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CANTICO SPIRITUALE (s.Giovanni della Croce)

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2013 18:38
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02/08/2013 18:37
 
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Annotazione per la strofa seguente
STROFA 35
1. Lo Sposo racconta la propria contentezza per il bene che la sposa ha conseguito per mezzo della solitudine in cui volle vivere in passato, cioè la pace duratura e un bene immutabile. Difatti, quando l’anima arriva a consolidarsi nella quiete dell’unico e solitario amore dello Sposo, come in questo caso, si stabilisce in un rapporto d’amore di Dio con lei e di lei con Dio, rapporto così gustoso da non aver più bisogno di altri mezzi o maestri che portino a Dio, perché Dio è ormai la sua guida e la sua luce. In essa lo Sposo va compiendo ciò che aveva promesso per bocca di Osea, in questi termini: La condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore (Os 2,16). Con questo lascia intendere che nella solitudine egli si comunica e si unisce all’anima. Parlare al suo cuore significa soddisfare il suo cuore, che trova appagamento solo in Dio. Dice quindi lo Sposo:
In solitudine vivea,
in luogo solitario ha posto il nido,
sola così la guida
da solo il suo Amico,
d’amor in solitudine ferito.
SPIEGAZIONE
2. Lo Sposo compie due cose in questa strofa. Anzitutto loda la solitudine nella quale l’anima ha voluto vivere in passato, indicando in essa il mezzo per trovare e godere il suo Amato, a tu per tu con le pene e le fatiche affrontate prima. Difatti, avendo voluto disfarsi in solitudine d’ogni gusto, consolazione e sostegno delle creature per conseguire la compagnia e l’unione con il suo Amato, ha meritato di possedere la pace della solitudine nell’Amato, nel quale riposa sicura da sola e al riparo da tutte le sofferenze menzionate sopra. Inoltre, avendo voluto rimanere sola, lontana da tutte le cose create, per il suo Amato, egli stesso, innamorato di lei per questa sua solitudine, se n’è preso cura, accogliendola tra le braccia, nutrendola in sé di tutti i beni, guidando il suo spirito alle cose sublimi di Dio. E non solo dichiara che egli ormai è la sua guida, ma che lo da solo, senza altre mediazioni, né di angeli né di uomini, né di forme né di figure, in quanto essa, grazie a questa solitudine, possiede ormai quella vera libertà di spirito che non si lega a nessuna di queste mediazioni. E pronuncia il verso: In solitudine vivea.
3. La nostra tortorella, ossia l’anima, viveva in solitudine prima di trovare l’Amato in questo stato d’unione; per l’anima che desidera Dio, nessun’altra compagnia è di conforto; anzi, finché non lo trova, tutto le procura una solitudine più profonda. In luogo solitario ha posto il nido.
4. La solitudine, di cui l’anima viveva prima, consisteva nel volersi privare, per amore dello Sposo, di tutti i beni di questo mondo – come ho riferito sopra riguardo alla tortorella – lavorando alla sua perfezione e conseguendo una solitudine totale. Tale solitudine conduce all’unione del Verbo e conseguentemente a colui che è sollievo e riposo per eccellenza, qui significati dal nido di cui parla, simbolo di riposo e quiete. Lo Sposo sembra dunque dire: la solitudine in cui l’anima viveva prima, e dove si esercitava in prove e tormenti perché non era ancora perfetta, ora è suo riposo e sollievo perché l’ha acquistata pienamente in Dio. Tale è il senso spirituale di quanto afferma Davide: Anche il passero trova la casa, la rondine il nido, dove porre i suoi piccoli (Sal 83,4), cioè l’anima stabilisce la sua dimora in Dio, che soddisfa tutte le sue aspirazioni e le sue potenze. Sola così la guida.
5. Ecco quanto lo Sposo vuol dire qui: in questa solitudine in cui l’anima sta sola con Dio, distaccata da tutte le cose create, egli la guida, la muove e innalza alle realtà celesti. Eleva alle conoscenze divine il suo intelletto, che è ormai nella solitudine e separato da tutte le altre conoscenze contrarie ed estranee. Muove, senza costrizioni, la sua volontà verso l’amore di Dio, perché essa ormai è nella solitudine e libera da altri affetti. Riempie, infine, la sua memoria di conoscenze divine, perché anch’essa è nella solitudine e priva di altre immaginazioni e rappresentazioni. Appena l’anima libera le sue potenze e le svuota di tutti i valori terreni e di ogni attaccamento alle cose celesti, lasciandole nella più completa solitudine, immediatamente Dio le riempie di ciò che è invisibile e celeste. A questo punto è Dio a guidare l’anima in questa solitudine. È esattamente quanto afferma san Paolo a proposito dei perfetti: Qui spiritu Dei aguntur, ecc.: Quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio…(Rm 8,14)Ciò equivale a dire: guida in solitudine l’anima da solo il suo Amico.
6. In altri termini, Dio non soltanto guida l’anima nella sua solitudine, ma è lui stesso, da solo, ad agire in essa, senza mediazione alcuna. Questa è la caratteristica dell’unione dell’anima con Dio nel matrimonio spirituale: Dio agisce in lei e le si comunica da solo, senza l’aiuto degli angeli come precedentemente e senza passare per le facoltà naturali. I sensi esterni e interni, tutte le creature e la stessa anima servono molto poco per disporre a ricevere le meravigliose grazie soprannaturali che Dio accorda in questo stato. Questi favori, infatti, non dipendono dall’abilità umana, da qualche attività naturale o dagli sforzi dell’anima. Dio solo li attua nell’anima. E agisce così perché la trova nella solitudine e quindi non le vuole concedere altra possibilità di compagnia che se stesso, né permetterle che si fidi se non di lui solo. Dal momento che l’anima ha lasciato tutto ed è passata oltre le mediazioni, elevandosi al di sopra di tutto per arrivare a Dio, è altresì opportuno che lo stesso Dio sia la sua guida e il mezzo per raggiungerlo. Una volta che l’anima vive nella solitudine da ogni cosa e si è elevata al di sopra di tutto il creato, niente più le giova né le serve per salire ancora, se non lo stesso Verbo Sposo. Questi è talmente innamorato di lei da voler essere il solo a colmarla di questi favori. Ecco perché aggiunge subito: d’amor in solitudine ferito.
7. Ferito, cioè, dalla sposa. Perché, oltre ad amare molto la solitudine dell’anima, lo Sposo viene a sua volta ferito dal suo amore perché lei è voluta restare sola, distaccata da ogni cosa creata, ferita com’era dall’amore per lui. Questo spiega perché lo Sposo non ha voluto lasciare la sposa sola, ma, ferito dalla solitudine in cui ella si trova per amor suo, vedendo che non trova gioia in nient’altro, egli solo la guida a sé, attirandola e assimilandola a sé. Non l’avrebbe trattata così se non l’avesse incontrata nella solitudine spirituale.
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Stretta è la porta e angusta la Via che conduce alla Vita (Mt 7,14)
 
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