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COME FAR TESORO DEI PROPRI SBAGLI

Ultimo Aggiornamento: 10/08/2013 18:16
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10/08/2013 14:00
 
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11. - Altro frutto del ricordo delle colpe perdonate è la riconoscenza verso Dio.

La gratitudine verso Dio è un altro frutto prodotto e fatto germogliare dalla vista delle proprie colpe. L'umiltà è prima di tutto verità e, nello stesso tempo che ci svela il nulla da cui siamo stati tratti, fa anche risaltar meglio il bene che è in noi e che “procede da Dio come da prima fonte” (49). Così quanto più essa illumina l'anima sulla sua bassezza, tanto più fa risplendere con evidente contrasto la grandezza e la moltitudine dei benefici divini, e facilita, per conseguenza, la gratitudine verso l'Autore di ogni dono perfetto.
Né questo è piccolo guadagno, poiché l'ingratitudine, figlia della superbia, “è un peccato generale che infetta anche tutti gli altri peccati e li rende infinitamente più enormi” (50). E’ un vento secco che inaridisce le sorgenti delle grazia (51). Ora un simile vizio non potrebbe essere più vittoriosamente combattuto che dalla considerazione delle nostre infedeltà messe di fronte alla persistente misericordia di Dio.
“Nulla, senza dubbio, ha tanto potere di umiliarci davanti alla misericordia di Dio, quanto l'abbondanza dei suoi. benefici; come nulla vale tanto a umiliarci davanti alla sua giustizia, quanto la moltitudine dei nostri peccati. Consideriamo quello che Dio ha fatto per noi e consideriamo quello che noi abbiam fatto per lui, e alla stessa maniera che esaminiamo minutamente i nostri peccati, esaminiamo pure le sue grazie. Non c'è da temere che la conoscenza di quel che Dio ha posto in noi ci faccia insuperbire, se teniam presente che tutto quel che abbiam di buono non è nostro. Forse che i muli cessano di essere luride bestie, quando sono carichi della mobilia preziosa e profumata d'un principe? Qual buona cosa c'è in noi, che non sia ricevuta? E se l'abbiam ricevuta, perché vogliamo gloriarcene? Al contrario, la considerazione attenta delle grazie ricevute ci rende più umili, perché la conoscenza di esse genera la riconoscenza. Che se poi la vista delle grazie di Dio generasse proprio qualche pensiero di vanità, rimedio infallibile sarà il ricorrere al pensiero delle nostre ingratitudini, delle nostre imperfezioni, delle nostre miserie. Se consideriamo quel che abbiam fatto quando Dio non era con noi, ci convinceremo presto che quello che facciamo quando Egli è con noi non è opera nostra, né farina del nostro sacco. Godremo e ci rallegreremo perché l'abbiamo, ma ne daremo gloria a Dio solo, che è l'autore” (52).
“Riempitevi la memoria col ricordo delle vostre mancanze e infedeltà, per umiliarvene e correggervi, e con quello dei benefici ricevuti da Dio, per ringraziarlo” (53).
“Dite al vostro cuore: Orsù, cuor mio, non essere più ingrato e sleale con questo grande Benefattore. Come sarà possibile che la mia anima non resti soggetta a Dio, dopo che egli ha operato in me tante meraviglie?” (54).
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Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
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