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CANTICO SPIRITUALE (s.Giovanni della Croce)

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2013 18:38
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02/08/2013 18:32
 
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Annotazione per la strofa seguente
STROFA 29
1. Effettivamente quest’anima è perduta a tutte le cose del mondo e conquistata solo all’amore: null’altro occupa più il suo spirito. Per questo motivo essa si astiene da tutto ciò che concerne la vita attiva e da ogni attività esterna, per compiere quell’unica cosa che, secondo lo Sposo, è necessaria (Lc 10,42), cioè l’attenzione e il continuo esercizio d’amore in Dio. Egli apprezza quest’unica cosa al punto che rimproverò Marta che voleva allontanare Maria dai suoi piedi per occuparla in altre faccende al servizio del Signore, convinta di fare tutto lei, mentre Maria non faceva nulla, perché se ne stava a godere ai piedi del Signore. Invece è vero tutto il contrario, perché non esiste opera più grande o più necessaria dell’amore. Per questo, anche nel Cantico dei Cantici, lo Sposo difende la sposa, scongiurando tutte le creature del mondo, rappresentate lì dalle figlie di Gerusalemme, di non impedire alla sposa il sonno spirituale d’amore, di non destarla, né di farle aprire gli occhi ad altra cosa, finché essa non lo voglia (Ct 3,5).
2. Occorre notare che, fin quando l’anima non ha ancora raggiunto questo stato d’unione amorosa, le conviene esercitare l’amore sia nella vita attiva che in quella contemplativa. Ma una volta raggiunto tale stato, non è opportuno che si occupi di altre opere e attività esteriori che le possano impedire, anche minimamente, quella presenza d’amore in Dio, per quanto possano essere molto utili al servizio di Dio. Difatti è più prezioso agli occhi di Dio ed è più utile alla Chiesa un briciolo di quest’amore che tutte le altre opere messe insieme, quantunque sembri non faccia nulla. Per questo Maria Maddalena, sebbene con la sua predicazione facesse molto bene, come di fatto ne fece molto in seguito, tuttavia per il grande desiderio di riuscire gradita al suo Sposo e di giovare alla Chiesa si nascose per trent’anni nel deserto, per dedicarsi interamente a quest’amore, convinta che in tal modo avrebbe giovato di più; un pizzico di quest’amore, infatti, giova e serve moltissimo alla Chiesa.
3. Se dunque un’anima avesse un po’ di quest’amore solitario, si farebbe un grave torto a lei e alla Chiesa se la si volesse, anche per poco, occupare in cose e attività esteriori, per quanto molto importanti. Poiché Dio scongiura che non la sveglino da quest’amore, chi oserà farlo senza esserne rimproverato? In fondo, siamo stati creati per questo fine d’amore. Prestino bene attenzione, allora, le persone molto attive, che credono di abbracciare il mondo con la loro predicazione e le loro opere esteriori. Pensino che gioverebbero di più alla Chiesa e riuscirebbero più gradite a Dio se, a prescindere dal buon esempio che darebbero, impiegassero almeno metà del loro tempo nello stare con Dio in preghiera, anche se non avessero raggiunto un grado così elevato di preghiera come quello descritto qui. In questo caso otterrebbero di più – e con minor fatica – con un’opera sola anziché con mille, per il merito della preghiera e per le forze spirituali che in essa si acquisiscono. In caso contrario, sarà come battere l’aria o fare poco più che nulla, a volte proprio nulla o addirittura si reca danno. Dio non voglia che il sale cominci a diventare insipido (Mt 5,13; Mc 9,50; Lc 14,34-35). Così, quanto alle persone molto attive, anche se esternamente sembrerà che facciano qualcosa, in sostanza non faranno nulla, poiché è certo che le opere buone non si possono compiere se non in virtù di Dio.
4. Oh, quanto si potrebbe scrivere qui su tale argomento! Ma non è questo il luogo adatto. Ho detto ciò per far capire la strofa che segue. Qui, infatti, l’anima risponde da sé a tutti coloro che criticano questo suo santo ozio e vogliono che tutto sia attività, che brilli e riempia esternamente l’occhio; essi non capiscono la vena e la fonte occulta da dove scaturisce l’acqua e sboccia ogni frutto. Dice infatti la strofa:
Se d’oggi in poi al prato
non fossi più veduta né trovata,
direte che mi son perduta,
che, errando innamorata,
volli perdermi e venni conquistata.
SPIEGAZIONE
5. In questa strofa l’anima risponde a un rimprovero tacito che le persone del mondo di solito muovono a coloro che si consacrano per davvero a Dio. Li si accusa di essere esagerati nel distinguersi dagli altri; li si rimprovera per la loro separazione dal mondo e per il loro comportamento, ritenendoli inutili per gli affari importanti e persi per tutto ciò che il mondo apprezza e stima. L’anima risponde molto bene a questa critica, facendo fronte molto coraggiosamente a questo e a tutto quanto il mondo potrebbe imputarle, perché, giunta ormai al cuore dell’amore di Dio, ritiene tutto il resto poca cosa. Non solo; ma in questa stessa strofa essa confessa e si gloria d’essersi dedicata a simili cose, rinunciando al mondo e a se stessa per il suo Amato. Così – è quanto vuole dire in questa strofa – parlando con le persone del mondo dice che, se ormai non la vedono più intenta ai soliti rapporti e passatempi che prima le erano abituali nel mondo, credano e dicano pure che si è persa e si è estraniata da loro. Ritiene un bene così grande tutto questo, che essa stessa si è voluta perdere, per andare alla ricerca del suo Amato, profondamente innamorata di lui. Affinché vedano il guadagno che essa trae da ciò che si considera perdita, e perché non lo ritengano una stoltezza o un’illusione, aggiunge che questa perdita è divenuta il suo guadagno e per questo si è voluta perdere di proposito. Se d’oggi in poi al prato non fossi più veduta né trovata.
6. Per prato ordinariamente s’intende un luogo comune dove la gente è solita radunarsi per riposare e svagarsi e anche dove i pastori pascolano i loro greggi. Qui l’anima per prato intende il mondo, dove quelli che gli appartengono hanno i loro passatempi e le loro relazioni, un vero e proprio pascolo per i greggi dei loro appetiti. L’anima dice quindi alle persone del mondo che se non sarà più veduta né trovata lì, come quando non era tutta di Dio, la ritengano pure persa e lo dicano, perché essa ha piacere che lo dicano: direte che mi son perduta.
7. Chi ama Dio non arrossisce, dinanzi al mondo, per le opere che compie per lui, né le nasconde per vergogna, anche se tutti gliele dovessero contestare. Chi si vergognerà di fronte agli uomini di riconoscere il Figlio di Dio, tralasciando le sue opere, come afferma per bocca di san Luca, lo stesso Figlio di Dio si vergognerà di riconoscerlo di fronte a suo Padre (Lc 9,26). Pertanto l’anima, spinta dall’amore, si vanta di essere vista mentre compie, per la gloria del suo Amato, un’opera per la quale si è persa a tutte le cose del mondo; e per questo esclama: direte che mi son perduta.
8. Poche persone spirituali mostrano questo coraggio e questa determinazione perfetta nelle loro opere. Indubbiamente alcune pensano di seguire questo atteggiamento e credono addirittura di essere molto avanzate, tuttavia non arrivano mai a perdersi su alcuni punti riguardanti il mondo o la loro propria natura. Esse non compiono per Cristo opere che siano perfette e testimonino il distacco assoluto, non badando a ciò che diranno o penseranno gli altri. Così non potranno asserire: direte che mi son perduta, perché non sono perse a se stesse nelle loro opere. Hanno ancora vergogna di confessare Cristo con le loro opere di fronte agli uomini, perché schiave del rispetto umano. In realtà, non vivono pienamente la vita in Cristo. Che, errando innamorata…
9. Vale a dire: innamorata di Dio, io pratico tutte le virtù, volli perdermi e venni conquistata.
10. Conoscendo l’espressione evangelica dello Sposo: Nessuno può servire a due padroni, l’anima sa che necessariamente deve lasciarne uno da parte (Mt 6,24). Aggiunge inoltre che, per non perdere Dio, si è voluta perdere a tutto ciò che non è Dio, cioè a tutte le altre cose e a se stessa, perdendosi a tutto questo per amor suo. Chi è davvero innamorato, è disposto a perdere tutto il resto per ritrovarsi con più guadagno in colui che ama. Per questo l’anima dice che si è voluta perdere di sua volontà. Si è perduta in due modi: prima a se stessa, non badando a sé in nessuna cosa, ma solo all’Amato, consacrandosi a lui di buon grado senza alcun interesse personale o benché minimo tornaconto. In secondo luogo, si è perduta a tutte le cose create, non tenendo conto di nulla, se non di ciò che riguarda l’Amato. Questo significa volersi perdere, cioè aver voglia di essere conquistata.
11. Così si comporta l’innamorato di Dio: non cerca guadagno o premio, ma vuole solo perdere tutto e anche se stesso, liberamente, per Dio, e questo lo considera suo guadagno. E di fatto è così, come dice san Paolo: Mori lucrum (Fil 1,21), cioè il mio morire per Cristo è il mio guadagno. Naturalmente si tratta di una morte spirituale a tutte le cose terrene e a se stessi. Per questo l’anima dice: venni conquistata, perché chi non sa perdere se stesso, non sa guadagnare se stesso, anzi si perde, come dice nostro Signore nel vangelo: Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà (Mt 16,25). Volendo interpretare questo versetto in un senso più spirituale e più in linea con il nostro argomento, è opportuno sapere quanto segue: quando l’anima, progredendo nella via spirituale, è giunta al punto di distaccarsi da tutti i metodi e mezzi naturali di cui si serviva nel suo rapporto con Dio, tanto da non cercarlo più attraverso considerazioni, forme, sentimenti o altri mezzi forniti ad essa dalle creature e dai sensi, ma ha superato tutto questo e ogni altro mezzo umano per intrattenersi con Dio in fede e amore, allora si può dire che ha veramente guadagnato Dio. In realtà, si è persa per davvero a tutto ciò che non è Dio e a tutto ciò che è in se stessa.
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Stretta è la porta e angusta la Via che conduce alla Vita (Mt 7,14)
 
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