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VITA di s.Teresa D'Avila

Ultimo Aggiornamento: 09/08/2013 17:49
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09/08/2013 16:51
 
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10. Tornando al secondo inconveniente, noi non siamo angeli, ma abbiamo un corpo. Voler fare gli angeli, stando sulla terra – e così saldamente come ci stavo io – è una pazzia; ordinariamente, invece, il pensiero ha bisogno d’appoggio, benché talvolta l’anima esca così fuori di sé, e molte altre volte sia così piena di Dio, da non aver bisogno, per raccogliersi, di alcuna cosa creata. Ma questo non avviene molto di frequente; pertanto, al sopraggiungere di impegni, persecuzioni, sofferenze, quando non si può avere più tanta quiete, o in caso di aridità, Cristo è un ottimo amico, perché vedendolo come uomo, soggetto a debolezze e a sofferenze, ci è di compagnia. Prendendoci l’abitudine, poi, è molto facile sentircelo vicino, anche se alcune volte avverrà di non poter fare né una cosa né l’altra. Per questo è bene, come ho detto, non adoperarci a cercare consolazioni spirituali; qualsiasi cosa succeda, stiamo abbracciati alla croce, che è una grande cosa. Il Signore restò privo di ogni consolazione; fu lasciato solo nelle sue sofferenze; non abbandoniamolo noi, perché egli ci aiuterà a salire più in alto meglio di quanto avrebbe potuto fare ogni nostra diligenza e si allontanerà quando lo riterrà conveniente o quando vorrà trarre fuori l’anima da se stessa, come ho detto.
11. Dio si compiace molto nel vedere un’anima prendere umilmente per mediatore suo Figlio e amarlo tanto che, pur volendo Sua Maestà elevarla a un altissimo gradi di contemplazione, come ho detto, se ne riconosce indegna, dicendo con san Pietro: Allontanatevi da me, Signore, perché sono uomo peccatore. Io l’ho provato; Dio ha condotto per questa strada la mia anima; altri, ripeto, ne seguiranno una più breve. Ciò che io ho capito è che tutto questo edificio dell’orazione dev’essere fondato sull’umiltà e che quanto più un’anima si abbassa nell’orazione, tanto più Dio la innalza. Non ricordo che mi abbia fatto nessuna delle grandi grazie di cui parlerò più avanti, se non quando mi sentivo annientata dalla vista della mia profonda miseria. Perfino, per aiutarmi a conoscermi meglio, Sua Maestà mi faceva capire cose che da sola non avrei saputo immaginare. Sono convinta che quando l’anima fa da parte sua qualche sforzo per aiutarsi in questa orazione di unione, anche se lì per lì sembra trarne profitto, tornerà presto a cadere, come avviene di un edificio senza fondamenta, e temo che non si arriverà mai alla vera povertà di spirito, la quale consiste nel non cercare conforti o piaceri nell’orazione – ora che si sono lasciati quelli della terra – ma trovare consolazione nelle sofferenze, per amore di colui che in essi sempre visse, e mantenersi tranquilla nelle pene e nelle aridità. Quantunque abbia a soffrirne un po’, non giungerà mai a quella inquietudine e a quella pena di alcune persone che, se non s’impegnano sempre a lavorare con l’intelletto e a far pratiche di devozione, pensano che tutto sia perduto, come se un così gran bene potesse essere merito dei loro sforzi. Non dico che non ci si debba impegnare ad ottenerlo e a stare ben raccolti davanti a Dio, ma che, se non si riesce ad avere neppure un buon pensiero, come altra volta ho detto, non ci si disperi. Siamo servi inutili, di che cosa pensiamo mai di essere capaci?
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Stretta è la porta e angusta la Via che conduce alla Vita (Mt 7,14)
 
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