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L’esperienza del Trascendente alla luce della psicoterapia

Ultimo Aggiornamento: 01/07/2018 22:05
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16/09/2013 22:35
 
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L’esperienza del Trascendente
alla luce della psicoterapia 

Trascendenza 
di Alberto Carrara*
*biotecnologo e neurobioeticista, Ateneo Regina Apostolorum (Roma), Gruppo di Neurobioetica (GdN)

Alberto Passerini*
*Psichiatra, Psicoterapueta, S.I.S.P.I. – Scuola Internazionale di Specializzazione con la Procedura Immaginativa, Milano-Roma

Alessandra Pandolfi*
*Anestesista, Psicoterapeuta, S.I.S.P.I. – Scuola Internazionale di Specializzazione con la Procedura Immaginativa, Milano-Roma

 

Nota: una versione più estesa e articolata di questo lavoro verrà prossimamente pubblicata sulla Rivista scientifica Studia Bioethica.

 

Introduzione
L’interesse per la tendenza naturale che l’essere umano manifesta, ed ha da sempre espresso anche a livello culturale, nei confronti del “Trascendente” non è nuova, risale a tempi immemorabili, costituendo un “filo rosso” della riflessione che da sempre ci accompagna.

Non stupisce allora che un’inserto della sezione di Psicologia: Percezione della rivista Mente & Cervello dello scorso anno 2012 titoli così: Progettati per credere. Paranormale. Un cervello costruito per credere (Wiseman, 2012).  L’articolo è firmato da Richard Wiseman, professore di psicologia all’Università dello Hertfordshire, in Inghilterra. Wiseman nel sottotitolo afferma:«La tendenza a credere nel paranormale deriva dagli stessi meccanismi cerebrali da cui nasce buona parte del pensiero umano». Seppur interessante, l’articolo di Wiseman cela diverse fallacie logico-filosofiche che, spesso, possono venir date per scontate. Ad esempio, la tesi di fondo identifica la categoria “normale” con “razionale” e quest’ultima, viene fatta coincidere con la categoria “evidenza scientifica”, cioè empirica. L’equazione è la seguente: normale = razionale = empiricamente dimostrabile.

Questo modo di ragionare andava forse bene nell’epoca dell’Illuminismo o dello stretto empirismo Novecentesco. Nell’era contemporanea delle neuroscienze e della filosofia della mente, un’impostazione del genere risulta obsoleta ed “ingenua”. Come spiegare con l’empirismo stretto fenomeni quantici? Oppure la complessità delle reti neuronali e della plasticità cerebrale? E ancora, come si potrebbe parlare di potenziamento neuronale, di rimodellamento cerebrale come prassi terapeutica nei gravi disturbi da traumi (come il PTSD,Post Traumatic Stress Disorder), con uno schema mentale empirista-razionalista tout-court?

Oggigiorno, la capacità tecnologica di visualizzare, anche in vivo, zone dell’encefalo che si attivano in modo differenziale a seconda delle circostanze, ha prodotto un vero e proprio fiume di studi sperimentali. Lo sviluppo delle tecniche di neuro-immagine (neuroimaging), tra cui spicca la ormai famosa risonanza magnetica funzionale (fRMN), non ha potuto venir confinato alla mera, anche se utilissima, area clinica, utile alla diagnosi di patologie cerebrali. Gli studi si sono moltiplicati a seconda della fantasia e della genialità creatrice di ciascun scienziato. Dal voler comprendere i fondamenti neurofisiologici di attività umane come la memoria, il linguaggio, la visione, la personalità, etc., si è passati a ricercare «ciò che è più spiccatamente umano dell’uomo»: la sua esperienza religiosa e mistica (J. M. Gimenéz-Amaya, 2010). Ecco delinearsi, specie in ambito anglosassone, due nuove neuro-“discipline” all’interno della cosiddetta neuromania  (P. Legrenzi, C. Umiltà, 2009): la neuroteologia e la neuromistica.

Prendendo in considerazione i risultati della psicologia contemporanea, della psicoterapia, della prassi clinica e dei dati empirici che le moderne neuroscienze ci offrono circa l’esperienza umana del “Trascendente”, chiariremo, in questo contributo, se tali evidenze sperimentali pongano seriamente in discussione l’esistenza di tale caratteristica antropologica e, soprattutto, considereremo se sia giustificata razionalmente la riducibilità di tale peculiarità umana al mero ambito neurofisiologico, come sostengono alcuni autori contemporanei (F. J. Rubia, 2003), come di recente hanno esposto due intellettuali italiani (G. Vallortigara, V. Girotto, 2013). Per iniziare, chiariremo alcuni presupposti, cioè la cornice del nostro dibattito: laNeuroetica.

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