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IL CASTELLO INTERIORE (s.Teresa d'Avila)

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2013 15:02
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02/08/2013 14:59
 
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CAPITOLO 3
Prosegue sul medesimo argomento. Parla di un’altra forma di unione che l’anima può raggiungere con l’aiuto di Dio e dice quanto importi a tal fine l’amore del prossimo. È molto utile.
1. Torniamo ora alla nostra farfallina e vediamo qualcosa di ciò che Dio le concede in questo stato. Beninteso, l’anima deve cercare di avanzare sempre nel servizio di nostro Signore e nella conoscenza di sé, perché se, paga di ricevere questa grazia e, sentendosi ormai sicura, si lascia andare, deviando dal cammino del cielo, che è l’osservanza dei comandamenti, le accadrà come alla farfalla nata dal baco, che getta il seme perché ne nascano altre, ed essa resta morta per sempre. Dico che getta il seme perché sono convinta che Dio non voglia aver concesso invano una grazia così grande, e che se l’anima non se ne giova per sé, possa giovare ad altri. Infatti, poiché resta con i desideri e le virtù di cui si è parlato, finché persevera nel bene è sempre utile ad altre anime, comunicando loro il suo stesso calore. Anche dopo averlo perduto può rimanerle il desiderio di giovare al prossimo e il piacere di far conoscere le grazie che Dio concede a chi lo ama e lo serve.
2. Conosco una persona alla quale accadeva questo: pur essendo molto colpevole, godeva di far trarre profitto ad altre anime delle grazie che Dio le aveva concesso e di indicare il cammino dell’orazione a quelle che lo ignoravano. Fece così molto, molto bene. In seguito, il Signore tornò a illuminarla. È vero che ancora non aveva avuto gli effetti di cui ho parlato. Ma quanti devono essere quelli che, chiamati dal Signore all’apostolato, resi partecipi come Giuda delle sue comunicazioni ed elevati al regno come Saul, si perdono poi per colpa propria! Da ciò trarremo la conseguenza, sorelle, che per poter acquistare sempre maggiori meriti e per non perderci come costoro, l’unica garanzia possibile è l’obbedienza e il non deviare dalla legge di Dio. Parlo non solo per le anime che ricevono queste grazie, ma per tutte.
3. Mi sembra che questa mansione, nonostante quanto abbia detto, resti un po’ oscura. Siccome l’entrarvi procura grandi vantaggi, sarà bene che non abbiano a perderne la speranza coloro ai quali il Signore non concede favori soprannaturali di tal grado, perché la vera unione si può conseguire molto agevolmente, con l’aiuto di nostro Signore, se ci sforziamo di procurarcela rinunziando alla nostra volontà per attenerci a quella di Dio. Oh, quanti fra noi lo dicono e sembra che non vogliano altra cosa, pronti a morire per questa verità, come credo di aver già detto. Ebbene, io vi dico e ve lo ripeterò molte volte: se fosse veramente così e voi aveste già ricevuto questa grazia del Signore, non ci sarebbe nessuna preoccupazione in voi di giungere o meno a questa unione. Il pregio di tale unione consiste, come dico ora, nel fatto che non si può giungere ad essa senza conformare la nostra volontà a quella di Dio, poiché tale unione non è molto sicura. Oh, che unione desiderabile è mai questa! Felice l’anima che l’ha raggiunta, perché avrà pace in questa e nell’altra vita. Non vi è nulla di ciò che accade in terra che la possa affliggere, a meno che si tratti del pericolo di perdere Dio o di vederlo offeso. Né le malattie, né la povertà, né la morte, tranne quella di coloro che possono essere utili alla Chiesa di Dio, la rattristano. Ha la chiara convinzione che il Signore sa quel che fa meglio di quanto ella desideri.
4. Dovete tener presente che vi sono diversi generi di pene: alcune – come del resto anche certe gioie – sono prodotte spontaneamente dalla natura e anche dalla carità per la compassione dei mali del prossimo, come avvenne a nostro Signore quando risuscitò Lazzaro. Esse non impediscono all’anima di essere unita alla volontà di Dio e nemmeno la turbano con una agitazione violenta, incontrollabile, di lunga durata. Sono pene che passano presto perché, come ho detto a proposito delle gioie dell’orazione, pare che non giungano fin nel fondo dell’anima, ma solo ai nostri sensi e alle potenze. Sono proprie delle mansioni precedenti, mentre non entrano in quella di cui parlerò alla fine. In questa forma di unione non è necessaria la sospensione delle potenze di cui ho parlato, avendo il Signore il potere di arricchire le anime per molte vie e farle giungere a queste mansioni senza la scorciatoia che ho indicato.
5. Ma state bene attente, figlie mie, che il verme deve morire; e ciò costa molto qui, mentre nell’altra unione aiuta molto a morire il vedersi già in una vita completamente nuova. Qui è necessario che, pur restando in questa vita, l’uccidiamo noi. Vi confesso che sarà a prezzo di grandi o grandissime lotte, ma se ne avrà la ricompensa e il premio sarà maggiore se ne uscirete con la vittoria. Che ciò sia possibile non v’è da metterlo in dubbio, purché l’unione con la volontà di Dio sia vera. Questa è l’unione da me desiderata per tutta la vita, quella che chiedo sempre a nostro Signore e che è la più evidente e la più sicura.
6. Ma, poveri noi, quanto saremo in pochi a raggiungerla, anche se a chi si guarda dall’offendere il Signore ed è entrato in religione sembra di aver fatto tutto! Ohimè, restano certi vermi che non si lasciano conoscere finché, come quello che ha roso l’edera di Giona, non abbiano rovinato le virtù, a causa dell’amor proprio, della stima di sé, dei giudizi temerari sugli altri, anche in piccole cose, della mancanza di carità verso il prossimo, non amandolo noi come noi stessi. Pertanto, anche se faticosamente adempiamo i nostri doveri per forza, per non commettere peccato, siamo ben lontane dalle disposizioni necessarie per essere totalmente unite alla volontà di Dio.
7. In che cosa pensate, figlie mie, che consista la volontà di nostro Signore? Nella nostra assoluta perfezione. Ma per arrivare ad essere una cosa sola con lui e con il Padre, come egli stesso ha invocato, guardate quanto ci manca! Vi assicuro che, scrivendo questo, provo molta pena nel vedermi tanto lontana dal traguardo, e tutto per colpa mia. Per raggiungerlo non è necessario che il Signore ci conceda grandi grazie. Basta il dono di averci dato suo Figlio perché ci insegnasse il cammino. Non crediate però che la cosa stia in termini tali che, se muore mio padre o mio fratello, io debba conformarmi alla volontà di Dio tanto da non provarne dispiacere, o che, se sopravvengono infermità e tribolazioni, debba sopportarle con gioia. Può essere una cosa buona, ma a volte è solo frutto di discrezione perché, non potendo porvi rimedio, facciamo di necessità virtù. Quante azioni di questo o di altro genere hanno compiuto i filosofi, perché erano molto sapienti! Qui il Signore non ci chiede che due cose: l’amore di Dio e l’amore del prossimo, che è ciò in cui dobbiamo impegnarci con tutte le nostre forze. Osservando tali precetti con perfezione, facciamo la sua volontà, pertanto saremo unite con lui. Ma quanto siamo lontane, ripeto, dall’adempierli nel modo dovuto a un così gran Dio! Piaccia a Sua Maestà di accordarci la sua grazia per meritare di giungere a questo stato, il che è anche nelle nostre mani, se lo vogliamo.
8. Il segno più certo, a mio parere, dell’osservanza o meno di questi due precetti è vedere se rispettiamo bene quello dell’amore del prossimo. Non possiamo infatti conoscere se amiamo Dio, pur essendoci importanti indizi per capirlo; mentre, se amiamo il prossimo, sì. E siate sicure che quanto più vi vedrete progredite nell’amore del prossimo, tanto più lo sarete anche nell’amore di Dio. Infatti, è così grande quello che Sua Maestà ha per noi che, in ricompensa del nostro amore per il prossimo, farà crescere, servendosi di mille espedienti, quello che noi abbiamo per lui. Di questo non posso dubitare.
9. È per noi molto importante esaminare con grande attenzione come ci comportiamo a questo riguardo perché, se osserviamo il precetto perfettamente, tutto è fatto. Credo che, per la miseria della nostra natura, non arriveremo mai ad avere un perfetto amore del prossimo se non a condizione che nasca dalla radice dell’amor di Dio. Poiché questo ha per noi tanta importanza, sorelle, cerchiamo di esaminare noi stesse fin nelle più piccole cose, senza far caso di certe grandi idee che ci si presentano numerosissime durante l’orazione su tutto ciò che ci sembra di poter intraprendere per il prossimo e per la salvezza di un’anima sola. Se poi, infatti, le opere non sono conformi ai propositi, non c’è ragione di credere che lo faremo. Altrettanto dico dell’umiltà e di tutte le virtù. Sono grandi le astuzie del demonio il quale, per farci credere che possediamo una virtù, mentre non l’abbiamo, metterà sottosopra tutto l’inferno. E ha ragione, perché così ci pregiudica molto. Infatti, queste virtù simulate, avendo tale origine, sono sempre accompagnate da qualche vanagloria, contrariamente a quelle concesse da Dio, che sono esenti così da vanagloria come da superbia.
10. A volte ho piacere nel vedere certe anime che, quando sono in orazione, credono di desiderare, per amore di Dio, di essere umiliate e pubblicamente offese; ma poi, potendolo, nasconderebbero anche una piccola mancanza. Se, per giunta, non avendola commessa, ne fossero accusate, Dio ce ne liberi! Ora, chi non può sopportare queste cose, badi bene a non far conto di ciò che da solo crede di aver stabilito, perché di fatto non è stata la sua una reale determinazione della volontà – che quando c’è davvero è cosa ben diversa – ma un effetto dell’immaginazione, con la quale il demonio opera i suoi assalti e i suoi inganni. Nei confronti delle donne o di gente senza istruzione egli potrà operarne molti per la loro incapacità nel comprendere la differenza che passa fra le potenze e l’immaginazione, e altre infinite cose che accadono nel nostro intimo. Oh, sorelle, come si vede bene chi, fra voi, nutre il vero amore del prossimo e chi, invece, non lo possiede con la dovuta perfezione! Se comprendeste quanto sia importante per noi tale virtù, non vi dedichereste ad altro.
11. Quando vedo anime tutte intente a rendersi conto dell’orazione che hanno, e così concentrate mentre la praticano che, a quanto sembra, non osano muoversi né divergere il pensiero per paura di perdere quel po’ di gusto e di devozione che sentono, capisco quanto poco intendano del cammino per cui si arriva all’unione. Pensano che tutto consista in questo. No, sorelle, no: il Signore vuole opere. Egli vuole, ad esempio, che se tu vedi un’inferma a cui puoi dare qualche sollievo, non ti importi di perdere la tua devozione, ma che tu abbia compassione di lei, che faccia tua la sua sofferenza e, se è necessario, che tu digiuni perché ella abbia da mangiare, non tanto per lei stessa, ma perché sai che tale è la volontà del tuo Signore. Questa è la vera unione con la sua volontà. Ancora: egli vuole che, sentendo lodare molto una persona, te ne rallegri assai più che se lodassero te. Questo in verità è facile perché, quando si è umili, si prova piuttosto pena nel sentirsi lodare. È, inoltre, molto importante rallegrarsi che siano conosciute le virtù delle consorelle e, vedendo qualche loro difetto, soffrirne come se fosse proprio nonché cercare di nasconderlo agli altri.
12. Ho parlato molto di questo argomento già altrove perché sono convinta, sorelle, che se in ciò vi fosse un’incrinatura, saremmo perdute. Piaccia al Signore che non vi sia mai. In tal caso, vi assicuro che non dovete perdere la speranza di ottenere da Sua Maestà l’unione di cui si è parlato. Qualora in ciò vi riconosceste, invece, manchevoli, pur avendo devozioni e diletti tanto che vi sembra di esservi pervenute, e qualche piccola sospensione nell’orazione di quiete (causa, per alcune, di credere subito che tutto sia fatto), state pur certe di non esser giunte ancora all’unione. Chiedete a nostro Signore che vi conceda, con la perfezione, questo amore del prossimo. Lasciate fare a Sua Maestà, che vi darà più di quanto siate capaci di desiderare, se da parte vostra vi sforzerete di fare tutto il possibile per averlo; se rinunzierete alla vostra volontà perché si faccia in tutto quella delle consorelle, anche a scapito del vostro diritto; se dimenticherete il vostro bene per il loro, per quanto possa opporvisi la vostra natura; se procurerete di assumervi ogni fatica, per toglierla alle altre, quando se ne presenti l’occasione. Non crediate che questo non vi debba costare qualcosa e che dobbiate trovarlo bell’e fatto. Considerate quanto è costato al nostro Sposo l’amore che ha nutrito per noi. Egli, per liberarci dalla morte, subì una morte atroce, quella della croce.
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