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VITA di s.Teresa D'Avila

Ultimo Aggiornamento: 09/08/2013 17:49
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09/08/2013 16:42
 
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9. Torniamo ora al nostro orto o giardino e vediamo come comincino questi alberi a riempirsi di linfa per fiorire e poi fruttificare, e così i fiori e i garofani, per dar profumo. Questo paragone mi piace, perché molte volte, agli inizi (e piaccia al Signore che io abbia ora cominciato a servire davvero Sua Maestà! Agli «inizi», intendo dire, di quella parte della mia vita di cui parlerò da qui in avanti) mi procurava grande gioia considerare la mia anima come un giardino in cui il Signore passeggiava. Lo supplicavo di aumentare il profumo dei piccoli fiori di virtù che sembravano sul punto di sbocciare, e di nutrirli, per amore della sua gloria – poiché io non volevo nulla per me –, tagliando quelli che voleva, poiché io sapevo bene che sarebbero cresciuti più belli. Dico «tagliare», perché in certi momenti nell’anima non c’è ricordo di questo giardino; sembra che sia completamente secco e che non debba esserci acqua per alimentarlo, né che ci sia mai stato nell’anima alcun germe di virtù. Si prova allora grande sofferenza, perché il Signore vuole che al povero giardiniere sembri perduto tutto ciò che ha fatto per alimentare e innaffiare il giardino. Allora è davvero il momento di sarchiare e sradicare le erbacce rimaste, per piccole che siano, di riconoscere che non ci sono diligenze che bastino, se Dio ci priva dell’acqua della sua grazia, e far poco conto del nostro nulla, anzi del nostro meno che nulla. Questo farà progredire l’anima nell’umiltà. I fiori torneranno a sbocciare.
10. Oh, mio Signore e mio bene! Io non posso dire questo senza lacrime e grande gioia della mia anima, se penso che voi vogliate, Signore, starvene così con noi, quando già siete presente nel santissimo Sacramento, come dobbiamo credere in modo certo, perché è così. In tutta verità, ci è lecito, dunque, fare questo paragone, che se non è per colpa nostra, possiamo godere di voi come voi di noi, poiché avete detto che la vostra delizia è stare con i figli degli uomini. Oh, Signor mio! cosa è mai questo? Ogni volta che ascolto queste parole ne provo gran conforto, e ciò anche quando ero assai colpevole. È possibile, Signore, che ci sia un’anima la quale, giunta a ricevere da voi simili grazie e doni, e a capire che voi godete di essa, torni ad offendervi, dopo tanti favori e così grandi prove del vostro amore, da non poter dubitare di esso, vedendone chiaramente le opere in sé? Sì, c’è sicuramente, e non una, ma molte volte l’ha fatto, e sono io. Piaccia alla vostra bontà, Signore, che sia io sola l’ingrata, quella che ha commesso così grande iniquità, che si è resa colpevole di così smisurata ingratitudine; anche da lei, però, la vostra infinita bontà ha già ricavato qualche bene: quanto maggiore è il male, tanto più risplende il bene delle vostre misericordie. E con quanta ragione io le posso cantare per sempre!
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Stretta è la porta e angusta la Via che conduce alla Vita (Mt 7,14)
 
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