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FIGLIO D'UOMO E FIGLIO DI DIO

Ultimo Aggiornamento: 14/01/2022 10:58
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11/07/2019 20:56
 
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DIALOGO SULLA DIVINITA' DI CRISTO

Matteo 14,33. E quando furono saliti sulla barca, il vento cessò. Allora quelli ch'erano nella barca LO ADORARONO dicendo: VERAMENTE TU SEI IL FIGLIO DI DIO.

Il Signore condusse Pietro alla barca, e mentre essi vi entravano, il vento che fino allora aveva imperversato, cessò immediatamente. I discepoli rimasti a bordo «più che mai sbigottirono in loro stessi»; e Marco ci narra che essi si prostrarono innanzi a lui ADORANDO (l'originale greco riporta il verbo "προσκυνήσῃς"=adorazione).

Questo loro atto ci permette di dedurre cosa essi intendessero dicendo: «Veramente tu sei il Figlio di Dio!»

Lo stesso verbo si incontra in Atti 10,25 in cui si dice che:Mentre Pietro stava per entrare, Cornelio andandogli incontro si gettò ai suoi piedi per adorarlo.

Ma in tal caso Pietro opportunamente rifiuta tale atto dicendo al verso 26: «Alzati: anch'io sono un uomo!».

Possiamo quindi capire che gli apostoli fecero verso Gesù proprio la stessa cosa che fece Cornelio nei confronti di Pietro, ma mentre Pietro, giustamente riprese Cornelio, Gesù invece non riprese i suoi apostoli per essersi prostrati in adorazione davanti a Lui.

Il che significa che Egli, in quanto vero FIGLIO DI DIO, è della stessa natura del Padre, e quindi l'adorazione che fanno verso di Lui gli apostoli è del tutto opportuna.

Lo stesso verbo si incontra in Mat.28,17 in cui gli apostoli vedono Gesù dopo la sua resurrezione: ...E, vedutolo, l'ADORARONO;

Purtroppo ogni volta che il verbo originale "προσκυνήσῃς" si riferisce a Gesù, la wt traduce molto riduttivamente "resero omaggio", mettendo Gesù alla pari con chiunque altro a cui si voglia dare un po' di onore.

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iNTERLOCUTORE  non credente

Westcott-Hort riporta προσεκύνησαν come rendere omaggio, prostrarsi.
Il Thayer Lexicon riporta προσεκύνησαν come "inginocchiarsi e toccare terra con la fronte", oppure "inginocchiarsi per rendere omaggio".
Il Liddell-Scott riporta adorazione verso una 
divinità o sottomissione/prostrazione/rendere omaggio verso un re o un superiore (interso come essere non divino).
Alla fine dei conti la polisemia del termine consente di renderlo anche con "rendere omaggio" senza per questo effettuare una traduzione errata. Come spesso accade con il testo biblico, le confessioni religiose impostano le traduzioni attingendo da questa o quella accezione del singolo termine, a seconda delle proprie intenzioni teologiche. Per la Cei chiaramente conviene di più tradurre con "adorare", mentre alla WT conviene tradurre con "rendere omaggio". Di fatto nessuna delle due effettua una traduzione errata dal punto di vista lessicale. Riguardo al termine "figlio di Dio", nella mentalità semitica non significa necessariamente l'essere divino (soprattutto non un essere al pari di Dio) ma, molto più spesso, indica un prediletto di Dio, un unto, ecc. Israele è figlio di Dio e, soprattutto, il re messianico è figlio di Dio, ma sempre e solo un uomo. E' in questo contesto che andrebbe riportata l'espressione "figlio di Dio" usata nei testi greci, ricordando cosa significava nell'uso comune per gli autori di quell'epoca.

Credente:

Quindi Pietro, quando Cornelio fece davanti a lui l'atto del "προσεκύνησαν", poteva anche non rifiutare. Non ti pare strano che anche in Apoc 19,10 e 22,8 il veggente venga messo bene in guardia dal fare lo stesso gesto del προσεκύνησαν in quanto atto di adorazione che si sarebbe dovuto rivolgere solo a Dio?. Possibile che solo per Gesù lo stesso gesto avrebbe dovuto avere, nello stesso linguaggio biblico, una diversa e molto più riduttiva accezione? Anche se un termine potrebbe avere più di un modo per poterlo tradurre, ti sembra normale che lo si possa tradurre a proprio tornaconto proprio nei punti scomodi, come fa la wt? Si tenga anche presente che nel 1967 anche la wt traduceva Eb 1,6 con "tutti gli angeli LO ADORINO" riferito a Gesù.
Per quanto riguarda il "Figlio di Dio", come mai il sinedrio condannò Gesù proprio per questo termine che Egli si attribuiva, visto che poteva essere inteso in modo tanto generico come tu dici?


Non credente:

Pertanto è il contesto che determina il significato, o meglio, l'accezione. Nel caso delle traduzioni teologicamente schierate, la Cei sceglie un'accezione, assumendo a prescindere un contesto teologicamente ispirato (divinità di Cristo), mentre la TNM sceglie ovviamente l'altra (sintatticamente valida) accezione, assumendo teologicamente che il contesto fosse diverso, ovvero che Gesù non sia Dio e quindi non venga adorato ma riverito. Ti linko il Thayer https://www.bibletools.org/.../Lex.../ID/G4352/proskuneo.htm
Su "figlio di Dio", l'espressione non è generica, o almeno non più di qualunque altra. Se consideri che il termine elohim in ebraico non indica esclusivamente Dio, ma anche governanti umani, legislatori e personalità di spicco, diventa chiaro come anche l'espressione "ben elohim" possa assumere diverso significato, ma, nella cultura giudaica biblica, non assume mai il signficato di "equivalente a Dio". Siccome gli autori, o quantomeno i personaggi del NT, avevano una mentalità giudaica, è alquanto difficile sostenere che per loro l'espressione "figlio di Dio" significasse "pari a Dio". Appare quindi chiaro il perchè le autorità giudaiche considerassero al pari della blasfemia il fatto di proclamarsi "figlio di Dio", inteso come il re messia atteso dai giudei da secoli.

Credente:

immaginavo già la tua risposta. Però c'è un altro fattore da considerare e che è fondamentale. La trasmissione e l'interpretazione costante della comunità cristiana nel quale il Testo è nato e vissuto. Non è che la Cei dopo 2000 anni, ha reputato "conveniente" questa traduzione, ma lo fa in quanto il senso da dare a quel termine è quello che gli è stato a partire dai primi cristiani. I vocabolari possono anche riportare più significati, ma quello che ha importanza è anche la ptramissione della traduzione, che non si può ribaltare a piacimento solo perchè esistono vari modi per tradurre una parola scomoda e si va a scegliere dopo 2000 anni quello che fa al proprio caso.

non credente:

Non si tratta di "ribaltare a piacimento". Tu stesso parli di "interpretazione costante", e si tratta di una interpretazione successiva agli eventi e ai personaggi di cui raccontano i Vangeli. Il significato più attendibile non è quello assunto successivamente secondo una traduzione posteriore...il significato più attendibile, quantomeno da un punto di vista filologico, è quello che verosimilmente i personaggi nel loro tempo adottavano. Se, ad esempio, io sono un autore che scrive nel 1800 e utilizzo la parola "fico", ad esempio scrivendo (nel mio intento di autore della mia epoca) "io sono un fico"....sto facendo, per motivi poetici, un'analogia con un albero. Io lettore che studio quel testo nel presente, so bene che "fico" può significare anche qualcosa di bello, di divertente, ecc... Pertanto, nel fare l'analisi di quel testo, prenderò in considerazione cosa "fico" voleva dire all'epoca dell'autore, oppure riterrò che tale termine volesse indicare l'uso moderno del termine, ovvero che l'autore è un tipo tosto, alla moda, ecc? Chiaramente utilizzerò il primo metro di valutazione.

credente:

riferisce Gv. 5,18 e 10,33: " I giudei cercavano di ucciderlo perchè chiamava Dio suo Padre, FACENDOSI UGUALE A DIO". Per questo motivo fu condannato a morte non per essersi fatto messia. Di pretesi "messia" ce ne furono tanti ma nessuno mi risulta essere stato condannato da sinedristi per tale motivo. Mentre ciò che scatenò la condanna fu il titolo di Figlio di Dio, e i sinedristi sapevano ben distinguere il senso metaforico da quello reale del termine.

non credente:

Correggimi se sbaglio, ma Giovanni è l'unico a sostenere che Gesù si facesse uguale a Dio... Questa informazione fondamentale, traspare anche dai sinottici? Nei sinottici, nel sinedrio si parla di Gesù che si fa "Cristo, il figlio di Dio benedetto". Cristo arriva dal termine mashiach , che nella cultura giudaica indicava un unto, e, in termini più specifici, il re messia terreno...

credente:

 Io parlavo del senso che la comunità cristiana ha sempre attribuito, sin dagli inizi al termine in questione rendendolo poi costantemente come sin dalla patristica ci è stato trasmesso. Insomma, voglio dire che una traduzione biblica, quando sono possibili più modi per tradurre, va preferito necessariamente il senso trasmesso costantemente ad un termine in un determinato versetto biblico.

continua...






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