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Ultimo Aggiornamento: 26/01/2020 19:42
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18/03/2016 20:39
 
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DONNE NELLA BIBBIA

Nella BIBBIA vi sono diverse figure di donna, a volte seduttrici, oppure dedite al meretricio, che comunque insegnano, attraverso la descrizione che ne viene fatta, a sapersi difendere per poter rimanere vincenti nonostante le situazioni analoghe in cui si potrebbe trovare.

A raccontarlo sono Antonella Anghinoni edElide Sivieri in “Donne di Dio. Scorci biblici” (edizioni San Paolo).

LA MOGLIE DI PUTIFAR

Normalmente, nelle Sacre Scritture, la donna, considerata nel suo aspetto negativo, è una straniera che cerca di corrompere gli ebrei. E’ il caso della moglie di Putifar, ricco signore d’Egitto. La donna si invaghisce, cercando di sedurlo, del giovane schiavo Giuseppe (uno dei figli minori di Giacobbe), acquistato dal marito e, per le sue capacità, posto a capo dell’amministrazione della casa.

Offesa dal rifiuto del giovane, la donna si vendica accusandolo di fronte al marito di aver tentato di farle violenza, mostrando come prova la veste dello schiavo, della quale Giuseppe si sarebbe liberato pur di fuggire dalle mani della moglie del padrone. Giuseppe, esempio di Misericordia, alla fine riesce a dimostrare la sua buona fede ed esce dal carcere a cui è stato ingiustamente costretto per le accuse della donna malvagia (Genesi 39,6-20).

IL PERDONO DI GOMER

La moglie del profeta Osea, Gomer, è invece ricordata meno per il suo adulterino abbandono del marito, che per il fatto di essere stata riscattata da lui. Il simbolismo della vicenda di Gomer ha il suo apice quando Dio ordina a Osea di riprendersi la sposa infedele. Dopo una prova, la donna ritorna con lui per iniziare una nuova vita fatta di fedeltà e amore e diventare un nuovo emblema: quello di Dio che recupera il suo popolo infedele.

LE ADULTERE

Anche l’Antico Testamento contiene occasionali caratteri positivi delle adultere. Gli esempi includono Tamar, la quale inganna il suo dissoluto parente presentandosi come una prostituta (Gen 38), e Raab, la prostituta che aiutò gli Israeliti a entrare in Gerico (Gs 2).




BETSABEA E DAVIDE

Anche Betsabea, il prototipo della bellezza e della tentazione, non è giudicata malvagia. E’ la moglie di Uria l’Ittita, uno degli ufficiali che stanno combattendo per re Davide. Proprio quest’ultimo perde la testa per lei. Soggiogato dalla passione,Davide la manda a prendere e si unisce a lei. Il testo non parla di lei come di un’adescatrice – al re non ci si può sottrarre – ma nemmeno ci fa pensare il contrario. Il re poi, soddisfatto il suo impeto di passione, congeda la donna. Ma Betsabea rimane incinta e lo manda a dire al re. Il figlio sarebbe una dichiarazione pubblica dell’adulterio.

A quel punto Davide prima mente (organizzando un banchetto a casa della moglie per fare in modo che il figlio venga attribuito a lui, ma Uria si rifiuta di partecipare), poi diventa il regista del suo omicidio (costringendolo a combattere nelle zone più roventi delle battaglia).

IL GIOCO DI DALILA

Dalila, una tentatrice filistea, diventa un simbolo del potere della lussuria che porta alla perdizione. Fa perdere la testa a Sansone. E’ una poco di buono: accetta di vivere con lui, ma non ne è innamorata. Lei è delicata solo nel nome: in realtà è pronta a raggirare quest’uomo per denaro. Infatti, conosciuta la relazione, i prìncipi dei Filistei le propongono un accordo in denaro in cambio di informazioni.

Sansone è un uomo molto forte: vogliono sapere da dove venga questa energia prodigiosa per catturarlo. Dalila lo raggira con la sua voce insistente, la seduzione, il fascino. Pone sempre la stessa domanda: «Da dove viene la tua forza?». Sansone per un po’ si diverte e inventa strani mezzi che dovrebbero togliergli la forza, ma Dalila lo capisce. Così Sansone, durante una piccola scaramuccia di coppia fatta di innocui scherzi amorosi, si lascia circuire dal male, rappresentato da Dalila.

Vi è la debolezza che esalta la potenza di Dio e la mollezza che porta alla perdizione. Dalila non è debole: è lasciva ed è mossa dall’avidità. Sansone le rivela che i suoi lunghi capelli raccolti in trecce sono la fonte della sua forza. Lei lo addormenta sulle sue ginocchia e chiama i Filistei che tagliano le trecce a Sansone e lo catturano. Il testo poi racconterà del riscatto di Sansone, ma rimane fisso l’inganno di Dalila. La sua figura ci ammonisce a non lasciarci circuire dal male che spesso sembra innocuo e giocoso, ha il fascino della delicatezza, ma è capace di portarci alla morte.

 


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