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Ultimo Aggiornamento: 26/01/2020 19:42
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10/10/2010 22:34
 
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VITE UMANE: USA O GETTA

Le contraddizioni ed i paradossi della società relativista e nichilista sono evidenti: da un lato, in nome della libertà individuale si uccidono quotidianamente migliaia di bambini con l’aborto di Stato, dall’altro, sempre in nome della stessa libertà si producono esseri umani in laboratorio così come si produce un qualsiasi oggetto;

   ogni giorno si spendono cifre astronomiche (ogni aborto costa alla collettività circa 1.300 euro) per eliminare i figli non voluti e contemporaneamente se ne spendono altrettanti per farli venire al mondo in maniera artificiale ad esclusivo vantaggio di chi li desidera!


Non sarebbe più sensato convincere le donne che vorrebbero abortire a portare avanti la loro gravidanza e dare poi il loro figlio non voluto a coloro che desiderano averne uno che non possono in nessun modo riuscire ad avere?
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16/10/2010 21:07
 
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Esplode, senza freno. Basta una minima provocazione e si manda in coma una donna nella metropolitana. Basta un cane investito (per colpa del padrone) che il padrone stesso quasi uccide il tassista. Basta una trasferta calcistica per mettere  a ferro e fuoco una città. Basta un pò d'attrazione sessuale e scatta la violenza carnale e magari l'omicidio. Che nel profondo del cuore umano vi fosse l'inferno era risaputo, che le sue porte si stiano spalancano sempre più ce ne stiamo accorgendo. E' una frazione di secondo quella che passa tra il provare un impulso e metterlo in atto, "acting out" si dice in gergo tecnico.  A molti sarà venuto di pensare, di fronte ad una persona insopportabile e provocatoria: "Ho voglia di strozzarla". Un uomo rimuove subito il pensiero con un altro pensiero: "A quale rabbia mi porta questa qui, meglio che la lascio perdere sennò posso dire o fare qualcosa di cui posso pentirmi". Questo le persone equilibrate ...

... e mature. Capita invece, sempre più frequentemente, che ci sia chi questo filtro mentale non lo fa partire e le mani al collo le mette veramente. Perchè capita? Perchè ci sono individui incapaci di utilizzare un filtro tra le emozioni e l'azione? Le ragioni possono essere tante.

Le più frequenti sono certo la droga e la l'alcool, sostanze (senza dividerle tra leggere e pesanti) in grado di indebolire, fino a sopprimerle del tutto, le capacità di vigilanza e freno che sono patrimonio di un individuo sano. Ma c'è una questione più profonda. Che riguarda l'educazione e perciò la famiglia.

I genitori sono abituati a soddisfare ogni desiderio dei figli, a dire di sì ad ogni richiesta, a tollerare ogni scatto d'ira, a non punire, a permettere il libero sfogo di ogni loro passione. Così distruggono nei figli la capacità potenziale di autocontrollo, e li espongono perciò a pericoli enormi.

Visto che la società non è in grado di riparare gli sbagli dei genitori ed è da sciocchi caricare la scuola di questa responsabilità che non gli appartiene, le conseguenze le vediamo ogni giorno sul giornale.

Mentre accade tutto questo, invece di occuparci di ridare alla famiglia il posto che merita, continuiamo a sbagliare il bersaglio, invocando più poliziotti, più telecamere, più corsi nelle scuole. L'unica cosa che conta è rivalutare la famiglia tradizionale e darle i mezzi e la cultura per svolgere il suo compito.

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07/12/2010 12:58
 
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AIUTIAMO I RAGAZZI DELLA “CASA DEI RISVEGLI” !!!

Cari amici,

nei giorni scorsi, mentre imperversavano le polemiche sulla trasmissione “Vieni via con me” mi è capitato di scrivere una lettera aperta a Saviano (che potete trovare su questo blog) chiedendogli di aiutarmi a sostenere i missionari che si occupano di bambini lebbrosi dell’Africa.

Ma non ho avuto alcuna risposta.

Poi mi è capitato di discutere con qualche collega laico che era d’accordo con Fazio e Saviano nel no all’intervento dei malati. Costui sosteneva quella decisione pur elogiando – a parole – iniziative come la “Casa dei risvegli” di Bologna.

E quando, prendendo la palla al balzo, gli ho proposto di sostenere con me un’iniziativa appena lanciata proprio dall’associazione “Amici di Luca”, che è la promotrice della “Casa dei risvegli”, anche lui mi ha detto di no.

Avrà i suoi validi motivi personali, non discuto. Ma i molti ragazzi in coma o che stanno uscendo dal coma (e può capitare a tutti!) non hanno bisogno tanto di parole, quanto di aiuto concreto.

E a me piace, sinceramente, chi magari parla meno, ma si dà da fare o si fruga in tasca di fronte a persone sofferenti che hanno bisogno e implorano un sostegno e una speranza.

Per questo, in attesa di Natale, vorrei chiedere a voi, cari amici, di aderire alla sottoscrizione aperta dall’associazione “Gli amici di Luca onlus” per acquistare uno “stimolatore cerebrale” che potrà dare importanti risultati su pazienti in stato vegetativo e di minima coscienza.

La condizione penosa e terribile di molte persone che stanno uscendo dal coma è infatti quella di trovarsi come imprigionati nel proprio corpo di cui non riescono più a comandare i muscoli, i movimenti, le funzioni.

Lo strumento che vogliamo donare alla “Casa dei risvegli” può fornire un aiuto straordinario a liberare questi ragazzi, facendo loro recuperare l’uso del proprio stesso corpo. E’ quindi una possibilità meravigliosa e per loro, una grande speranza !!!

L’apparecchiatura (da donare al Centro Studi per la Ricerca sul Coma per la Casa dei Risvegli Luca De Nigris) ha un costo di 60.000 euro.

Chi vuole notizie più dettagliate può visitare il sito www.amicidiluca.it, dove si può leggere anche la relazione del prof. Roberto Piperno, direttore della Casa dei Risvegli Luca De Nigris e del dott. Carmelo Sturiale dell’Unità operativa di neurochirurgia dell’Ospedale Bellaria – Maggiore di Bologna sull’utilità di questo percorso terapeutico.

La loro relazione è intitolata: Significato clinico della Stimolazione Cerebrale nelle gravi cerebrolesioni

Vi prego di partecipare generosamente a questa iniziativa. C’è bisogno di uomini e donne che sappiano abbracciare la sofferenza, che sappiano amare e non di soloni che ponitifichino da tv e giornali.

Dio si è fatto uomo ed è attraverso il nostro amore che si piega sulle creature sofferenti e se le carica teneramente sulle spalle. Aiutiamolo.

Che Dio vi benedica e ve ne renda merito.

 

Antonio Socci

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18/12/2010 23:35
 
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Il numero di dicembre della rivista «Mondo e Missione» edita dal Pime e diretta da Gerolamo Fazzini dedica un servizio con dati e tabelle alla situazione del sistema educativo africano. Pubblichiamo in questa pagina il servizio, a firma di Rodolfo Casadei, e due tabelle sulla «sete di insegnanti» del Continente Nero. Tra gli altri argomenti una riflessione di Loretta Napoleoni sull’etica dell’economia e una del cardinale Martini su «Noi e l’islam».

Fra gli «Obiettivi di sviluppo del millennio», sottoscritti da 191 Stati del mondo nel 2000, c’è quello di garantire l’educazione primaria universale entro il 2015. Si tratta cioè di fare in modo che tutti i bambini possano terminare un ciclo completo di scuola. L’obiettivo implica un aumento degli stanziamenti pubblici per l’educazione e il miglioramento delle condizioni socio­economiche generali affinché le famiglie povere possano più facilmente mandare a scuola i figli, comprese le bambine. Componente centrale di ogni politica dell’educazione sono però gli insegnanti: l’Unesco ha calcolato quanti ne servirebbero in più per raggiungere questo obiettivo e il tasso di nuovi reclutamenti necessario per poter garantire l’educazione primaria universale nel 2015. Secondo lo studio The Global Demand for Primary Teachers - 2010 Update entro il 2015 in 99 Paesi ci sarà bisogno di 1,9 milioni di insegnanti in più rispetto al 2008. Più della metà di questi insegnanti aggiuntivi dovrà essere reclutata nell’Africa sub­sahariana (1 milione e 56 mila per l’esattezza), poi 281 mila negli stati arabi, 260 mila nell’Asia meridionale e occidentale; anche l’America settentrionale e l’Europa occidentale, però, avranno bisogno di 152 mila insegnanti in più rispetto ai livelli attuali. Le restanti regioni (America Latina, Asia centrale ed Europa orientale) avranno insieme bisogno di 181 mila nuovi insegnanti. In media, per raggiungere l’obiettivo i 99 Paesi già citati dovranno aumentare le assunzioni del 2,6 per cento all’anno fra il 2008 e il 2015. Ma l’Africa sub-sahariana dovrà aumentarle in media del 6,3 per cento con punte del 19,4 per cento in Centrafrica e del 17, 8 in Eritrea (e complessivamente con 6 Paesi in doppia cifra). Il bisogno di nuovi insegnanti nell’Africa sub-sahariana si comprende bene anche quando si analizza la classifica dei Paesi del mondo che presentano il più elevato numero di allievi delle scuole primarie di cui ogni insegnante deve occuparsi. Tra i primi 15 ce ne sono 12 dell’Africa sub-sahariana, dove il numero di allievi per ogni maestro sta fra 51 e 72. Se il necessario reclutamento avesse luogo, nel 2015 l’Africa supererebbe l’insieme rappresentato dall’Europa occidentale e il Nordamerica, con 3 milioni e 851 mila docenti contro i 3 milioni e 810 mila euro­americani. La regione del mondo col maggior numero di insegnanti elementari continuerebbe ad essere l’Asia orientale, con 8 milioni e 700 mila maestri e maestre.
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25/12/2010 15:49
 
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Uno dei più celebri fisici d’Europa è John Polkinghorne, conosciuto per il suo ruolo nella spiegazione dell’esistenza dei quark. Professore di Matematica all’Università di Cambridge ed ex presidente del Queens College, membro della Royal Society e vincitore del Premio Templeton. Nel 1982 lasciò però il mondo della fisica e divenne sacerdote nella chiesa di Inghilterra. Da allora ha scritto più di 30 libri sul rapporto tra fede e scienza, ed è una delle voci leader su questo argomento. Sul North Country Times è uscita una bellissima intervista (che vale la pena leggerla integralmente) realizzata da Dean Nelson, autore del libro in uscita nel 2011: “Salto quantico: come John Polkinghorne ha trovato Dio nella Scienza e nella Religione”. Fra le altre cose, ha dichiarato: «Scienza e fede sono amici, entrambi sono alla ricerca della verità. La scienza chiede come le cose si verificano, ma non fa domande sul significato o lo scopo di esse. Coloro che pensano che essa dica tutto hanno un’arida visione della vita. Esistono fondamentalisti religiosi che sostengono che la Bibbia dia risposte a tutte le domande, anche quelle scientifiche. Ma gli scienziati come Richard Dawkins sono altrettanto fondamentalisti».

Polkinghorne si concentra poi sulle recenti dichiarazioni di Stephen Hawking circa l’inutilità di Dio nella creazione del cosmo: «Anche se supponiamo che abbia ragione, si continua a non rispondere alla domanda di come le cose siano cominciate o perché esse esistono. Se la sua teoria è corretta, da dove è venuto tutto? La scienza non potrà mai rendere Dio superfluo. Su molte cose la scienza ha corretto la visione religiosa, e questo è stato vantaggioso per entrambe le parti per aiutare a vedere più chiaramente. Chi ha fede dovrebbe accogliere la verità da qualunque fonte essa proviene. Non tutta la verità viene dalla scienza, ma molto si. Mi dispiace quando vedo cristiani che voltando le spalle alla scienza. Invece alcuni scienziati ritengono che la fede sia una questione di chiudere gli occhi e stringere i denti, credere a cose impossibili presentate da qualche autorità indiscutibile, un libro infallibile o una chiesa infallibili. Non è nulla di tutto questo».

E’ opinione comune che i fisici siano statisticamente gli scienziati più credenti. Polkinghorne ne spiega il motivo: «Se si lavora in fisica fondamentale si è colpiti dall’ordine meraviglioso del mondo. Si è colpiti da un profondo senso di fondo e di meraviglia e questo porta le persone che lavorano nel campo della fisica fondamentale a chiedersi se ci sia una sorta di mente dietro a questo. I fisici utilizzano un linguaggio che comprende la “mente di Dio” quando scrivono per il grande pubblico. Vi è anche l’intuizione che il mondo è meravigliosamente ordinato in un modo che non sembra proprio essere una felice coincidenza. I fisici credono nella realtà invisibile, senza nemmeno pensarci. Credo che l’eseprienza personale suggerisce l’esistenza di Dio, una volontà e uno scopo e una mente dietro a tutto».

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06/01/2011 10:10
 
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Riportiamo il testo di una lettera aperta di un credente e rpubblicata da Padre Giulio Scozzaro, che per diversi aspetti riteniamo possa far riflettere, anche se naturalmente alcune cose sono solo ipotesi e andrebbero verificate.


Caro Padre,

 

ho letto l'ultimo suo commento al Vangelo e ho trovato molto coraggiosa e drammaticamente reale la denuncia al progetto “oscuro” dell'Unione Europea, è un tema a me caro di recente e per questo le scrivo quello che so a riguardo (nel caso in cui non conoscesse alcuni fatti curiosi e drammatici insieme), le racconto la mia opinione su che cosa muove queste dinamiche “nere” e le porgo alla fine il quesito che è nato in me sperando che possa darmi una sua risposta, un suo parere.

L'Europa secondo lei, ma anche secondo me molti altri è mossa da logiche massoniche ed elitarie. Segue  un  progetto (esistente fin dalla sua costituzione) che mira alla distruzione del Cristianesimo. Devo aggiungere che, secondo una scuola di pensiero corrente, l'Unione europea (grazie al potere detenuto dalla Commissione, l'organo comunitario che prende le decisioni più importanti e che NON è un organo democraticamente eletto) sta portando avanti anche un progetto subdolo e oscuro di distruzione degli Stati nazionali. Stati che sono i garanti dell'imparzialità e della validità  delle Leggi ma soprattutto della tutela del Cittadino a cui vengono riconosciuti diritti umani, civili e sociali.

Dietro questo progetto di annientamento delle istituzioni democratiche, di annientamento della cultura, della religione, della Persona umana risiedono oscure logiche economiche ed egoistiche di stampo massonico. I magnati, i rappresentati di grandi categorie economiche e di potere che “spostano” capitali immensi e a livello mondiale si sono “associati” e condividono l'appartenenza a società segrete (ma neanche tanto segrete come la Trilaterale e il suo organo decisivo Bilderberg). Queste società massoniche sono le cosiddette lobbies che articolano interessi economici ed influenzano, se non coordinano in prima persona, il potere politico per scopi personali ed egoistici.

L'introduzione dell'euro, per molti pensatori, è stata una “trovata” di questi gruppi che hanno tolto agli Stati il potere di controllare la politica monetaria (la possibilità di gestire in modo autonomo la propria moneta), costretto intere fasce della popolazione alla “nuova povertà” e aumentato, invece, il loro potere. La moneta influenza infatti fortemente l'andamento dell'intera economia e la situazione attuale gravosa di paesi come La Grecia, L'Irlanda, Il Portogallo e a breve anche l'Italia è un chiaro segno di questa perversa logica economica. Ora i Paesi per “rientrare nei conti pubblici imposti a livello europeo” devono adottare misure di austerità; ciò vuol dire più tasse per i cittadini e meno spesa dello Stato a favore di essi. L'Unione europea ha permesso, grazie alla sua struttura poco democratica, l'infiltrazione di queste lobbies che condizionano pesantemente le decisioni politiche che valgono per tutti gli Stati membri. Cosa muove queste lobbies, da cosa sono animate? Da vecchie conoscenze del genere umano: il potere, il ritorno economico spregiudicato basato sullo sfruttamento degli ultimi e degli ignari, insomma le cause sono quelle articolazioni ataviche che da sempre hanno caratterizzato l'Ego ipertrofico umano; i soldi e il potere.

Le tentazioni con cui il male afferra l'Io e lo sconvolge, lo intontisce, lo rende limitato e spietato. Il nemico per queste logge, per queste “associazioni di oscuri interessi” è il concetto di  centralità della Persona (loro vorrebbero un individuo, un soggetto anonimo reso uguale a tutti gli altri), gli alleati del nemico sono la rettitudine, la conoscenza, il diritto, la struttura democratica. Il “male” è infine la persona umana conscia dei propri diritti e pronta a battersi per ideali di Giustizia e Verità. Ecco perchè il Cristianesimo viene eliminato dalle agende, perchè il Cristianesimo è l'affermazione della figura umana nella sua più completa e piena dignità, è la realizzazione del “progetto uomo” che Dio ha concepito per la sua creatura.

Ora caro Padre le chiedo se per sconfiggere il Male, soprattutto se organizzato in modi oscuri e subdoli,  se caratterizzato da contorni confusi, da un alone di istituzionalità, di legalità, di serietà... basta veramente fare nel nostro piccolo ciò che bisognerebbe fare a livello macroscopico. Mi spiego, per sconfiggere le ingiustizie, infine il Male, basta veramente comportarsi in maniera “giusta” nella propria quotidianità? Io mi sto convincendo che questo non basti, che se oggi una persona rimane onesta e retta ma coltiva solamente il proprio orto (anche se questo è quello che gli è stato affidato) non si riuscirà a scalzare, non si riuscirà ad estirpare quei pochi fasci di erba cattiva che ci sovrastano, che “tirano i fili” della nostra società, che possono impunemente cancellare dalle agende le festività della più grande rivoluzione divina-umana che si sia mai compiuta, l'unica che non è mai terminata, l'unica che ha generato (a partire da rivelazioni divine, per chi ci crede) i criteri di Fratellanza, di Giustizia, di Eguaglianza a cui si ispirano tutte le strutture democratiche.

Cancellare il Cristianesimo oggi significa cancellare la nostra cultura, i nostri Stati, il Diritto, i Diritti Umani, il lavoro onesto, vuol dire infine cancellare l'Uomo stesso. Secondo lei dobbiamo attendere l'aiuto divino? Ci deve bastare saper che, alla fine, il Male non trionferà? Nel frattempo però i più “furbi” spadroneggiano, i “potenti” vivono sulle spalle dei deboli, le persone soffrono ora la povertà, l'umiliazione di non poter lavorare, il degrado culturale e l'aridità spirituale che vengono loro imposte.

La mia domanda infine è questa, perchè è così' facile “organizzarsi” e imporsi per il Male e invece così arduo per il Bene? La vittoria del Bene sul Male non è di questo mondo? Dobbiamo attendere un paradiso celeste per porre fine all'ingiustizia? Cristo non ci ha insegnato che il regno dei cieli può fiorire di già nel cuore degli uomini, possiamo sforzarci di lottare per migliorare adesso e qui quello che ci sta intorno, o è una battaglia senza speranza?

Grazie per aver letto il mio sfogo, una volta iniziato a scrivere, mi sono lasciato “prendere la mano”.

Salvatore

 

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09/01/2011 17:48
 
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Dottrina sociale l’alternativa sconosciuta

Mons. Luigi NEGRI, Vescovo di San Marino
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Strumento di evangelizzazione, baluardo di libertà, difesa dal totalitarismo: la Dottrina Sociale della Chiesa è ancora poco conosciuta. Spunti per una riflessione.
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In epoca moderna si è imposto un progetto culturale, sociale e politico che ha concentrato i valori più alti (religiosi, morali, culturali, civili) nello Stato totalitario. Gli esiti sono stati, a dir poco, drammatici e funesti: basti pensare al regime marxista-leninista dell'Unione Sovietica, al fascismo italiano e al nazismo tedesco. Non v'è da stupirsi più di tanto se tale progetto, sostanzialmente ateistico, consideri la Chiesa una scomoda presenza, una acerrima nemica da relegare all'opposizione, limitare nella libertà o, nei casi estremi, persine da eliminare.
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Ciò premesso, si comprende bene come la Dottrina Sociale della Chiesa (DSC) nasce, innanzitutto, dalla sua consapevolezza di rappresentare una concezione cristiana e cattolica “tradizionale” che vuoi farsi presente concretamente, in aperta dialettica con quella laicista “moderna” e contemporanea. Proprio con la DSC, la Chiesa si assume il compito di affermare l'esistenza di un modo diverso di considerare la persona umana, la ragione, la famiglia, la società e lo Stato.
È compito della Chiesa affermare con chiarezza e sostenere con forza quella visione dell'uomo e della realtà, attestata da una tradizione di fede due volte millenaria e radicata addirittura nella Rivelazione divina in Cristo. E poiché nella politica si gioca l'intera visione dell'uomo, è ovvio che la Chiesa subisca l'attacco da parte di chi vuole imporre un progetto totalmente estraneo alla sua. Resta il fatto che la DSC è il più serio tentativo della presenza missionaria della Chiesa: essa mira a far incontrare con la fede l'uomo concreto, con le sue problematiche storiche, personali e sociali. Se non l'avesse fatto, avrebbe vanificato la fede e tradito l'uomo. La DSC attinge dalla Sacra Scrittura, “utile - scrive san Paolo - per insegnare, convincere, correggere e formare, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona” (2 Tim 3,16). E la Tradizione vivente della Chiesa trova nella Parola scritta insegnamenti fondamentali che riguardano la persona umana e la sua irrinunciabile dimensione sociale.
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Pur tenendo conto dei diversi contesti socio-culturali nei quali si sono venuti a trovare il popolo dell'Antica Alleanza, Gesù e la Comunità primitiva, il teologo morale trova nella Legge, nella Profezia e nella Sapienza, contenute nella Parola rivelata e nella Tradizione ecclesiale, molti punti acquisiti e qualificanti il Magistero Sociale della Chiesa. Gli esempi non mancano: la sacralità di ogni persona creata ad immagine e somiglianza di Dio, la sua natura sociale, la carità come legge nuova del discepolo che perfeziona la giustizia; l'esigenza di spazi adeguati per vivere liberamente la propria sequela di Cristo anche con tutti i fratelli della comunità ecclesiale; la dignità e i significati del lavoro, la destinazione universale dei beni e il diritto di proprietà; il primato del Regno di Dio nei confronti di ogni realtà o istituzione terrena, la reale possibilità della Chiesa di svolgere la sua missione dando a Dio quel che è di Dio, ecc.
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Dunque, come si può ben intuire, la DSC si radica nella specifica missione evangelizzatrice della Chiesa e costituisce strumento imprenscindibile e parte integrante della “nuova evangelizzazione”. La DSC appartiene all'ambito della teologia morale, riceve la sua originale identità dalla Rivelazione stessa e assume da questa peculiare disciplina teologica fonti e metodo. Ne consegue che i principi di riflessione, le direttive d'azione, i criteri di giudizi contenuti nella DSC non appartengono, dunque, al campo ideologico delle elaborazioni, teorie o sistemi socio-politici; e non forniscono soluzioni tecniche ai problemi sociali di ogni tempo e luogo. Essa consiste, insegna Papa Giovanni Paolo II, nella “accurata formulazione dei risultati di una attenta riflessione sulle complesse realtà dell'esistenza dell'uomo e della società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della tradizione ecclesiale. Suo scopo principale è di interpretare tali realtà, esaminandone la conformità o la difformità con le linee dell'insegnamento del Vangelo sull'uomo e sulla sua vocazione terrena e insieme trascendente: per orientare, quindi, il suo comportamento cristiano” (Sollicitudo rei socialis, 41).

Si può capire facilmente, allora, come la DSC, già contenuta nell'insegnamento apostolico e senz'altro in quello dei Padri della Chiesa e dei teologi medioevali, si è sviluppata con il susseguirsi degli avvenimenti storici. Per sua natura poi, essa realizza la sua efficacia storica nella misura in cui tutta la comunità ecclesiale diviene responsabile testimone della rilevanza sociale del Vangelo: “Tale insegnamento diventa tanto più accettabile per gli uomini di buona volontà quanto più profondamente ispira la condotta dei fedeli” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2422).
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Anche in questo campo, infatti, è accertata convinzione della Chiesa che la “natura” e la “grazia”, la “ragione” e la “fede” non si contrappongono, ma si esigono, si illuminano e si rafforzano a vicenda. Le società mutano in continuazione, ma la Chiesa non può rinunciare ad essere presente ed esercitare la sua missione. In tal senso, la DSC altro non è che uno strumento della sempre “nuova evangelizzazione”, che mira a far si che ogni uomo possa trovare in Cristo la propria verità e salvezza. Alla “nuova creatura”, nata dall'incontro con Cristo, è dato anche un nuovo orizzonte di conoscenze e di azione, entro il quale potrà dare soluzione anche ai suoi problemi sociali; non senza una seria elaborazione culturale e in costante corretto dialogo con ogni uomo di buona volontà.
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Purtroppo, nella rigorosa scristianizzazione operata nella società moderna e contemporanea, l'Avvenimento salvifico cristiano è stato sistematicamente sostituito con la concezione dell'uomo che basta a se stesso e che si realizza in un “progetto ateistico” (Centesimus annus, n. 23). A tale impostazione antropologica non potevano che opporsi gli interventi del Magistero ecclesiale dell'ultimo secolo. L'hanno fatto con la denuncia e con la proposta; seguendo un metodo più deduttivo o più induttivo, esortando al discernimento e a partire dall'uomo. L'hanno fatto ribadendo punti fondamentali, che costituiscono un “corpus” articolato e organico di tutto rispetto. Li richiamiamo in estrema sintesi. In primo luogo: priorità della persona sulla società. La persona umana consiste ed è ben definita solo a partire dal suo rapporto con Dio, al quale è naturalmente aperta e del quale è creata immagine e somiglianza. Creata per se stessa, non può mai essere ridotta a mezzo; ha dignità infinita, è soggetto di diritti inalienabili; deve restare alla radice, al centro e al vertice di ogni forma di socialità. Dall'incontro con Cristo, la persona riceve una novità ontologica e un nuovo principio di conoscenza e di azione. Tutto ciò evita che sia ridotta a frammento della materia fisica o a numero anonimo di qualsiasi colletti-vismo. Le situazioni culturali, socio-economiche e politiche, dei diversi tempi e luoghi, poco o tanto la condizionano; ma non la determinano mai del tutto. Con la sua libertà creativa intrattiene relazioni e costruisce una società al suo servizio. Una società e uno Stato sono realmente democratici nella misura in cui riconoscono e si pongono al servizio della libertà di questo tipo di uomo, e innanzitutto della libertà di professare anche comunitariamente la propria religione.
In secondo luogo: preminenza della società sullo Stato. La persona umana per sua natura è anche un essere sociale, data la sua innata indigenza e la sua connaturale tendenza a comunicare con gli altri. Ne consegue che per la crescita integrale della persona è necessaria la partecipazione e l'integrazione sociale; ma qualsiasi forma di società civile deve restare sempre al servizio della persona. Le persone si esprimono e crescono, dando liberamente origine a diverse forme di società dette “organismi intermedi”: famiglia, associazioni el forme di cooperazione educative e lavorative, enti locali, ecc. Il potere politico, il diritto e le strutture economiche sono al loro servizio e ne integrano le insufficienze in vista dell bene comune.
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Ne deriva che lo Stato liberale non deve confinare nella sfera privata el individuale i valori etici, religiosi, ideali del cittadino; lo Stato totalitario non deve asservire, concentrare, dominare ogni valore ed iniziativa sociale; lo Stato sociale, del benessere, assistenziale, non può tollerare un vuoto istituzionale, giuridico e politico.
In terzo luogo: la Chiesa non è subordinata allo Stato. La sbandierata formula “libera Chiesa in libero Stato” è servita, di fatto, ad intendere la distinzione e la separazione della Chiesa dallo Stato come assorbimento della Chiesa nello Stato. Lo Stato liberale (e ancor più quello totalitario) ha preteso di concedere diritto ad esistere e di normare ogni espressione ed opera esterna e sociale dell popolo cristiano. La Chiesa è stata ridotta ad una funzione pedagogica e morale, sempre all'interno dello Stato, come parte integrante di esso, come “strumento del regno”. Ciò è avvenuto dai tempi di Machiavelli, della formula “cuius regis, eius et religio”, della Costituzione civile del clero, dei recentemente caduti regimi dell'Est europeo, ecc.
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La Chiesa ha sostenuto la distinzione tra Chiesa e Stato dai tempi del Decreto di Papa Gelasio I (+ 496) al Concilio Vaticano II. La dimensione religiosa e quella politica non sono realtà omogenee. Quella religiosa appartiene alla libertà di coscienza delle persone; non tocca mai allo Stato laico stabilire cosa si deve credere o modificare, tanto meno impedire di professare la propria fede. Se ciò avvenisse, il cristiano è tenuto ad obbedire prima a Dio che agli uomini (cfr At 4,19). Sostenendo questo la Chiesa ha rappresentato in questo ultimo secolo la più tenace alternativa al totalitarismo di Stato, teorizzato e tragicamente realizzato. Sono in molti, pertanto, a doverle gratitudine.
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BIBLIOGRAFIA

Luigi Negri, Chiesa e missione, Itaca, Castel Bolognese (RA) 1999.
Luigi Negri, Il magistero sociale della Chiesa, Jaca Book, Milano 1994.
Giovanni Paolo II, Centesimus annus, Città del Vaticano 1991.
Giovanni Paolo II, Sollicitudo nei socialis, Città del Vaticano 1987.
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16/01/2011 09:39
 
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Un uomo, un Papa.

Per noi cristiani non sono gli ecclesiastici a fare i santi, ma è Dio (la Chiesa semplicemente li riconosce e invita a farsi loro amici).

I santi sono anzitutto uomini veri, la cui persona è resa affascinante, autentica, meravigliosa dall’amicizia con Gesù.

La loro vita però è un messaggio accorato di Dio a una certa generazione, a un’epoca e poi – più ampiamente – anche a tutte le altre.

Allora la beatificazione di Karol Wojtyla impone anzitutto questa domanda: cosa ha voluto dire Dio all’umanità del XX e del XXI secolo mandando un uomo così?

Perché quest’uomo è stato addirittura prefigurato e accompagnato da tanti segni anche soprannaturali ed è stato posto davanti al mondo intero con la sua elezione come Vicario di Cristo e con uno dei pontificati più lunghi della storia?

Secondo me il Cielo ha voluto dirci anzitutto due cose decisive.

Primo messaggio

Per capire la prima bisogna tornare a quel 16 ottobre 1978. Il pontificato di Paolo VI – apertosi con le luminose speranze del Concilio – si era concluso, come lui stesso dichiarò amaramente, sotto neri nuvoloni.

La tempesta che aveva colpito la Chiesa era gravissima. Il post-concilio e il Sessantotto furono dirompenti.

Circa 70 mila sacerdoti lasciarono l’abito, la pratica religiosa crollò verticalmente, l’anarchia e la contestazione nel mondo ecclesiastico sostituirono l’obbedienza, i cattolici – come disse Ratzinger – si trovarono portati qua e là da ogni vento di ideologia.

La solitudine dell’anziano papa Montini fu resa ancor più drammatica dall’esplosione della violenza politica e del terrorismo in Italia, un paese dilaniato dai conflitti.

La sensazione generale era che la Chiesa e il papato fossero ormai allo stremo e che il cattolicesimo fosse diventato residuale, una cosa per vecchiette e per bambini.

La sera del 16 ottobre 1978 quando quell’uomo giovane e vigoroso si affacciò col suo sorriso alla terrazza di San Pietro, infrangendo subito tutti i cerimoniali, con la libertà e la serena forza di chi è stato destinato fin dalla nascita a una missione grandiosa, tutti, perfino i più lontani dalla Chiesa, capirono che era accaduto qualcosa di inaudito.

Tutti rimasero a bocca aperta davanti al Papa venuto dall’Est, intuendo che era l’alba sorprendente di un giorno nuovo e che sarebbero accadute cose inimmaginabili. Dio stava “parlando”.

E papa Karol ci ha incantati subito. Ha catturato i cuori soprattutto della mia generazione e di tutte le nuove generazioni che si sarebbero affacciate sulla scena da allora in avanti: finalmente un uomo vero!

Di tutti i personaggi costruiti dai media, o comunque dal potere, chi poteva reggere il confronto? Assolutamente nessuno. E infatti per ventisette anni si sono visti, sulle tv del mondo intero, tutti i potenti dei più diversi stati e regimi che davanti a lui apparivano impacciati e insicuri come scolaretti.

Tutti ne subivano il fascino, tutti (a cominciare da Gorbacev che pare abbia addirittura pianto) si sentivano in soggezione nonostante il calore umano e la cordialità di quell’uomo.

Milioni di giovani sono corsi a incontrarlo ai quattro angoli del pianeta, incantati da un uomo che sentivano finalmente come padre vero, che comprendeva il loro desiderio di felicità, che svelava loro il senso della vita e che lo testimoniava con eroismo, con umanità e con gioia. Incantati dalle sue parole e soprattutto dalla sua persona, dalla sua libertà.

Era totalmente diverso dal cliché clericale, secondo cui i cristiani sono ometti impauriti dalla vita.

Era il papa che a vent’anni era stato operaio, poeta, attore di teatro, “combattente” nella tragedia della sua terra invasa da nazisti e comunisti e devastata; il Papa che poi era stato seminarista clandestino, giovane prete che amava andare in montagna con i suoi studenti e amava sciare e nuotare, il papa che era stato un intrepido vescovo quarantenne che si era opposto agli abusi della tirannia comunista a Cracovia e che poi ha partecipato al Concilio e poi è stato il ciclone che ha abbattuto il moloch planetario del comunismo, con la forza inerme della sua testimonianza, il papa che ha sfiorato più volte il martirio.

Ebbene quest’uomo dalla vita leggendaria, che ha percorso tutti i continenti, era la prova vivente che l’amicizia di Gesù rende più uomini e non meno uomini. Rende più autentici, più liberi, più umani, più ragionevoli, più felici.

Secondo messaggio

La seconda cosa che il Cielo ci ha detto mi pare la seguente: quest’uomo è il santo della Chiesa del silenzio, della Chiesa dei martiri, del secolo in cui si è perpetrato il più grande macello di cristiani in duemila anni di storia.

Egli appare anzitutto come il sigillo di Dio sull’età del comunismo. Sul secolo che ha visto consumarsi l’esperimento criminal-politico più vasto, duraturo e sanguinario della storia per l’eliminazione di Dio e della Chiesa dal mondo.

Giovanni Paolo II che sale agli onori degli altari dimostra che si realizza la profezia della più grande profetessa di tutti i tempi, Maria di Nazaret, quando proclamò: “Dio abbatte i potenti dai troni e innalza gli umili”.

Con la glorificazione di quest’uomo, che ha conosciuto sulla sua pelle il totalitarismo nazista e quello comunista e che ha rischiato il martirio per mano degli uni e degli altri, la Chiesa – in qualche modo – glorifica milioni e milioni di martiri del nostro secolo che sono stati massacrati nei Gulag, nei lager e in mille altri modi e il cui nome è scritto nei cieli, ma resta ignoto sulla terra.

Soprattutto quei martiri del comunismo che la Chiesa stessa – prima di Wojtyla – si vergognava di nominare, di celebrare e di indicare alla venerazione del popolo, per soggezione verso la prepotenza ideologica del comunismo mondiale.

La stessa soggezione che indusse qualche sventato ecclesiastico a evitare, al Concilio, con metodi scorretti, la condanna del comunismo, richiesta dai vescovi dell’Est europeo.

E’ evidente infatti che il comunismo per la Chiesa è stato una tragedia di natura teologica, come hanno dimostrato fior di pensatori, a cominciare da Augusto Del Noce. Del resto tutti i pontefici ne hanno denunciato la natura satanica e soprattutto lo ha fatto la Madonna a Fatima.

Il suo pontificato stesso, trascorso sotto il segno di Maria, è stato il capolavoro della Madonna che lo ha accompagnato da Medjugorije con le più lunghe apparizioni pubbliche di tutti i tempi.

Gratitudine

Giovanni Paolo II è stato infatti il Papa che ha re-insegnato alla cristianità la grandezza, la bellezza e la potenza della Madonna.

E questo è stato decisivo per la Polonia (che si riprese la sua libertà, ai cantieri di Danzica, inalberando l’icona della Madonna di Chestokowa) e grazie alla Polonia per tutto l’Est europeo e per il mondo.

Dunque bisogna prendere esempio da Giovanni Paolo il Grande, dal suo coraggio che gli faceva gridare a nome delle vittime davanti a tutti i tiranni.

E bisogna affermare a chiare note – senza timidezze – che oggi viene beatificato il Papa che – dopo aver denunciato la natura satanica del comunismo – con la forza della fede lo ha abbattuto.

Anche per questo è un santo a cui tutta l’umanità deve essere grata. Perché – come ho dimostrato, carte alla mano, nel mio libro (in queste poche righe sarebbe impossibile) – abbattendo il comunismo, per una via miracolosamente pacifica, egli ha probabilmente scongiurato una nuova (e stavolta fatale) guerra mondiale.

Attraverso di lui la Madonna ha salvato l’umanità da una autodistruzione che sarebbe stata definitiva.

 

Antonio Socci

 

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25/02/2011 22:50
 
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Nota bene: La Notizia che segue ha dell'incredibile. Si sconsiglia comunque molto vivamente di NON lasciare le terapie ordinarie; tutt'alpiù si può usare questo metodo di cura in affiancamento alle cure normali prescritte dai medici.

PADRE ROMANO ZAGO (francescano).
IL MIRACOLO DELL'ALOE E DEL MIELE
Mezzo Chilo di miele di api (miele puro, autentico), due foglie grandi o tre piccole di
aloe vera, tre o quattro cucchiaiate di arak (o wisky o cachaca brasiliana o tequila
mexicana o grappa italiana). Il tutto immesso nel frullatore, naturalmente dopo aver
levato la polvere dalle foglie e le spine dall'aloe. Ne viene fuori una crema. Con questa
crema il frate gaucho del convento francescano di Betlemme ha guarito molti dal
cancro. Proprio cosi: ha guarito molti dal cancro.
Se lo andate a trovare nel suo convento di Betlemme non vi aspettate di incontrare una
sagoma eccezionale: magari una barba folta e ispida, occhi che vi scrutano con luce
sinistra, da mago. Nel suo laboratorio nessun alambicco, nessun formulario misterioso.
Anzi nessun laboratorio. Nemmeno il frullatore in proprio: se lo fa imprestare, quando
occorre, dalla suora addetta alla cucina del convento. Non è un mago, né un
taumaturgo, ne' un medico.
Padre Romano Zago, francescano brasiliano, all'anagrafe di Lajeado in diocesi di
Porto Alegre classe 1932, di radice italiana, attualmente in servizio alla Custodia di
Santa è di normale trasparenza. Semplice é, affabile. Affidabilissimo. Maestro di
formazione dei giovani frati che seguono il corso di studi filosofici 4ello studentato di
Betlemme, prima di passare al seminario Teologico Internazionale del Convento di
San Salvatore in Gerusalemme. Qui come a Betlemme Padre Romano è anche
professore di lingua latina.
NE' MEDICO, NE' MAGO, NE' TAUMATURGO
Se non è medico, né taumaturgo, né mago da dove gli viene tanta "sapienza"?. E'
andato a scuola dai poveri. "Dalle mie parti in Brasile, la gente più quella che non può
permettersi il lusso di accesso ai ritrovati sofisticati e cavillosi e costosissimi, e così
spesso inefficaci, della moderna medicina, va direttamente dal buon Dio, che ha creato
le erbe e, fra queste, l'aloe vera. Che si trova dovunque, anche lungo il ciglio della
strada e che Padre Romano ha imparato dalla sua gente a riconoscere.
Se gli domandate se è vero che guarisce dal cancro, vi risponderà che "anche tu puoi".
"Chiunque può farlo. La forza misteriosa è in madre natura, quindi, alla portata di tutti.
Dunque: frullatore, aloe, miele, arak. Frullare fortemente e agitare bene prima dell'uso:
i componenti dell'infuso medicinale debbono fondersi tra loro. Tre cucchiai da tavola
tre volte al giorno, prima dei pasti. Uno al mattino presto, uno a mezzogiorno, uno alle
sera. Un quarto d'ora prima dei pasti è sufficiente. Conviene osservare un buon spazio
di tempo fra il momento d'ingerire la medicina e la refezione precedente. A digiuno, le
pepsine dell'organismo bramano entrare in azione: portare la medicina agli estremi
confini del corpo. La cura dura normalmente dieci giorni".
Non si può pretendere di guarire subito. Padre Romano ci tiene a non favorire illusioni
miracolistiche. Se la prima cura non ha raggiunto un effetto di guarigione totale, "il
paziente dovrà sottoporsi ad una nuova serie di esami, per vedere la necessità o meno
di una seconda, terza o quarta dose, fino alla guarigione totale". Spesso alcuni pazienti
si sentono subito meglio. Ciò non è segno di avvenuta guarigione. Saranno gli esami a
dimostrare l'entità dell'avvenuto miglioramento. Occorre pazienza e perseveranza.
L'efficacia dell'infuso è sicura, e forte su qualsiasi tipo di cancro, sia esterno che
interno: cancro della pelle, della gola, del seno, dell'utero, della prostata, del cervello,
del fegato, dell'intestino, ecc. L'esperienza del P. Romano registra casi di guarigione
della stessa leucèmia.
Tutto può sembrare troppo semplice per essere vero. E' così, infatti. "La spiegazione è
molto semplice" insiste P. Romano, per nulla disarmato dall'ombra d'incredulità che
vede nei vostri occhi. "L'infuso opera una radicale pulizia dell'organismo attraverso il
miele, cibo che raggiunge l'angolo più lontano del nostro corpo. A sua volta l'aloe viaggia nel miele con il suo grande potere cicatrizzante: l'alcool aiuta a dilatare i vasi
sanguigni e favorire questo viaggio di pulizia generale. Il sangue si purifica lentamente
in dieci giorni". Si comprende come l'infuso contenga un'azione anche preventiva del
male: "col sangue "pulito" tutto l'organismo cammina bene: come una macchina con
combustibile della migliore qualità".
UN MIRACOLO CHE POTETE FARE ANCHE VOI
Il primo caso di guarigione del cancro risale a sei anni fa. Un uomo anziano con
cancro alla prostata in fase ultimale. I medici lo avevano messo "in uscita"
dall'ospedale: non c'era più nulla da fare. P. Romano viene chiamato per amministrare
gli "ultimi Sacramenti". Amministra regolarmente i Sacramenti: poi suggerisce la sua
cura. L'anziano signore è ancora vivo e vegeto, con i suoi tranquilli ottanta anni.
La pia suora delle Francescane missionarie del Cuore Immacolato di Maria di Aida
(Betlemme) non fece in tempo a sapere della medicina del P. Romano e la confezione
preparata andò a finire in fondo a un cassettone. Finché l'infermiera delle suore, Suor
Silvana, non venne a sapere del cancro di un'amica. Sr. Silvana si ricordò della
medicina in fondo al cassettone. L'amica e guarita in pochi mesi. E' viva e di buon
umore: può raccontare lei stessa la propria storia.
Uno dei due segretari della Scuola di Terra Santa di Betlemme aveva il cancro alla
gola. Gli era rimasto meno di un filo di voce. Il Direttore della Scuola P. Raffaele
Caputo, ricorse a P. Romano il quale andò dall'amico comune armato di una bella
confezione del suo "sciroppo". In due mesi il segretario ha riacquistato la sua voce
normale e ripreso il suo posto di lavoro. Padre Caputo ne è testimone. Eh si che questi
frati sono duri e tardi di cuore a credere!.
Padre Romano racconta tutto con molta serenità, quasi con distacco. Ma quando parla
Padre Romano carezza con gratitudine la più piccola aloe dell'orto dei frati del
convento di Betlemme.
Del caso di Geraldino si emoziona visibilmente. Geraldino è un bambino argentino di
cinque anni, malato di leucemia. Tentata ogni via possibile nel suo paese, gli stessi
medici ripongono un filo di speranza in un'operazione di trapianto di midollo.
Intervento realizzato con successo in Spagna, a Barcellona. In realtà il successo è di
breve durata. Il male si riaffaccia a far perdere ogni speranza agli stessi medici e a
gettare nella più comprensibile costernazione i genitori. Questi, profondamente
credenti, intraprendono un pellegrinaggio in Terra Santa. Stanno in preghiera davanti
alla Grotta della Natività proprio nell'ora della quotidiana processione dei frati
francescani. Tra i frati salmodianti c'è anche il P. Romano, che si accosta ai desolati
genitori e ne riceve l'angosciata confidenza. Il padre non promette nulla, ma
suggerisce la sua cura: una prima dose per un primo mese. Geraldito esegue alla
perfezione. Trascorso il mese, è lì alla Grotta, in processione con i genitori e il fratello
che aveva donato il midollo per il trapianto: tutti dietro ai frati in canto. Sta già molto
meglio. P. Romano propone un'altra dose per un altro mese. Ma prima ancora dello
scadere del mese Geraldito e i suoi possono ripartire per l'Argentina. Il bambino è
guarito. Padre Romano Zago ha ragione di commuoversi ancora al ricordo.
Tutto il suo racconto è improntato su una grande semplicità. Non solo accetta, ma ha
piacere che se ne parli anche sulla nostra rivista. Non per sé, che non si considera - lo
abbiamo già detto ­ né guaritore, né qualcosa di anche lontanamente simile. Non
accetterebbe mai nessuna gratifica, di nessun genere. Ma per rendere giustizia alle
medicine esposte nella farmacia del Buon Dio: l'aloe, il miele delle api, i distillati vari
che aprono al miele le vie del sangue. E soprattutto perché molti sappiano che dal
cancro si può guarire.
Ricordatelo: non gridate al miracolo. E se è miracolo, potete farlo anche voi.
"E' una cosa semplice!", grida P. Romano, mentre parte con il suo pulmino, per il
carico settimanale di frutta e verdura, al piccolo mercato arabo, accanto alla Tomba di Rachele, sulla via dei Patriarchi.
[Modificato da Coordin. 10/04/2011 23:15]
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26/03/2011 18:56
 
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Contro questa guerra (dis)umanitaria

Posted: 26 Mar 2011 12:49 AM PDT

“La violenza non instaura il regno dell’umanesimo. E’ al contrario uno strumento preferito dall’anticristo – per quanto possa essere motivata in chiave religioso-idealistica. Non serve all’umanesimo, bensì alla disumanità”.

E’ un pesantissimo giudizio di Benedetto XVI ed essendo contenuto nel libro appena uscito, “Gesù di Nazaret”, diventa inevitabile associarlo alla cosiddetta “guerra umanitaria” appena scatenata – a suon di bombe – contro la Libia di Gheddafi.

Anche perché è sempre più chiaro che questo Papa parla direttamente tramite il suo insegnamento e non attraverso la diplomazia vaticana (che peraltro è sempre più assente e lo è stata anche in questa circostanza).

Il giudizio del libro del Pontefice va accostato infatti alle specifiche parole sulla Libia pronunciate da Benedetto XVI nell’Angelus del 20 marzo: “chiedo a Dio che un orizzonte di pace e di concordia sorga al più presto sulla Libia e sull’intera regione nord africana”.

Poi ha aggiunto: “rivolgo un pressante appello a quanti hanno responsabilità politiche e militari, perché abbiano a cuore, anzitutto, l’incolumità e la sicurezza dei cittadini e garantiscano l’accesso ai soccorsi umanitari. Alla popolazione desidero assicurare la mia commossa vicinanza”.

Questo appello va letto con le dichiarazioni del vescovo di Tripoli contro i bombardamenti sulla città scatenati dai “volenterosi” senza prima tentare nessuna mediazione. Monsignor Martinelli con saggezza ha auspicato, attraverso le organizzazioni internazionali, trattative politiche che sostituiscano l’uso delle armi.

Naturalmente non bisogna confondere la posizione della Chiesa, espressa da papa Ratzinger e da monsignor Martinelli, con l’ideologia del pacifismo assoluto.

Infatti si sa che il pensiero cattolico ha elaborato da tempo la dottrina della “guerra giusta”, che legittima – in certi particolarissimi casi – l’uso della forza. Per autodifesa o per la difesa di inermi.  

Ma Benedetto XVI, coerentemente con tutto il magistero dei papi del Novecento, tende a restringere sempre più la casistica della “guerra giusta”.

Anche perché la storia recente dimostra quanto scivolosa e ambigua sia la categoria di “guerra umanitaria”, che spesso copre interessi inconfessati e inconfessabili.

Come accade peraltro nel caso della “guerra libica”, dove sono in tanti ad aver mestato nel torbido, magari fomentando le rivolte per poi poter intervenire militarmente e mettere le mani sul petrolio libico.

Inoltre, anche se ci sono casi in cui la dottrina cattolica ammette l’uso della forza, per la Chiesa tale uso della forza deve essere assolutamente proporzionato alle necessità e deve rigorosamente puntare a ottenere il massimo risultato col minimo danno.

Ovvero: non è legittimo – con la scusa della guerra in difesa di inermi – scatenare distruzioni e massacri peggiori di quelli che si pretendeva di evitare.

Questo è anche il motivo per cui non è lecito scatenare guerre a destra e a manca contro tutti i regimi che calpestano i diritti umani: il rimedio finirebbe per essere peggiore del male. L’esperienza storica dimostra che è attraverso la politica, gli accordi, i trattati, la cooperazione, il dialogo che si può ottenere anche un’evoluzione dei regimi dittatoriali.

E la storia del Novecento dimostra che è possibile uscire dalle tirannie (di destra come di sinistra) senza stragi, guerre e spargimento di sangue. Questa, per la Chiesa, è la strada da percorrere.

Colpisce che papa Ratzinger ancora una volta evochi la figura dell’anticristo, come ha già fatto molte volte nel suo pontificato (pure nelle encicliche), associandola all’inganno ideologico dei “nobili ideali”.

L’idea che l’anticristo si ammanti di apparenze idealistiche o umanitarie per scatenare, in realtà, il male è un pensiero ricorrente di papa Ratzinger ed è anche un’antica premonizione della tradizione cristiana.

Anzi, uno dei pericoli che papa Ratzinger denuncia con più vigore è la copertura “religiosa” che da più parti si è tentati di dare alla violenza.

Infatti il brano del libro del Papa, letto per esteso, va molto al di là del caso attuale della guerra libica e – in un certo senso – è ancora più esplosivo.

Il primo bersaglio sono le cosiddette “teologie della rivoluzione” (che ben prima e ben più della “teologia della liberazione” considerarono Gesù come un “rivoluzionario politico”).

Secondo Benedetto XVI queste teorie assimilano Gesù agli zeloti del suo tempo, ovvero a quel partito fondamentalista che strumentalizzava l’attesa messianica di Israele per fomentare un’avventuristica rivolta armata all’occupazione romana: alla fine ci riuscirono (con dei messia fasulli) e i romani massacrarono il popolo ebraico, lo dispersero e distrussero Gerusalemme e il Tempio.

Dunque certe teologie politiche rivoluzionarie degli anni Sessanta pretendevano di far passare Gesù per uno zelota, un rivoluzionario, che per questa sua rivolta politico-sociale sarebbe stato ucciso.

Oggi – scrive il Papa – “si è calmata l’onda delle teologie della rivoluzione che, in base ad un Gesù interpretato come zelota, avevano cercato di legittimare la violenza come mezzo per instaurare un mondo migliore – il ‘Regno’.

I risultati terribili di una violenza motivata religiosamente stanno in modo troppo drastico davanti agli occhi di tutti noi. La violenza non instaura il regno di Dio, il regno dell’umanesimo.

E’, al contrario, uno strumento preferito dall’anticristo – per quanto possa essere motivata in chiave religioso-idealistica. Non serve all’umanesimo, bensì alla disumanità”.

Il Papa afferma dunque che Gesù era all’opposto di tutto questo: “il sovvertimento violento, l’uccisione di altri nel nome di Dio non corrispondeva al suo modo di essere”. Egli sarà infatti “il re della pace”.

Ratzinger mostra che è proprio la vittima, il Crocifisso (con i crocifissi) a cambiare la condizione umana e il mondo con l’amore. E non i crocifissori con la forza e con la violenza.

Questo passo del libro del Papa torna dunque sul tema dell’ “esplosivo” discorso di Ratisbona, sul possibile legame fra religione e violenza, ma sottolineando che vale per tutti perché tutti – non solo i musulmani – possono essere tentati di giustificare la violenza con motivazioni religiose. Perfino i cristiani lo hanno fatto.

Fra gli spunti nuovi c’è l’evocazione, in questo contesto, pure della cultura umanistica e umanitaria.

Perché anche in nome dell’umanesimo, in nome di nobili ideali o della causa umanitaria si può giustificare la violenza. Ma è egualmente arbitrario e, afferma il Papa, “non serve all’umanesimo. Bensì alla disumanità”.

Una riflessione per tutti i tempi. Ma che, nel caso specifico, a mio avviso, boccia la “guerra libica” così come è esplosa e si è svolta finora.

 

Antonio Socci

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08/04/2011 19:39
 
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 Il premio di Napolitano per la Littizzetto, invece il dileggio per i preti che si fanno in quattro nel servire i più poveri…

I cattolici sono indignati con Rai 3. Si sentono bersagliati ingiustamente e si sono stancati di subire in silenzio.

Prendo a simbolo un giovane prete, che chiamerò don Gianni, un bravissimo sacerdote che – fra le altre cose, insieme ad altri – si fa in quattro e dà letteralmente la vita, per aiutare immigrati, emarginati, “barboni” e tossicodipendenti.

L’ultimo episodio che ha fatto indignare lui e molti altri come lui, è stata l’incredibile invettiva contro la Chiesa fatta da Luciana Littizzetto a “Che tempo che fa”, domenica sera (che sta pure su Youtube).

E’ considerato un caso emblematico della tendenza di Rai 3, la rete simbolo dell’Italia ideologica. Il programma è quello di Fabio Fazio, programma cult della sinistra salottiera.

E’ noto che ogni domenica sera la Littizzetto fa le sue concioni  avendo come spalla lo stesso Fazio.

Ebbene domenica, parlando di Lampedusa, a un certo punto – senza che c’entrasse nulla – la Luciana si è lanciata in un attacco congestionato contro la Chiesa, a proposito dell’arrivo dei clandestini tunisini, e ha urlato ai vescovi “dicano qualcosa su questa questione”.

I vescovi, a suo parere, stanno sempre a rompere “e adesso stanno zitti… fate qualcosa! Cosa fanno?”.

A me pare che non esista affatto l’obbligo per la Chiesa di farsi carico di tutti i clandestini che vengono dall’Africa.

In ogni caso il quotidiano dei vescovi, Avvenire, ieri ha sommessamente obiettato alla Littizzetto che la Chiesa non ha taciuto affatto e che proprio la scorsa settimana il segretario generale della Cei, monsignor Crociata ha convocato una conferenza stampa per informare che 93 diocesi hanno messo a disposizione strutture capaci di ospitare 2500 immigrati, caricando sulla Chiesa tutte le spese.

Ma questa risposta di Avvenire è uscita in ultima pagina, sussurrata e con un tono benevolo, sotto il titolo: “Chissà se Lucianina chiede scusa”.

Fatto sta che attacchi come quelli della Littizzetto sono stati visti e ascoltati da milioni di telespettatori e ben pochi avranno letto la documentata risposta di “Avvenire”.

Forse si può e si deve rispondere anche più energicamente. C’è chi vorrebbe pretendere le scuse del direttore di Rai 3 e soprattutto il diritto di replica.

In nome dei tantissimi sacerdoti, suore e cattolici laici che in questo Paese da sempre, 24 ore al giorno, sputano sangue per servire i più poveri ed emarginati e che poi si vedono le Littizzetto e tutta la congrega di intellettualini e giornalisti dei salotti progressisti che, dagli schermi tv, impartiscono loro lezioni di solidarietà.

Sì, perché la Littizzetto non si è limitata a questo assurdo attacco (condito di battute sul cardinal Ruini).

Poi, fra il dileggio e il rimprovero morale, si è addirittura impancata a seria maestra di teologia e ha preteso persino di evocare il “discorso della montagna” – citato del tutto a sproposito – per strillare ai vescovi e alla Chiesa:  “ero nudo e mi avete vestito, ero malato e mi avete visitato, avevo sete e mi avete dato da bere… Il discorso della montagna lì non vale perché sono al mare?”.

E poi, sempre urlando, ha tuonato: “c’è la crisi delle vocazioni, ci sono seminari e conventi vuoti: fate posto e metteteli lì, che secondo me poi sono tutti contenti”.  

Non sarebbe neanche il caso di segnalare che l’ignoranza della Littizzetto è pari alla sua arroganza, perché il “discorso della montagna” sta al capitolo 5 del Vangelo di Matteo, mentre i versetti citati da lei – che non c’entrano niente – stanno addirittura al capitolo 25 (quelli sul giudizio finale che non piacerebbero proprio alla comica di Rai 3).

Non sarebbe il caso di sottolineare la gaffe se la brutta sinistra che ci ritroviamo in Italia non avesse elevato comici come lei al rango di intellettuali e addirittura di maestri di etica e di civiltà.

Apprendo addirittura (da Internet) che “il 22 novembre 2007 Luciana Littizzetto ha ricevuto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il prestigioso premio De Sica, riservato alle personalità più in luce del momento nel mondo dello spettacolo e della cultura”.

Se queste sono le “personalità della cultura” che vengono premiate addirittura da Napolitano è davvero il caso di dire “povera Italia!”.

viene in mente Oscar Wilde: “Chi sa, fa. Chi non sa insegna”.

Chi conosce il Vangelo e lo vive, come il mio amico don Gianni, si fa in quattro per dar da mangiare agli affamati e da bere agli assetati.

Chi invece non lo conosce, pretende di insegnarlo, lautamente pagato per le sue scenette comiche su Rai 3, e si lancia all’attacco dei “preti”.

Visto che sia la Littizzetto che Fazio – il quale ha assistito a questa filippica sugli immigrati senza obiettare, facendo ancora la spalla – mi risulta siano ben retribuiti e non vivano affatto nell’indigenza, vorrei sapere, da loro due, di quanti immigrati si fanno personalmente carico. Quanti ne ospitano a casa loro? Quanto danno o sono disposti a dare, dei loro redditi, per accogliere e spesare tunisini, libici e altri clandestini?

Considerata l’invettiva della Littizzetto e il suo pretendere che altri (la Chiesa) ospitino gli immigrati a casa loro, non posso credere che lei per prima non faccia altrettanto.

Sarebbe veramente una spudoratezza inaccettabile.

Vorrebbe allora – gentile signora Luciana – mostrarci la sua bella casa piena di tunisini che lei avrà sicuramente ospitato?

La Chiesa non ha certo bisogno delle lezioni di “Che tempo che fa” per spalancare le sue braccia a chi non ha niente. Lo fa da duemila anni.

E dà pure per scontato che il mondo non se ne accorga e neanche la ringrazi. Ma che addirittura debba essere bersagliata dalle lezioncine è inaccettabile, soprattutto poi se a farle fossero persone che non muovono dito per i più poveri.

Intellettuali, comici e giornalisti dei salotti progressisti che spesso schifano l’italiano medio (e anzitutto i cattolici), che stanno sempre sul pulpito, col ditino alzato, a impartire lezioni di morale, di solito non vivono nell’indigenza.

Molti di loro trascorrono le giornate fra gli agi, in belle case e al riparo di cospicui conti in banca. Qualcuno – come si è saputo di recente – si avventura pure in investimenti sbagliati. Temerari.

Io non so come vivano loro la solidarietà. Ma a me personalmente non è mai capitato di trovarne uno che fosse disposto a coinvolgersi in iniziative di solidarietà e di carità verso i più infelici quando le ho proposte loro.

Ce ne saranno, ma io non ne ho mai trovati. Prima di impancarsi a maestri e censori degli altri, non sarebbe il caso che anzitutto testimoniassero ciò che fanno loro personalmente?

Noi cattolici educhiamo i nostri figli alla carità come dimensione vera della vita.

Mio figlio di 14 anni trascorre il sabato mattina con altri coetanei, insieme a don Andrea, a portare generi alimentari a barboni e famiglie indigenti. E a far loro compagnia.

Don Andrea educa i suoi ragazzi portandoli anche con le suore di Madre Teresa che vanno a cercare i clochard, se ne prendono cura, li lavano, li medicano, mi rifocillano.

Io non ho mai visto un solo intellettuale di sinistra lavare un barbone. Invece i preti, le suore e i cattolici che lo fanno sono tantissimi.

Sono persone che fin da giovani hanno deciso di donare totalmente la loro vita, per amore di Gesù Cristo.

rinunciato a una propria famiglia, vivono nella povertà (i preti, titolati con studi ben superiori alla media, vivono con 800 euro al mese) e servono l’umanità per portare a tutti la carezza del Nazareno.

La Chiesa sono questi uomini e queste donne. E’ di questi che straparlano spesso certi intellettuali da salotto.

Non so quanto se ne rendano conto, soddisfatti e compiaciuti come sono di se stessi. Non so se sono ancora in grado di provare un po’ di vergogna.

Ma so che questa sinistra intellettuale (quella – per capirci – che se la prende con i crocifissi e che sta sempre contro la Chiesa) fa davvero pena, fa tristezza.

Certamente è quanto ci sia di più lontano dai cristiani.  

 

Antonio Socci

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29/04/2011 21:54
 
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LA SITUAZIONE DEI CRISTIANI DOPO I RECENTI ATTENTATI

Dalla relazione di Malak Mankarious ad un convegno:


Vorrei innanzitutto ringraziare vivamente il professor Biavaschi di avermi invitato a questo convegno; leggendo il tema di cui dovrei parlare (la situazione dei Cristiani dopo i recenti attentati) mi sono soffermato davanti la parola “situazione” cercando di riassumere con parole semplici quello che sta avvenendo:

PAURA – UMILIAZIONE – SPERANZA e su queste parole baserò il mio intervento:


La PAURA arriva da lontano ed è una realtà che dura da 14 secoli.


  • Nel VII Sec. DC, il secondo califfo dell’Islam Omar Ibn El-Khattab, ha ordinato al suo esercito capeggiato da Amr Ibn El-A’s di conquistare l’Egitto (641 DC), i Copti hanno cercato di trattare con i Mussulmani che però hanno imposto le loro convinzioni: Islam, jesiah (tributo) o morte”. L’Egitto è quindi divenuto un paese a prevalenza islamica. Sempre il secondo califfo dell’Islam Omar Ibn El-Khattab ha formulato un editto per regolare la vita quotidiana dei Copti, ad esempio vietando di vestirsi come si vestono i mussulmani.


  • Purtroppo negli ultimi anni le persecuzioni inflitte ai cristiani stanno facendo registrare una preoccupante crescendo sia dei numeri che nella gravità dei fatti accaduti. I Copti vengono ridotti al silenzio, aggrediti, discriminati, massacrati, li si uccide nel corpo, nella parola e nella pratica del culto.

Ai tempi di Sadat si è arrivati persino a mettere al confino il Papa Copto ed ad imprigionare i Vescovi della Chiesa. Sadat ha cercato di “sostituire” il Papa con un altro scelto da lui ma questa impresa non è riuscita grazie alla fermezza della Chiesa e dei Cristiani.


  • La strategia di Mubarak è stata diversa, si è proposto alla comunità internazionale e verso la Chiesa Copta, come l’alternativa dal volto democratico in alternativa ai Fratelli Mussulmani e che senza di Lui il paese sarebbe caduto nell’estremismo islamico. Questo non ha impedito la costante violenza e discriminazione dei Copti in Egitto.


Il sentirci sotto tiro è diventata una consuetudine, infatti il recente attentato di Alessandria era persino atteso in quanto l’ultimo di una lunga fila di attentati sempre avvenuti in occasione delle festività cristiane (160 attentati negli ultimi 30 anni).


A questa paura si aggiunge l’UMILIAZIONE che subiamo tutti i giorni nella vita sociale e politica del nostro paese. Vorrei darvi a questo proposito qualche esempio:


  • In Egitto la carta d’identità riporta obbligatoriamente la religione di appartenenza ed è fonte quindi di discriminazione. Per riparare una chiesa i Copti necessitano del permesso del Governatore, per costruire nuove chiese dell'approvazione del Presidente della Repubblica e della comunità Mussulmana dove s’intende costruirla.


  • C’è discriminazione nelle cariche dello stato. Nel Parlamento egiziano prima della rivoluzione del 25 Gennaio erano riservati ai Copti 4 posti parlamentari su un totale di 440. Per costituzione il presidente deve essere musulmano. nessun cristiano è stato nella storia recente dell’Egitto primo ministro. Dei trentadue ministri solo due erano cristiani, il ministro dell’economia e il ministro dell’ambiente. Nessun sindaco di città né di villaggio può essere cristiano. Le alte cariche dell’esercito, della polizia, della guardia presidenziale sono coperte solo da musulmani. Il corpo diplomatico conta centinaia di persone, ma i cristiani sono solo due o tre sempre in carica in paesi minori. Nessun cristiano può avere un’alta carica nei tribunali. Secondo la legge occorrono due testimoni per motivare una sentenza, ma se uno dei due è cristiano, il giudice può rifiutare la sua testimonianza perché viene da un infedele.


  • I rettori di università devono essere musulmani. Un cristiano non può insegnare arabo perché questa materia è collegata all’insegnamento della religione islamica.


  • In caso di divorzio, la legge prevede che i bambini restino con la mamma. Ma se il papà vuole divorziare perché è diventato musulmano, cosa che succede spesso, il giudice stabilisce che i bambini restino con la parte che ha la vera fede, cioè con il padre. Quindi, i figli nati cristiani crescono in una famiglia completamente musulmana".

  • Per tutte queste ragioni, da una decina d’anni si assiste ad un massiccio esodo dei copti a causa delle discriminazioni.


  • La discriminazione dei copti è in parte dovuta anche all’impianto costituzionale dell’Egitto e vorrei in particolare soffermarmi sull’articolo 2 della Costituzione che se cambiato radicalmente potrebbe portare ad una SPERANZA di cambiamento.


  • L’articolo 2 della Costituzione dice che:

L’islam è la religione dello stato, l’arabo e la sua lingua ufficiale, la shari`a è la fonte principale della sua legislazione.

I mussulmani, in nome della shari’a, non riescono a capire il valore dei diritti umani; bisognerebbe che i diritti umani nel mio Paese siano al di sopra di ogni legge, invece la religione, vista in questo caso come legge, penetra con forza in tutta la vita sociale: preghiera, lavoro, educazione dei giovani, sesso e famiglia.


Vorrei sottolineare che questa è una fondamentale differenza rispetto alla Costituzione Italiana dove Stato e Religione sono su due piani differenti come recita l’articolo 7 della vostra Costituzione:

Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.”

In Italia i cittadini sono liberi di professare qualunque religione o anche essere atei, in rispetto alle leggi dello Stato.


In Egitto, con la rivoluzione del 25 Gennaio, tutti speravamo ci potessero essere i presupposti per un radicale cambiamento. Ma l’impianto costituzionale in questo momento non è in discussione. I referendum appena avvenuti hanno cambiato solo superficialmente i poteri del Presidente ed avvantaggiato i partiti politici più organizzati ovvero Al Watani ed i Fratelli Mussulmani, mentre i movimenti con le posizioni più progressiste e portate al cambiamento faranno fatica ad emergere in futuro.


Per questo motivo io credo che per i Copti non potrà esserci un futuro molto diverso nel breve o medio periodo in quanto il paese stesso non riesce ad esprimere quei concetti di uguaglianza e democrazia che sono basilari per una SPERANZA nuova. Grazie


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04/05/2011 21:46
 
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Umberto Silva è un noto scrittore e psicoanalista italiano. In un articolo su Il Foglio spiega perché si sbaglia quando si parla di scristianizzazione dell’Europa. Innazitutto parla di chi voleva far fuori Cristo e si è fatto fuori da solo: «lo stesso Nietzsche ha avuto modo di sperimentarlo: il suo genio perse forza proprio quando osò sfidare Cristo, finendo nel delirio. Pazzia cercare di uccidere in un colpo solo il Padre, il Figlio e lo Spirito; cosa rimane poi? Gesù Cristo, naturalmente, Lui mai si dilegua, Lui sempre generoso. Difficile spuntarla con Uno così».

Siamo davvero sicuri di stare assistendo alla secolarizzazione del cristianesimo, oppure silenziosamente il Secolo si sta cristianizzando? Continua il professore: «laddove meno lo si aspetta Cristo risorge. Solo l’occhio pigro e mortifero si accontenta di Satana, della fatuità con cui il principe del mondo lo intrattiene. Osiamo guardare in faccia il Figlio, accogliendolo in tutta la sua violenza, perché è Cristo, più vivo che mai, carico di doni e di interrogativi. Lui è “l’ospite inquietante”, non quel nichilismo di cui parlano Nietzsche e i suoi discepoli. Il Figlio mina le certezze, porta un pensiero che mai ci darà pace. Il nichilismo viceversa non inquieta affatto, è rassicurante, dice che tutto è accaduto e nulla più accadrà, invita a tirare a campare, assecondando la voglia di morte eterna, mors tua vita mea e così via sogghignando».

Un messagio agli anticristiani: «Non sforzatevi troppo, signori, la chiesa può morire, Cristo no. “E’ solo un mito”, sorridono gli snob, fingendo d’ignorare che niente è più reale, corpo e sangue, di un mito. Come la lancia di Parsifal la verità di Cristo trapassa i secoli superbi e sciocchi dove gli eventi clamorosi giacciono in putredine. Anche se tra cent’anni nessuno più si ricordasse di Gesù, Lui continuerà a risorgere in ciascuna parola, immagine, opera, in ciascun moto del cuore».

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17/05/2011 15:08
 
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Dopo l’assegnazione del Premio Templeton 2011 a Martin Rees (cfr. Ultimissima 10/4/11), alcune voci di fondamentalisti si sono sollevate contro la legittimità della Fondazione Templeton di donare un premio agli scienziati che promuovono il dialogo fra “scienza e religione”. Alcuni hanno chiesto addirittura la chiusura.

Su The Guardian è comparso un articolo in cui due noti personaggi con visioni opposte hanno dialogato su questo tema. Il primo è il filosofo Sam Harris, uno dei quattro cavalieri dell’ateismo internazionale (oltre a Richard Dawkins, Christopher Hitchens e Daniel Dennet). Harris, per capirci, è uno che ritiene che la “scienza debba uccidere la religione”. E per questo, ma anche per molti motivi, è stato criticato da mezzo mondo scientifico, e non solo, per mancanza di metodo scientifico e promozione del fondamentalismo anti-religioso. Anche gli stessi atei lo ritengono un fanatico. E’ uno di quelli che è diventato militante dopo l’11 settembre 2001, attaccando infatti, oltre all’ovvio cristianesimo protestante americano, anche l’Islam. Il suo interlocutore è stato Robert Winston, medico, ricercatore e divulgatore scientifico, docente all’Imperial College, già presidente della British Association for the Advancement of Science, autore di oltre 300 lavori scientifici in riviste peer-reviewed e membro delle più importanti accademie scientifiche.

La discussione tocca più argomenti e vale la pena leggerla integralmente. Riportiamo solo qualche spunto: mentre Harris sostiene che il discorso religioso non ha validità, al contrario di quello scientifico, Winston, oltre a rispondere che «la scienza non è l’assoluto», si sorprende per la sua rabbia nel parlare e nello scrivere. Harris si giustifica dicendo di essere preoccupato dal fondamentalismo religioso e Winston replica: «libri come il tuo o quelli di Richard Dawkins fanno lo stesso, polarizzano i punti di vista. “L’illusione di Dio” (libro di Dawkins) ha suscitato reazioni molto aggressive da coloro che in precedenza non lo erano affatto. Il modo di scrivere dei non credenti è aggressivo o rabbioso verso le persone che non sono d’accordo con la vostra visione».

Harris riconosce quanto detto da Winston, ma replica tirando in ballo il cristiano Francis Collins, uno fra gli scienziati viventi più importanti degli ultimi anni, noto per aver sequenziato il genoma umano: «Questo è forse un problema crescente negli Stati Uniti, ma in linea di principio è un problema ovunque. Prendi uno come il genetista Francis Collins, che è uno dei più influenti scienziati negli Stati Uniti, il quale dice che “Dio onnipotente creò il cielo e la terra”, e sostiene che Dio abbia impiantato il libero arbitrio nel cervello dei primati come una sorta di aggiornamento del software, perché il libero arbitrio e la legge morale sono impossibili da immaginare come prodotti dell’evoluzione. Non ci sono buone ragioni scientifiche per pensare che abbia ragione». Winston risponde contestualizzando la frase di Collins, espressa non in sede scientifica: «Ma lui sta dando il suo personale giudizio sulla situazione. I tuoi scritti sono belli, divertenti, ma non credo che la denigrazione di uno scienziato serio come Collins ti possa fare un sacco di bene. Dobbiamo stare molto attenti a criticare gli altri scienziati, tranne quando la loro scienza è chiaramente in errore. Il suo ragionamento non è rilevante per il sequenziamento del genoma umano, cioè quello per cui lui è famoso, non si basa certo sulla fede in Gesù. Credo che debba essere ritenuto come un essere umano, oltre che scienziato».

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20/05/2011 19:43
 
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Il cielo in una stanza (con sbarre)

Posted: 19 May 2011 07:31 AM PDT

Un albero che cade – com’è noto – fa più rumore di una foresta che cresce. I telegiornali sono pieni di alberi che cadono: lotte di potere, una serie infinita di omicidi, gli scandali sessuali, le guerre.

Ne viene fuori ogni giorno una rappresentazione mostruosa della realtà.

Una desertificazione umana dove sembra non ci sia più speranza. I media sono una fabbrica gigante di angoscia.

Eppure c’è anche altro. C’è molto altro. C’è l’eroismo quotidiano della gente semplice, di tantissimi padri e di madri, c’è la grandezza di persone che portano amore e speranza, ci sono vite che cambiano e che – magari dall’abisso – ritrovano significato e verità, uomini che rinascono, il Male che batte in ritirata.

E’ la storia di Bledar, un albanese di 37 anni, detenuto nel carcere “Due Palazzi” di Padova dove sta scontando addirittura l’ergastolo.

Con una tale gravame sulle spalle – “fine pena mai” – questo giovane uomo deve avere un passato molto cupo, segnato da tragici errori e – secondo il giudizio umano – dovrebbe essere disperato e incattivito.

Invece ha incontrato la salvezza in carcere ed è rinato. Un uomo nuovo che da sabato scorso si chiama Giovanni, come il discepolo a cui Gesù voleva più bene.

Infatti Bledar-Giovanni, che viene dal Paese dove il comunista Hoxa aveva imposto l’ateismo di stato obbligatorio, cancellando Dio con la tirannia più cupa e sanguinaria d’Europa, ha scoperto Gesù e il cristianesimo, ha chiesto il battesimo e – dopo un percorso di catecumenato – sabato scorso, 14 maggio, nella commozione generale, ha ricevuto dal vescovo di Padova il battesimo e i sacramenti della Comunione e della Cresima.

Ora Giovanni è un altro uomo, destinato a un futuro (e già anche un presente) divino “infatti il Figlio di Dio si è fatto uomo per farci Dio” (S. Atanasio).

Entrare a far parte della Chiesa non è una questione associativa come prendere la tessera di un club o di un partito, ma è un cambiamento ontologico, cambia cioè la natura stessa dell’uomo che viene liberato dalla signoria di satana e diventa “figlio di Dio”, parte del Corpo vivo di Cristo. Ogni battezzato in quanto “figlio” acquista i titoli di “re, sacerdote e profeta”.

I sacramenti agiscono in profondità (come mostrano i bellissimi romanzi di Graham Greene) e sono la più grande potenza attiva nella storia, perché sono il segno fisico della potenza invincibile di Cristo.

Cambiando il cuore umano cambiano la storia. Infatti la vicenda di Bledar-Giovanni non è affatto isolata. I casi simili sono ormai tantissimi.

Ieri “Avvenire”, dandone notizia, riferiva che il giovane albanese aveva come padrino di battesimo un italiano, Franco, che anch’esso sta scontando in carcere l’ergastolo.

Inoltre quella cronaca dell’evento ci dice che altri due detenuti, Umberto e Ludovico, hanno ricevuto i sacramenti della Cresima e della Prima Comunione.

“Avvenire” accenna anche alla storia del ventottenne cinese Wu, che ha scontato sempre al carcere di Padova una pena per omicidio e ora – tornato in libertà – ha chiesto il battesimo, l’ha ricevuto nella notte di Pasqua prendendo il nome di Andrea e – durante la recente visita del Papa a Venezia – con immensa emozione ha ricevuto la Comunione dalle sue mani.

“Non si può descrivere la gioia di questo momento” ha detto Bledar-Giovanni. “Per me Gesù è amore, è tutto. E grazie a quanti mi hanno accompagnato, una grande famiglia”.

E’ straordinario vedere che l’amicizia di Gesù può portare la felicità perfino nella vita di un giovane che è chiuso in una galera e che – presumibilmente – dovrà consumare il meglio della sua esistenza fra quelle quattro mura, dietro le sbarre.

E’ questo il cielo in una stanza.

La madre di Giovanni, venuta dall’Albania per il battesimo del figlio, con i lucciconi agli occhi, ha ringraziato per la festa e ha detto: “sono felice che mio figlio, dopo tante brutte avventure, abbia potuto incontrare Dio”.

Infatti sono vite che erano perdute e che il Buon Pastore è andato a cercare  e che si è caricato sulle spalle, sono esistenze che il mondo giudicava maledette e che Dio ha benedetto e fatto rifiorire.

Dietrich Bonhoeffer, un grande cristiano ucciso in un lager nazista, scriveva:

“Dio non si vergogna della bassezza dell’uomo, vi entra dentro, sceglie una creatura umana come suo strumento e compie meraviglie lì dove uno meno se le aspetta.

Dio è vicino alla bassezza, ama ciò che è perduto, ciò che non è considerato, l’insignificante, ciò che è emarginato, debole e affranto; dove gli uomini dicono ‘perduto’, lì Egli dice ‘salvato’; dove gli uomini dicono ‘no!’, lì Egli dice ‘sì’! Dove gli uomini distolgono con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo, lì Egli posa il Suo sguardo pieno di un amore ardente e incomparabile. (…).

Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio, dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, lì Egli vuole irrompere nella nostra vita, lì ci fa sentire il Suo approssimarsi, affinché comprendiamo il  miracolo del Suo amore, della Sua vicinanza e della Sua Grazia”.

Nulla è di ostacolo per lui: non certo i peccati e nemmeno i crimini.

Solo l’orgoglio dell’intellettuale, la strafottenza del peccatore impenitente e la presunzione ipocrita del moralista gli legano le mani.

Al contrario i peccati, le cadute umilianti, la vergogna rendono più appassionata la sua Misericordia. Così accade che le ferite della vita siano spesso le feritoie attraverso le quali lui raggiunge il cuore e resuscita una creatura.

La tradizione cristiana ha sempre saputo che “dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia”. Perché così Dio mostra che nulla a lui è impossibile.

E mostra che gli uomini si salvano per la sua misericordia paterna e non per la loro presunzione. Si salvano attraverso la propria debolezza e non per la loro forza. Anzi, sono le loro presunte capacità a fregarli.

E’ la loro presunta giustizia. Un altro grande convertito, Charles Péguy, diceva che nulla rende impermeabili alla grazia come “la morale”, o meglio la pretesa moralità di coloro che si sentono “perbene” e che – come gli scribi e i farisei – giudicano e condannano gli altri.

A costoro Gesù diceva: “i peccatori e le prostitute vi stanno passando avanti nel Regno dei Cieli”.

Quelli che si ritengono giusti o quelli che si rotolano soddisfatti nel loro peccato, pretendono di autoassolversi e di non aver bisogno della misericordia di Dio, si perdono.

Non hanno ferite della vita e non hanno peccati (o meglio li hanno, ma ben nascosti o non confessati, non brucianti) e così Dio non può raggiungerli nel loro intimo pianto, nel grido del loro cuore.

Vedendo la storia di questi carcerati si resta impressionati dalla facilità con cui Dio salva i cuori umili (perché umiliati).

E così un ergastolano albanese può dire di aver trovato quel Dio e quella felicità che tanti intellettuali pieni di sé e intristiti dicono di cercare e non trovare.

Perché non lui ha trovato la Verità, ma è stato trovato dalla Verità fatta carne. E ben volentieri lui si è lasciato trovare, confortare e abbracciare. Iniziando una vita nuova.

Antonio Socci

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17/06/2011 12:35
 
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Ricerca USA: il 22% degli scienziati atei si definisce “spirituale”

Un studio sociologo condotto da Elaine Howard Ecklund della Rice University, ha recentemente rivolto la sua attenzione a scienziati e ricercatori universitari americani di alto livello, prendendo in considerazione in particolare coloro che si ritengono “atei”. Lo studio ha fatto il giro del mondo, ricevendo ampio spazio nei quotidiani internazionali.

Dei 1.700 scienziati intervistati, il 72% si è definito “spirituale” (anche se non sempre legati ad una religione), e tra i non credenti c’è anche un 22% che si è dichiarato “ateo spirituale”. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Sociology of Religion.

La sociologa Ecklund, in un’intervista, ha spiegato che per queste persone, la spiritualità è qualcosa di veramente al di fuori di se stesse: «Non si tratta solo di sé, ma vogliono vedere qualcosa di più grande di loro che guida ciò che effettivamente fanno». Questi scienziati, continua la Ecklund, sono realmente sinceri e avevano un modo codificato di parlarne. Erano cose in cui credevano. «Gli “scienziati atei spirituali” si considerano differenti dagli “scienziati atei”, che non sono spirituali. Essi stabiliscono un forte confine tra di loro e gli scienziati atei». La sociologa, durante le interviste con queste persone, ha anche notato che molto frequentemente questi “scienziati atei spirituali” avevano molto più a cuore le esigenze degli studenti e il loro modo di insegnare, rispetto agli atei non spirituali.

Ha continuato spiegando ancora più in profondità la visione di queste persone: «Non mi sorprende che ci siano scienziati che provino timore e mistero verso il mondo e che la scienza porti un senso di bellezza. Io credo però che sia sorprendente anche gli scienziati atei pensino a queste cose. Gli atei solitamente pensano che la scienza sia tutto ciò che c’è, tutto quello che c’era, e tutto ciò che ci sarà, che la scienza spiega tutto e non c’è niente al di fuori della scienza. Questo, per me, sembra essere una visione molto diversa rispetto a quella dello scienziato ateo spirituale che pensa che ci sia qualcosa d’altro al di fuori della scienza, che ci sia qualcosa là fuori che è più grande di loro, che ha presa su di loro. Ora, che può essere Dio e semplicemente non se ne rendono conto, non sono io, come ricercatrice, a doverlo giudicare. Ma loro non lo vedono come Dio, hanno questo senso di spiritualità che è diverso rispetto al grande pubblico e che è diverso dagli altri scienziati atei che non sono spirituali».

La sociologa spiega che vivono una spiritualità individualizzata, al di fuori delle figure religiose, desiderano ricercare la verità e ne affermano l’esistenza. Vivono lo stupore e il mistero ottenuto dalla loro scienza, parlano della bellezza della natura, della commozione per la nascita dei loro figli. Ma non spiegano tutto questo dal punto di vista scientifico, e affermano che debba esserci qualcos’altro al di fuori di se stessi. Anche se, «non credono in Dio, o non hanno la necessità di abbracciare il teismo di qualsiasi tipo». Questi scienziati non sono affatto ostili o indifferenti alla grandi domande sul senso della vita. La sociologa crede che si debbano «dissipare alcuni dei nostri stereotipi. Questo tipo di ricerca ha un sacco di conseguenze pubbliche per il modo di dialogare su questi temi. Le persone religiose possono così dialogare con questi scienziati, è un terreno comune e ci si può concentrare sulla analogie piuttosto che sulle differenze».

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14/07/2011 13:31
 
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In Italia la disoccupazione ha raggiunto livelli molto preoccupanti, soprattutto per i giovani; è un fenomeno che riguarda tutto il nostro paese e coinvolge soprattutto le regioni del Sud; questa tendenza era nota già da tempo ed ora secondo i dati diffusi dall’Istat è un fatto ancora più evidente. Nel primo trimestre del 2011 i disoccupati nel nostro paese sono 2,155 milioni e di questi quasi il 50% si trova al Sud; al Nord invece i disoccupati sono pari al 35% mentre al Centro le persone senza lavoro sono circa 390 mila (pari al 18%).
La situazione attuale, regione per regione è la seguente:

Piemonte 7,8% -  159.000
Valle d’Aosta 4,4% – 3.000
Lombardia 6,0% – 274.000
Liguria 6,6% – 46.000
Trentino Alto Adige 3,9% – 19.000
Veneto 5,4% – 123.000
Friuli Venezia Giulia 5,8% – 32.000
Emilia Romagna 5,2% – 106.000
Toscana 6,7% – 110.000
Umbria 7,0% – 27.000
Marche 6,6% – 46.000
Lazio 8,4% – 207.000
Abruzzo 8,8% – 48.000
Molise 11,4% – 13.000
Campania 15,6% – 286.000
Puglia 13,8% – 193.000
Basilicata 13,0%-  28.000
Calabria 13,8% – 88.000
Sicilia 15,0% – 253.000
Sardegna 13,5% – 94.000


Siamo vicini a quanti soffrono a causa della perdita del lavoro o per non averlo mai avuto.
Preghiamo affinchè i governanti sappiano amministrare saggiamente le risorse a disposizione e affinchè soprattutto i giovani sappiano mettere a frutto le potenzialità ed i talenti che hanno ricevuto, in un contesto sociale che non li scoraggi ma li aiuti a mettere a frutto le loro energie.
[Modificato da Coordin. 14/07/2011 13:41]
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31/08/2011 22:56
 
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Declino degli ordini religiosi

E' la fine di una grande storia?

di Vittorio Messori

Ottimi affari, negli ultimi anni ma ancor più nei prossimi, per gli agenti immobiliari romani che trattano “grandi edifici di pregio“. Dopo il Concordato -e poi, con ritmo accelerato, nel secondo dopoguerra– congregazioni e istituti cattolici del mondo intero hanno costruito a Roma le loro Case Generalizie. Alcuni hanno eretto qui anche i loro noviziati e seminari. Spesso non si è badato a spese, soprattutto nell’ampiezza dell’area acquistata, sistemata a parco per proteggere tranquillità e privacy dei religiosi. I progettisti erano in gran parte del Paese d’origine dell’Istituto, così che Roma ha finito per ospitare una collezione di architettura mondiale (nel meglio e nel peggio), anche se quasi sempre invisibile dietro cancelli, mura, alberi. 

Ebbene, non solo la secolarizzazione, ma anche le prospettive dopo il Vaticano II,  stanno realizzando silenziosamente quanto fecero con la violenza i francesi del giovane Bonaparte, allorché  occuparono  Roma e deportarono il Papa; e poi i Piemontesi, quando lo costrinsero a imprigionarsi non a Parigi ma nel recinto vaticano. In entrambi i casi, tra le prime mosse degli invasori ci fu lo sfratto violento di frati, monaci  e monache e la messa sul mercato del loro grande patrimonio immobiliare. Patrimonio che, poi, fu ricostituito, anzi moltiplicato sino a quando, raggiunto il vertice alla metà degli anni Sessanta, ha cominciato un imprevisto declino. Molto si è parlato e si parla del rarefarsi delle vocazioni alla vita sacerdotale, pensando però, soprattutto, al clero secolare, quello delle diocesi, delle parrocchie. Ma forse meno si è detto, almeno nel mondo laico, dell’inarrestabile declino numerico delle innumerevoli congregazioni  di religiosi e, in modo ancor più accentuato, di religiose.

Tra Ottocento e primo Novecento sono sorte centinaia di famiglie di suore di “vita attiva“, che hanno svolto preziosi compiti sociali, spesso con un impegno ammirevole e talvolta eroico. Ma ora quei compiti sono gestiti (spesso a costi ben maggiori e con efficacia ben minore : ma questo è un altro discorso…) da enti pubblici, oppure quei bisogni sono stati eliminati dai tempi mutati. La giovane che abbia oggi –ad esempio- la vocazione al servizio dei malati come infermiera o dei bambini come maestra, pensa a un contratto ospedaliero o statale e, non, come un tempo, a un noviziato di Sorelle. Anche le Congregazioni maschili hanno sentito duramente la sparizione dei compiti per i quali erano stati fondati. 

Ma sia tra gli uomini che tra le donne ha agito anche lo spirito conciliare, con la riscoperta del “sacerdozio universale“ con la conseguente rivalutazione del laicato,   dunque con la consapevolezza che per essere cristiani sino in fondo la vita religiosa non è la via obbligata. Di fronte al declino, i Superiori hanno spesso reagito nel modo contrario a quanto suggerivano esperienza e sensus fidei : nelle  molte crisi della sua storia, sempre la Chiesa ha affrontato  la sfida scegliendo il rigore, non l’allentamento delle briglie. Non avvenne così quando la Riforma protestante svuotò metà dei    conventi d’Europa o nel XIX secolo,  dopo la bufera rivoluzionaria?

Nel dopo Vaticano II, invece, la riscrittura di Regole e Statuti per addolcire ascesi e disciplina, l’imborghesimento di vite che erano state austere, non ha attratto novizi, desiderosi di Assoluto, come tutti i giovani  e non di compromessi con lo spirito del tempo. 

Non a caso, chi ha retto meglio sono i monasteri di clausura che hanno continuato a proporre una Regola esigente, come da Tradizione. Dopo l’esodo impressionante      del decennio 68-78, i vuoti non sono stati riempiti e (seppur in modo più o meno accentuato, a seconda degli Istituti) il declino continua e l’età media s’innalza.  Verranno generosi e abbondanti rincalzi, allora, da Asia ed Africa? I Superiori Generali che interrogai, quando feci una lunga inchiesta tra le Congregazioni, mi confessarono che questa è stata, almeno in parte, una grande illusione. Motivi spesso dubbi sull’origine della “vocazione” (un modo, come da noi un tempo, di sottrarsi alla miseria, di studiare, di diventare un notabile), culture,  temperamenti, storie troppo diverse per identificare la vita intera al carisma di un Fondatore europeo spesso di secoli fa.

Insomma, le statistiche sono impietose e la realtà, troppo spesso, presenta case di formazione trasformate in case di riposo, che assorbono per l’assistenza molte delle  energie superstiti. Non passa mese in cui qualche scuola non si chiuda, qualche convento anche storico e illustre, non venga abbandonato, qualche chiesa non sia passata alle diocesi,  pur esse pure in grandi difficoltà di personale. Intanto, qualche Casa Generalizia di Roma è messa sul mercato, per ritirarsi in luoghi meno vasti e più economici.   

Realtà rattristante, per un credente? Certamente è doloroso assistere al  declino di istituzioni che furono benemerite e madri di tanti santi e constatare il dolore di   cristiani che hanno dato la vita a Famiglie che amavano e che, ora, vedono estinguersi. 

Ma, nella prospettiva di fede, nulla può esserci di davvero inquietante.

La Provvidenza che guida la storia (e tanto più la Chiesa, corpo stesso di Cristo) sa quel che fa: “Tutto è Grazia”, per dirla con le ultime parole del curato di campagna di Bernanos. La Chiesa non è un fossile ma un albero vivo dove, sempre, alcuni rami inaridiscono mentre altri spuntano e vigoreggiano. Chi conosce la sua storia, sa che in essa, sull’esempio del Fondatore, la morte è seguita dalla risurrezione, spesso in forme umanamente impreviste. Non si dimentichi che nel primo millennio cristiano c’erano soltanto preti secolari e monaci: tutte la famiglie religiose sono apparse  solo a partire dal secondo millennio. Frati e suore non ci furono per molti secoli, dunque, pur lasciando un ricordo glorioso e nostalgico, potrebbero non esserci in futuro (è una ipotesi estrema) o, almeno, avere sempre meno peso e influenza. Ciò che è certo è che, a ogni generazione, in molti cristiani continuerà ad accendersi il bisogno di vivere il Vangelo sine glossa, nella sua radicalità. Che volto nuovo assumerà la vita consacrata per intero al perfezionamento personale e al servizio del prossimo? Beh, la conoscenza del futuro ci è preclusa, è monopolio di Colui che, attraverso poveri uomini, guida una Chiesa che non è nostra ma sua .
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03/09/2011 08:33
 
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Nel 2009/10 la Chiesa ha devoluto ai poveri 440 milioni di euro (880 miliardi di lire), ma si preferisce tapparsi le orecchie


 

Mentre un'Italia ignorante, convinta che alla totale assenza d'economia del Terzo Mondo si pona magicamente rimedio con la vendita dell'anello del Papa (dal valore di due semplici fedi nuziali), Gino Strada, fondatore di Emergency, ricordava che 8 ore di guerre in Iraq costano 250 milioni di dollari (500 miliardi li lire) e che le auto blu ci costano un miliardo di euro annui. Intanto l'ONU va ripetendo che tutti gli Stati del mondo -insieme- non forniscono ai poveri quanto da sola offre la Chiesa Cattolica. Sarebbe ora che gli italiani, smettendola di essere disposti ad ubriacarsi di ogni leggenda metropolitana, andassero realmente ad informarsi, con dati ufficali e non con le paginette dei cyber-bully che su facebook crescono come funghi, su quanto la Chiesa Cattolica fa o non fa a favore di quanti sofforno condizioni di indigenza. Si, perchè sebbene la furiosa, martellante, e sleale propaganda anticlericale sia riuscita a far credere agli Italiani che la Chiesa è il più bel volto del demonio, il bilancio degli interventi caritativi della CEI parla chiaro: tra il 2009 e il 2010 la somma degli interventi caritativi della sola Chiesa Cattolica Italiana è stata di ben 440 milioni di euro (880 miliardi di lire), una cifra immensa, che va ripartita in due blocchi: gli interventi in Italia e quelli nei Paesi del terzo mondo. Ma vediamo meglio nel dettaglio il quadro della situazione: 

 

INTERVENTI CARITATIVI A  FAVORE DELLA COLLETTIVITÀ NAZIONALE:

 

A) Una quota di € 90 milioni è stata destinata alle 226 diocesi italiane per interventi caritativi a favore della collettività nazionale.  La ripartizione della somma tra le diocesi è avvenuta secondo i seguenti criteri: una quota base (€ 203.778,52) uguale per ciascuna diocesi (per quelle aventi una popolazione inferiore ai 20 mila abitanti: € 67.926,17), una quota variabile a seconda del numero degli abitanti (€ 0,7460 per abitante). 

B) Una quota di € 30 milioni è stata destinata per interventi caritativi in Italia aventi rilievo nazionale, individuati in concreto dalla Presidenza della CEI, sentito il Consiglio Episcopale Permanente. Anche per quest’anno si segnalano, tra gli altri e a titolo esemplificativo, contributi: per il terremoto in Abruzzo (€ 5.000.000); a monasteri di clausura femminili che versano in condizioni di particolare necessità; alla Caritas Italiana che coordina interventi sul territorio riguardanti i seguenti ambiti: il sostegno alle famiglie particolarmente disagiate, l’accoglienza e l’assistenza degli anziani, dei senzatetto  e dei rifugiati, il recupero delle vittime della tratta di esseri umani, iniziative orientate a favorire il reinserimento lavorativo, sociale e comunitario di detenuti; contributi a fondazioni ed enti senza scopo di lucro che operano per l’assistenza ai poveri, agli emarginati e ai profughi, per la prevenzione dell’usura, per il reinserimento sociale di disoccupati ed ex tossicodipendenti, per il sostegno di soggetti disabili; contributi ad associazioni e centri in difesa della vita umana. Il criterio per l’ammissibilità delle domande è l’oggettiva rilevanza nazionale degli interventi; le persone giuridiche richiedenti devono essere, di norma, canonicamente riconosciute e soggette alla giurisdizione ecclesiastica. 

 

INTERVENTI CARITATIVI A FAVORE DI PAESI DEL TERZO MONDO 

 

Nell’anno 2009 una quota di € 85 milioni è stata destinata agli interventi caritativi a favore di Paesi del terzo mondo. 

 Le assegnazioni vengono definite da un  apposito Comitato. Relativamente ai fondi dell’anno 2009 sono pervenuti n. 550 progetti, di cui quelli finora approvati sono stati 197. Sono stati respinti i progetti che non  rientravano negli ambiti previsti dalla legge n. 222/1985, o la cui realizzazione è stata giudicata meno urgente o non in linea con il Regolamento indicante il quadro dei criteri generali di intervento e le priorità contenutistiche e geografiche.  I progetti finanziati promuovono la formazione in molteplici ambiti: dall’alfabetizzazione alla formazione professionale in campo sanitario, agricoloambientale, economico, cooperativo e delle comunicazioni sociali; non si trascura il sostegno alle associazioni locali per l’acquisizione di competenze gestionali, né la formazione universitaria e la promozione della donna. Oltre al sostegno offerto a questa tipologia di progetti prioritari, si segnalano anche taluni interventi consistenti per emergenze che ricorrentemente insorgono nelle aree interessate all’azione del Comitato: l’entità degli stanziamenti varia nel caso di gravi calamità nazionali rispetto a interventi più mirati per emergenze locali.

Di seguito si elencano taluni progetti, tra quelli maggiormente significativi, per la cui realizzazione sono stati concessi contributi. - In ambito scolastico: formazione di insegnanti per le scuole primarie e secondarie in Burkina Faso, India, Mali, Camerun, Bolivia e Perú; promozione della formazione culturale attraverso l’apertura di biblioteche classiche e multimediali in Niger; creazione di un centro di formazione socio-educativa nelle zone rurali dell’Uruguay; realizzazione di un centro di alfabetizzazione per ragazzi e di formazione professionale per giovani nella Repubblica Democratica del Congo; avvio di un programma universitario per la formazione a distanza in Argentina; implementazione di un programma educativo per bambini lavoratori in India; formazione alla non violenza ed educazione alla pace nelle scuole diocesane in Niger e in Colombia; realizzazione di corsi di formazione per operatori turistici con orientamento socio-culturale in Argentina; promozione dell’alfabetizzazione di bambini marginalizzati o appartenenti a comunità fuori casta in India; integrazione  scolastica per bambini audiolesi in Bénin; realizzazione di un  master universitario a distanza in  social entrepreneurship and management in Kenya. - In ambito sanitario: avvio di una banca del sangue in India; acquisto di equipaggiamenti per i centri di radioterapia dell’ospedale Spirito Santo a Bombay e del Lourdes Hospital a Verapoly in India; progetto  Dream per la prevenzione e la cura dell’AIDS in Africa; potenziamento delle attività sanitarie nella Repubblica Democratica del Congo; allestimento ed equipaggiamento di un centro materno infantile in Perù; ampliamento di un centro sanitario a Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo) e acquisto dei relativi equipaggiamenti; supporto al consolidamento del sistema sanitario e dei servizi materni e infantili in Etiopia; acquisto di equipaggiamenti ospedalieri in Tanzania; rinnovo delle attrezzature per la rianimazione neonatale dell’ospedale Gesù Maria Giuseppe a Quixada in Brasile; potenziamento dei servizi di un centro per disabili fisici a Ouagadougou (Burkina Faso); creazione di un centro di salute in una zona rurale del Rwanda; miglioramento dei servizi di fisioterapia nell’ambulatorio Hogar Padre Olallo a Camagüey (Cuba); acquisto di un’unità di fisioterapia ad Amman (Giordania); formazione permanente del personale sanitario ed educazione alla salute della popolazione presso l’ospedale Raoul Follereau di Bissau (Guinea Bissau); formazione di personale sanitario in Sudan. - Nel settore della promozione umana:  creazione di un laboratorio tessile per l’avviamento al lavoro femminile in Tanzania; rafforzamento delle organizzazioni di giovani agricoltori con lo sviluppo di tecniche di coltura e giardinaggio in Burkina Faso; realizzazione di una scuola professionale per ragazzi di strada a Bangalore (India); rinnovamento dei macchinari tipografici a Santarém (Brasile) e Tacna y Moquegua (Perù); creazione di un laboratorio d’arte e corsi di formazione in Camerun; implementazione di un allevamento equino in Uganda; sostegno allo sviluppo agricolo 

in Guatemala; realizzazione di un sistema  di approvvigionamento di acqua potabile a Concepción (Paraguay); promozione e formazione di donne tribali e “dalit” in India; formazione professionale dei detenuti del carcere di Nampula in Mozambico per favorirne il reinserimento sociale post-carcerario; creazione di un allevamento ovino in Guinea Conakry; creazione di una banca del cereale in Mali. Tra le emergenze e le calamità per le quali si è intervenuti nel 2009 si segnalano: - Filippine, Indonesia e Samoa (alluvione)   € 2.000.000; - Sri Lanka (emergenza umanitaria)    € 1.200.000; - Burkina Faso (inondazioni)     €    370.000.  L’intera somma destinata agli interventi caritativi verrà comunque erogata per i progetti approvati. Si segnala, inoltre, che la somma di € 85 milioni destinata nell’anno 2008 è stata interamente erogata per finanziare 566 dei 1.346 progetti presentati.

 

 

I dati complessivi del 2010 non sono ancora pronti, ma lo saranno fra qualche mese. La CEI però già rende noto che la somma per lo scorso anno, douto all'incremento del gettito fiscale IPERFE, è ancora superiore, arrivando ad un totalte di 235 milioni di euro, dunque 470 miliardi di vecchie lire.

 

La Chiesa spende ed opera. E sapete perchè tutte le opere di carità della Chiesa avvengono nel silenzio più totale? 

 

Vangelo secondo Matteo 6,1-6.16-18.

 

“Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. 

Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 

Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, 

perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. 

Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 

Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. 

E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 

Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, 

perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”.

 

da:

http://www.facebook.com/notes/papa-giovanni-paolo-ii/nel-200910-la-chiesa-ha-devoluto-ai-poveri-440-milioni-di-euro-880-miliardi-di-l/10150279055124780

 

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26/09/2011 08:39
 
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Ancora sui libri di piombo: prime conferme, sono autentici

 

I libri di piomboC'era stata la notizia, quasi in esclusiva per l' Italia, della scoperta di 70 libri di "piombo" ritrovati in Giordania e probabilmente appartenuti ai primi cristiani.  Sottolineavamo anche le enormi implicazioni storiche e sociali che potrebbe avere questo ritrovamento se fosse considerato attendibile.
Ci ha pensato La Repubblica a fare un pò di chiarezza e a definire meglio la situazione. Innanzitutto rivela che in copertina in uno dei 70 libri, composti da una decina di pagine, non ancora studiate, ci sarebbe il volto di Cristo e quindi -se partiamo da un presupposto positivo- sarebbe il primo ritratto del Messia nella storia, scolpito tra l'altro da primi cristiani. Si accenna che nulla è mai stato trovato di così antico sul cristianesimo e che l'importanza del ritrovamento supererebbe quella dei Rotoli di Qumran (ritrovati a 100 miglia di distanza).


Ritrovamento.

Chiarisce anche molti particolari sul ritrovamento, un pò confusi nei primi articoli comparsi sulla stampa estera. I 70 piccoli libri sono ritrovati cinque anni fa in una caverna in Giordania da un beduino (ogni libro in una nicchia), a pochi chilometri da un'antica sorgente dove duemila anni fa, nel I° secolo, si rifugiarono sette messianiche ebraiche dopo la distruzione di Gerusalemme (70 d.C.). Tre anni fa il beduino vende i reperti ad un commerciante, Hassan Saida, che li porta in Israele. Con l'aiuto di due archeologi Jennifer e David Elkington fa pervenire alcuni dei codici alla Oxford University. Dopo l'analisi, la Giordania si attiva e rivuole i codici, il beduino ritorna in Israele con parte dei libri e i due archeolgi cominciano ad essere pedinati e minacciati. The Telegraph, in un'intervista ai Elkington, svela che tipo di pressione stanno ricevendo dalla Giordania e dai trafficanti del mercato nero.

Datazione. Ad Oxford, i primi test confermano che il piombo ha origine nel Mediterraneo, che è del primo secolo e che la corrosione è autentica. Altri test fatti in Svizzera, dal National Materials Laboratory di Dubendorf danno gli stessi risultati. Su alcuni libri compaiono scritte in lingua fenicia (forse) e immagini incise. Vengono tradotte solo due parole: "Salvatore di Israele" e "Yahweh - Dio".

Interpretazioni. Il Daily Mail, oltre a spiegare meglio le fasi del ritrovamento, dice che l'interpretazione proto-cristiana dei libri è fortemente sostenuta da Margaret Barker, ex presidente della Society for Old Testament study e tra i massimi esperti di primo cristianesimo in Gran Bretagna. Il direttore del Department of Antiquities della Giordania, Ziad al-Saad, ha pochi dubbi. E' convinto che essi siano effettivamente realizzati dai seguaci di Gesù nei primi decenni dopo la crocifissione.

In un secondo articolo dice che la prova più convincente della tesi di Ziad al-Saad è che su una lastra sembra essere mostrata una cartina della città santa di Gerusalemme con alcune croci al di fuori delle mura della città.

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26/10/2011 21:21
 
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Scienziati e giuristi plaudono alla sentenza contro la brevettabilità dell’embrione

Recentemente la Corte di giustizia europea si è espressa in maniera epocale in merito alla brevettabilità delle cellule embrionali umane: non è brevettabile un procedimento che, ricorrendo al prelievo di cellule staminali ricavate da un embrione umano allo stadio di blastocisti, comporta la distruzione dell’embrione stesso. L’attesissima risposta rispecchia fortunatamente le previsioni che vennero avanzate a marzo di quest’anno (cfr. Ultimissima 26/3/11).

Bisogna dare il giusto merito alla Ong ambientalista Greenpeace per aver iniziato la controversia legale denunciando nel 1999 l’ottenimento di un brevetto da parte del neuropatologo tedesco Oliver Brüstle per produrre cellule neurali da staminali embrionali umane di una linea stabilizzata e commercialmente disponibile. In questi giorni tantissimi scienziati, bioeticisti e giuristi hanno preso posizione e la maggioranza di essi, sorprendentemente, è assolutamente a favore della decisione europea. Ne elenchiamo alcuni:

 

Il biologo e farmacolo Angelo Vescovi, direttore scientifico della Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, recentemente insignito del premio «Alumnus of the year 2011» da parte dell’Hotchkiss Brain Institute, centro di eccellenza per le neuroscienze dell’università canadese di Calgary, dichiara su “Avvenire”: «Sentenza illuminata. L’elemento centrale della sentenza è che la vita umana non può essere sfruttata per fini commerciali, e questo è un principio eticamente condivisibile e importante. Non solo: questa decisione mette in luce l’aggravante della causalità in ciò che si vieta, ossia come non solo non si possa distruggere un embrione ma, meno che mai, costruirlo apposta con questa finalità. Si stabilisce, poi, che la vita comincia con la fecondazione dell’ovulo. La soddisfazione morale che provo è legata al fatto che, finalmente, anche dalla legge arriva un incitamento a svegliarsi, perché si capisca che è tempo di cambiare strategie politiche e bioindustriali. Non ha più senso continuare a investire sugli embrioni: ora l’alternativa c’è ed è data dalla tecnica della riprogrammazione delle cellule adulte sulla quale da tempo ha puntato la ricerca mondiale. Sono cellule più maneggevoli anche per la pratica industriale perché ottenibili in quantità elevate, utilizzabili sul paziente senza rischio di rigetto. A chi griderà all’oscurantismo del Vecchio continente, io rispondo che dimostra un’incompetenza tecnico-scientifica enorme. La ricerca non si ferma affatto perché la strada vincente, anche per l’industria, è la riprogrammazione».

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03/11/2011 22:53
 
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VATICANO: gli atti della Santa Sede fruibili on-line


Finalmente i bollettini ufficiali, con tutti i documenti e gli atti dei pontefici e della Segreteria di Stato e degli organi che dipendono dalla Sede Apostolica sono consultabili via Web. Non più estenuanti ricerche sui volumi cartacei. Ora per trovare un motu proprio degli anni '40 bastano quattro click! Un meraviglioso passo avanti. Gli Acta Apostolicae Sedes arrivano fino all'edizione del 2007. Il tu

tto in formato PDF universalmente utilizzabile.
Ecco il link
www.vatican.va/archive/atti-ufficiali-santa-sede/index_it.htm
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19/11/2011 09:04
 
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Benigni al Parlamento Europeo:

«i monaci di San Benedetto creatori della civiltà»

Per celebrare il 150esimo della Repubblica italiana, Roberto Benigni ha recitato un brano della Divina Commedia di Dante Alighieri, in particolare il commento del XXVI canto dell’Inferno, nell’emiciclo del Parlamento Europeo di Bruxelles in occasione dell’evento “La lingua italiana come fattore d’identità e unità nazionale”, promosso dall’Università per stranieri di Perugia in collaborazione con la Rappresentanza permanente d’Italia.

Nella sua introduzione iniziale ha ironizzato sull’attuale situazione politica dell’Italia e ha tessuto le lodi della sua storia, soffermandosi anche su San Benedetto, patrono d’Europa: «Nei secoli bui San Benedetto, che è il mio Santo preferito e il Patrono d’Europa, nel V sec. d.C., dove veramente tutto era morte e non c’era niente, proprio niente, un uomo di Norcia, un italiano così, una personcina, ha aggiunto alla parola “prega” la parola “lavora”: Ora et labora. Li ha fatti lavorare quei monachetti, dalla mattina alla sera, in giro per tutta l’Europa (in Belgio quanti ce ne sono stati!), a raccogliere, catalogare, archiviare, iscrivere il pensiero, la filosofia, l’agricoltura, la scienza, la poesia, sennò non c’era niente senza San Benedetto. Una cosa spettacolare, un miracolo, un vero miracolo».

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30/11/2011 16:01
 
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Chiesa, sessualità e metodi naturali:

un convegno a Verona

Tutti i sostenitori della leggenda anticlericale del “sesso solo per fini riproduttivi” avrebbero dovuto partecipare all’Evento formativo intitolato “Quale orizzonte per la sessualità? Mappe, bussola, strumenti e metodi nella via dell’amore” ed organizzato dalla Confederazione Italiana dei Centri per la Regolazione Naturale della Fertilità (CICRNF) a Verona, dal 18 al 20 novembre 2011.

L’Evento ha coinciso con la celebrazione dei 20 anni di attività della Confederazione che, dal 1991, riunisce le Scuole di Formazione dei tre principali metodi naturali diagnostici per la conoscenza della fertilità e infertilità umana (il metodo dell’Ovulazione Billings, il metodo Sintotermico secondo Roëtzer e il metodo Sintotermico secondo Camen), coinvolgendo, tra sensibilizzatori, educatori e insegnanti dei metodi naturali, circa 1000 operatori sul territorio nazionale. Il Seminario si è basato su un susseguirsi di laboratori, finalizzati sopratutto all’educazione dei formatori (“che sappiano educare alla bellezza della sessualità”), all’antropologia, alla psico-pedagogia dei rapporti affettivi e della sessualità, sull’ideologia del gender, “esito di un riduttivismo antropologico e di un volontarismo filosofico che, proclamando la libertà sganciata dalla verità, non solo “rende fluidi i confini tra i generi sessuali”, ma contribuisce anche ad annebbiarli e a frantumarli”.

La CICRNF, come si legge sul suo sito web (www.confederazionemetodinaturali.it), raccoglie attualmente varie Scuole italiane che con origini, storia e metodologie diverse, sono da anni impegnate nella formazione di Insegnanti dei Metodi Naturali. La Confederazione, attraverso i suoi centri, nati tra gli anni ‘70 e ‘80 , ha radici nell’enciclica “Humanae Vitae”, di Paolo VI laddove si invitano le coppie a farsi “guide di altri sposi” (H.V., 26) e gli operatori sanitari a considerare “come proprio dovere professionale quello d’acquistare tutta la scienza necessaria in questo delicato settore, al fine di poter dare agli sposi che li consultano i saggi consigli e le sane direttive, che questi da loro a buon diritto aspettano” (H.V., 27). In questo contesto il termine “naturale” che connota la regolazione della fertilità si riferisce al comportamento sessuale della coppia, la quale, per mezzo dell’individuazione del periodo fertile e dei periodi sterili del ciclo mestruale, è in grado di realizzare la sua vocazione all’amore fondando il suo comportamento “nella natura stessa della persona umana e dei suoi atti” (G.S., 51) e rispettando il significato unitivo e procreativo dell’atto coniugale, il quale per sua intima struttura, “mentre unisce profondamente gli sposi, li rende atti alla generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte nell’essere stesso dell’uomo e della donna” (H.V., 12).

E’ possibile approfondire il pensiero della Chiesa sulla sessualità nel matrimonio e sui metodi naturali, al di là delle tante leggende create ad hoc, leggendo il messaggio che Benedetto XVI ha inviato in occasione del Congresso Internazionale “Humanae Vitae” del 3-4 ottobre 2008: «la conoscenza dei ritmi naturali di fertilità della donna diventa importante per la vita dei coniugi. Questi metodi consentono alla coppia di amministrare quanto il Creatore ha sapientemente iscritto nella natura umana senza turbare l’integro significato della donazione sessuale [...]. Questi metodi che rispettano la piena verità dell’amore dei coniugi richiedono una maturità nell’amore che non è immediata, ma comporta un dialogo e un ascolto reciproco e un singolare dominio dell’impulso sessuale in un cammino di crescita nella virtù». Molto interessante riteniamo la riflessione del compianto Bruto Maria Bruti, docente di psicopatologia dei comportamenti sessuali presso l’Università Europea di Roma.

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22/01/2012 23:50
 
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Ecco cinque motivi per essere anti-relativisti…

Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani (UGCI), membro della Pontificia Accademia per la Vita nonché del Consiglio Scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, ha scritto un interessante articolo su Avvenire intitolato: “Perché non possiamo non dirci antirelativisti”.  Sul nostro sito avevamo già affrontato il tema inUltimissima 19/12/11Pochi giorni dopo ne ha parlato anche Padre Giovanni Cavalcoli sul sito “Libertà e Persona, dicendo: «Si sostiene che tutti cerchiamo la verità, ma in maniere diverse: ciò che è vero per me non lo è per te». Ma ciò non fa problema, dice Padre Giovanni. «E’ segno di libertà e di pluralismo. E guai a chi pretende “confutare”, “correggere” o “condannare” in base al proprio concetto di verità, chi ne avesse uno “diverso”. La “diversità” (scambiata con la contrarietà e il falso), si dice, è una ricchezza, è un valore. Non dobbiamo essere tutti fatti con lo stampino. Ognuno dev’esser libero di concepire la verità come crede, “secondo la propria coscienza”. E’ chiaro – dico io – che la legittima diversità è un valore. Ma non va scambiata col falso e con l’errore. Anche il malato è “diverso” dal sano. Ma chi avrebbe piacere di essere malato e di godere di questa “diversità”?». 

 

D’Agostino approfondisce, elencando cinque motivi per cui bisogna essere assolutamente antirelativisti. In particolare sono 3 argomenti laici e 2 cattolici. Egli dice:

1) Il relativismo è incompatibile con il riconoscimento dei diritti umani, come diritti fondamentali e inviolabili di ogni uomo, quale che sia la sua cultura e la sua religione di appartenenza. Da quando le Nazioni Unite hanno approvato nel 1948 la grande Carta dei Diritti si sono moltiplicati i tentativi di criticarla, di minimizzarla, di ridicolizzarla, di interpretarla come una mera risposta a aspettative storiche contingenti. La Carta dell’Onu, però, ha resistito a tutte le intemperie e continua ad essere il modello per tutte le ulteriori Carte dei diritti umani. È un dato, questo, su cui i relativisti non si fermano mai a riflettere.

2) Il relativismo, o almeno quello patrocinato dai ‘relativisti’, non è mai veramente tale, perché a partire da esso, ma contro ogni buona ragione, i relativisti si fanno promotori della tolleranza, della democrazia e della libertà, di tre valori splendidi, assolutamente “non relativizzabili”. La contraddizione è palese. Un vero relativista dovrebbe ragionare in altro modo: poiché non esistono valori assoluti e non ho alcun criterio razionale per stabilire che i valori altrui siano migliori o anche equivalenti ai miei, rispetterò i valori altrui solo quando questo rispetto non mi nuoce: in caso di conflitto, però, cercherò sempre di far prevalere i miei valori, per la semplice ragione che sono i miei e nella serena presunzione che nessuno potrà mai accusarmi di aver agito ingiustamente, dato che per definizione una giustizia assoluta non esiste (almeno per un relativista).

3) Non è vero che democrazia e relativismo siano indissolubili, come pensa Dario Antiseri, citando Kelsen. Lo dimostra il fatto che le grandi democrazie occidentali, partendo dal Regno Unito e dagli Stati Uniti (e mettiamo nel novero anche l’Italia) si fondano su costituzioni liberali, ma non relativistiche.

4) Assimilare, per amore di polemica, gli antirelativisti ai fondamentalisti è assolutamente scorretto.  L’antirelativista crede alla verità del bene e assume le parole di Dio come quelle di un Padre, che ama tutti i suoi figli (anche se ‘prodighi’!) e vuole il loro bene. Il fondamentalista, invece, non vede Dio come un Padre, ma come unSovrano che emana ordini insindacabili e ineludibili da parte degli uomini, cioè dei suoi sudditi ed è pronto a punire con la morte la loro disubbidienza.

5) Il relativismo è incompatibile con l’articolo fondamentale del Credo cristiano: «Credo in un solo Dio». C’è un solo Dio, che ha creato il cielo, la terra e gli esseri umani, che fa piovere sui giusti e sugli ingiusti e che offre a tutti la sua grazia: per questo dobbiamo considerarci tutti fratelli e sperare tutti nella salvezza di tutti. I relativisti reputano insuperabili le differenze tra gli uomini e le loro culture e amano sottolinearne la reciproca irriducibilità; gli antirelativisti operano invece per reinterpretarle, per superarle, per unificarle, nella certezza che tutto nell’esperienza umana può essere volto al bene. Come può un cristiano non essere antirelativista?

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26/01/2012 23:48
 
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STATISTICHE INTERESSANTI

1) Nel 2005, il 67% degli americani si è detta “assolutamente certa”dell’esistenza del paradiso, mentre il 17% pensa che “probabilmente” non esiste (cfr. cap. 8, “Heaven: We Are All Going“). Fra questi, il 46% è almeno “abbastanza certa” di andare in paradiso, mentre il 29% ritiene che agli “irreligiosi” vi sarà impedito. Il 73% crede assolutamente nell’inferno o che almeno probabilmente esiste (compresi il 79% dei cattolici).

2) Nel corso degli ultimi 63 anni la percentuale di atei non è affatto cambiata. Non solo l’ateismo non cresce negli Stati Uniti, ma anche la maggioranza degli europei non è atea (cfr. cap. 14, “L’ateismo: La rivoluzione pagana mai avvenuta“). Si citano, per esempio, gli stati con più abitanti. In Russia il 96% della popolazione crede in Dio, mentre un recente sondaggio ha mostrato che in Cina gli atei sono surclassati dai religiosi, così come l’India.

3) I ricercatori hanno trovato che l’11% del campione nazionale riferisce di non avere “nessuna religione“. Tuttavia, solo un terzo di questo gruppo sono atei che rifiutano “ogni cosa al di là del mondo fisico”, mentre i restanti due terzi hanno espresso qualche credenza in Dio e in molti non sono “irreligiosi”, ma semplicemente “non credenti” (cfr. cap. 17, “L’irreligioso: semplicemente non credente, no ateo“). Approfondendo la religiosità reale di coloro che dichiarano di non avere alcuna religione, l’indagine della Baylor University ha rilevato che la maggioranza degli irreligiosi americani, afferma di “pregare” (e il 32% di “farlo spesso”), circa un terzo di essi professa la fede in Satana, nell’inferno, nei demoni e circa la metà di essi crede negli angeli e nei fantasmi.

4) Questo è sicuramente il punto più interessante. L’indagine ha rilevato che la religione cristiana diminuisce notevolmente la credulità, misurata in termini di convinzioni in cose come sogni, Bigfoot, UFO, case infestate, comunicazione con i morti e l’astrologia (cfr. cap. 15, “Credulità: chi crede nel Bigfoot?“). Eppure -notano i ricercatori-, resta diffusa l’opinione che le persone religiose siano particolarmente credulone. Tuttavia i conservatori religiosi americani sono molto meno propensi a credere nell’occulto e nel paranormale degli altri americani, mentre coloro che si auto-identificano come teologi liberali e coloro che si dicono “irreligiosi” hanno molta più probabilità di essere creduloni. I ricercatori hanno concluso che questo dimostra come non sia la religione in generale a sopprimere tali credenze, ma solo la religione cristiana conservatrice. Confermate quindi le parole di G.K. Chesterton: «Chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente perché comincia a credere a tutto».

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11/02/2012 19:27
 
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Orissa, i carnefici indù si convertono al cristianesimo

In Kandhamal (Orissa, India) si inizia a respirare un’aria diversa, anche se la strada lunga. Ma i segnali ci sono. E’ interessante sapere che l’ex funzionario del governo, il cattolico Hippolitus Nayak, ha ricevuto un dono particolare la mattina di Capodanno: un fiore da parte di Lakhno Pradhan, uno dei capi fondamentalisti indù che guidò una serie di attacchi di massa contro i cristiani intorno al villaggio di Tiangia.

Tra le altre cose, Nayak ha commentato“Dio sta sciogliendo i cuori induriti del Kandhamal”. Quattro anni fa, dopo l’assassinio del leader nazionalista Swami Lakshmanananda Saraswati, i fondamentalisti iniziarono ad accusare i cristiani, gridando a un vero e proprio complotto. Cominciò così l’ondata di violenze protrattasi per settimane: il numero di cristiani uccisi superò il centinaio, 300 chiese saccheggiate, 6000 case incendiate, e circa 54.000 gli sfollati. Lakhno Pradhan ha chiesto scusa per quanto commesso e Nayak non può che sottolineare entusiasta, come molti tra gli ex persecutori frequentino regolarmente la Messa domenicale, in quella stessa chiesa di Tiangia dove sono stati brutalmente assassinati alcuni fedeli che si erano rifiutati di rinnegare la propria fede.

Non si può che pensare a Tertulliano, apologeta latino e storico della Chiesa, che affermava: “il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”. E così si sta verificando: la forte testimonianza di fede e di fedeltà dimostrata dai cristiani perseguitati del Kandhamal ha infatti toccato, riferisce don Pradhan (vicario della parrocchia di Raikia), il cuore di numerosi indù che ora chiedono perdono. Di certo però, il paese non è assolutamente in pace nonostante queste notizie positive. Basti pensare che la vigilia di Natale, dopo la messa della mezzanotte alla quale aveva partecipato, Dilip Mallick, un indù convertitosi da poco al cattolicesimo, ha trovato la propria casa trasformata completamente in cenere.

Padre K. J. Markose, già padrino di un convertito dall’induismo, sostiene che nel Kandhamal è pericoloso convertirsi, malgrado gli incoraggianti segnali di miglioramento. Ma egli non si fa intimorire e continua: “Resterò cristiano qualsiasi cosa succeda”. E’ da registrare infine, l’intervento del vescovo John Barwa che, mostrandosi più ottimista, ha affermato: “I piani dell’Altissimo stanno oltre la nostra comprensione. Ciò che è avvenuto nel Kandhamal è stato molto doloroso. Ma non è stata una maledizione. Anzi, adesso si sta rivelando una benedizione”.

Antonio Ballarò

 

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02/04/2012 22:13
 
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Ecco perché il “caso Lautsi” è stato un dono al cristianesimo

A distanza da un anno dalla sentenza definitiva, il caso Lautsi contro Italia, più noto come il caso del crocifisso, ha una grande importanza, non semplicemente dal punto di vista politico e giuridico, ma anche religioso. Ne ha parlato Grégor Puppinck, Direttore del Centro europeo per la legge e la giustizia, affermando che «mai nella storia della Corte e del Consiglio d’Europa un caso aveva suscitato così tanta attenzione e dibattito pubblico». In un percorso senza precedenti, infatti, «ventuno Stati membri della Convenzione europea dei diritti dell`uomosi sono uniti all`Italia per riaffermare la legittimità della presenza del cristianesimo nella società e nell’identità europee. E la Corte lo ha confermato, riconoscendo – in sostanza – che nei Paesi a tradizione cristiana, il cristianesimo possiede una legittimità sociale specifica che lo distingue dalle altre credenze filosofiche e religiose».

Ma quali conseguenze a questa approvazione? Secondo l’esperto, «la Corte sembra cominciare a dare prova di un certo riserbo giudiziario nei casi moralmente sensibili. Mentre la Corte era diventata uno dei terreni favoriti dell`attivismo “ideologico ultraliberale”, soprattutto in materia di bioetica e di sessualità, sembra ora riscoprire che i valori etici e morali sottesi in ogni società meritano rispetto». Questo lo si è potuto sperimentare anche nel recente pronunciamento della Corte di Strasburgo (cfr.Ultimissima 23/03/12), e in tanti altri casi, citati anche da Puppinck.

Il caso Lautsi, sollevato da aree ateo-fondamentaliste italiane è stato un clamoroso autogol. Non solo perché per reazione i crocifissi nelle scuole sono triplicativenendo appesi anche laddove prima non c’erano, ma «ha avuto anche conseguenze importanti sui dibattiti nazionali relativi alla presenza dei simboli religiosi in scuole, ospedali o parlamenti. Questi dibattiti durano da anni, per esempio in Austria, in Svizzera, in Spagna, in Romania e – fuori dall`Europa – in Québec. La Corte costituzionale d’Austria, comeanche quella del Perù, ha giudicato la presenza del crocifisso nelle aule e nei tribunali conforme alla Costituzione. Queste decisioni sono state prese quasi in contemporanea con la sentenza Lautsi». In Svizzera, ha continuato a ricordare il giurista europeo, «il Consiglio di Stato ha respinto il 22 giugno 2011 un ricorso che mirava a interdire l`esposizione del crocifisso nei corridoi di una scuola del Canton Ticino».

In definitiva, un caso nato per eliminare la presenza cristiana dallo spazio pubblico ha «avuto, e ha, una profonda portata unificatrice tra i diversi popoli europei. L’esplicito appoggio all’Italia di ben 21 Paesi testimonia che il cristianesimo resta nel cuore dell’unità europea. E a proposito di unità, il caso Lautsi è stato anche un’occasione di ulteriore riavvicinamento tra Chiesa cattolica e Chiese ortodosse e ha dimostrato che la proficua collaborazione – di cui esse si sono reciprocamente rallegrate permette loro di riguadagnare una più forte, profonda e legittima influenza sui dibattiti e sugli orientamenti della politica europea. E proprio in questo senso il caso del crocifisso potrà avere le conseguenze più significative e a lungo termine».

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10/05/2012 17:20
 
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Nella notte di Pasqua migliaia i battesimi di adulti neoconvertiti

L’ultima edizione dell’Annuario Pontificio e dell’Annuarium Statisticum Ecclesiae ha rilevato che (anche) nel 2010 un aumento di 15 milioni di cattolici nel mondo, i quali sono oggi 1 miliardo 196 milioni e una presenza mondiale che rimane stabile attorno al 17,5%. Vicino a Pasqua (giorno della Resurrezione) sono migliaiagli adulti in tutto il mondo che decidono di battezzarsi, dopo una percorso di conversione e di catechismo, chiamato catecumenato. L’anno scorso abbiamo parlato dei 3000 adulti francesi, dei 150 mila adulti cinesi, dei 3400 adulti di Hong Kong.

Nel 2012, la diocesi di Orange, in Californiaha battezzato 921 persone e 668 cristiani di altre denominazioni, il 14% in più rispetto all’anno precedente. La diocesi del Texas ha fatto una cosa molto simile, mentre a New York sono stati 1470 i battezzati adulti nella notte di Pasqua. Nel 2011 i nuovi battesimi di adulti erano 43.000, mentre 73.000 sono stati i battesimi di adulti delle altre comunità cristiane. In Francia i battesimi di adulti quest’anno sono stati poco meno di 3.000 persone nella notte di Pasqua, di cui un terzo sono tra i 25 ei 35 anni.

In Spagna dopo la GMG dell’estate scorsa sono entrati 51 nuovi studenti in più seminario rispetto al 2010 (un incremento del 4,2%), mentre nel Regno Unito circa 200 ex anglicani sono entrati nella Chiesa cattolica. Essi si aggiungono ai 900 accolti nel 2011, tra i quali 61 sacerdoti e cinque ex vescovi anglicani.  Sempre in Inghilterra e Galles, dove la Chiesa cattolica è una minoranza, ma è comunque una forte presenza, sono 3.800 gli adulti che sono entrati nella Chiesa cattolica durante la recente Veglia pasquale. Naturalmente molti altri verranno battezzati più avanti nel corso dell’anno. Sempre nel 2012, ad Hong Kong, nonostante una limitata libertà religiosa, nella Notte di Pasqua sono stati battezzati 3.500 adulti (nel 2011 erano 3400, nel 2010 erano 3.000, e nel 2006 erano 2.400). In Cina nella notte di Pasqua ci sono stati 22 mila battesimi (il 75% adulti), 615 in più dell’anno scorso, ma anche in Corea del Sud si sta verificando un forte incremento di conversioni: ogni parrocchia ha dai 200 ai 400 battesimi di convertiti dal buddhismo all’anno e negli ultimi dieci anni si è passati da tre a 5 milioni di cattolici. In più, ci sono anche 130-150 nuovi sacerdoti ogni 365 giorni.

Dati poco certi arrivano dall’Africa. Alcune agenzie parlano di quasi 3 milioni di adulti battezzati nel periodo pasquale 2012, ma ancora sono cifre da confermare.

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05/06/2012 23:14
 
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Successi delle staminali adulte, a dispetto delle embrionali

Anche questo mese sulle riviste scientifiche internazionali sono state pubblicate ricerche in cui si dimostra la grandissima utilità e versatilità delle cellule staminali adulte, ormai validissime alternative di quelle embrionali e sopratutto prive di controversie bioetiche.

Uno progetto italiano, finanziato dalla Fondazione Just Italia, sta portando avanti la coltivazione dicellule mesenchimali (midollo osseo) per offrire nuove soluzioni ai bambini affetti da tumore delle ossa. Grazie al progresso scientifico si possono prelevare cellule dal midollo osseo dello stesso paziente per rigenerare il tessuto osseo.

Negli USA, per la prima volta è stato avviato un trial clinico per curare bambini con perdita dell’udito neuro-sensoriale attraverso staminali prelevate dal cordone ombelicale. Un secondo trial è stato avviato per valutare le proprietà terapeutiche delle staminali cordonali per terapia dell’atassia cerebellare ereditaria nell’uomo, malattia praticamente incurabile.  Le staminali cordonali appaiono al centro della ricerca medica e scientificaanche per quanto riguarda il trattamento dell’anemia aplastica. Recentemente sono iniziati ben tre trial clinici per la terapia di questa pericolosa malattia, grazie al trapianto delle staminali del cordone ombelicale, due negli Stati Uniti ed uno in Cina, mentre ha dato buon esito una sperimentazione, effettuata da scienziati giapponesi, sempre sull’uomo.

A Bratislava l’europarlamentare Miroslav Mikolasik ha organizzato una conferenza internazionale per presentare i diversi aspetti del futuro della medicina rigenerativa in relazione all’uso delle staminali adulte e di quelle prelevate dal sangue del cordone ombelicale«Al giorno d’oggi si possono curare 70 malattie con questo tipo di cellule»– ha spiegato Mikolasik, anche copresidente dell’Intergruppo sulla bioetica al Parlamento europeo -. «È probabile che il trattamento della sclerosi multipla e della paralisi cerebrale infantile si aggiungano presto alla lista». Il professor Colin McGuckin, la cui équipe fu la prima al mondo a creare un fegato artificiale partendo da staminali prelevate dal cordone, ha affermato: «come dimostrano i risultati delle moderne ricerche biomediche, il tessuto e il sangue del cordone ombelicale, il midollo spinale e il tessuto adiposo sono molto promettenti nella cura delle malattie».

I ricercatori dell’Università coreana di Suwon, in uno studio recentemente pubblicato suCell Trasplantation online hanno dimostrato che le cellule staminali neurali trapiantate nella lesione midollare di un animale da laboratorio sono risultate in grado di riparare tale lesione. Su questo delicato fronte gli esperimenti condotti su modelli animali hanno aperto nuovi spiragli grazie all’impiego  terapeutico delle cellule staminali adulte, a dispetto delle embrionali. «La matrice usata in questo esperimento permette un miglior processo rigenerativo del tessuto nervoso . Anche noi utilizziamo le staminali neurali in sinergia con alcune matrici ma occorre incentivare lo studio di quelle umane. La fonte migliore a disposizione è data da staminali umane di tipo adulto geneticamente definite e testate per sicurezza e validità», ha affermato Alfredo Gorio, farmacologo e ricercatore della facoltà di Medicina dell’Università di Milano.

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