Ventun’anni dopo che la religione cattolica a scuola è divenuta materia opzionale, si è assistito ad un calo di soltanto 5 punti decimali nella scelta. Nel 1993/94, infatti, gli studenti che si avvalevano di quest’ora erano il93,5% mentre nell’anno scolastico 2013/14 sono stati88,5%.
L’Osservatorio socio-religioso del Triveneto ha infatti rilevato che la materia viene scelta dal 90,8% degli studenti della scuola dell’infanzia (-0,2%), dal 92,3% di quelli della scuola primaria (-0,6%), dal 90,2% degli studenti della scuola media (-0,2%) e dall’82% di quelli delle superiori (-0,1%). Ci sono tuttavia eccezioni come la Lombardia, dove si è verificato un aumento generale del’1,5% degli alunni che ha scelto di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica (circa 20.000 in più) e, nella sola diocesi di Milano, la percentuale degli avvalentesi è aumentata più del 2%.
Nella scuola superiore, in particolare, è complice il fatto che l’attività preferita come alternativa è l’uscita da scuola (45,4%), anche perché molto spesso si tratta dell’ultima ora della giornata. Come ha spiegato una mamma, al liceo «molti ragazzi rifiutano di fare l’ora di religione a scuola non per una qualche solida convinzione ideologica, ma semplicemente per avere un’ora di buco in cui spassarsela e non fare nulla».
Il card. Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi, ha spiegato che sull’insegnamento della Religione «c’è sempre stato un equivoco, perché in realtà non dev’essere intesa come catechesi, bensì come cultura religiosa. Nella scuola si parla di tante cose che devono essere conosciute per cultura generale, e così vale anche per Religione. Però deve essere condotta da chi conosce la materia, e dunque avviene che la insegnino dei sacerdoti che hanno studiato, oltre che i laici».