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CANTICO SPIRITUALE (s.Giovanni della Croce)

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2013 18:38
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02/08/2013 18:31
 
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Cantico Spirituale
(B)
Sezione 3

Annotazione per la strofa seguente

STROFA 28

1. Poiché ho detto che Dio non si serve di nient’altro che dell’amore, prima di spiegare la strofa seguente sarà opportuno dirne la ragione: tutte le nostre azioni e le nostre fatiche, per quanto grandi, non sono nulla dinanzi a Dio. Con esse, infatti, non possiamo dargli nulla né appagare il suo desiderio, che è quello di elevare l’anima. Per sé egli non desidera nulla di questo, perché non ne ha bisogno, e quindi, se si serve di qualcosa, è solo per elevare l’anima. Ora, poiché non ha altro modo per esaltarla che renderla uguale a sé, si serve dell’amore che nutre per lei solo a questo scopo; la proprietà dell’amore, infatti, è rendere uguale colui che ama alla cosa amata. E giacché, in questo stato, l’anima possiede l’amore perfetto, è chiamata sposa el Figlio di Dio, cioè fatta uguale a lui. In questa uguaglianza d’amicizia i due hanno tutto in comune, come lo stesso Sposo disse ai suoi discepoli: Vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi (Gv 15,15). Dice, dunque, la strofa:
L’alma mia s’è data
con tutta la ricchezza al suo servizio;
non pasco più le greggi,
non ho più altro uffizio:
solo in amar è il mio esercizio.
SPIEGAZIONE
2. Nella strofa precedente l’anima, o meglio, la sposa ha detto che si è donata tutta allo Sposo senza riservare nulla per sé; nella presente strofa mostra in che modo ha mantenuto la promessa. La sua anima ormai, ella dice, il suo corpo, le sue facoltà e tutta la sua abilità non sono più impiegate in altre cose, ma solo per la gloria del suo Sposo. Ella non cerca più il proprio tornaconto né i suoi gusti personali, né tanto meno si occupa in cose e azioni estranee o contrarie a Dio. Anche nei suoi rapporti con Dio non segue altro stile o comportamento che l’esercizio dell’amore, perché ormai ha trasformato tutto il suo agire in amore, come ora si dirà. L’alma mia s’è data.
3. Dicendo che la sua anima si è data, la sposa ricorda il dono che ha fatto di se stessa all’Amato in quest’unione d’amore. È qui che ella si è dedicata e consacrata al suo servizio con tutte le sue facoltà, con il suo intelletto, la sua volontà e la sua memoria. Ha impiegato il suo intelletto nel conoscere ciò che concorre di più alla gloria di Dio e compierlo; applica la sua volontà nell’amare tutto ciò che piace a Dio e nel volgere in tutte le cose l’affetto della volontà a Dio. Si serve, infine, della sua memoria e della sua sollecitudine per ricercare la gloria di Dio e ciò che gli è più gradito. E aggiunge: con tutta la ricchezza al suo servizio.
4. Per tutta la ricchezza l’anima qui intende tutto ciò che appartiene alla parte sensitiva. In questa parte sensitiva è incluso il corpo con tutti i suoi sensi e le sue potenze, sia interiori che esteriori, e tutte le capacità naturali, cioè le quattro passioni, gli appetiti naturali e le altre ricchezze dell’anima. Dice che ha già consacrato tutto questo al servizio dell’Amato, insieme alla parte razionale e spirituale dell’anima, di cui si è parlato nel verso precedente. Il corpo non si occupa che delle cose divine, mentre l’anima dirige e governa i sensi interni ed esterni facendo convergere in Dio le loro azioni. Quanto alle quattro passioni, esse sono ben occupate in Dio: l’anima non gode se non di Dio, non spera in nient’altro che in Dio, teme solo Dio, si rattrista solo secondo Dio. Tutti i suoi desideri e le sue attenzioni sono rivolte esclusivamente a Dio.
5. Tutta questa ricchezza è impegnata e indirizzata a Dio, anche se l’anima non se ne rende conto, così che tutte le sue parti già nei primi movimenti si portano ad agire in Dio e per Dio; l’intelletto, la volontà e la memoria si rivolgono immediatamente a Dio; gli affetti, i sensi, i desideri, gli appetiti, la speranza, la gioia, insomma, tutto quanto l’anima possiede, tendono istintivamente a Dio, anche se, ripeto, l’anima non si rende conto che sta agendo per Dio. In questa situazione, quindi, l’anima agisce molto spesso per Dio e pensa a lui e alle cose che lo riguardano senza accorgersene e senza ricordarsene. L’uso e l’abitudine acquisiti in simile modo di procedere ormai fanno sì che l’anima non abbia più bisogno dell’attenzione, della sollecitudine o degli atti di fervore che prima soleva far precedere alle sue azioni. Dal momento che tutte le sue ricchezze sono ormai impiegate per il servizio di Dio nel modo suddetto, l’anima gode necessariamente anche del favore indicato nel verso che segue: non pasco più le greggi.
6. Questa espressione vuol dire: non vado più dietro ai miei gusti e ai miei istinti; li ho riposti in Dio e a lui li ho consacrati; la mia anima non li pascola più né li conserva per sé. E non dice solo che non pasce più le greggi, ma aggiunge anche: non ho più altro uffizio.
7. L’anima soleva impegnarsi in molti compiti inutili, con cui cercava di servire il proprio e l’altrui desiderio, prima di arrivare a fare questa totale donazione di sé e delle sue ricchezze all’Amato. Tutte le abitudini imperfette che aveva, erano altrettante occupazioni. Tali abitudini potevano essere: parlare di cose inutili, pensarle e anche farle, non comportandosi in questo secondo la perfezione. L’anima suole avere anche altre tendenze viziose per servire gli appetiti altrui, come ostentazioni, complimenti, adulazioni, forme di rispetto umano, cercare di ben figurare e di piacere alla gente nelle proprie azioni e molti altri atteggiamenti del tutto inutili con cui cerca di piacere alla gente, impiegandovi sollecitudine, desideri e opere, in breve, tutta la sua ricchezza. Dice di non fare più nulla di tutto questo, perché tutte le sue parole, i suoi pensier e le sue azioni sono ormai di Dio e a lui solo rivolte, non avendo più le imperfezioni che soleva avere. È come se dicesse: non cerco più di compiacere le mie tendenze viziose né quelle altrui, né mi occupo o m’impegno in passatempi inutili né nelle vanità del mondo, perché solo in amar è il mio esercizio.
8. Ecco il significato di questa espressione: tutte queste occupazioni sono impiegate nell’esercizio dell’amore di Dio, cioè tutte le capacità della mia anima e del mio corpo, memoria, intelletto e volontà, sensi interni ed esterni, appetiti della parte sia sensitiva che spirituale, tutto si muove per amore e nell’amore, perché tutto quanto faccio, lo faccio per amore, e tutto quanto soffro, lo soffro per amore. Questo voleva dire Davide con le parole: Custodirò per te la mia forza (Sal 58,10 Volg.).
9. Bisogna ricordare che quando l’anima arriva a questo stato, tutto ciò che compie con la sua parte spirituale e con quella sensitiva, le sue azioni come le sue sofferenze, in qualunque modo avvengano, tutto le procura un amore e un diletto in Dio sempre più intensi. Lo stesso esercizio della preghiera e della conversazione con Dio, che prima era solita tenere su altri argomenti e in altri modi, ora è esclusivamente esercizio d’amore. Per cui, sia che si interessi delle cose temporali che di quelle spirituali, quell’anima può sempre dire che il suo esercizio consiste solo nell’amare.
10. Felice vita, felice stato! Beata l’anima che vi arriva! Là tutto è ormai sostanza d’amore, gioia e delizie del matrimonio, dove la sposa, in tutta verità, può dire allo Sposo divino quelle parole di puro amore che gli rivolge nel Cantico dei Cantici: Tutti i frutti freschi e secchi, li ho serbati per te (Ct 7,13 Volg.). In altri termini: Amato mio, tutto ciò che è aspro e faticoso io lo voglio per amor tuo, e tutto ciò che è dolce e soave io voglio offrirlo a te. Ma il significato pieno di questo verso è il seguente: l’anima, in questo stato di matrimonio spirituale, abitualmente vive in unione d’amore con Dio; la sua volontà sperimenta la presenza amorosa di Dio.
[Modificato da Coordin. 02/08/2013 18:31]
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