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COSA SAPPIAMO DEL PARADISO ?

Ultimo Aggiornamento: 21/04/2021 17:00
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21/04/2021 16:57
 
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Includiamo qui anche alcuni scritti di mistici cristiani, che hanno in qualche modo, sperimentato lo stato di beatitudine celeste e ne ha fatto il racconto, secondo le loro capacità espressive.


- da una visione della mistica Maria Valtorta -




 

 
 
 
“Tenterò descrivere la inesprimibile, ineffabile, beatifica visione della tarda sera di ieri, quella che dal sogno dell'anima mi con­dusse al sogno del corpo per apparirmi ancor più nitida e bella al mio ritorno ai sensi. E prima di. accingermi a questa descrizio­ne, che sarà sempre lontana dal vero più che non noi dal sole, mi sono chiesta: :' Devo prima scrivere, o prima fare le mie pe­nitenze? ". Mi ardeva di descrivere ciò che fa la mia gioia, e so che dopo la penitenza sono più tarda alla fatica materiale dello scrivere.
Ma la voce di luce dello Spirito Santo — la chiamo così perché è immateriale come la luce eppure è chiara come la più sfolgo­rante luce, e scrive per lo spirito mio le sue parole che son suono e fulgore e gioia, gioia, gioia— mi dice avvolgendomi l'anima nel suo baleno d'amore; " Prima la penitenza e poi la scrittura di ciò che è la tua gioia. La penitenza deve sempre precedere tut­to, in te, poiché è quella che ti merita la gioia. Ogni visione nasce da una precedente penitenza e ogni penitenza ti apre il cammino ad ogni più alta contemplazione. Vivi per questo. Sei amata per questo. Sarai beata per questo. Sacrificio, sacrificio. La tua via, la tua missione, la tua forza, la tua gloria. Solo quando ti addor­menterai in Noi cesserai di esser ostia per divenire gloria ".
Allora ho fatto prima tutte le mie giornaliere penitenze. Ma non le sentivo neppure. Gli occhi dello spirito " vedevano " la sublime visione ed essa annullava la sensibilità corporale. Com­prendo, perciò, il perché i martiri potessero sopportare quei sup­plizi orrendi sorridendo. Se a me, tanto inferiore a loro in virtù, una contemplazione può, effondendosi dallo spirito ai sensi cor­porali, annullare in essi la sensibilità dolorifica, a loro, perfetti nell'amore come creatura umana può esserlo e vedenti, per la loro perfezione, la Perfezione di Dio senza velami, doveva acca­dere un vero annullamento delle debolezze materiali. La gioia della visione annullava la miseria della carne sensibile ad ogni sofferenza.

Ed ora cerco descrivere.
Ho rivisto ' il Paradiso. E ho compreso di cosa è fatta la sua Bellezza, la sua Natura, la sua Luce, il suo Canto. Tutto, insomma. Anche le sue Opere, che sono quelle che, da tant'alto, infor­mano, regolano, provvedono a tutto l'universo creato. Come già l'altra volta, nei primi del corrente anno, credo, ho visto la Ss. Trinità. Ma andiamo per ordine.
Anche gli occhi dello spirito, per quanto molto più atti a so­stenere la Luce che non i poveri occhi del corpo che non pos­sono fissare il sole, astro simile a fiammella di fumigante luci­gnolo rispetto alla Luce che è Dio, hanno bisogno di abituarsi per gradi alla contemplazione di questa alta Bellezza.
Dio è così buono che, pur volendosi svelare nei suoi fulgori, non dimentica che siamo poveri spiriti ancor prigionieri in una carne, e perciò indeboliti da questa prigionia. Oh! come belli, lucidi, danzanti, gli spiriti che Dio crea ad ogni attimo per esser anima alle nuove creature! Li ho visti e so. Ma noi... finché non torneremo a Lui non possiamo sostenere lo Splendore tutto d'un colpo. Ed Egli nella sua bontà ce ne avvicina per gradi.
Per prima cosa, dunque, ieri sera ho visto come una immensa rosa. Dico " rosa " per dare il concetto di questi cerchi di luce festante che sempre più si accentravano intorno ad un punto di un insostenibile fulgore.
Una rosa senza confini! La sua luce era quella che riceveva dal­lo Spirito Santo. La luce splendidissima dell'Amore eterno. To­pazio e oro liquido resi fiamma... oh! non so come spiegare! Egli raggiava, alto, alto e solo, fisso nello zaffiro immacolato e splen­didissimo dell'Empireo, e da Lui scendeva a fiotti inesausti la Lu­ce. La Luce che penetrava la rosa dei beati e dei cori angelici e la faceva luminosa di quella sua luce che non è che il prodotto della luce dell'Amore che la penetra. Ma io non distinguevo santi o angeli. Vedevo solo gli immisurabili festoni dei cerchi del pa­radisiaco fiore.
Ne ero già tutta beata e avrei benedetto Dio per la sua bontà, quando, in luogo di cristallizzarsi così, la visione si aprì a più ampi fulgori, come se si fosse avvicinata sempre più a me per­mettendomi di osservarla con l'occhio spirituale abituato ormai al primo fulgore e capace di sostenerne uno più forte.
E vidi Dio Padre: Splendore nello splendore del Paradiso. Linee di luce splendidissima, candidissima, incandescente. Pensi tei: se io lo potevo distinguere in quella marea di luce, quale doveva esser la sua Luce che, pur circondata da tant'altra, la annullava facendola come un'ombra di riflesso rispetto al suo splen­dere? Spirito... Oh! come si vede che è spirito! E' Tutto. Tutto tanto è perfetto. E' nulla perché anche il tocco di qualsiasì altro spinto del Paradiso non potrebbe toccare Dio, Spirito perfettis­simo, anche con la sua immaterialità: Luce, Luce, niente altro che Luce.
Di fronte2 al Padre Iddio era Dio Figlio. Nella veste del suo Corpo glorificato su cui splendeva l'abito regale che ne copriva le Membra Ss. senza celarne la bellezza superindescrivibile3. Maestà e Bontà si fondevano a questa sua Bellezza. I carbonchi delle sue cinque Piaghe saettavano cinque spade di luce su tutto il Paradiso e aumentavano lo splendore di questo e della sua Persona glorificata.

Non aveva aureola o corona di sorta. Ma tutto il suo Corpo emanava luce, quella luce speciale dei corpi spiritualizzati che in Lui e nella Madre è intensissima e si sprigiona dalla Carne che è carne, ma non è opaca come la nostra. Carne che è luce. Questa luce si condensa ancor di più intorno al suo Capo. Non ad aureola, ripeto, ma da tutto il suo Capo. Il sorriso era luce e luce lo sguardo, luce trapanava4 dalla sua bellissima Fronte, senza ferite. Ma pareva che, là dove le spine un tempo avevano tratto sangue e dato dolore, ora trasudasse più viva luminosità.
Gesù era in piedi col suo stendardo regale in mano come nella visione che ebbi in gennaio, credo.
Un poco più in basso di Lui, ma di ben poco, quanto può es­serlo un comune gradino di scala, era la Ss. Vergine. Bella co­me lo è in Ciclo, ossia con la sua perfetta bellezza umana glori­ficata a bellezza celeste.
Stava fra il Padre e il Figlio che erano lontani tra 5 loro qual­che metro. (Tanto per applicare paragoni sensibili). Ella era nel mezzo e, con le mani incrociate sul petto — le sue dolci, candidis­sime, piccole, bellissime mani — e col volto lievemente alzato — il suo soave, perfetto, amoroso, soavissimo volto — guardava, adorando, il Padre e il Figlio.
Piena di venerazione guardava il Padre. Non diceva parola, tutto il suo sguardo era voce di adorazione e preghiera e can­to. Non era in ginocchio. Ma il suo sguardo la faceva più pro­strata che nella più profonda genuflessione, tanto era adorante. Ella diceva: " Sanctus! ", diceva: " Adoro Te! " unicamente col suo sguardo.
Guardava il suo Gesù piena di amore. Non diceva parola. Ma tutto il suo sguardo era carezza. Ma ogni carezza di quel suo occhio soave diceva: " Ti amo! ". Non era seduta. Non toccava il Figlio. Ma il suo sguardo lo riceveva come se Egli le fosse in grem­bo circondato da quelle sue materne braccia come e più che nel­l'Infanzia e nella Morte. Ella diceva: "Figlio mio!", "Gioia mia! ", " Mio amore! " unicamente col suo sguardo.

Si beava di guardare il Padre e il Figlio. E ogni tanto alzava più ancora il volto e lo sguardo a cercare l'Amore che splendeva alto, a perpendicolo su Lei. E allora la sua luce abbagliante, di perla fatta luce, si accendeva come se una fiamma la investisse per arderla e farla più bella. Ella riceveva il bacio dell'Amore e si tendeva con tutta la sua umiltà e purezza, con la sua carità, per rendere carezza a Carezza e dire: " Ecco. Son la tua Sposa e ti amo e son tua. Tua per l'eternità ". E lo Spirito fiammeggia­va più forte quando lo sguardo di Maria si allacciava ai suoi fulgori.
E Maria riportava il suo occhio sul Padre e sul Figlio. Pareva che, fatta deposito dall'Amore, distribuisse questo. Povera im­magine mia! Dirò meglio. Pareva che lo Spirito eleggesse Lei ad essere quella che, raccogliendo in sé tutto l'Amore, lo portasse poi al Padre e al Figlio perché i Tre si unissero e si baciassero di­venendo Uno. Oh! gioia comprendere questo poema di amore! E vedere la missione di Maria, Sede dell'Amore!
Ma lo Spirito non concentrava i suoi fulgori unicamente su Maria. Grande la Madre nostra. Seconda solo a Dio. Ma può un bacino, anche se grandissimo, contenere l'oceano? No. Se ne empie e ne trabocca. Ma l'oceano ha acque per tutta la terra. Così la Luce dell'Amore. Ed Essa scendeva in perpetua carezza sul Padre e sul Figlio, li stringeva in un anello di splendore. E si allargava ancora, dopo essersi beatificata col contatto del Pa­dre e del Figlio che rispondevano con amore all'Amore, e si stendeva su tutto il Paradiso,Ecco che questo si svelava nei suoi particolari... Ecco gli an_ geli. Più in alto dei beati, cerchi intorno al Fulcro del Cielo che è Dio Uno e Trino con la Gemma verginale di Maria per cuore Essi hanno somiglianzà più viva con Dio Padre. Spiriti perfetti ed eterni, essi sono tratti di luce, inferiore unicamente a quella di Dio Padre, di una forma di bellezza indescrivibile. Adorano... sprigionano armonie. Con che? Non so. Forse col palpito del loro amore. Poiché non son parole; e le linee delle bocche non smuo­vono la loro luminosità. Splendono come acque immobili per­cosse da vivo sole. Ma il loro amore è canto. Ed è armonia così sublime che solo una grazia di Dio può concedere di udirla senza morirne di gioia.
Più sotto, i beati. Questi, nei loro aspetti spiritualizzati, han­no più somiglianzà col Figlio e con Maria. Sono più compatti, di­rei sensibili all'occhio e — fa impressione — al tatto, degli an­geli. Ma sono sempre immateriali. Però in essi sono più marcati i tratti fisici, che differiscono in uno dall'altro. Per cui capisco se uno è adulto o bambino, uomo o donna. Vecchi, nel senso di decrepitezza, non ne vedo: Sembra che anche quando i corpi spi­ritualizzati appartengono ad uno morto in tarda età, lassù cessino i segni dello sfacimento della nostra carne. Vi è maggior impo­nenza in un anziano che in un giovane. Ma non quello squallore di rughe, di calvizie, di bocche sdentate e schiene curvate pro­prie negli umani. Sembra che il massimo dell'età sia di 40, 45 anni. Ossia virilità fiorente anche se lo sguardo e l'aspetto sono di dignità patriarcale.

Fra i molti... oh! quanto popolo di santi!... e quanto popolo di angeli! I cerchi si perdono, divenendo scia di luce per i tur­chini splendori di una vastità senza confini! E da lungi, da lungi, da questo orizzonte celeste viene ancora il suono del sublime alleluia e tremola la luce che è l'amore di questo esercito di an­geli e beati...
Fra i molti vedo, questa volta, un imponente spirito. Alto, se­vero, e pur buono. Con una lunga barba che scende sino a metà del petto e con delle tavole in mano. Le tavole sembrano quelle cerate che usavano gli antichi per scrivere. Si appoggia con la mano sinistra ad esse che tiene, alla loro volta, appoggiate al g1' nocchio sinistro. Chi sia non so. Penso a Mosè o a Isaia. Non so perché. Penso così. Mi guarda e sorride con molta dignità. Null'altro. Ma che occhi! Proprio fatti per dominare le folle e pe­netrare i segreti di Dio.
Lo spirito mio si fa sempre più atto a vedere nella Luce. E vedo che ad ogni fusione delle tre Persone, fusione che si ripete con ritmo incalzante ed incessante come per pungolo di fame insaziabile d'amore, si producono gli incessanti miracoli che sono le opere di Dio.
Vedo che il Padre, per amore del Figlio, al quale vuole dare sempre più grande numero di seguaci, crea le anime. Oh! che bello! Esse escono come scintille, come petali di luce, come gem­me globulari, come non sono capace di descrivere, dal Padre. E' uno sprigionarsi incessante di nuove anime... Belle, gioiose di scendere ad investire un corpo per obbedienza al loro Autore. Come sono belle quando escono da Dio! Non vedo, non Io posso vedere essendo in Paradiso, quando le sporca la macchia origi­nale.
Il Figlio, per zelo per il Padre suo, riceve e giudica, senza soste, coloro che, cessata la vita, tornano all'Origine per esser giudicati. Non vedo questi spiriti. Comprendo se essi sono giudicati con gioia, con misericordia, o con inesorabilità, dai mutamenti del­l'espressione di Gesù. Che fulgore di sorriso quando a Lui si pre­senta un santo! Che luce di mesta misericordia quando deve se­pararsi da uno che deve mondarsi prima di entrare nel Regno! Che baleno di offeso e doloroso corruccio quando deve ripudiare in eterno un ribelle!


E' qui che comprendo ciò che è il Paradiso. E ciò di che è fat­ta la sua Bellezza, Natura, Luce e Canto. E' fatta dall'Amore. Il Paradiso è Amore. E' l'Amore che in esso crea tutto. E' l'Amore la base su cui tutto si posa. E' l'Amore l'apice da cui tutto viene.
Il Padre opera per Amore. Il Figlio giudica per Amore. Maria vive per Amore. Gli angeli cantano per Amore. I beati osannano per Amore. Le anime si formano per Amore. La Luce è perché è l'Amore. Il Canto è perché è l'Amore. La Vita è perché è l'A­more. Oh! Amore! Amore! Amore!... Io mi annullo in Te. Io ri­sorgo in Te, Io muoio, creatura umana, perché Tu mi consumi. Io nasco, creatura spirituale, perché Tu mi crei.
Sii benedetto, benedetto, benedetto, Amore, Terza Persona! Sii benedetto, benedetto, benedetto, Amore, che sei amore delle Due Prime! Sii benedetto, benedetto, benedetto, Amore, che ami i Due
che ti precedono! Sii benedetto Tu che mi ami. Sii benedett me che ti amo perché mi permetti di amarti e conoscerti , o Luce mia...                                                                                  
Ho cercato nei fascicoli, dopo aver scritto tutto questo, la cedente contemplazione del Paradiso. Perché? Perché diffido se pre di me e volevo vedere se una delle due era in contraddizione con l'altra. Ciò mi avrebbe persuasa che sono vittima di un inganno.
No. Non vi è contraddizione. La presente è ancor più nitida ma ha le linee essenziali uguali. La precedente è alla data 10 gen­naio 1944 . E da allora io non l'avevo mai più guardata. Lo as­sicuro come per giuramento.


Dice a sera Gesù:

« Nel Paradiso che l'Amore ti ha fatto contemplare vi sono uni­camente i " vivi " di cui parla Isaia nel cap. 4, una delle profezie che saranno lette domani l'altro 7. E come si ottiene questo esser " vivi " lo dicono le parole susseguenti. Con lo spirito di giustizia e con lo spirito di carità si annullano le macchie già esistenti e si preserva da novelle corruzioni 8.
Questa giustizia e questa carità che Dio vi da e che voi gli do­vete dare, vi condurranno e vi manterranno all'ombra del Ta­bernacolo eterno. Là il calore delle passioni e le tenebre del Ne­mico diverranno cosa innocua ' poiché saranno neutralizzate dal Protettore vostro Ss., che più amoroso di chioccia per i suoi nati vi terrà al riparo delle sue ali e vi difenderà contro ogni sopran naturale assalto. Ma non allontanatevi mai da Lui che vi ama.
Pensa, anima mia, alla Gerusalemme che ti è stata  mostrata.  Non merita ogni cura per possederla? Vinci. Io ti attendo.   Noi  ti attendiamo. Oh! questa parola che vorremmo dire a tutti i  creati, almeno a tutti i cristiani, almeno a tutti i cattolici, possiamo dire a tanto pochi!
Basta perché sei stanca. Riposa pensando al Paradiso. »



FONTE:

“I quaderni del 1944”
Edizioni CEV
- Dettati, visioni e rivelazioni di Gesù e Maria Santissimi a Maria Valtorta-

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