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CANTICO SPIRITUALE (s.Giovanni della Croce)

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2013 18:38
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02/08/2013 18:24
 
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STROFA 6
1. Oltre a quanto detto sopra, se ora ci poniamo sul piano affettivo della contemplazione, bisogna sapere che nel vivo della contemplazione e nella conoscenza delle creature l’anima scopre una tale abbondanza di grazie, di virtù e di beltà di cui Dio le ha arricchite, da sembrarle tutte rivestite di straordinaria bellezza e virtù naturale, derivata e profusa dall’infinita bellezza soprannaturale della persona di Dio. Il suo sguardo riveste di bellezza e gioia il mondo e tutti i cieli; così, secondo le parole di Davide, aprendo la sua mano, Dio colma di bene ogni vivente (Sal 144,16). L’anima, dunque, ferita dall’amore, seguendo la traccia della bellezza del suo Amato che ha conosciuta attraverso le creature, presa dall’ansia di vedere l’infinita bellezza che ha causato questa bellezza visibile, dice la seguente strofa:
Ah! chi potrà guarirmi?
Alfin, concediti davvero:
e più non mi mandare
da oggi messaggeri
che non sanno dirmi ciò che bramo!
SPIEGAZIONE
2. Poiché le creature hanno offerto all’anima tracce del suo Amato, mostrando in sé l’impronta della sua bellezza e perfezione, è aumentato in lei l’amore e conseguentemente il dolore per la sua assenza; quanto più l’anima conosce Dio, tanto più aumenta il suo desiderio e l’ansia di vederlo. Quando si accorge che nulla può curare la sua afflizione se non la presenza e la visita dell’Amato, diffidando di ogni altro rimedio, gli chiede in questa strofa di concederle il possesso della sua presenza. Gli chiede altresì di non volerla più, d’ora in poi, intrattenere con altri indizi, comunicazioni e tracce della sua bellezza, perché queste cose non fanno che accrescere la sua ansia e il suo dolore, anziché appagare la sua volontà e il suo desiderio. La sua volontà non si contenta né si soddisfa di nulla se non della sua vista e della sua presenza. Voglia quindi concedersi a lei veramente in uno slancio amoroso pieno e perfetto. Per questo dice: Ah! chi potrà guarirmi?
3. Come per dire che, fra tutti i piaceri del mondo, le soddisfazioni dei sensi, le delizie e le dolcezze dello spirito, nulla può sanarla o soddisfarla. Chiede allora: Alfin, concediti davvero.
4. Occorre osservare che qualsiasi anima che ami veramente, non può sentirsi appagata né può contentarsi finché non possiede veramente Dio. Tutte le altre cose, infatti, non solo non la soddisfano, anzi, come ho detto, accrescono la fame e il desiderio di vedere Dio così com’è. Per questo ogni visione dell’Amato, ricevuta attraverso la conoscenza o i sentimenti o qualsiasi altra comunicazione – che sono come messaggeri che portano all’anima notizie dell’essenza di lui -, aumentando e risvegliando il suo appetito, al pari delle briciole per uno che ha molta fame, le rende doloroso il doversi contentare di così poco. Ecco perché dice: Alfin, concediti davvero.
5. Tutto ciò che di Dio si può conoscere in questa vita, per quanto elevato sia, non è vera conoscenza, perché è conoscenza parziale e molto remota; conoscerlo nella sua essenza è conoscenza vera, ed è questa che chiede l’anima, non contentandosi di altre conoscenze. Per questo aggiunge subito: e più non mi mandare da oggi messaggeri.
6. Sembra dire: d’ora in poi non volere che ti conosca così limitatamente per mezzo di messaggeri, di conoscenze e sentimenti che essi mi danno di te, così lontani e diversi da ciò che l’anima mia desidera di te. Sai bene, Sposo mio, quanto i messaggeri accrescano il dolore di chi soffre per un’assenza: anzitutto perché riaprono la piaga con le notizie che portano, e poi perché sembrano ritardare la venuta. D’ora innanzi, dunque, non mi mandare messaggeri, cioè conoscenze remote, perché, se finora potevo contentarmene, non conoscendoti e non amandoti molto, ora la grandezza dell’amore che sento non può contentarsi di questi messaggi. Or dunque, concediti davvero! Quasi volesse dire molto più chiaramente: mio Signore e Sposo, quello che in parte dai di te alla mia anima, dammelo finalmente per intero; e quello che le mostri attraverso spiragli, mostramelo infine apertamente; e ciò che le comunichi attraverso intermediari, che è quasi darti per celia, comunicamelo veramente dando te stesso. Nelle tue visite, a volte dai l’impressione di voler dar la gioia del tuo possesso; ma quando l’anima vuole accertarsene, se ne trova priva, perché glielo nascondi, il che è come darlo per celia. Concediti, dunque, veramente, dandoti tutto all’anima, perché lei tutta ti possieda interamente, e più non mi mandare da oggi messaggeri, che non sanno dirmi ciò che bramo.
7. In altre parole, ti voglio tutto, mentre essi non sanno né possono dirmi tutto di te. Nessuna cosa terrena o celeste, infatti, può dare all’anima la conoscenza che desidera avere di te; per questo non sanno dirmi ciò che bramo. Sii tu, invece, il messaggero e il messaggio.
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