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CANTICO SPIRITUALE (s.Giovanni della Croce)

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2013 18:38
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02/08/2013 18:35
 
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Annotazione per la strofa seguente
STROFA 31
1. Credo sia chiaro come, attraverso l’intreccio di queste ghirlande e il loro consolidarsi in lei, l’anima sposa voglia far comprendere l’unione divina d’amore che esiste tra lei e Dio in questo stato. Lo Sposo, infatti, è rappresentato dai fiori, perché è il fiore dei campi e il giglio delle valli, com’egli stesso dice nel Cantico dei Cantici (2,1 Volg.). Il capello dell’amore dell’anima, come ho detto, unisce e fissa questo fiore delle valli. L’amore, afferma l’Apostolo, è il vincolo della perfezione (Col 3,14), che consiste nell’unione con Dio, e l’anima è il cuscino dove poggiano le ghirlande, perché è il soggetto di questa gloria. Difatti non sembra più quella di prima, ma il fiore perfetto, formato dalla perfezione e dalla bellezza di tutti i fiori. Del resto questo filo d’amore stringe tanto fortemente i due, cioè Dio e l’anima, unendoli, trasformandoli e rendendoli uno per amore, che, sebbene nella sostanza siano diversi, nella gloria e nell’apparenza l’anima sembra Dio e Dio l’anima.
2. Tale è la natura di quest’unione, straordinaria, al di là di ogni dire. Se ne può comprendere qualcosa da ciò che la Scrittura dice di Gionata e Davide nel primo libro di Samuele. Ivi si legge che era tanto profondo l’amore dell’uno per l’altro che l’anima di Gionata s’era talmente legata all’anima di Davide, al punto che Gionata lo amò come se stesso (1Sam 18,1). Se l’amore di un uomo per un altro uomo fu tanto forte da poter così strettamente unire un’anima con un’altra, quanto forte sarà l’unione tra l’anima e Dio Sposo a motivo dell’amore che l’anima ha per Dio stesso! Tanto più che qui Dio è l’amante principale, che con l’onnipotenza del suo amore abissale assorbe l’anima in sé, con più efficacia e forza di un torrente di fuoco su una goccia di rugiada del mattino, che evapora nell’aria. Il capello grazie a cui si realizza quest’unione deve, quindi, essere molto forte e sottile, se con tanta efficacia attraversa le parti che unisce. Per questo l’anima, nella strofa seguente, spiega le qualità di questo bel capello, dicendo:
Solo da quel capello
che sul collo svolazzar vedesti,
sul collo mio mirasti,
incantato rimanesti
e in uno dei miei occhi ti feristi.
SPIEGAZIONE
3. In questa strofa l’anima vuol dire tre cose. La prima è ricordare che l’amore con cui sono unite le virtù è solo l’amore forte, perché esso soltanto può conservarle. In secondo luogo dice che Dio fu fortemente conquistato da questo suo capello, che simboleggia un amore unico e forte. La terza è che Dio si è profondamente innamorato di lei, alla vista della purezza e della saldezza della sua fede. E dice così: Solo da quel capello che sul collo svolazzar vedesti.
4. Il collo significa la forza. Su di esso, dice l’anima, svolazzava il capello dell’amore, amore forte che tiene le virtù intrecciate tra loro. Non basta che quest’amore serva solo a conservare le virtù, occorre altresì che sia forte, perché nessun vizio contrario possa, in qualche modo, recare danno alla ghirlanda della perfezione. Le virtù, infatti, sono intrecciate nell’anima in modo tale che, se venisse a mancarne qualcuna, immediatamente scomparirebbero anche le altre. Dove c’è una virtù, ci sono tutte, ma se una manca, mancano tutte. L’anima dice, dunque, che il capello svolazzava sul collo, perché, grazie alla potenza del collo, quest’amore vola a Dio con forza e leggerezza, senza soffermarsi sulle cose create. Come il vento agita e fa svolazzare sul collo il capello, così il soffio dello Spirito Santo muove e solleva l’amore forte perché spicchi il volo verso Dio. Senza questo soffio divino che spinge le potenze dell’anima all’esercizio dell’amore di Dio, le virtù non agiscono né producono effetto alcuno, anche se sono presenti nell’anima. Aggiungendo che l’Amato vide svolazzare il capello sul suo collo, l’anima fa capire quanto Dio stimi l’amore forte. Qui, infatti, «vedere» sta per guardare in un modo tutto particolare, con attenzione e stima, ciò che cade sotto gli occhi. Ora, l’amore forte attira potentemente gli occhi di Dio perché lo guardino. Il verso continua col dire: sul collo mio mirasti.
5. L’anima dice questo per far comprendere che Dio non solo vede e apprezza quest’amore perché esclusivo, ma lo ama anche, appunto perché lo vede forte: il guardare di Dio è amare, come il suo osservare – ripeto – è stimare ciò che osserva. In questo verso l’anima ripete la parola collo e dice parlando del capello: sul collo mio mirasti, perché questo è il motivo per cui Dio l’amò molto: il vederne la forza. L’anima, in effetti, sembra dire: hai amato questo amore perché forte, libero da ogni pusillanimità o timore e solo, distaccato da ogni altra cosa, dallo slancio agile e pieno di fervore.
6. Finora Dio non aveva fissato quel capello in modo da restarne avvinto, perché non l’aveva visto da solo e staccato da altri amori e appetiti, affetti e soddisfazioni; ancora non svolazzava solo sul collo della fortezza. Ma dopo che, per mezzo di mortificazioni, prove, tentazioni e penitenze, se ne è liberato diventando talmente forte da non essere spezzato da nessuna forza né motivo, allora Dio guarda questo capello, lo prende e con esso unisce i fiori di queste ghirlande; ormai è forte abbastanza per tenerli legati nell’anima.
7. Quali e come siano queste tentazioni e prove e fin dove arrivino perché l’anima possa giungere a questa forza d’amore in cui Dio si unisce ad essa, viene spiegato nel commento alle quattro strofe che cominciano con le parole Fiamma d’amor viva. Avendo attraversato quella fiamma, l’anima ha raggiunto un grado d’amore di Dio tale da meritare l’unione divina. Per questo aggiunge subito: incantato rimanesti.
8. Oh, meraviglia degna di suscitare la nostra ammirazione e la nostra gioia! Dio fatto prigioniero da un capello! IL motivo di questa preziosa cattura sta nel fatto che Dio ha voluto fermarsi a guardare il movimento del capello, come dicono i versi precedenti. Non per niente il guardare di Dio è amore. Se egli, nella sua grande misericordia, non ci avesse guardato e non ci avesse amato per primo, come dice san Giovanni (1Gv 4,10), e non si fosse abbassato, in lui non avrebbe fatto alcuna presa lo svolazzo del capello del nostro misero amore, perché non si sarebbe elevato così in alto da riuscire a catturare quest’uccello divino delle alture. Ma poiché si è abbassato a guardarci e a trascinare in alto il volo del nostro amore (cfr. Dt 32,11), infondendogli coraggio e forza, egli stesso se ne è invaghito e compiaciuto e ne è rimasto avvinto. Questo vuol dire: sul collo mio mirasti, incantato rimanesti. Così possiamo ben credere che l’uccello dal volo basso possa catturare l’aquila reale dal volo sublime, solo se essa stessa scende in basso per farsi prendere. E prosegue: e in uno dei miei occhi ti feristi.
9. Per occhio l’anima intende la fede. Ci parla di uno solo dei suoi occhi e aggiunge che da questo lo Sposo fu ferito, perché se la fede e fedeltà dell’anima verso Dio non fosse semplice, ma fosse mescolata a qualche rispetto umano o a qualche considerazione terrena, non riuscirebbe a ferire d’amore Dio. L’Amato, quindi, dev’essere ferito da un solo occhio e catturato da un solo capello. Ora, se è vero che l’amore che lo Sposo nutre per la sposa è realmente forte quando vede in lei questa fedeltà unica, tanto che si lascia prendere dal capello del suo amore, tuttavia è solo dall’occhio della sua fede che si lascia catturare: tale prigionia d’amore è un nodo tanto stretto da provocare nello Sposo una ferita d’amore per la grande tenerezza d’affetto verso la sposa. Concretamente, questo significa introdurla sempre più nell’intimità del suo amore.
10. Nel Cantico dei Cantici lo Sposo, rivolgendosi alla sposa, parla di questo stesso capello e di quest’occhio: Tu mi hai ferito il cuore, sorella mia, sposa, tu mi hai ferito il cuore con uno dei tuoi occhi e con un capello del tuo collo (Ct 4,9). Ripete due volte che gli ha ferito il cuore, con l’occhio e con il capello. Per questo l’anima nella strofa ricorda il capello e l’occhio, appunto per indicare la sua unione con Dio per mezzo dell’intelletto e della volontà: la fede, simboleggiata dall’occhio, prende sede nell’intelletto attraverso la fiducia e nella volontà attraverso l’amore. Di quest’unione si gloria qui l’anima e ringrazia lo Sposo per questo dono ricevuto dalle sue mani, apprezzando molto che si sia degnato di compiacersi del suo amore e da esso farsi catturare. In tutto questo si può immaginare l’esultanza, la gioia e il diletto che l’anima avrà per questo divino prigioniero, essendo stato per lungo tempo sua prigioniera, perché innamorata di lui.
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