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COMPENDIO DI TEOLOGIA SPIRITUALE

Ultimo Aggiornamento: 24/10/2013 13:41
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24/10/2013 13:01
 
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III. Pratica progressiva della speranza.

1199. 1^ Principio generale. A progredire in questa virtu`, bisogna
renderla piu` salda nei fondamenti e piu` feconda nei risultati.

A) A renderla piu` salda, conviene meditar spesso sui motivi che ne
sono il fondamento: la potenza di Dio, unita alla sua bonta` e alle
magnifiche promesse che ci ha fatte, n. 1193. Se occorresse
qualche cosa di piu` per rinsaldar la nostra confidenza, basterebbe
richiamare la parola di S. Paolo 1199-1: "Dio, che non risparmio`
il proprio Figlio ma lo diede a morte per tutti noi, come non ci dara`
con lui anche ogni cosa? Chi accusera` gli eletti di Dio? E` Dio che li
giustifica! Chi li condannera`? Cristo Gesu` e` quegli che mori` e che poi
risuscito` ed e` ora alla destra di Dio e intercede per noi!" Quindi da
parte di Dio la speranza e` assolutemente certa. Da parte nostra
abbiamo pero` ragione di temere, perche` purtroppo non corrispondiamo ne`
sempre ne` bene alla grazia di Dio. Onde ogni nostro sforzo deve mirare
a rendere la nostra speranza piu` ferma rendendola piu` feconda.

1200. B) A conseguir questo fine bisogna collaborare con Dio
all'opera della nostra santificazione: "Dei enim sumus
adjutores" 1200-1. Dio, largendoci la sua grazia, non vuole
sostituire l'azione sua alla nostra, vuole semplicemente supplire alla
nostra insufficienza. Dio e` certamente causa prima e principale, ma
non intende sopprimere la nostra attivita`, vuole anzi provocarla,
stimolarla, renderla piu` efficace.

Quseto aveva ben compreso S. Paolo: "Per la grazia di Dio, egli
diceva, sono quello che sono, e la grazia sua verso di me non riusci`
vana, ma piu` di tutti io faticai: non io pero`, ma la grazia di Dio che
e` con me: Gratia^ Dei sum id quod sum, sed gratia ejus in me vacua non
fuit; sed abundantius illis omnibus laboravi" 1200-2. Ed esortava
gli altri a far cio` che faceva lui: "Adjuvantes autem exhortamur ne in
vacuum gratiam Dei recipiatis" 1200-3; premurosa raccomandazione
che rivolgeva specialmente al caro discepolo Timoteo: "Labora sicut
bonus miles Christi Jesu" 1200-4; perche` doveva lavorare non solo
alla santificazione propria ma anche all'altrui. Ne` altrimenti parla
S. Pietro, rammentando ai discepoli che sono certamente chiamati alla
salute, ma che devono assicurar la loro vocazione coll'esercizio delle
opere buone: "Quapropter fratres, magis satagite ut per bona opera
certam vestram vocationem et electionem faciatis" 1200-5.

Bisogna dunque essere ben convinti che, nell'opera della nostra
santificazione, tutto dipende da Dio; ma si deve pure operare come se
tutto dipendesse da noi soli; Dio infatti non ci ricusa mai la sua
grazia, onde in pratica non dobbiamo occuparci che dei nostri sforzi.

1201. 2^ Applicazioni ai vari gradi della vita spirituale. E` facile
vedere in che modo l'esposto principio si applichi alle varie tappe
della vita cristiana.

A) Gl'incipienti baderanno primieramente a scansare i due eccessi
contrari alla speranza: la presunzione e la disperazione.

a) La presunzione consiste nell'aspettarsi da Dio il paradiso e le
grazie necessarie per arrivarvi senza voler prendere i mezzi da lui
prescritti. Talora si presume della divina bonta` dicendo: Dio e` cosi`
buono che non mi vorra` dannare e intanto se ne trascurano i
comandamenti. E` un dimenticare che, se Dio e` buono e` pero` anche giusto
e santo, e che odia l'iniquita`: "Iniquitatem odio habui" 1201-1.
Altre volte si presume troppo delle proprie forze per superbia,
cacciandosi in mezzo ai pericoli e alle occasioni di peccato; si
dimentica in tal caso che chi si espone al pericolo, vi soccombe.
Nostro Signore ci promette la vittoria ma a patto che sappiamo
vigilare e pregare: "Vigilate et orate ut non intretis in
tentetionem" 1201-2; S. Paolo, cosi` fidente nella grazia di Dio,
pure ci avverte che bisogna operare la nostra salvezza con timore e
tremore: "Cum metu et tremore vestram salutem operamini" 1201-3.

b) Altri, al contrario, sono esposti allo scoraggiamento e talora alla
disperazione. Spesso tentati e qualche volta vinti nella lotta o
torturati dagli scrupoli, si disanimano, pensando di non poter
riuscire a correggersi, e cominciano a disperare della propria
salvezza. E` disposizione pericolosa contro cui bisogna premunirsi; si
ricordi quindi che S. Paolo, tentato egli pure e persuaso che da solo
non avrebbe potuto resistere, s'abbandonava fiducioso nella grazia di
Dio: "gratia Dei per Jesum Christum" 1201-4. Ad esempio dunque
dell'Apostolo, preghiamo e saremo liberati.

1202. B) Scansati questi scogli, resta a praticare il distacco dai
beni terreni onde pensare spesso al paradiso e desiderarlo. Tanto
vuole da noi S. Paolo: "Si consurrexistis cum Christo, quae sursum sunt
quaerite, ubi Christus est in dextera^ Dei sedens, quae sursum sunt
sapite, non quae super terram" 1202-1. Risorti con Gesu` Cristo,
nostro capo, non dobbiamo piu` cercare e gustare le cose della terra,
ma quelle del cielo, ove Gesu` ci aspetta. Il cielo e` la patria, la
terra non e` che un esilio; il cielo e` il nostro fine e la vera nostra
felicita`, mentre la terra non puo` darci che effimeri diletti.

1203. 3^ I proficienti praticano non solo la speranza ma la filiale
confidenza in Dio, appoggiandosi su Gesu` Cristo, divenuto centro della
loro vita.

A) Incorporati a questo capo divino, aspettano con invincibile
confidenza quel paradiso ove Gesu` prepara loro un posto "quia vado
parare vobis locum" 1203-1, e dove sono gia` in isperanza nella
persona del Salvatore "spe enim salvi facti sumus" 1203-2.
a) L'aspettano anche tra le avversita` e le prove della vita, ripetendo
col Salmista: "Non timebo mala, quoniam tu mecum es" 1203-3.
Infatti Nostro Signore, che vive in loro, viene a confortarli con le
parole dette gia` altra volta agli Apostoli: "Pax vobis, ego sum,
nolite timere" 1203-4.

Se le molestie vengono da intrighi e da persecuzioni, richiamiamo alla
mente cio` che S. Vincenzo de' Paoli diceva ai suoi: "Quand'anche tutta
la terra ci si levasse contro per perderci, non avverra` se non cio` che
piacera` al Signore, in cui abbiamo riposto la nostra
speranza" 1203-5. Se subiscono perdite temporali, ripetono con lo
stesso santo: "Tutto cio` che Dio fa, lo fa pel nostro meglio, onde
dobbiamo sperare che questa perdita ci sara` giovevole, perche` viene da
Dio" 1203-6. Se patiscono dolori fisici o morali, li considerano
come benedizioni divine destinate a farci comprare il paradiso a
prezzo di qualche passeggero dolore.

1204. b) Sanno pure, con questa confidenza, sfuggire alla stretta
dei diletti e dei mondani trionfi, che e` ancor piu` pericolosa di
quella del dolore. "Quando pare che la vita sorrida alle nostre
terrene speranze, e` cosa dura rigettar queste lusinghiere promesse che
ci prendono dal lato debole; e` cosa dura sottrarsi agli amplessi del
piacere e dire alla felicita` che ci si offre: "tu non mi potresti
bastare" 1204-1. Ma il cristiano rammenta che i mondani diletti
sono fallaci, che son fatti per soffocar lo slancio verso Dio; onde, a
sfuggirne la stretta, si da` alla pratica di mortificazioni positive e
soprattutto va a cercare in una piu` intima amicizia con Nostro Signore
diletti piu` puri e piu` santificativi: "esse cum Jesu dulcis
paradisus" 1204-2.

c) Se si sentono inquieti per il sentimento delle proprie miserie ed
imperfezioni, meditano le parole di S. Vincenzo de' Paoli:

"Voi mi parlate delle vostre miserie. Ahime`! e chi non ne e` pieno?
Tutto sta nel conoscerle e nell'amarne l'abiezione, come fate voi,
senza fermarvisi che per fissarvi il saldo fondamento della confidenza
in Dio, perche` allora l'edifizio e` fabbricato sulla roccia, per guisa
che, al venir della tempesta, rimane fermo" 1204-3. Le nostre
miserie infatti chiamano la misericordia di Dio quando noi la
invochiamo con umilta`, e non fanno che metterci nella disposizione
migliore per ricevere le grazie divine. S. Vincenzo aggiungeva che,
quando Dio ha cominciato a fare del bene a una creatura, glielo
continua sino alla fine, se essa non se ne rende troppo indegna.
Quindi le misericordie passate sono un pegno delle future.

1205. B) La speranza ci fa vivere abitualmente con lo spirito nel
cielo e per il cielo. Secondo la bella preghiera che la Chiesa ci fa
recitare il giorni dell'Ascensione, noi con lo spirito dobbiamo gia`
abitare nel cielo: "ipsi quoque mente in caelestibus habitemus"; il che
vuol dire che dobbiamo volgere il desiderio e il cuore: "ut inter
mundanas varietates ibi nostra fixa sint corda ubi vera sunt gaudia".
Ed essendo le delizie della santa comunione un saggio della felicita`
del cielo, la` andremo a cercare le vere consolazioni di cui il cuore
ha bisogno.

1206. C) Questo pensiero ci fara` chiedere spesso con fidente
preghiera il dono della perseveranza finale, che e` il piu` prezioso di
tutti i doni. E` vero che non possiamo meritarlo, ma possiamo ottenerlo
dalla divina misericordia; al che basta del resto ce ci uniamo alle
preghiere onde la Chiesa ci fa chiedere la grazia d'una buona morte,
per esempio l'Ave Maria, che recitiamo cosi` spesso, ove imploriamo la
protezione speciale della Madonna per l'ora della morte "et in hora
mortis nostrae."

4^ I perfetti praticano la confidenza in Dio col santo abbandono che
descriveremo trattando della via unitiva.
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Stretta è la porta e angusta la Via che conduce alla Vita (Mt 7,14)
 
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