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SALITA DEL MONTE (S.Giovanni della Croce)

Ultimo Aggiornamento: 01/08/2013 19:19
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01/08/2013 19:13
 
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CAPITOLO 34
Ove si parla dei beni spirituali che possono essere percepiti distintamente dall’intelletto e dalla memoria. Si spiega come deve comportarsi la volontà circa la gioia che ne deriva.
1. Avrei molto da dire a motivo delle tantissime conoscenze che si formano nella memoria e nell’intelletto, se volessi indicare alla volontà come deve comportarsi riguardo alla gioia che questi beni suscitano. Ma ne ho già parlato ampiamente nei libri II e III. Poiché lì ho indicato come debbano comportarsi quelle due potenze rispetto a queste conoscenze onde tendere all’unione divina e, altresì, come la volontà debba comportarsi nei riguardi della gioia che deriva da tali beni, qui non è necessario riparlarne. Basta ricordare che ovunque si affermi che queste potenze devono liberarsi da queste o quelle conoscenze, occorre ugualmente dire che la volontà deve rinunciare alla gioia che da esse deriva. Se è vero che la memoria e l’intelletto devono rimanere distaccate nei confronti di tutte queste conoscenze, così deve fare anche la volontà. Poiché l’intelletto e le altre potenze non possono accettare o negare nulla senza il concorso della volontà, è chiaro che la dottrina riguardante le prime due facoltà riguarda anche la volontà.
2. Si veda lì ciò che è necessario fare ora, perché l’anima cadrà in quegli stessi danni, se in tutte queste conoscenze non saprà elevarsi a Dio.
CAPITOLO 35
Ove si parla dei beni spirituali gradevoli che possono essere l’oggetto distinto della volontà. Si dice di quanti generi siano.
1. Possiamo ridurre a quattro i generi di beni che separatamente possono recare gioia alla volontà, cioè motivi o moventi, provocativi, direttivi e perfettivi. Ne parlerò nell’ordine enunciato, cominciando dai beni che motivano o accendono la devozione, e cioè le immagini e le raffigurazioni dei santi, gli oratori e le cerimonie.
2. Per quanto riguarda le immagini e le raffigurazioni dei santi, può esserci molta vanità e inutile compiacenza. Ciò nonostante, essi sono molto importanti per il culto divino e utili per muovere la volontà a devozione. Prova ne è il fatto che la santa madre Chiesa li approva e ne fa uso. Per questo è sempre utile per noi avvalercene per scuotere la nostra tiepidezza. Purtroppo, però, vi sono molte persone che si compiacciono più dell’espressione pittorica e degli ornamenti di queste immagini che dei soggetti ivi rappresentati.
3. La Chiesa ha prescritto il culto delle immagini principalmente in vista di due scopi, cioè di venerare per mezzo di esse i santi, e muovere la volontà e risvegliare la devozione verso di loro. Ora, in quanto servono a tutto questo, le immagini sono utili e il loro uso necessario. Si devono quindi scegliere quelle più vicine al soggetto rappresentato e che meglio muovono la volontà alla devozione. È qui che dobbiamo fermare la nostra attenzione, più che sul valore delle immagini o sul pregio della loro esecuzione e dei loro ornamenti. Ci sono, ripeto, alcune persone che guardano più alla bellezza delle immagini e al loro valore che a ciò che rappresentano. Riversano sulla bellezza e sugli ornamenti esteriori la devozione interiore, che dovrebbero rivolgere spiritualmente al santo che non vedono, dimenticando subito l’immagine, che è solo un mezzo. In questo modo vengono appagati e solleticati i sensi e là si concentrano l’amore e la gioia della volontà. Tutto questo ostacola completamente la vera devozione, che esige invece la rinuncia alle affezioni verso tutti gli oggetti particolari.
4. Una dimostrazione dell’uso detestabile di tali immagini ce l’offrono oggi alcune persone, le quali, non avendo in orrore le mode profane del mondo, adornano le immagini con i costumi che i mondani periodicamente inventano per i loro svaghi e la soddisfazione delle loro frivolezze. Con i costumi, per i quali quelli stessi vengono biasimati, coprono le immagini, detestate dai santi che esse rappresentano, e a giusto titolo. Così facendo, il demonio e suddette persone cercano di canonizzare le proprie vanità, imponendole ai santi, non senza arrecare loro una grave ingiuria. In questo modo la vera e solida devozione dell’anima, che respinge e rigetta da sé ogni vanità e ogni sua apparenza, si riduce a poco più che un abbellimento di bambole, perché alcuni si servono delle immagini come di idoli in cui ripongono la loro compiacenza. Vedrete, così, persone che non si stancano di aggiungere immagine a immagine; vogliono che queste siano di un determinato tipo e modello e che siano collocate in tale o tal altra maniera, al fine di compiacere i sensi, mentre la devozione del loro cuore è assai scarsa. Sono molto attaccati a queste immagini come lo erano Mica e Labano ai loro idoli. Il primo uscì di casa imprecando contro coloro che glieli avevano portati via; il secondo, dopo aver corso per molto tempo ed essersi adirato a causa degli idoli, mise a soqquadro la tenda di Giacobbe per ritrovarli (Gdc 18,24; Gn 31,34).
5. La persona veramente pia ripone la propria devozione soprattutto nelle cose invisibili, non ha bisogno di molte immagini e ne usa poche. Si serve solo di quelle che le ricordano più il divino che l’umano, e che meglio la orientano alla condizione dell’altra vita che non di quella presente. Si comporta così non soltanto per guardarsi dalle vanità di questo mondo, ma anche per non ricordarsi di esso, quando sotto gli occhi le cade qualcosa che gli assomiglia o gli appartiene. Non attacca il cuore neanche alle immagini che usa, né si addolora molto se le vengono tolte. Cerca dentro di sé, invece, l’immagine viva di Cristo crocifisso, nel quale è contenta che le tolgano tutto e che tutto le manchi. Anche se le tolgono i motivi e i mezzi che più l’avvicinano a Dio, rimane tranquilla. Del resto, l’anima è più progredita se riesce a conservare la pace e la gioia quando è privata di questi mezzi rispetto a quando li possiede con attaccamento e passione. È senz’altro giusto desiderare di avere quelle immagini e quei mezzi che meglio favoriscono la devozione della persona, ragion per cui si devono scegliere sempre quelle che la stimolano di più. Tuttavia non è indice di perfezione esservi troppo attaccati, tanto da tenerle con spirito di possesso e da soffrire se ci vengono tolte.
6. L’anima stia certa che quanto più è forte il suo spirito di possesso nei riguardi dell’immagine o dell’aiuto sensibile, tanto meno la sua devozione e la sua preghiera si eleveranno a Dio. Anche se, in verità, è opportuno affezionarsi alle immagini più adatte a eccitare la devozione, ciò non deve comportare attaccamento e spirito di possesso, come ho detto sopra. In questo caso, infatti, il senso, assorbito interamente nella gioia dei mezzi e dimentico del loro valore soltanto relativo, divora tutto ciò che dovrebbe portare l’anima a prendere il volo verso Dio. Così i mezzi, che dovrebbero essere soltanto un aiuto per l’anima, le divengono motivo d’imperfezione e ostacolo, al pari dell’attaccamento e dello spirito di possesso per qualsiasi altra cosa.
7. Se la questione delle immagini ti suggerisce qualche obiezione, ciò dipende dal fatto che non hai ben compreso lo spogliamento e lo spirito di povertà richiesti dalla perfezione. Riconosci almeno, però, l’imperfezione in cui comunemente si cade riguardo alle corone del rosario; difficilmente troverai qualcuno che non dimostri in esse qualche debolezza: le vogliono così e non cosà; di questo colore e metallo piuttosto che quello; con questo ornamento o con quell’altro. Nulla di tutto questo giova perché Dio ascolti meglio la preghiera fatta con una corona piuttosto che con un’altra: egli ascolta l’anima che prega con cuore sincero e semplice, preoccupata solo di piacergli e non di avere un rosario piuttosto che un altro, a meno che non vi siano legate delle indulgenze.
8. La nostra vana avidità è tale che vuole attaccarsi a tutte le cose. È come il tarlo che rode ciò che è sano e porta a termine il suo lavoro nelle cose buone e cattive. Da che cosa deriva, infatti, che tu voglia avere una corona del rosario con certe caratteristiche, che sia fatta così e non diversamente, se non dal fatto che hai riposto la tua gioia in uno strumento? E perché vuoi scegliere questa immagine piuttosto che un’altra, non tenendo conto se ti risveglia maggiormente l’amore, ma solo se è più preziosa e più bella? Se tu non nutrissi altro desiderio e altra gioia che amare Dio, non ti importerebbe nulla di queste cose. È una pena grande osservare alcune persone spirituali così attaccate alla forma e alla figura di questi oggetti, ai motivi, alla curiosità e alla gioia frivola che ripongono in essi. Non le vedrete mai soddisfatte, passano irrequiete dagli uni agli altri, dimenticando la devozione spirituale a causa di questi oggetti sensibili; vi si attaccano con spirito di possesso, che a volte è simile a quello che nutrono per i beni temporali, da cui ricavano non poco danno.
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Stretta è la porta e angusta la Via che conduce alla Vita (Mt 7,14)
 
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