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LE PROVE ONTOLOGICHE DELL'ESISTENZA DI DIO

Ultimo Aggiornamento: 22/01/2019 11:33
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10/05/2010 12:15
 
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La conoscenza di Dio è anche accessibile al senso comune, cioè al pensiero filosofico spontaneo esercitato da ogni
essere umano, come risultato di esperienze esistenziali semplici: la meraviglia di fronte alla bellezza e all’ordine della
natura, la gratitudine per il dono della vita, il fondamento e la ragione del bene e dell’amore. Questo tipo di conoscenza è
importante anche per cogliere a quale soggetto si riferiscano le prove filosofiche dell’esistenza di Dio: san Tommaso, ad
esempio, termina le sue cinque vie collegandole con l’affermazione: “e questo tutti chiamano Dio”.
La testimonianza della Sacra Scrittura (cfr. Sap 13,1-9; Rm 1,18-20; At 17,22-27) e gli insegnamenti del Magistero della
Chiesa confermano che l’intelletto umano può giungere, partendo dalle creature, fino alla conoscenza dell’esistenza di
Dio creatore[9]. Al tempo stesso, sia la Scrittura che il Magistero avvertono che il peccato e le cattive disposizioni morali
possono rendere più difficile questo riconoscimento.
3. Lo spirito umano manifesta Dio
L’essere umano percepisce la sua singolarità e la sua emergenza sul resto della natura. Pur condividendo molti aspetti
della sua vita biologica con altre specie animali, egli si riconosce unico nella sua fenomenologia: riflette su sé stesso, è
capace di progresso culturale e tecnico, avverte la moralità delle proprie azioni, trascende con la sua conoscenza e la
sua volontà, ma soprattutto con la sua libertà, il resto del cosmo materiale[10]. In sostanza, l’essere umano è soggetto di
una vita spirituale che trascende la materia dalla quale egli pure dipende[11]. Fin dalle origini, la cultura e religiosità dei
popoli hanno spiegato questa trascendenza dell’essere umano affermando la sua dipendenza da Dio, di cui la vita
umana contiene come un riflesso. In sintonia con questo comune sentire della ragione, la Rivelazione ebraico-cristiana
insegna che l’essere umano è stato creato a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gen 1,26-28).
La persona umana è essa stessa via verso Dio. Esistono itinerari che conducono a Dio partendo dalla propria
esperienza esistenziale: «con la sua apertura alla verità e alla bellezza, con il suo senso del bene morale, con la sua
libertà e la voce della coscienza, con la sua aspirazione all'infinito e alla felicità, l'uomo si interroga sull'esistenza di Dio.
In queste aperture egli percepisce segni della propria anima spirituale»[12].
La presenza di una coscienza morale che approva il bene che facciamo e riprova il male che compiamo o vorremmo
compiere, conduce a riconoscere un Sommo bene cui siamo chiamati a conformarci, di cui la nostra coscienza è come il
messaggero. Partendo dall’esperienza della coscienza umana e senza conoscere la Rivelazione biblica, vari pensatori
avviarono fin dall’antichità una riflessione sulla dimensione etica dell’agire umano, riflessione disponibile ad ogni uomo
perché creato a immagine di Dio.
Insieme alla propria coscienza, l’essere umano si riconosce libero, quale condizione del proprio agire morale. Nel
riconoscersi libera, la persona umana legge in sé la corrispondente responsabilità delle proprie azioni e l’esistenza di
Qualcuno di fronte a cui essere responsabile; Questi deve essere maggiore della natura materiale, a noi inferiore, e
maggiore dei nostri simili, anch’essi chiamati ad essere responsabili come noi. L’esistenza della libertà e della
responsabilità umane conducono all’esistenza di Dio come garante di ciò che è bene e ciò che è male, come Creatore
legislatore e remuneratore.
Nel contesto culturale odierno si nega spesso la verità della libertà umana, riducendo l’essere umano ad un animale il cui
agire è regolato solo dall’azione di pulsioni necessarie, oppure identificando la sede della vita spirituale (mente,
coscienza, anima) con la corporeità degli organi cerebrali e nervosi, negando così l’esistenza di ogni vita morale. A
questa visione si può rispondere con argomenti che dimostrano, sul piano della ragione e della fenomenologia umana,
l’auto-trascendenza della persona umana, il libero arbitrio che opera anche in scelte condizionate dalla natura, e la non
riducibilità della mente al cervello.
Anche nella presenza del male e dell’ingiustizia nel mondo, molti uomini vedono oggigiorno una prova della nonesistenza
di Dio, perché se Egli esistesse, non permetterebbe tutto ciò. In realtà questo disagio e questo interrogativo
sono anch’essi una “via” verso Dio. L’uomo, infatti, percepisce il male e l’ingiustizia come privazioni, come situazioni
dolorose non dovute che reclamano un bene e una giustizia cui si aspira. Se nella struttura più intima del nostro essere
non si aspirasse al bene, non vedremmo nel male un danno e una privazione.
Nell’essere umano esiste come un desiderio naturale di verità, di bene e di felicità, quali manifestazioni del nostro
desiderio naturale di vedere Dio. Se tale desiderio restasse frustrato, la creatura umana sarebbe un essere davvero
contraddittorio, poiché queste aspirazioni costituiscono il nucleo più profondo della vita spirituale e della dignità
dell’essere umano. La loro presenza nell’intimo del nostro cuore mostrano l’esistenza di un Creatore che, attraverso la
speranza di Lui, ci chiama verso di Lui. Se le vie “cosmologiche” non assicurano di poter giungere a Dio come essere
personale, le vie “antropologiche”, che partono dall’uomo e dalle sue aspirazioni, fanno intravedere che il Dio da cui
riconosciamo di dipendere deve essere una persona capace di amare, un essere personale di fronte a creature
personali.
La sacra Scrittura contiene insegnamenti espliciti circa l’esistenza di una legge morale iscritta da Dio nel cuore dell’uomo
(cfr. Sir 15,11-20; Sal 19; Rm 2,12-16). La filosofia di ispirazione cristiana ha chiamato questa legge “legge morale
naturale”, accessibile agli uomini di ogni epoca e cultura, sebbene il suo riconoscimento, come per l’esistenza di Dio,
possa venire offuscato dal peccato. Il Magistero della Chiesa ha molte volte ribadito l’esistenza della coscienza umana e
della libertà come vie verso Dio[13].
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