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CONOSCERE L'AZIONE DEL MALIGNO PER DIFENDERSI

Ultimo Aggiornamento: 07/12/2022 15:52
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23/02/2010 21:47
 
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Terapia
Una volta accertata l'esistenza di un maleficio, o perché l'operatore ha confessato il suo crimine e l'effetto della fat­tura è manifesto, o perché il disturbo è inspiegabile, per es. una malattia resiste ad ogni cura perché non si conosce l'origine e si è fondato motivo per credere che ci sia di mezzo un maleficio, allora bisogna ricorrere ad una terapia.
La terapia soprannaturale è giustificata dal fatto che nel maleficiato opera, almeno mediante, cioè a mezzo della fattura, lo spirito maligno, il quale sostiene e alimenta il disturbo (per es. la malattia) e produce inoltre alcuni fenomeni tipici degli infestati e degli ossessi.
La preghiera di liberazione, ripetuta più volte, ha una sod­disfacente efficacia e blocca il disturbo o attenua i sintomi del male; scioglie inoltre molte legature. Nei casi più resistenti biso­gna ricorrere all'esorcista.
Più facile la liberazione con preghiera nei casi di maleficio semplice, senza fattura materiale, come nell'attacco psichico, sferrato da una persona che concentra il suo odio distruttivo, la sua rabbia o altro sentimento nel suo spirito e poi lo lascia flui­re sull'oggetto (un individuo, una cosa).
La terapia naturale consiste nella distruzione della fattura a cui è legato il maleficio o della formula magica con cui si è fatta una legatura.
Se la fattura è un cibo o una bevanda somministrati al maleficiato, questi vengono spesso rimessi nel corso della preghiera; se invece è un oggetto, questo va ritrovato e distrutto.
Quando si tratta di sciogliere un maleficio, è lecito chiedere lo scioglimento a chi lo ha fatto o consultare altra persona esper­ta in questo affare.
Non è però opportuno, come sostiene invece un autore peraltro molto apprezzato (Balduccí, Gli indemoniati, p. 572) rivolgersi ad uno stregone per togliere un maleficio, sia perché potrebbe farlo con un altro maleficio, sia perché in ogni inter­vento del genere non si usano sempre mezzi naturali.
Vale sempre la norma dettata dalla Chiesa di non ricor­rere ai maghi: « caveat ne ob hoc (maleficium) ad magos, vel ad sagas, vel ad alios, quam ad Ecclesiae ministros confugiat » (Rit. Rom. XII. c. t. 8).

11. Possessione diabolica
Per completezza, diciamo qualche cosa della possessione diabolica, che quando è piena rappresenta l'ultimo grado del dominio di Satana nell'uomo.
Nella possessione il diavolo può esercitare una attività in una parte del corpo, in una sfera particolare (possessione par­ziale o ossessione), e può esercitare la sua attività in tutto il corpo, senza peraltro possedere lo spirito (possessione piena).
L'unione con l'uomo è evidentemente estrinseca. Egli pe­netra ed esce a suo piacimento, per cui il paziente ha momenti o periodi di remissione del suo male. Ma quando il demonio è attivo, egli « si sostituisce alla forza direttiva dell'anima, dopo averla con violenza brutale ridotta impotente, e così da padrone dispotico opera in quel misero corpo a suo piacimento » (Bal­ducci, Gli indemoniati, p. 36). « Nel posseduto quindi è il diavolo che agisce, non più l'individuo, divenuto uno strumento cieco, docile, fatalmente obbediente, incapace di reagire alla forza maggiore che l'opprime » (Balducci, o. c., p. 37).
Tuttavia, se la persona è in grazia di Dio, permane in essa la inabitazione della SS.ma Trinità, anche negli arnesi diabolici.
Che il diavolo possa giungere a tanto ce lo documenta il Vangelo, come negli episodi dell'indemoniato di Gerasa, pos­seduto da Legione, e del fanciullo epilettico (Mc. 9,14-29). E ce lo documentano numerosi casi, di cui qualcuno sperimen­tato personalmente.
L'indemoniato presenta fenomeni caratteristici di ordine psichico, di ordine metapsichico, e di ordine spirituale.
La fenomenologia psichica rassomiglia molto a quella de­gli ammalati psichici, per cui occorre molto discernimento.
Questi disturbi si spiegano col fatto che le anomalie pro­dotte negli organi con la presenza maligna determinano squi­libri nell'esercizio della facoltà dell'anima, nella percezione, nella conoscenza, nella volizione.
Ma analoghi disturbi ritroviamo nei quadri clinici di molte malattie neuropsichiche. Disturbi allucinatori (allucinazioni esterne della vista, dell'udito, del tatto, allucinazioni cenestetiche e allucinazioni psichiche con presenze di oggetti ó di persone estra­nee) troviamo nella psicastenia, nell'isterismo, ecc. Disturbi im­pulsivi (atti sconnessi o coatti, attentati sessuali o suicidi, la­cerazioni, morsi ecc.) troviamo nell'epilessia, nella schizofrenia, ecc. Idee deliranti (deliri di esaltazione, di depressione, deliri di colpa, deliri di accusa) troviamo nella paranoia e in altre psicosi maniaco-depressive.
Solo l'esame anamnestico e diagnostico, fatto possibilmen­te da un medico specialista, può orientarci sulla naturalità o pre­ternaturalità dei predetti disturbi. E diciamo subito che non sono tanto i disturbi che debbono metterci in allarme sulla possibile presenza diabolica, quanto le modalità con cui essi si manifestano e la correlazione con altri dati già acquisiti.
La fenomenologia metapsichica, così detta perché presenta analogia con i fenomeni paranormali che si verificano talvolta in alcuni soggetti, naturalmente, accompagna gli stadi più acuti del male.
Si tratta di fenomeni di chiaroveggenza, di psicometria, di telecinesi. Il posseduto mostra di conoscere cose occulte o lon­tane, di sapere fatti e circostanze della vita delle persone pre­senti; mostra la capacità di spostare gli oggetti da un punto al­l'altro, di prendere posizioni strane e mirabolanti; sviluppa tal­volta una forza superiore alle sue condizioni fisiche, ecc.
Questi fenomeni, presi in sé isolatamente, non dimostrano la presenza diabolica. Ma quando sono molti e rivelano dietro le quinte un essere intelligente che manovra a suo piacere, e varia i segni senza un nesso di consequenzialità, allora noi legit­timamente possiamo orientarci per una possessione diabolica.
I fenomeni di ordine spirituale sono:
a) L'avversione al sacro. Il posseduto dimostra uno spicca­to senso di avversione alle cose sacre, al nome di Gesù e di Maria, ai segni sacri, alle reliquie dei santi, agli Agnus Dei e ai crocifissi; talvolta avversione ad entrare in chiesa o ad assi­stere ad azioni liturgiche, alla recita delle preghiere.
Questa avversione non si nota sempre, anche nei casi ac­certati, ma è molto frequente ed ha una sua precisa tonalità, che la distingue da altra avversione al sacro o al fastidio per la preghiera che notiamo in alcune persone isteriche.
b) La vocazione al male. Il diavolo vuole sempre il male, o di ordine mentale (errore, menzogna, aberrazioni di idee) o morale (peccato, perversione, distruzione della personalità). Nell'indemoniato notiamo i segni di questa attività nascosta di Satana; quando questi segni mancano, o non c'è vera posses­sione, ovvero la possessione non è maligna e pericolosa.

Anche nel corpo il diavolo possidente lascia dei segni, che gli esperti riconoscono a prima vista.
È possibile una presenza demoniaca limitata ad un sem­plice disturbo fisico?
Sì, è possibile, ma si tratta sempre di possessione parzia­le. Direi che è più frequente di quanto non sembri, sebbene sia difficile averne la sicurezza.
Si tratta di malattie restie ad ogni cura, di disturbi molesti resistenti ad ogni terapia, che logorano la persona e la rovinano anche economicamente. Queste possessioni parziali vanno però in gran parte ricollegate ai malefici, a pratiche magiche e simili.
Dei segni che la Chiesa dà, nel Rituale Romano, per rico­noscere la possessione diabolica daremo un accenno parlando del discernimento, ma di sfuggita, perché questo libretto non è un manuale per esorcisti.
Le tentazioni di Gesù nel deserto
« Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato qua­ranta giorni e quaranta notti, ebbe fame.
Il tentatore allora gli si accostò e gli disse:
« Se sei Figlio di Dio, di' che questi sassi diventino pane ».
Ma egli rispose: "Sta scritto:
Non di solo pane vivrà l'uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio".
Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa,
lo depose sul pinnacolo del tempio e gli disse:
"Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto:
Ai suoi angeli dà ordini al riguardo,
ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede".
Gesù gli rispose: "Sta scritto anche:
Non tentare il Signore Dio tuo ".
Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un mon­te altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse:
« Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai ».
Ma Gesù gli rispose: "Vattene, satana! Sta scritto:
Adora il Signore Dio tuo
e a lui solo rendi culto".
Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si acco­starono e lo servivano.
MATTEO 4,1-11



II - IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE

1. Conoscenza delle posizioni nemiche: il discernimento

È di somma importanza, prima di intraprendere una pre­ghiera di liberazione, conoscere su quale piano ci moviamo; cioè è necessario sapere:
a) se veramente la persona è sotto l'influsso del maligno ed ha perciò bisogno di liberazione;
b) in caso affermativo, quali demoni sono in attività e a quali livelli operano;
c) se è opportuno, nelle circostanze concrete, procedere alla preghiera di liberazione o consigliare altri mezzi.
Il discernimento degli spiriti, se è un dono carismatico (1 Cor. 12,10) utile all'esercizio di ogni mistero, perché ci fa cogliere il « vero di Dio » in ogni situazione di fatto o in ogni progetto o anche in una semplice ispirazione, nel ministero della liberazione è di somma utilità per il prezioso contributo che offre alla conoscenza del nemico che vogliamo combattere.
Il danno di una preghiera di liberazione, e tanto più di uno scon­giuro, fatto senza discernimento, può essere rilevante.

Il discernimento di cui parliamo non è da confondersi con l'intuito naturale di cui sono dotate alcune persone, che in una situazione ti spaccano il capello e colgono l'essenziale dal mar­ginale. Anche questo è un dono che può essere coltivato con l'uso, con l'ausilio del raziocinio e delle scienze umane, e può prestare un prezioso aiuto quando manca il dono del discer­nimento.
Non è neanche da confondersi con un altro dono naturale, che hanno alcuni sensitivi, di cogliere gli influssi negativi in un ambiente, in una persona, e da questi risalire alle fonti di emana­zione; talento anche questo molto utile che, usato con pruden­za soprannaturale, può rendere un buon servizio in alcune fasi della preghiera.
Il discernimento è una « luce » particolare che ci fa vedere in Dio come stanno le cose. Una « luce pregata » che si ottiene in preghiera e si esercita in preghiera; un dono dato da Dio agli umili e ai puri di cuore in una comunità orante, e che va usato comunitariamente con l'ausilio degli altri, con il confronto della parola divina e il senso della fede. Allora diventa anche un'arte umano-divina, perché si serve di criteri acquisiti attra­verso i dati rivelati e l'esperienza.
La prima cosa che bisogna fare, quando un fratello chie­de la preghiera di liberazione, è informarsi su di lui, guardarlo nella luce del Signore, e iniziare - in disparte se lo desidera - un dialogo con lui per avere un quadro generale della situa­zione, attraverso l'anamnesi personale, familiare, ambientale, anche se non approfondita.
Il primo punto da stabilire è l'origine naturale o preter­naturale dei disturbi, sofferenze e anomalie che il fratello accusa.
La maggior parte delle persone sofferenti che vengono a chiedere la liberazione sono affette da disturbi neuropsichici, e buona parte è passata, oltre che dai medici, da maghi e guaritori.
Bisogna allora assodare ciò che è semplicemente un di­sturbo naturale e ciò che, eventualmente, è da attribuire ad una infezione per pratiche magiche.
L'esperienza ci insegna che tante persone sono semplice­mente spaventate di avere in corpo qualche diavolo o di essere vittime di fatture. E una volta che sono rassicurate che non hanno diavoli e che non sono state fatturate, i disturbi si dileguano e tornano ad una vita tranquilla.
Tante volte si tratta di persone affette da nevrosi ossessive, somatizzate, di depressi psichici, ansiosi, angosciati, che attri­buiscono tutti i dolori e tutte le ansie al diavolo; con una buona preghiera di lode e di conforto si sentono rianimate, acquistano fiducia, escono dalla loro angoscia, e si avviano verso la guarigione.
Altre volte invece si tratta di persone isteriche. L'isteria in tutte le sue forme presenta dei disturbi e dei fenomeni che simulano bene i disturbi e i fenomeni dell'infestazione diabolica e anche della possessione parziale. Bisogna aver presenti i quadri clinici delle forme isteriche per non cadere in abbagli:
a) la sintomatologia psichica con i disturbi della sfera affettiva (depressione, eccitamento isterico) e della sfera della coscienza (letargia o sonno isterico, stati crepuscolari, sdoppia­mento della personalità, allucinazioni visive, auditive, sessuali,
deliri, ecc.);
b) la sintomatologia somatica, con i disturbi motori (pa­ralisi parziali, contratture spesso ad arco, ecc. ), disturbi sen­soriali (anestesie e, iperestesie, chiodo isterico sulla testa, bolo isterico o corpo estraneo che si muove all'interno), disturbi neu­rovegetativi e viscerali (febbre, pallore, rossore, dermografismo. spasmi, dolori intestinali, palpitazioni di cuore, vaginismo, pru­rito, sbadigli, ecc.).
È vero che a sostenere queste forme di isterismo può en­trare il maligno, ma questo va visto non tanto nei disturbi, nelle manifestazioni, quanto nei gangli vitali più profondi, nella sfera della mentalità e della affettività lese e portate a minare, ad esaltarsi, a ripiegarsi, a mettersi al centro dell'attenzione.
Comunque il trattamento spirituale degli isterici non è facile, né scevro da pericoli; e la preghiera di liberazione può attenuare il male, cacciando quel tanto di influsso del maligno che si è potuto insinuare e anche fissare, ma non risolverlo del tutto.
Le persone che sono passate per le mani di maghi e gua­ritori, quelle che effettivamente sono state oggetto di maleficio, hanno frequentato sedute spiritiche o corsi di pratiche esote­riche, vanno sottoposte ad attento esame, portando il discer­nimento sui seguenti punti di anamnesi:
a) pratiche occulte, personali o familiari, soprattutto su magie, spiritismo, divinazione;
b) frequenza di sette esoteriche e iniziazione a pratiche yogistiche di conoscenza trascendentale, concentrazione sull'ar­cano ecc.;
c) esperienze alienanti con droga, alcool e farmaci alle­nanti;
d) depravazioni sessuali di ogni specie, escluse le rela­zioni normali;
e) traumi psicoaffettivi dell'infanzia, adolescenza, età adulta.
La scoperta di uno o più elementi di questa anamnesi non significa infestazione diabolica. La sensibilità alle infestazioni maligne varia in larga misura, secondo la costituzione, la spi­ritualità della persona, l'ambiente in cui è vissuta.


2. Problema delle presenze

Un punto difficile di diagnosi restano sempre le presenze estranee che si autorivelano. Anche sotto il profilo teologico la questione non si può dire risolta.
Nel corso della preghiera si presentano delle entità, le più diverse, come talvolta avviene nelle sedute spiritiche. Par­lano in lingua volgare, nel dialetto del luogo o in altri dialetti, spesso in lingue, francese, inglese, tedesco, giapponese, arabo, qualche volta correttamente, più spesso approssimativamente. Le entità si qualificano come persone morte, di epoca recente o anche antica, in incidenti di strada o di lavoro, più spesso uccise. Appartengono alle più disparate categorie sociali, pro­fessionisti, operai, commercianti, casalinghe, pastori, contadini, soldati, preti, frati, suore.
Narrano i particolari della loro vita prima della loro morte violenta, dando le loro generalità, che tante volte alla verifica ri­sultano vere, altre volte invece false.
Alcuni di questi « individui » sono entrati spontaneamen­te, altri sono stati mandati, o per fare del male o per proteg­gere una persona. Alcuni si mostrano cattivi, pieni di livore e di odio, altri invece si mostrano buoni, religiosi, credenti in Dio. Altri si dicono dannati per sempre, in attesa di cadere nell'inferno, altri invece sono in viaggio verso Dio, come in uno stato di purificazione. Tanti esortano la persona a fare opere buone, persuasi che le opere buone della persona possedu­ta giovano anche a loro. Ne ho incontrati di quelli che, ramma­ricati di non poter amare Dio, tentano di avvicinarsi a Lui e di sentire l'eco dell'amore nella persona posseduta. Spesso aiu­tano la persona a pregare, pregano essi stessi nella persona ri­spondendo con devozione alle preghiere, o anche pregando spon­taneamente. Alcuni, che si qualificano inviati da Dio, indicano lo stato in cui si trova la persona posseduta, quanti spiriti ha in corpo, e dànno consigli per liberare la persona. Tanti do­mandano suffragi, e quando si è pregato per loro mostrano quie­te, gioia, e ringraziano forante.
Il problema si pone.
La prima ipotesi, quella comune presso il popolo, è che si tratta di anime di defunti, soprattutto di quelli morti violentemente, che vagano nell'aria e tendono ad entrare nei vi­venti per continuare in essi la propria vita interrotta anzi tempo. In questo loro vagare possono essere catturate dal demonio, soprattutto attraverso i maghi, e costrette ad entrare nelle persone per torturarle.
Questa ipotesi è da scartare. Le anime, dopo la morte, vanno al giudizio di Dio, che segna loro la sorte definitiva: pa­radiso, purgatorio, inferno.
E vero che il paradiso, il purgatorio, l'inferno, più che un luogo sono uno stato, e che, soprattutto nel tempo intermedio tra la morte e la futura risurrezione, Dio può permettere alle anime di stare in qualche luogo particolare. Ma non possiamo ammettere che queste anime siano alla mercé dei maghi, che le catturano, le strumentalizzano d'accordo con il diavolo, an­che se sono dannate, per nuocere ai viventi o per « aiutare » i viventi.
L'ipotesi dell'origine psichica di queste presenze è, oggi, quella che ha più credito.
L'uomo proietta quello che vuole essere, o quello di cui sente di aver bisogno, o quello di cui teme. Dà volto alle sue paure o ai suoi sogni, soprattutto quando è in una fase di disso­ciazione o di turbamento psichico.
A queste sue creazioni egli tende a dare personalità (pro­sopopesi); arriva ad identificarsi con esse, imitandone i gesti, il linguaggio, e finanche la fisionomia (trasfigurazione), quasi come avviene, nei limiti del normale, all'attore teatrale, che impersona il suo personaggio, lo imita a meraviglia, nei modi, nella voce, nell'espressione dei sentimenti, fino quasi a trasfi­gurarsi in esso. Le presenze allora sarebbero personalità fittizie, endogene.
Tra i cultori di parapsicologia c'è chi parla di personalità alternanti: un individuo, in stato di veglia, cambia improvvi­samente e spontaneamente personalità, con gesti, parole, con­cetti diversi da quelli della personalità normale (cfr. Diz. enciclopedico di parapsicologia e spiritismo, Fabbri, 1984, « Pos­sessione », p. 481).
Altri parlano di polipsichismo: nell'uomo ci sarebbero nu­merosi centri psichici raggruppati gerarchicamente sotto la di­rezione di un organismo che ne è a capo, ma dotati ognuno di un certo grado di volontà e di coscienza. In alcuni casi di anormalità questi centri acquisterebbero più autonomia, sì da dare l'impressione di parecchie personalità conviventi (cfr. op. cit., « Polipsichismo », pag. 466).
Altri spiegano il fenomeno delle presenze, nei casi in cui queste mostrano di sapere cose superiori al grado di cultura del soggetto, oppure cose occulte e lontane, con il serbatoio co­smico o memoria universale, dove si conserverebbero tutti i ricordi, le orme, delle persone che ci hanno preceduti, e a cui il soggetto attingerebbe le notizie, dando l'impressione di es­sere altra persona vissuta in altro tempo e in altro luogo.
Si parla anche di presenze indotte o provocate: maghi o ipnotizzatori possono talmente soggiogare le persone che chie­dono loro un servizio, da indurre in loro immagini o forme-pen­siero di individui defunti o anche viventi. Ho riscontrato per­sonalmente, in due casi, presenze di viventi (maghi) in individui plagiati, con voce, gesti, modi di fare del plagiatore.
Spiritisti e occultisti parlano invece di presenze reali, eso­gene. Quando l'uomo muore, il corpo va in disfacimento, ma la vita psichica con tutte le sue cariche personali sopravvive per qualche tempo, soprattutto negli uomini attaccati alla vita e soppressi violentemente. Queste cariche vitali, o resti psichici dei defunti, che sono gli « elementari » per gli occultisti, e gli « spiriti » per gli spiritisti, sarebbero all'origine delle « presen­ze » e delle loro manifestazioni, locuzioni, apparizioni. Essi in­fatti tenderebbero a rivitalizzarsi, e dove trovino un uomo affine, che li riceva (il soggetto ospitante), si radicherebbero, come un parassita che succhia vitalità in un'altra pianta, per prolungare la propria sopravvivenza (cfr. Papus, La magia e l'ipnosi, Napoli, 1921, pp. 125-130).
Ultimamente il Benedettino p. Pellegrino Ernetti ha ri­preso e rielaborato questa ipotesi dei residui psichici, o « ri­manenze ».
Niente dell'uomo si distrugge. Ogni vibrazione di pensieri e di sentimenti lascia un'impronta, ogni azione lascia un re­siduo nel luogo dove viene compiuta. Di ogni parola resta l'eco, carica dei connotati della persona che l'ha pronunziata.
Queste « rimanenze » tendono a rivitalizzarsi e ad inte­grarsi, dando luogo a personalità psichiche, effimere e di fra­gile consistenza.
Ove si voglia tener conto di questa ipotesi (cfr. Diz. di parapsicologia e spiritismo, cit., p. 484) possiamo anche pen­sare che il diavolo, sfrutti, come abile manovratore e prestigia­tore, questi « resti » per creare « presenze » disturbatrici, dan­do ad essi i connotati di persone defunte; come, secondo il pensiero dell'Ernetti, può fare anche un medium o un mago, ri­costruendo con questi dati una personalità.
Checché ne sia di tutte queste ipotesi per spiegare le « pre­senze », a noi, che perseguiamo uno scopo pratico, interessa sapere se e in quale maniera il diavolo operi attraverso di esse.
La saggezza della Chiesa avverte l'esorcista di non credere « si daemon simularet se esse animam alicuius sancii vel de­Íuncti » (Rit. Romanum, XII, 1,14).
Può talvolta il diavolo operare nelle vesti di una presen­za. Il discernimento potrà orientarci al riguardo, e ci può fare scovare se e quali demoni si camuffano nelle singole presenze, oppure se si tratti di azioni diversive del nemico per sviare dalla preghiera.
Ove non dovessimo capirci molto, perché la luce di Dio non ci soccorre, accettiamo con umiltà il consiglio del Sira­cide: « Non indagare le cose per te troppo grandi; non sforzar­ti in ciò che trascende le tue capacità, poiché tu non devi oc­cuparti delle cose misteriose » (Sir. 3,21-23).
Se le presenze sono collegate con disturbi fisici, non bi­sogna lasciarsi ingannare dalle manifestazioni locali degli spiriti cattivi che tormentano una parte del corpo, simulano di essere nascosti in quel luogo; anzi le reazioni del paziente non coin­cidono con l'attività del maligno, ma possono essere anche naturali; e il maligno se ne serve per distogliere la nostra at­tenzione e non farsi individuare.
Siccome ogni spirito si qualifica per la sua attività, e non per la sua sostanza, bisogna che noi identifichiamo gli effetti, per risalire alla causa agente, tenendo presente che il maligno, il quale ha la vocazione all'errore, alla falsità, al peccato, all'av­versione a Dio, si troverà là dove ci sono perversioni mentali o aberrazioni morali, o dove c'è particolare avversione al sacro. Dove questi effetti mancassero, c'è molto da dubitare della presenza del maligno anche di fronte a manifestazioni vistose, che vanno ricondotte nel campo del psichico o del metapsichico naturali.
Comunque - e non lo si ripete mai abbastanza - nella preghiera troveremo luce sufficiente e la guida sicura dello Spi­rito di Dio.

3. Consigli pratici

1. Quando si presentano persone che accusano disturbi del maligno, si tenga conto che:
a) i disturbi psico-fisici possono provenire:
1) da malattie fisiche non bene diagnosticate e curate; è bene, pertanto, consigliare ripetute visite mediche ed esami clinici;
2) da malattie neuropsichiche, spesso resistenti alle cure mediche, come nevrastenia, psicastenia, epilessia, isteria, schi­zofrenia, melanconia, che simulano bene, con i loro fenomeni di cui è stato detto sopra, gli attacchi dello spirito del male nelle infestazioni e possessioni diaboliche. L'uso del discernimento ci sarà indispensabile;
3) da disturbi effettivi del demonio, connessi spesso con malefici e contatti con streghe e maghi, che solo il discerni­mento può assodare.

b) I disturbi di ordine metapsichico possono provenire:

1) da una causa naturale, come medianicità del soggetto, traumi dovuti a pratiche spiritiche spesso fatte per giunco, che hanno alterato l'equilibrio delle facoltà e hanno scatenato il demonio nell'individuo;
2) da interventi di spiriti maligni.
In tutti e due i casi bisogna affidarsi al discernimento.

c) I disturbi locali possono provenire:

1) da fenomeni di poltergeist, come si è detto sopra;
2) da concentrazione di onde malefiche, che le persone più sensibili e influenzabili possono avvertire, o come peso al petto, o come senso di oppressione e spossatezza. Tali concen­trazioni sono dovute a influssi di depravazioni peccaminose, o ad attacchi psichici sferrati da persone per nuocere agli abitanti del luogo. Secondo i sensitivi, odori cattivi in un luogo denote­rebbero un attacco di origine magica, cioè fatto con riti magici; odori di carne in decomposizione o di concime denoterebbero un maleficio compiuto per procurare una malattia, odore di zolfo o di bruciato denoterebbero un attacco ad opera o col concorso di spiriti maligni. In questi casi è opportuno uscire dal luogo infetto, o purificarlo;
3) dal maligno che vuole nuocere alle persone o ai loro beni. In questo caso è opportuno un esorcismo di disinfestazione.
2. Il primo consiglio da dare alle persone disturbate è di non aver paura. La migliore difesa è la calma e la fiducia in Dio che ci protegge. Questo, soprattutto, vale per le persone che temono attacchi psichici, malefici e sortilegi.
Secondo consiglio da dare è di usare i mezzi più idonei suggeriti dal buon senso, per alleviare i disturbi psicofisici. Talvolta l'esodo dall'ambiente in cui si vive, l'allontanamento da certe persone e da certe pratiche, l'astinenza da certi cibi o bevande (caffè, alcool, fumo ecc.) possono determinare un netto miglioramento.
Terzo consiglio da suggerire è la pratica dei sacramenti, la preghiera, l'apertura agli altri, il costante controllo medico.

3. Prima di passare alla preghiera, bisogna:
a) curare che l'unità della persona sia tutelata, e favorire tutti quei mezzi che sono ritenuti adatti al recupero delle for­ze interiori e all'integrazione;
b) coinvolgere il paziente nella sua liberazione, aiutarlo, cioè a liberarsi da se stesso, facendo leva sulle sue possibilità.
Sarebbe un grave errore far dipendere la sua liberazione dalle nostre preghiere; renderlo cioè succube del nostro aiuto;
c) smontare le persone con decisione e pazienza dalle false convinzioni che i loro disturbi sono dovuti al maligno o a persone che agiscono sotto influsso del maligno. Demolire cioè tutte le demonopatie, o nate per suggestione propria o indotte da altri (parenti, amici, maghi), quando effettivamente i di­sturbi non sono di chiara origine diabolica.
4. Esaminato bene il caso, bisogna stabilire il tipo di pre­ghiera, che sarà di:
a) consolazione;
b) intercessione;
c) liberazione psicologica;
d) liberazione dal maligno.
Particolare attenzione bisogna usare in quest'ultimo tipo di preghiera, che va fatta con un gruppo ben assortito dove sono presenti i carismi di misericordia, di discernimento, di intercessione, di autorità, e disponendo di un tempo sufficiente.
5. È da ricordare che non si deve pregare su nessuno senza il suo consenso, anzi senza la sua richiesta. Non si deve pregare su chi non è pronto spiritualmente a ricevere la pre­ghiera, o che rifiuta di uscire dal suo stato. Non si deve pre­gare per la liberazione di una persona, se non si può provvedere a continuare le preghiere dopo la liberazione o ad affidare il paziente ad una comunità di preghiera. Il nemico tornerà ine­sorabilmente, e « la condizione di quell'uomo sarà peggiore di quella di prima ».

6. Ci sono dei casi in cui non bisogna pregare:

1) quando si tratta di prove mistiche. Ci sono persone che portano la croce di Cristo nelle loro membra per contem­plare la passione del Signore. Le prove di queste « anime vit­time » possono essere malattie misteriose, e possono anche essere « spine di Satana ». Dio può permettere al diavolo di tormentare una persona - Satana anzi diventa suo ministro - come lo permise per Giobbe e per S. Paolo (2 Cor. 12,7). Solo attraverso un sano discernimento potremo scoprire « le prove passive » di un'anima mistica nei disturbi psico-fisici do­vuti all'intervento del maligno. In questo caso si farà una pre­ghiera di consolazione;
2 ) quando si tratta di maghi o di sciamani. Una preghiera di liberazione su queste persone è pericolosa, per il conflitto che potrebbe scatenarsi tra forze avverse, con danno delle stesse persone.
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Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
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