C. - Grassani G.., Bioetica, UTET, Torino,1995.

Serra A., Per un’analisi integrata dello status dell’embrione umano: alcuni dati dell’embriologia e della genetica, in Biolo S., Nascita e morte dell’uomo: problemi filosofici e scientifici della Bioetica, Marietti, Genova 1993.
Sgreccia E., Bioetica, Ed. Vita e Pensiero, Milano 1986.

Sgreccia E.. F ondamenti ed etica biomedica. Manuale di Bioetica. Milano: Vita e Pensiero, 1991.

Sgreccia E., Bioetica. Manuale per medici e biologi, Vita e pensiero, Milano 1987.

L’identità Biologica Dell’embrione 2
Identità filosofica dell’embrione umano 11
Identità Giuridica Dell’Embrione 22
Bibliografia 31
OFFLINE
13/06/2012 23:51
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Rimane il divieto della eterologa, ma avanza il relativismo giuridico

 

di Aldo Vitale*
*ricercatore in filosofia e storia del diritto

 

Lo scorso 22 maggiola Corte Costituzionale, adita per giudicare della legittimità costituzionale del comma terzo dell’art. 4 (“E’ vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo”) della legge 40/2004, ha restituito la questione e gli atti ai giudici ( di Firenze e di Catania ) che avevano sollevato i dubbi di costituzionalità della norma in questione.

Bisogna cominciare dall’inizio, cioè dallo statuto etico-giuridico dell’embrione, i diritti del quale sono positivisticamente tutelati proprio dall’art. 1 della legge 40/2004 disciplinante le tecniche di PMA, e che oltre ad essere oramai riconosciuto come ente autonomo dalla genetica e dall’embriologia, è anche tutelato nell’ambito etico-giuridico come qualcosa di più di semplice materiale organico. Del resto, lo stesso Comitato Nazionale perla Bioetica si è espresso in questo senso, cioè nell’obbligo di osservare la posizione giuridica ed etica dell’embrione, già con il suo parere del 1996.

Osserva sul punto il costituzionalista americano dell’Università di Princeton Robert George che «l’adulto che oggi siamo è lo stesso essere umano che, in una fase precedente della propria vita, era un adolescente e prima ancora un bambino, un neonato, un feto ed un embrione.[…] Un embrione umano non è qualcosa di diverso, nella specie, da un essere umano, come lo è una roccia, una patata o un rinoceronte. Un embrione è un individuo umano nel primissimo stadio del suo sviluppo naturale.[…] Le fasi embrionale, fetale, neonatale, infantile ed adolescenziale sono esattamente questo, fasi nello sviluppo di una determinata e perdurante entità ( l’essere umano ) che nasce come organismo monocellulare ( zigote ) e si sviluppa, se tutto va bene, fino alla fase adulta molti anni dopo».

Tutto ciò premesso, da costituire parte integrante e punto fermo e fondamentale per ogni ulteriore considerazione, per mezzo della recente decisionela Corte Costituzionale non ha eliminato il divieto di procreazione eterologa, richiamandosi alla sentenza della Grande Chambre della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del novembre del 2011 con cui fu dichiarato legittimo l’analogo divieto di procreazione eterologa posto dalla legge austriaca in quanto, secondo la toga europea, esso era in linea con le tradizioni culturali ed etiche dell’Austria e poiché in simili questioni deve sempre essere riconosciuta la autonomia dei singoli Stati per legiferare.  Tuttavia la decisione recente della Corte Costituzionale è in sostanza una decisione che scontenta tutti in quanto si fonda su una pronuncia, quella europea, che è fondata più su motivi ideologici e politici che su salde fondamenta giuridiche.

Essendo resa la decisione della CEDU volatile dalla insostenibile leggerezza del relativismo giuridico che la struttura visceralmente dall’interno ( in sostanza: ogni Stato faccia come crede perchè ci sono tanti buoni motivi per ammettere l’eterologa, quanti buoni motivi per vietarla, o meglio non ci sono motivi sufficienti né per ammetterla, né per negarla ), la pronuncia della Corte Costituzionale che ad essa si riferisce non può che essere contagiata dallo stesso esiziale morbo, cioè l’incapacità di trovare una ratio juris, di carattere eminentemente gius-filosofico, della norma che consente o vieta la procreazione eterologa. Per questo sarà molto probabile che nei prossimi mesi o anni la norma tornerà all’attenzione delle toghe nazionali.

Ma proprio a questo punto si giunge al punctum dolensChi sostiene la legittimità della eterologa, ritiene, in sostanza, che essa rappresenti un bene in quanto si concede l’occasione ad una coppia, altrimenti impossibilitata, di avere un figlio (pur non rendendosi conto della contraddizione interna di un simile ragionamento, poiché ricorrendo ad un donatore di ovulo o di sperma, il figlio non sarà mai effettivamente ed interamente della coppia sterile o infertile, ma di uno dei due componenti della coppia e del terzo donatore).Chi sostiene la illegittimità giuridica ed etica, invece, sottolinea che il problema della soddisfazione di un desiderio di genitorialità non può tradursi in una pretesa giuridica alla genitorialità, cioè in un diritto alla genitorialità, o meglio, in un diritto al figlio, poiché se un tale diritto fosse davvero configurabile, soggetto del diritto sarebbero i genitori (e si dovrebbe avere la capacità di considerare sempre e di superare l’antinomia già delineata sul ruolo genitoriale), ma oggetto del diritto sarebbe il figlio.

Una elementare cognizione dei più rudimentali principi di filosofia morale dovrebbe già lasciar trasparire la difficoltà insita nel considerare un soggetto (il figlio) come un oggetto dei diritti di altri soggetti (i genitori). Non occorre scomodare la solida tradizione illuministica dell’etica kantiana (quella per cui l’umanità degli altri deve essere considerata sempre come fine e mai come mezzo), per comprendere che un ente o è oggetto o èsoggetto di diritti. A ciò aggiungasi che la natura del diritto non consiste nella mera legalizzazione dei desideri dei singoli o nella mera copertura formale delle istanze sociali storicamente determinate; il diritto esprime ciò che è giusto, cioè ciò che è razionale: e, come si evince, non è razionale, poiché non è logicamente componibile nella sua insanabile contraddizione, trattare un soggetto (il figlio) come un oggetto (dei desideri dei propri genitori).

Se così non fosse perché non riammettere la schiavitù? Perché celebrare la shoah? Perché punire la tratta di essere umani? Perché vietare in tutta Europa la maternità surrogata a pagamento? Perché considerare tante condotte umane (la prostituzione, la compravendita dei voti, la compravendita degli organi umani, l’omicidio rituale, lo sterminio economicamente giustificato e pianificato, il sacrificio umano, solo per fare qualche esempio) eticamente e giuridicamente illegittime? Il divieto di procreazione eterologa, allora, trova una sua più profonda e più umana, cioè più etica e razionale, giustificazionenell’impossibilità di trattare una persona, a prescindere dal suo stadio di sviluppo, dalla sua posizione sociale o economica, dalla sua stessa concezione della vita e del diritto,come un mero oggetto per la soddisfazione dei desideri o delle necessità altrui.

Ecco allora che quanti sostengono il diritto al figlio non colgono il rischio di stravolgere il senso stesso del diritto, di usarlo contro il figlio, cioè di negare, in definitiva i diritti del figlio stesso. Tramite una traballante e scricchiolante giurisprudenza europea e nazionale, di merito e costituzionale, esplode il paradosso notato dal filosofo Marcel Gauchet: il desiderio del figlio, si trasforma nel figlio del desiderio; dalla intuizione di Gauchet deriva per incoercibile necessità logica che in brevissimo tempo il diritto al figlio dia vita al figlio di diritto, tramutandosi infine nella negazione dei diritti del figlio. Una metamorfosi che destruttura e disintegra il ruolo, l’identità e la natura di tutti i soggetti coinvolti (non esclusi i medici) e, soprattutto, del diritto che alla fine non esprime più il giusto, ma soltanto il desiderato (a prescindere dalla sua ragionevolezza o razionalità).

In conclusione, per scoprire e comprendere la ratio juris del divieto di procreazione eterologa e per diagnosticare l’anemia giuridica e la distonia etica di molte decisioni giurisprudenziali pur di alto grado giurisdizionale, occorre tener presente ciò che aveva già intuito Emmanuel Mounier, per il quale «la persona è la gratuità stessa».

 

OFFLINE
23/10/2012 21:30
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Premio Nobel a Yamanaka
e continui successi con le staminali adulte

Le cellule staminali pluripotenti indotte (iPSCs) sono state prodotte per la prima volta nel 2006 dal gruppo del professor Shinya Yamanaka dell’Università di Kyoto, vincendo i premi Wolf e Nobel  per la medicina. Sono cellule staminali pluripotenti artificialmente derivaste da una cellula non-pluripotente – in genere una cellula somatica adulta, ad esempio della base dell’epidermide – forzando l’espressione nel fenotipo di specifici geni.

Queste metodiche hanno l’indubbio vantaggio etico di ottenere cellule staminali senza sacrificio di embrioni umani; inoltre, poiché sono tratte dal paziente stesso, non danno problemi di immunizzazione e rigetto ed appaiono quindi assai promettenti.

 Le applicazioni terapeutiche che già sono state proposte e testate con successo in animali di laboratorio sono parecchie: la sclerosi laterale amiotroficala degenerazione maculare ed altre malattie della retina che causano cecità, gravi malattie degenerative del sistema nervoso centrale come l’Alzheimer e il Parkinson, danni al tessuto miocardico in seguito ad infarto,  diabete insulino-dipendentefratture osseeartriti post-traumaticheper citare solo le più recenti apparse.

Altre cellule simili e molto promettenti sono quelle tratte dalla vena del cordone ombelicale al momento della nascita: secondo la scelta della partoriente, esse possono essere donate oppure conservate allo stato congelato in vista di eventuali futuri problemi di salute del bambino .

Il “babbo” delle cellule iPSCs professor Yamanaka, neo premio Nobel per la Medicina, è molto ottimista circa l’applicabilità concreta di queste terapie: «Unn grande problema che riguarda le staminali embrionali è che vengono prodotte distruggendo gli embrioni.Credo che le cellule iPSCs che ricaviamo dalle cellule somatiche sostituiranno le embrionali appena sarà accertata la loro sicurezza». E concludendo: «Ho avuto l’onore di incontrare il Papa nel 2008 e ho avuto alcune possibilità di discutere delle mio lavoro anche con ricercatori della Pontificia Accademia delle Scienze. Indubbiamente la tecnologia basata sulle Ips può aggirare la controversia sulle staminali embrionali».

Linda Gridelli

[Modificato da Credente 23/10/2012 21:32]
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 22:40. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com