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IL CASTELLO INTERIORE (s.Teresa d'Avila)

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2013 15:02
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02/08/2013 14:58
 
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QUINTE MANSIONI
CAPITOLO 1
Comincia a illustrare come, nell’orazione, l’anima si unisca a Dio. Dice da che cosa si conoscerà che non si tratta di inganno.
1. Oh, sorelle! In che modo potrei descrivere le ricchezze, i tesori, i diletti racchiusi nelle quinte mansioni? Sarebbe meglio, credo, non dir nulla di tutte quelle che restano da trattare, perché non si riesce a farlo, né l’intelletto può comprenderle, né i paragoni possono servire a spiegarle, essendo troppo basse le cose della terra per questo scopo. Mandate, mio Signore, luce dal cielo perché io possa illuminare un po’ queste vostre serve, visto che vi siete compiaciuto di far godere ad alcune di esse tanto spesso di queste gioie, così che non siano tratte in inganno, quando il demonio si trasformerà in angelo di luce, essendo tutti i loro desideri tesi a farvi piacere.
2. E anche se ho detto «alcune», ce ne sono ben poche tra noi che non entrino in questa mansione di cui ora parlerò. Qui c’è il più e il meno, e per questa ragione dico che sono la maggioranza quelle che vi entrano. Certo, alcune delle cose che si incontrano in tale mansione credo siano riservate a poche, ma anche se si trattasse solo di arrivare alla porta, è già una grande misericordia di Dio, perché molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti. Così dico di noi che portiamo questo sacro abito del Carmelo, che, quantunque siamo tutte chiamate all’orazione e alla contemplazione (perché in ciò è la nostra origine: veniamo dalla stirpe di quei nostri santi Padri del monte Carmelo che in così grande solitudine e con tanto disprezzo del mondo cercavano questo tesoro, questa perla preziosa di cui parliamo), ci disponiamo in poche a ottenere che il Signore ce la scopra. Quanto alle forme esteriori, infatti, siamo sulla buona strada per arrivare dove è necessario, ma quanto alle virtù ci manca un bel pezzo, e non dobbiamo mai trascurarci né molto né poco. Pertanto, sorelle mie, siccome in qualche modo possiamo godere del cielo sulla terra, supplichiamo il Signore di concederci il suo aiuto, affinché non si debba restarne prive per colpa nostra. Ci mostri egli la strada, dando all’anima le forze con cui scavare fino a trovare questo tesoro nascosto, che è realmente in noi stesse. È ciò che vorrei riuscire a spiegare, se il Signore mi concede di saperlo fare.
3. Ho detto «forze dell’anima», affinché intendiate che non sono necessarie quelle del corpo, se Dio nostro Signore non le concede. Egli non impedisce a nessuno di acquistare le sue ricchezze: gli basta che ciascuno gli dia ciò che ha. Sia benedetto un così gran Dio! Ma badate, figlie mie, che per l’acquisto di cui parliamo, non vuole che teniate nulla per voi: poco o molto, vuole tutto per sé e in conformità di quello che voi vedrete di aver dato, riceverete maggiori o minori grazie. Non v’è prova migliore per sapere se la nostra orazione arrivi o no all’unione. Non pensate che si tratti di cosa sognata, come nella precedente orazione. Dico sognata, perché lì sembra che l’anima sia mezzo assopita: né appare del tutto addormentata, né si sente sveglia. Qui, essendo proprio addormentata, e profondamente addormentata alle cose del mondo e a se stessa (perché è un fatto reale che l’anima resta come fuori di sé per la breve durata di questo fenomeno, tanto che non si riesce a pensare, pur volendolo), non occorre far ricorso ad alcun espediente per sospendere il pensiero.
4. Perfino quanto all’amare – se ama – non sa come né che cosa ami, né ciò che voglia. Insomma, è come essere assolutamente morti al mondo per più vivere in Dio. Proprio così: una morte piacevole, uno sradicarsi dell’anima da tutte le operazioni che può avere stando nel corpo; piacevole, perché, pur stando in esso, sembra invero che l’anima se ne separi, per meglio vivere in Dio, in modo che io non so ancora se le resti tanto di vita da poter respirare. Ci stavo pensando ora, e mi sembra proprio di no; per lo meno, se respira, non lo avverte. L’intelletto vorrebbe tutto occuparsi a capire qualcosa di ciò che l’anima sente e, poiché le sue forze non giungono a tanto, rimane così stupito che, pur non perdendosi del tutto, non muove piedi né mani, come si dice tra noi di una persona che resta priva di sensi in modo tale da sembrarci morta. Oh, segreti di Dio! Non mi stancherei mai di cercar di spiegarveli se pensassi di riuscirvi, almeno in parte. Pertanto, dirò mille spropositi pur di cogliere nel segno, almeno una volta, e per rendere più lodi al Signore.
5. Ho detto che non si trattava di cosa sognata. Nella mansione precedente, l’anima, finché non ne abbia molta esperienza, resta in dubbio su quanto è accaduto: se è frutto di una sua illusione, se dormiva, se le fu dato da Dio o dal demonio trasfigurato in angelo di luce. Nutre mille timori, ed è bene che li abbia, perché, come ho detto, perfino la nostra stessa natura ci può ingannare talvolta a questo riguardo. Anche se, infatti, le bestie velenose non hanno facilmente modo di introdursi in quelle mansioni, certe lucertolette sì; poiché sono sottili, s’infilano dappertutto e, pur non essendo nocive, specialmente se non si dà loro importanza, come ripeto, perché sono piccoli pensieri provenienti dall’immaginazione e da ciò che si è detto, spesso infastidiscono. Ora, invece, per quanto sottili siano, le lucertolette non possono entrare in questa mansione, perché non c’è immaginazione, memoria o intelletto capace d’impedire un tale bene. Oserei affermare che se è davvero unione con Dio, non vi può entrare né fare alcun danno neanche il demonio, perché Sua Maestà è così unito e congiunto all’essenza dell’anima che il demonio non oserà avvicinarsi, né credo che neanche intenda tali segreti. Del resto, è chiaro: se, come dicono, egli non conosce i nostri pensieri, molto meno potrà conoscere una cosa tanto segreta che Dio non confida neppure all’intelletto. Oh, stato felicissimo nel quale il maligno non può farci alcun danno! L’anima ne trae grandissimi vantaggi, operando Dio in essa senza che nessuno gli sia d’ostacolo, neanche noi stessi. Che cosa non ci darà mai chi ama tanto dare tutto ciò che vuole?
6. Credo di procurarvi confusione dicendo: «se è davvero unione con Dio», quasi che ci siano altre unioni. E ve ne sono altre! Anche per quanto riguarda le vanità terrene, basta il fatto di amarle molto perché il demonio faccia uscire l’anima da sé, ma non come quando il trasporto le viene da Dio, né con quel diletto, con quell’appagamento, quella pace e quella gioia che sono al di sopra di tutti i piaceri, i diletti, i godimenti della terra, e in più non hanno a che vedere, circa la loro origine, con essi, essendo molto differente l’impressione che se ne ricava, come avrete sperimentato. Una volta ho detto che è come se gli uni fossero avvertiti nella scorza del corpo, gli altri nel midollo delle ossa, e credo d’aver indovinato il paragone. Non so spiegarlo meglio.
7. Mi sembra, però, che non siate ancora soddisfatte e che temiate di potervi ingannare, perché l’esame di ciò che è interiore è ben difficile. Anche se per chi ne ha fatto esperienza basta quanto si è detto, essendo grande la differenza, voglio indicarvi un segno chiaro mediante il quale non potrete esser tratte in inganno né dubitare che è Dio ad operare in voi. Sua Maestà me l’ha fatto venire in mente oggi e credo che sia un segno sicuro. In argomenti difficili, anche se mi pare di comprenderli e di dire la verità, adopero sempre quest’espressione: «mi sembra», perché, se dovessi ingannarmi, sono dispostissima a credere a quanto diranno coloro che sono molto dotti. Essi infatti, pur mancando dell’esperienza di questi favori, sono dotati di un non so qual senso d’intuizione: siccome Dio li riserva ad essere luce della sua Chiesa, quando si tratta di ammettere una verità, li illumina perché sia riconosciuta come tale. Se essi non vivono proiettati al di fuori, ma sono veri servi di Dio, non si meravigliano mai delle sue grandezze, sapendo bene che può fare assai di più. E infine, anche se alcune cose non sono ancora ben chiarite, devono trovarne scritte altre nei libri, attraverso le quali vedono che possono verificarsi anche queste.
8. Di tale realtà ho una grandissima esperienza, come l’ho di certi semidotti paurosi che mi costarono ben caro. Secondo me, chi non crede che Dio possa fare molto di più e che si sia compiaciuto e si compiaccia tuttora di comunicarsi talvolta alle sue creature, tiene assolutamente chiusa la porta ad accogliere le grazie divine. Pertanto, sorelle, ciò non vi accada mai: credete, invece, che Dio può dare sempre di più e non fermatevi mai ad osservare se siano cattivi o buoni quelli ai quali concede le grazie, perché Sua Maestà, come vi ho detto, ne conosce il motivo. Non c’è ragione che noi c’intromettiamo in questo: dobbiamo solo, con semplicità di cuore e umiltà, servire Dio e lodarlo per le sue opere meravigliose.
9. Ritornando dunque al segno che io ritengo sicuro, osservate quest’anima che Dio ha reso del tutto priva d’intelletto per imprimere meglio in essa la vera sapienza. Per tutto il tempo in cui resta in questo stato, che è sempre breve e ad essa sembra anche più breve di quello che è in realtà, non vede né ode né intende nulla. Dio s’imprime in modo tale nell’intimo di quest’anima che, quando ritorna in sé, non può assolutamente dubitare che essa sia stata in Dio e Dio in lei. Questa verità resta impressa in essa così saldamente che, anche se passassero anni senza che Dio torni a farle quella grazia, non la dimentica né può dubitare di averla ricevuta. Lasciamo pur da parte gli altri effetti che ne trae, di cui parlerò in seguito: ciò è quanto interessa al nostro proposito.
10. Ma voi mi direte: in che modo l’anima ha visto o ha capito di essere in Dio, se non vede né intende nulla? Non dico che l’abbia inteso allora, ma che lo intende chiaramente in seguito, e non perché sia una visione, ma per la certezza che di ciò le resta e che solo Dio può concedere. Conosco una persona la quale non era ancora a conoscenza del fatto che Dio è in tutte le cose per presenza, potenza ed essenza, e che dopo una grazia di questo genere accordatale dal Signore, giunse a comprenderlo. Ne ebbe tale certezza che, sebbene uno di quei semidotti di cui ho già parlato, richiesto da lei su come Dio sia in noi (egli ne sapeva tanto poco quanto lei prima che Dio glielo facesse intendere), le rispondesse che vi è solo per grazia, ella, ormai sicura della verità, non gli credette e ne interrogò altri, i quali le dissero come ciò fosse in realtà, del che rimase assai consolata.
11. Non dovete, peraltro, restare ingannate, credendo che questa certezza riguardi una forma corporale, com’è del corpo di nostro Signore Gesù Cristo, presente nel santissimo Sacramento, anche se non lo vediamo; qui, non si tratta di questo, ma della sola divinità. Allora, in che modo ciò che non vediamo resta impresso in noi con tale certezza? Questo io non lo so, sono opere di Dio, ma so di dire la verità. Ma senza questa certezza, stento a credere che ci sia l’unione di tutta l’anima con Dio. Ci sarà solo l’unione di qualche potenza, oppure si tratterà di altro genere di grazie fra le molte che Dio concede all’anima. Non dobbiamo, in tutte queste cose, cercare ragioni che ci spieghino come avvengano. Poiché la nostra intelligenza non giunge a comprenderle, a che scopo vogliamo perderci in esse? Basta rendersi conto che è l’Onnipotente a far tutto. Siccome noi, malgrado ogni nostra diligenza, non siamo capaci di raggiungerle, perché sono opera solo di Dio, non sforziamoci di volerle intendere.
12. Ricordo ora, a proposito del fatto che «non siamo capaci», quello che, come avrete udito, dice la sposa del Cantico dei Cantici: Il re mi ha condotta nella cella del vino; anzi, credo che dica: mi ha introdotta. E non dice che vi sia andata da sé. Ancora, aggiunge che andava di qua e di là in cerca del suo amato. Ritengo che questa orazione sia la cella vinaria dove il Signore intende introdurci, quando e come vuole, ma dove non possiamo entrare da noi, per quanti siano i nostri sforzi. Bisogna che c’introduca Sua Maestà, entrando egli stesso nel centro della nostra anima. Per meglio mostrarci le sue meraviglie, non esige che facciamo altro se non assoggettargli del tutto la nostra volontà, lasciando chiusa la porta delle potenze e dei sensi, che se ne stanno profondamente addormentati. Egli intende entrare nel centro dell’anima senza passare per alcuna porta, come entrò dai suoi discepoli dicendo: Pace a voi, e come uscì dal sepolcro senza rimuovere la pietra. Vedrete in seguito come Sua Maestà vuole che l’anima goda di lui nel centro di se stessa molto più che qui: sarà nell’ultima mansione.
13. Oh, figlie mie, che grandi cose contempleremo, se cercheremo di non veder altro all’infuori della nostra bassezza e miseria e di capire che non siamo degne di essere serve di un così eccelso Signore, le cui meraviglie superano la nostra capacità d’intendere! Sia egli per sempre lodato! Amen.
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