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Meditazioni

Ultimo Aggiornamento: 06/05/2013 18:20
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10/03/2013 21:22
 
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DARE SAPORE ALLA VITA

“Voi siete il sale della terra...” (Matteo 5:13)

Si tratta della forza silenziosa di una vita retta che rende puro e benedetto tutto quello che la circonda, non tramite agitazioni e trambusto, neppure con la sola predicazione, né, tantomeno, con il rimprovero, ma semplicemente attraverso la somiglianza a Cristo. Non si tratta di un atteggiamento all’insegna della debolezza, di qualcosa di appena percettibile. Il sale, per coloro che conducono una vita morale corrotta, ha un sapore forte e aspro. È insopportabile al palato di quanti vogliono continuare a vivere nel male. Sale della terra. La testimonianza del credente è una potenza in mezzo alle cose della vita: le addolcisce e le purifica. Quando a Gerico l’acqua era amara e la terra sterile, il profeta prese una scodella di sale e la gettò nella sorgente. Immediatamente questa fu sanata, e la terra produsse dei frutti. Il vero discepolo di Cristo è proprio come questa scodella di sale nella mano del Maestro: ha la capacità di sanare le amarezze dell’esistenza, rendere dolce l’acqua della vita per coloro che lo circondano e far crescere una vegetazione rigogliosa nei luoghi deserti e desolati della vita, trasformandoli nel giardino del Signore. Il cielo stesso non può presentare una scena più preziosa agli occhi del nostro Signore di quella di un discepolo che, in mezzo agli impegni della vita, con la sua influenza silenziosa, porta ovunque integrità, dolcezza e forza. Venire a contatto con una persona simile significa scoprire una virtù in grado di guarire. Pensate, dunque, come Cristo sia rattristato, e quale senso di fallimento Lo ferisca quando qualcuno si professa Suo discepolo eppure non porta alcuna benedizione, non guarisce le sorgenti dall’amarezza e non dona bellezza ai luoghi aridi. Il sale che è senza sapore non è per niente sale, deve essere gettato via: potrà essere bianco, o essere versato nella saliera più bella, ma se non è in grado di insaporire la vita intorno a te, gettalo, e grida a Dio per averne di migliore. Quale sarà il dolore del Maestro quando, chi porta il Suo nome, è motivo di amarezza e fonte di scoraggiamento? Un credente carnale raggela come il vento di levante! Egli porta il nome santo di Cristo, eppure si lamenta sempre, è geloso, invidioso e sparge inimicizia! Un individuo simile non pensi dentro di sé di essere in alcun modo considerato il sale della terra. Il sale che ha perso il suo sapore non serve a nulla: di fatto, non è più sale.

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[Modificato da Perdonato 10/03/2013 21:24]
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11/03/2013 12:30
 
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LA FORZA DELLA LIBERTÀ

“Allora Gesù fu condotto dallo Spirito su nel deserto,
per esser tentato dal diavolo”
(Matteo 4:1)

Egli fu tentato in ogni cosa come noi, ma senza peccare: questo significa che Gesù condivideva sino in fondo la nostra natura umana. La Sua natura autenticamente umana è una verità importantissima. Consideriamola passo per passo. Egli aveva un corpo esattamente come il nostro. Ossa delle nostre ossa e carne della nostra carne, la Sua esistenza fisica fu in ogni aspetto simile alla nostra. Egli mangiò, bevve e dormì proprio come noi. Era stanco e affamato al pari nostro. Le Sue necessità erano simili a quelle che affliggono noi: aveva gli stessi limiti che contraddistinguono la nostra natura umana. I Suoi occhi non vedevano più lontano dei nostri: il Suo orecchio poteva cogliere quello che siamo in grado di udire anche noi. Egli conosceva le cose com’è dato di conoscerle a noi. Anche per Lui la percezione e l’attitudine a riflettere erano le fonti privilegiate della conoscenza. Il bambino Gesù non conosceva più degli altri Suoi coetanei. Il ragazzo Gesù crebbe in sapienza come gli altri ragazzi. L’uomo Gesù Cristo aveva gli stessi limiti e le medesime strutture mentali che ci contraddistinguono. Egli era in ogni cosa come noi. Per l’Uomo Gesù, speranza, fede, desiderio e gioia erano esattamente ciò che esse rappresentano per noi. L’ubbidienza non era per Lui il prodotto di qualche costrizione, ma una libera scelta. “Ecco, io vengo per fare la tua volontà”, è la testimonianza biblica di questo principio. Se la disubbidienza fosse stata impossibile per Cristo, lo sarebbe stata anche l’ubbidienza. Dobbiamo essere nelle condizioni di determinare la nostra condotta, perché diversamente non esiste scelta, colpa o responsabilità. Se Gesù non avesse disposto della capacità di scegliere, di cui noi stessi siamo dotati, Egli sarebbe stato meno che umano. La facoltà di decidere rappresenta la nostra vera grandezza. Gesù fu tentato in ogni cosa come noi soltanto perché era in grado di deliberare come lo siamo noi, altrimenti non ci sarebbe stata tentazione. Il libero arbitro era tanto Suo quanto nostro, ma la capacità di rifiutare non ci appartiene, se non in forza della Sua grazia.

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11/03/2013 18:04
 
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SODDISFAZIONE

“Ma avendo di che nutrirci e di che coprirci,
saremo di questo contenti”
(1° Timoteo 6:8)

Un'antica leggenda persiana narra di un uomo ricco di nome Al Haffed che possedeva una grande fattoria. Una sera un amico gli parlò di un’enorme quantità di diamanti che si potevano trovare in altre parti del mondo. La visione di tutta quella ricchezza lo fece sentire povero. Così, invece di prendersi cura della sua fattoria, vendette tutto e partì in cerca di quei diamanti. Dopo qualche tempo quell’uomo esaurì le risorse ricavate dalla vendita della fattoria e, senza un soldo e in preda alla disperazione, si suicidò gettandosi in mare. Nel frattempo, l'uomo che aveva acquistato la sua fattoria un giorno vide luccicare nel ruscello poco profondo della sulla proprietà un grosso diamante. Più tardi, lavorando la terra del giardino scopri molte gemme preziose. Povero Al Haffed aveva trascorso la sua vita in viaggio in terre lontane in cerca di gioielli, quando avrebbe realizzato che avere un cuore contento è il più grande bene. Forse non avremo tutto quello che vogliamo ma vogliamo imparare ad essere contenti di quello che possediamo. Il Signore apra i nostri occhi per farci vedere ciò che abbiamo piuttosto che quello di cui siamo mancanti.

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12/03/2013 11:36
 
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PRESENZA DIVINA

“…parimente la colonna di nuvola si mosse dal loro
fronte e si fermò alle loro spalle”
(Esodo 14:19)

Non sempre abbiamo bisogno di una guida davanti a noi. Qualche volta, quando il pericolo ci circonda, dobbiamo stare fermi; in quei momenti Dio si sposta dietro di noi per proteggerci. Egli si dispone sempre alla nostra necessità. Quando abbiamo bisogno di essere guidati, Egli ci conduce. Quando ci occorre protezione, Egli si pone tra noi e il pericolo. C’è qualcosa di sorprendente nell’immagine illustrata dal versetto di oggi: quella della presenza divina che si sposta, diventando un muro tra Israele e i suoi nemici. Il Signore schiera le Sue forze sovrintendendo sugli aspetti più vulnerabili della nostra vita. Egli controlla i fianchi più sguarniti della nostra esistenza, laddove la nostra attenzione è meno vigile. Esistono alcune femmine di volatili, come le cicogne, che in caso di pericolo coprono i propri piccoli con il loro corpo, per proteggerli e preservarli anche a costo di farsi colpire dai proiettili. L’amore umano a volte si interpone come una sorta di scudo, per difendere una persona cara. Sulla croce Gesù ha offerto Sé stesso per ricevere la tempesta d’ira, affinché nessuna bufera della giustizia divina potesse colpire quanti si affidano alla Sua protezione. Ma non soltanto Cristo si frappone tra noi e i nostri peccati; Egli si pone anche fra noi e ogni sorta di pericolo. L’Eterno Iddio è il nostro scudo così come ci è “targa”, vale a dire la parte posteriore dell’armatura volta a proteggere il dorso di un soldato dell’antichità. Molti pericoli ci attaccano alle spalle. Sono nemici che si accostano in modo furtivo, sono avversari insidiosi, che ci assalgono quando siamo inconsapevoli della loro vicinanza e della minaccia che rappresentano. Il tentatore è astuto e scaltro. Egli non ci attacca frontalmente; non predilige lo scontro diretto, a viso aperto. È consolante sapere che Cristo ci segue passo dopo passo e si pone dietro di noi quando è lì che abbiamo maggior bisogno di protezione.

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12/03/2013 17:27
 
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STRANIERI E PELLEGRINI

“Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo” (Giovanni 17:16)

Il termine “mondo” nella Parola di Dio indica il sistema che detta le regole di vita tra gli uomini che non conoscono Dio, stabilendo valori e convinzioni contrari alla volontà di Colui che ci ha creato. Gesù, parlando dei suoi discepoli, ha affermato: “Essi non sono del mondo”. Quest’affermazione sembra scontrarsi con la nostra personale convinzione, non risulta nè logica nè accettabile per l’uomo che non è stato “vivificato” dallo Spirito di Dio. Eppure questa verità è stata insegnata da Gesù stesso e non può essere messa in discussione. Quando un uomo si volge a Dio, quando si converte dalla sua via malvagia per cominciare a camminare nelle Sue vie, il cambiamento che produce quest’esperienza è tale da rendere quell’uomo una nuova creatura (1 Corinzi 5:17). I desideri cambiano, i principi morali non sono più gli stessi, cambiano i progetti e le priorità, tutto è veramente nuovo. L’uomo che crede nell’evangelo si scopre “diverso” e sente di non appartenere più a questo mondo, si sente straniero e pellegrino, sa che deve rimanere in questa terra solo per testimoniare della grazia e dell’amore di Dio. In qualche situazione avverte un senso di profondo disagio, non si identifica col modo di fare della maggioranza e prega incessantemente di rimanere fedele al suo Signore. Se questa realtà è la nostra stiamo calcando il sentiero della vita eterna e di questo dobbiamo essere felici. Essere stranieri e pellegrini è il segreto per conservare la freschezza della nostra fede e per arrivare vittoriosi al traguardo della vita eterna.

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12/03/2013 23:30
 
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I DUE ESTREMI DELLA TENTAZIONE

“Allora Gesù fu condotto dallo Spirito su nel deserto,
per esser tentato dal diavolo”
(Matteo 4:1)

Per quaranta giorni il Signore Gesù si è trattenuto nel deserto, dimorando in dolce comunione con il Padre, santificandosi in vista della nostra causa e perfezionando la Sua consacrazione. Ma all’ultimo era sfinito, logorato dai pensieri, assalito da una fame estenuante. Il deserto in cui dimorava con le bestie selvatiche rappresentava probabilmente il luogo più adatto per la prova. Nessuno fu mai sensibile come Gesù all’influenza della natura. Per Lui i fiori del campo rappresentavano una conferma delle cure che il Padre Gli avrebbe accordato: gli uccellini cantavano dell’amore di Dio: tutte le cose sussurravano un dolce “non temere”. Ma ora si trovava nella terribile solitudine del deserto: lì la natura non poteva esercitare questa sua facoltà consolatoria. Era circondato da ogni lato da un’orribile solitudine. L’opera di Cristo – che si concluse con quel grido drammatico: “Mio Dio, mio Dio perché mi hai abbandonato?” – sembra essere iniziata nello stesso modo: Gesù era solo, dimenticato e tormentato dalla fame, errante per il deserto. Fu quello il luogo e il momento favorevole per la tentazione. Considera come in quelle circostanze fosse possibile ogni sorta di tentazione. La seduzione del peccato ha origine dalla mancanza di cose o dalla loro abbondanza: invidia e orgoglio, furto e tirannia, menzogna e concupiscenza sono i peccati della scarsità o dell’abbondanza. Questi due estremi della tentazione sono rappresentati nella Bibbia da Giobbe e da Salomone, sinonimi della più cruda povertà e della più grande ricchezza, del non possedere nulla e del disporre di tutte le cose. È con queste due tentazioni che il diavolo si avvicina a Cristo. Gesù era più povero di Giobbe, era spossato e veramente allo stremo, ma al tempo stesso si trovava in una condizione superiore a quella di Salomone, perché aveva tutte le potenze a propria disposizione. Sarebbe bastata una parola per far comparire una moltitudine di angeli in grado di soddisfare qualsiasi bisogno. A un Suo comando il deserto poteva germogliare e fiorire come la rosa, trasformandosi in un paradiso pieno di fiori bellissimi e di alberi carichi di frutti succulenti. Durante tutta la vita di Gesù, il tentatore fece leva su questa duplice e antitetica condizione di debolezza e di potenza. Lo vediamo quando i soldati vengono per arrestarLo: tradito da uno dei discepoli, abbandonato da tutti gli altri, afferrato da mani rozze e legato come un ladro, Egli fu condotto al supplizio apparentemente del tutto inerme. Eppure, proprio allora, Egli dichiarò: “Credi tu forse ch’io non potrei pregare il Padre mio che mi manderebbe in quest’istante più di dodici legioni d’angeli?” (Matteo 26:53).

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13/03/2013 19:02
 
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UN URGENTE RITORNO

“…senza di me non potete fare nulla” (Giovanni 15:5)

Se le parole del nostro testo non le avesse pronunciate Gesù, sarebbero sicuramente da reputare le più presuntuose che un uomo abbia mai potuto pronunciare, ma sulle labbra di Cristo esse sono la più essenziale delle verità. Il nostro mondo si dibatte nei suoi molti problemi senza mai riuscire a risolverli: politici, educatori, geni dell’arte, scienziati, abili oratori e altri uomini di grandi qualità si sentono insufficienti e incapaci davanti all’immane bisogno della nostra umanità. Sono nate nel secolo scorso organizzazioni umanitarie che hanno cercato con la loro influenza di frenare le guerre, di arginare le malattie, di diminuire la povertà, di migliorare l’ambiente ma, nonostante questo, le cose continuano a peggiorare. Da ogni lato viene lanciato l’allarme che ci porta a capire chiaramente che le cose non possono continuare in questo modo, è necessario un urgente cambiamento. Le parole su cui siamo chiamati a riflettere oggi, propongono “un urgente ritorno” a Colui dal quale ci siamo profondamente allontanati, per scoprire che se è vero che “senza di Lui non possiamo fare nulla” è altresì vero che “ogni cosa è possibile con Lui”. Certamente non risolveremo i problemi dell’intera umanità, ma vedremo la nostra vita cambiare e diventeremo sicuramente una benedizione per tutti quelli che sono intorno a noi, i quali non sanno ancora qual è l’origine di tutti i loro problemi. A loro potremo dire: “con Gesù ogni cosa è possibile”.

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[Modificato da Perdonato 13/03/2013 19:05]
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14/03/2013 12:06
 
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PROMESSE ETERNE

“Benedetto sia l’Eterno, che ha dato riposo al suo popolo Israele,
secondo tutte le promesse che avea fatte; non una
delle buone promesse da lui fatte per mezzo
del suo servo Mosè, è rimasta inadempiuta”
(I Re 8:56)

Sono trascorsi quasi tremila anni, da quando Salomone rese questa testimonianza, eppure possiamo dichiarare, ancora oggi, con la medesima fiducia di quel sovrano, che in tutto questo tempo neppure una parola fra tutte le promesse di Dio è venuta meno per il Suo popolo. Nessuno che abbia mai confidato in una promessa del Signore ha sperimentato la delusione. Nella comunità dei santi non dominano orientamenti e opinioni di ordine materiale, ma la salda fiducia nella fedeltà di Dio. Le promesse del Signore sono i beni più sicuri e reali in questo mondo. In ognuna di esse è presente la mano onnipotente di Dio; quando le afferriamo ci troviamo a nostra volta afferrati dal Signore, dalla cui presa non possiamo cadere né essere rapiti. Contiamo sulla Sua fedeltà, ci poggiamo sulle Sue promesse, e siamo circondati e sostenuti dalle braccia eterne. Posiamo il capo dolente e le membra spossate sulle parole d’amore e di consolazione rivolteci da Dio, e ci troviamo attratti al cuore del Padre, stretti al Suo seno e consolati dalla Sua tenerezza, più amabile di quella di una madre. Per tutta la vita, in ogni esperienza, possiamo fare affidamento sulle assicurazioni offerteci da Dio e fondare su di esse ogni nostro interesse, nella certezza che nessuna andrà a vuoto. Possiamo confidare nel Signore più che mai nel momento della morte, e scoprire puntualmente tutto ciò che Egli ha promesso. Il Signore ci assicura la Sua meravigliosa presenza al nostro fianco nell’attraversamento della valle della morte. Questa è la sola strada per andare a casa: assenti dal corpo ma presenti con il Signore, nella beatitudine eterna. Fino alla fine, neppure una delle parole di Dio può venire meno.

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14/03/2013 19:15
 
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UNA PERSONA STRAORDINARIA

"Il giusto fiorirà come la palma, crescerà come il cedro del libano" (Salmo 92:12)

Qualcuno ha definito le palme e i cedri come "alberi del Signore", in quanto non vengono mai potati né ricevono alcuna cura dagli uomini eppure "fioriscono" e "crescono", in un certo senso in maniera "miracolosa". Essi sono sempre verdi e belli in tutte le stagioni dell’anno, crescono anche quando l’ambiente intorno a loro è ostile. Il loro segreto è nelle radici che sono robuste e profonde e riescono a trovare "l’acqua sotterranea", invisibile in superficie, anche in tempi di grande siccità. Il testo biblico, che è l’oggetto della nostra meditazione di oggi, traccia un parallelo tra questi "alberi del Signore" e i credenti. Certo la vita dei credenti in questo mondo è un vero e proprio miracolo. "Verde" nonostante tutto, essa nasce, fiorisce e cresce grazie a quella fonte, invisibile e sotterranea, che scorre perenne dal Golgota, il luogo dove il loro Salvatore è morto. Essi hanno realizzato che devono tutto a Lui e che "senza di Lui non possono fare nulla", dipendono gioiosamente da Lui e non si aspettano nulla dagli uomini. Come "la palma" e "il cedro" la loro esistenza e la loro bellezza rendono testimonianza dell’amore e della provvidenza di Dio. Sono persone straordinarie e vivono una vita straordinaria. Come "la palma" sviluppano la loro vita verso l’alto e come il cedro sfidano ogni tempesta, continuando a vivere quando essa è passata. Sii credente! Dio farà anche di te "una persona straordinaria".

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15/03/2013 10:41
 
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CERTEZZA ASSOLUTA

“Lo Spirito Santo attesta insieme al nostro spirito che siamo figliuoli di Dio” (Rom. 8:16)

Una lettera consegnatami dal postino conteneva la richiesta di un pagamento che, secondo l’ente preposto, non era stato effettuato nei tempi dovuti. La cifra richiestami era onerosa e subito la mia mente è andata indietro nel tempo, per ricordare se fosse stato possibile il pagamento di quel bollettino. Non riuscendo a ricordare il fatto, perché troppo lontano nel tempo, ho cominciato a cercare “la ricevuta di avvenuto pagamento”. Era l’unico documento che poteva dare certezza a tutte le parti coinvolte e che avrebbe posto fine ad ogni altra discussione. Non è passato molto tempo e la mia ricerca ha avuto buon esito, avevo in mano “l’evidenza del pagamento” e nessuno poteva togliermi la certezza di aver già pagato. Quando si diventa cristiani, la presenza di Dio viene ad abitare nei nostri cuori e accompagna tutta la nostra vita. Possiamo passare momenti di grande difficoltà nei quali mettiamo in discussione qualsiasi cosa, perfino noi stessi, ma la Sua presenza sarà per noi “un’evidenza” incontestabile, una continua testimonianza della nostra appartenenza alla Sua famiglia. Cammineremo sicuri, senza paura, consapevoli di possedere in noi stessi “l’evidenza” che il sacrificio fatto sulla croce da Gesù è stato sufficiente al perdono dei nostri peccati; la presenza di Dio ci aiuterà a mantenerci fiduciosi in ogni situazione che dovremo affrontare e con il salmista potremo continuamente affermare: “La mia carne e il mio cuore possono venire meno, ma Dio è la rocca del mio cuore e la mia parte in eterno.”

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16/03/2013 11:33
 
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OCCASIONE DI PECCATO

“Questo diventò un’occasione di peccato …” (I Re 12:30)

Il piano del re ebbe successo. Il popolo non andava più al tempio di Gerusalemme, ma si prostrava davanti ai due vitelli d’oro che il re aveva fatto innalzare. La fede d’Israele si volse quindi all’idolatria, e tutto l’insegnamento impartito dall’Eterno fu respinto. La guida mendace del re portò le dieci tribù su un sentiero che le avrebbe allontanate progressivamente da Dio. Geroboamo aveva stabilito l’idolatria in Israele per timore che quel popolo tornasse alla casa di Davide. Preferì condurre un’intera nazione al peccato e rappresentare un’autentica maledizione per Israele pur di raggiungere i suoi scopi politici e allontanare da sé il pericolo di una rappresaglia. Il peccato si sviluppa da minime infedeltà e da piccoli allontanamenti per raggiungere proporzioni gigantesche. Chi si abbandona all’errore, seppur di modesta portata, non sa a quale rovina andrà incontro. Un insegnamento sbagliato a un fanciullo può rovinare un’intera esistenza. Chi dedica a un’impresa le proprie energie spirituali, psichiche e fisiche si mette nella condizione d’influenzare in modo positivo, o assolutamente nefasto, l’ambiente circostante e la vita di molte altre persone. Geroboamo diede una tragica impronta al proprio regno, e tutti i diciannove re che gli succedettero seguirono i suoi passi. Ciò che un solo uomo seminò in modo così infausto, ipotecò il futuro del regno per tutta la sua durata. Si racconta di un uomo che desiderava ardentemente un pezzo di terra. Il proprietario glielo concesse sì, ma soltanto per il tempo di un raccolto. Quella persona allora seminò delle querce; così quel raccolto avrebbe impiegato oltre cento anni per maturare. Attenzione a non permettere mai al nemico di seminare alcun seme nella nostra vita, pensando di poter dettare delle condizioni! Noi non siamo quasi mai consapevoli delle reali conseguenze di ciò che stiamo facendo, quando diamo inizio a un’azione sbagliata. Il nemico riveste il male di parole persuasive, e noi non percepiamo l’atmosfera appesantita dalle sue lusinghe. Spesso un grande male tiene dietro a un modesto smottamento sul versante del peccato e ciò che riteniamo sia una “piccola volpe” diventa la rovina dell’intera vigna!

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[Modificato da Perdonato 16/03/2013 11:35]
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16/03/2013 18:59
 
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SILENZIO, NON RIFIUTO

“Ma egli non le rispose parola” (Matteo 15:23)

C’è qualcosa di rimarchevole in questo silenzio di Cristo. Di solito era pronto ad ascoltare qualsiasi richiesta che Gli venisse rivolta. A malapena ci fu qualcuno che dovette chiedere due volte un favore. Il Suo cuore era sensibile, come lo è il cuore di una madre verso i pianti del proprio figlio, e rispondeva istantaneamente ad ogni invocazione di aiuto. Tuttavia ora rimase fermo ad ascoltare la pietosa supplica di questa donna senza risponderle pa­ro­la. Come un avaro che possiede mucchi d’oro e alle cui porte bussano i poveri, il quale pur udendo i loro pianti di angoscia tiene chiusi i suoi cancelli ed è sordo verso ogni richiesta, così Gesù non fu commosso dai pianti di questa donna, sebbene disponesse di tutto il potere per soddisfare il suo bisogno. Perché era così silenzioso? Non perché non potesse aiutarla. I migliori fra noi attraversano dei momenti in cui sono deboli, dei giorni in cui sono vuoti, in cui non hanno niente con cui aiutare: ma la pienezza di Gesù non si è mai esaurita. Il fatto di essere assorbito dalle Sue imminenti sofferenze non Gli impediva di pensare alle sofferenze altrui. Persino sulla croce dimenticò Sé stesso per mostrare gentilezza verso gli altri. Evidentemente col Suo silenzio voleva mettere alla prova la fede di questa madre, e trasformarla in una forza ancora maggiore. Egli stava preparandola ad afferrare alla fine una benedizione maggiore di quella che avrebbe potuto ricevere inizialmente. Il Signore a volte sembra rimanere in silenzio nei confronti del Suo popolo che Lo invoca. A tutte le loro suppliche Egli non risponde neppure con una parola. Il Suo silenzio va inteso come rifiuto? No! Spesso ha soltanto lo scopo di rendere il supplicante più fervido e di preparare il suo cuore a ricevere benedizioni sempre più ricche. Quindi, quando Cristo rimane in silenzio di fronte alle nostre preghiere, lo scopo è quello di renderci più umili affinché il nostro cuo­re possa diventare più adatto per ricevere i doni e le benedizioni celesti.

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21/03/2013 16:00
 
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"In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a
colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio, ma è
passato dalla morte alla vita"
(Giovanni 5:24)

DIO PARLA MA L'UOMO NON CI BADA

I più si scelgono una religione senza riflettere se veramente questo corrisponde alla realtà. Alla domenica va in chiesa, senza crederci un gran che, ma ci si sente a posto. Queste sono solo scuse. Dio dice che non c'è nessuno giusto, neppure uno! Allora tutte le buone intenzioni, le tue visite in Chiesa, le tue rinunce a cosa servono? Dio non le vede? NO! Delle tue opere Dio non se ne fa proprio niente, esse non ti porteranno mai in cielo, che tu ci creda o no! Se fino ad oggi hai pensato di essere a posto con Dio solo perché non hai fatto niente di male, allora preoccupati, perché non sei affatto a posto. Le opere non ti salvano. La buona morale non ti salva. La religione non ti salva. Come puoi ottenere la vita eterna? Qui comincia la buona notizia: l'uomo può trovare unicamente salvezza nel Figlio di Dio, Gesù Cristo. Egli è venuto sulla terra per pagare i peccati e compiere, al nostro posto, tutte quelle opere che noi non eravamo in grado di compiere. È stato perfetto in tutto ciò che ha fatto e sulla croce ha pagato per il nostro debito. Se ti rivolgi a Lui in preghiera, confessandoGli tutti i tuoi peccati, chiedendoGli perdono e nuova vita, vedrai che Lui manterrà le promesse che ha fatto. Prega “ora” per avere la vita eterna, vai a Dio e apri a Lui tutto il tuo cuore. Dio non delude chi è davvero sincero. Dio ha parlato, non essere ancora tra coloro che non vi badano.

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23/03/2013 10:41
 
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STRUMENTI DI BENEDIZIONE

“Ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete;
anzi, l’acqua che io gli darò, diventerà in lui una fonte
d’acqua che scaturisce in vita eterna”
(Giovanni 4:14)

Se sei un vero credente in Cristo, la tua nuova vita diventerà in te una fonte d’acqua. Dovunque andrai – nel deserto più arido, nella pianura più torrida, lontano dai favori della grazia e dai privilegi spirituali, lungo gli oscuri sentieri del dolore – la tua vita non si consumerà, perché la sua fonte è racchiusa nel profondo del tuo cuore. Essa non si alimenta dall’esterno, né dipende dal favore di circostanze propizie. Non sono queste le fonti che nutrono la vita dello spirito e approvvigionano il cuore del figliolo di Dio. La fonte della tua vita, la consolazione, la gioia, la forza, sono alimentate dalle benedizioni che discendono dalle montagne celesti. Il credente trae nutrimento dalla pienezza di Cristo, e questa linfa vitale non può esaurirsi. Da questa sorgente d’acqua che scaturisce nel cuore del cristiano zampilla un flusso perpetuo di vita, che benedice chi lo circonda. Se ti sembra di essere soltanto una piccola fonte, con acqua sufficiente a riempire a mala pena il bicchiere di un viandante, non ti scoraggiare: sii la dolce benedizione che ti è dato di essere, e ringrazia Dio per questo privilegio. Gesù promette che “fiumi di acqua viva” sgorgheranno da coloro che credono in Lui; non un misero rigagnolo, ma fiumi abbondanti, per benedire un’intera comunità di persone. La desertificazione spirituale della nostra società esige l’espressione di un cristianesimo sorgivo che non si riduca all’impeto incostante di una professione di fede a carattere torrenziale per poi esaurirsi miseramente. Siamo chiamati a traboccare nell’opera del Signore per essere, come la donna di Samaria, disposti a lasciare la nostra inutile secchia e condurre altri al Salvatore.

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23/03/2013 18:03
 
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DITA OSSUTE

“Poi entrò di nuovo in una sinagoga: e quivi era un uomo che avea la mano secca” (Marco 3:1)

Quest’uomo è l’immagine di quelle buone persone la cui utilità è danneggiata da qualche difetto. Senza dubbio si trattava di un uomo onesto e intelligente, ma per cosa era utile? Non poteva condurre l’aratro, non poteva gettare la rete sul lago, né impugnare un remo. Un brav’uomo, ma con una mano secca. Allo stesso modo, molte persone devote e sincere potrebbero fare del bene se non avessero un difetto che mina la loro utilità. Una credente forse è in grado di fare una cospicua donazione, ma ha un brutto carattere, è così irritabile, impaziente. Non si può ottenere nulla da lei: è una donna con la mano secca. C’è chi ha tanti impegni, troppo lavoro, e non può dare il proprio contributo all’opera della chiesa. Cerca di vivere in modo onesto, e pensa di essere pienamente scusato quando afferma di non avere tempo. Sarebbe un ottimo collaboratore nello svolgimento di questo o di quel servizio, ma è inutile chiederglielo. Forse ha iniziato qualcosa, ma poi lo ha interrotto: non riusciva più a seguirlo. È un uomo dalle buone intenzioni che, per sé stesso, nel mondo, può lavorare efficacemente con entrambe le mani, ma che nel servizio del Padre celeste ha una mano secca. C’è poi il credente troppo “parsimonioso”, benché si tratti di una contraddizione in termini, perché essere cristiani ed essere avari sono due cose in totale antitesi. “Quanto bene potrebbe fare!”, pensa la chiesa, che desidera intraprendere nuove imprese per il Signore. Eppure quell’uomo è impedito dal proprio amore per il denaro, e sta andando verso la fossa: un uomo dalla mano secca. Questo brano è anche un’immagine di colui che si è allontanato dal Signore. Il suo cuore è secco. Egli si ricorda del tempo in cui le cose erano differenti, di quando alzava la mano come Mosè, o lottava in preghiera come Giacobbe, riportando la vittoria. Ora quella mano è inutile e la forza si è dileguata. Quell’arto una volta era aperto e generoso, pronto e disposto a distribuire. Ora quelle dita contorte sono irrimediabilmente serrate. Quel pugno chiuso non sa più distendersi, rimane un groviglio inerte e inestricabile di dita ossute. È un uomo dalla mano secca.

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24/03/2013 11:41
 
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SOSTEGNO DIVINO

“L’Eterno sostiene tutti quelli che cadono
e rialza tutti quelli che son depressi”
(Salmo 145:14)

Dio non si stanca mai di aiutarci nell’apprendimento delle lezioni che intende impartirci. Non importa se la nostra applicazione è carente e il profitto è scarso e noi tendiamo a deprimerci: Egli è pronto a darci un’altra opportunità. Quando non apprendiamo un insegnamento, il Signore non si dà per vinto, non ci allontana dalla Sua scuola, ma ci incoraggia a ripetere la lezione e a cercare di fare meglio. Il nemico vorrebbe farci rimanere a terra, ma il Signore vuole spingerci in avanti e per questo ci rialza quando siamo abbattuti. Consideriamo quanti tentativi dobbiamo fare, prima di giungere a realizzare le cose come Egli vuole. Pensiamo a quante volte cadiamo, prima di imparare a camminare. Se il nostro grande Maestro non fosse paziente nei nostri confronti, non potremmo mai incamminarci lungo la via dell’imitazione di Cristo. Ma Egli non si stanca della nostra lentezza e della nostra goffaggine. Il Signore ci risolleva dalle nostre prostrazioni, e non smette di esortarci affinché abbandoniamo certe posizioni che non ci fanno muovere di un passo nella fede. Egli è contento dei nostri sforzi, seppur minimi e per quanto essi siano contrassegnati da mancanze d’ogni genere, e ha sempre per noi una parola d’incoraggiamento. L’intervento provvidenziale del Signore porta liberazione nella nostra vita, anche laddove una catena di vicende negative tenta di schiacciarci. Come il Buon Samaritano, Cristo si china su noi quando siamo atterrati, cura le nostre ferite e ci rialza nel Suo amore. Egli si vuole prendere cura anche di te.

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25/03/2013 10:34
 
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PROVA DI CARATTERE

“Poi Giosuè, figliuolo di Nun, servo dell’Eterno, morì …” (Giudici 2:8)

Non disponiamo di alcun resoconto dettagliato sui momenti conclusivi della vita di questo grande uomo di Dio. Ci sono capitoli interi che descrivono, con ampia profusione di particolari, la sua vita, la sua saggezza, le opere cui mise mano, ma tutto ciò che sappiamo della sua morte è condensato nella più laconica delle frasi. Se egli fosse vissuto ai giorni nostri, la scena della sua morte sarebbe stata descritta in maniera solenne ed esauriente. Avremmo saputo quali furono le sue ultime parole, i suoi più o meno trepidanti gesti nel momento in cui si avvicinava alla morte e quale testimonianza avesse lasciato della potente grazia divina. Invece non abbiamo una sola parola riguardo a questi dettagli, la cui assenza suscita la nostra curiosità. Ci viene detto, molto semplicemente e senza alcuna enfasi, che Giosuè “morì”. Avviene lo stesso per tutti i santi della Bibbia. Non abbiamo resoconti di scene strazianti riferiti da testimoni oculari che affollarono il capezzale di qualche grande uomo di Dio. Nessuna descrizione di quei momenti solenni. Tutto questo significa che poco importa come una persona muore; è la sua vita che conta realmente. Pochi sperimentano momenti celestiali nell’ultima ora. Alcuni di coloro che hanno seguito Cristo fedelmente durante la propria vita si spengono nella più assoluta semplicità, senza una particolare dimostrazione dell’approvazione di Dio, senza alcun misticismo. Al contrario, credenti che non hanno condotto un’esistenza cristiana esuberante sembrano esultare di un’esperienza ineffabile proprio sul letto di morte. Questo dimostra una volta di più che la vita, e non la morte, prova il carattere di una persona. Per un uomo come Giosuè non era rilevante il fatto che egli concludesse la propria esistenza in modo trionfante, la sua vita intera testimoniava per lui. Non aveva bisogno di altro; nulla doveva essere aggiunto a quanto Dio gli aveva già concesso.

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26/03/2013 11:00
 
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CRISTO È IL FINE

Gary Wilkerson

Paolo usa Israele come esempio per insegnare cosa sia la vera giustizia. “Fratelli, il desiderio del mio cuore e la preghiera che rivolgo a Dio per Israele è per la sua salvezza. Rendo loro testimonianza infatti che hanno lo zelo per Dio, ma non secondo conoscenza. Poiché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria giustizia, non si sono sottoposti alla giustizia di Dio, perché il fine della legge è Cristo, per la giustificazione di ognuno che crede” (Romani 10:1-4).

Il testo di Paolo ci pone davanti a diverse domande. L’essere giustificati ci rende giusti? Sì, nel senso che la giustificazione ci mette nella posizione di santi. Essere santificati ci rende giusti? Sì, nel senso che la santificazione è il processo per sperimentare la giustizia di Cristo all’opera nella nostra vita quotidiana. Gesù è la fonte sia per la nostra giustificazione che santificazione; otteniamo entrambe mediante il Suo dono di grazia.

La maggior parte dei cristiani concordano con le loro labbra, dicendo: “Gesù è la fonte di ogni cosa per me”. Ma il loro cammino riflette veramente questo? La triste verità è che molti cristiani vivono come se la giustificazione derivasse soltanto da Dio e la santificazione si raggiungesse mediante i loro sforzi quotidiani. È come se dicessero: “Ho ottenuto grazia mediante la fede in Gesù. Ora devo condurre una campagna personale incessante per essere santificato”.

In un certo senso, stanno dicendo a Dio di volerlo ripagare per il Suo grande dono in loro favore: “Grazie per avermi giustificato, Signore. Mi hai messo nella giusta posizione con Te attraverso la croce e, in cambio, verrò santificato dall’obbedirti. Tu fai la prima parte dell’opera, e io la seconda metà”.
Questo atteggiamento porta dritto a una vita di schiavitù. Quante volte sei passato nei pressi di una chiesa la cui insegna citava: “CRISTO È MORTO PER TE. TU COS’HAI FATTO PER LUI?” È diventata ormai una frase persuasiva nella chiesa.

Gesù fu crocifisso, seppellito e risorse il terzo giorno affinché potessimo avere vita eterna. Cosa potremmo mai dare in cambio di ciò? La decima? Andare agli incontri di preghiera? Evangelizzare di più? Questo è più o meno quanto cerò di fare Israele. Essi “cercavano la legge della giustizia” (Romani 9:31). Cercarono di impegnare la propria volontà nel conquistare la giustizia, ma non riuscirono mai ad ottenerla.

Questo verso ha portato libertà ad ogni generazione di credenti: “Perché il fine della legge è Cristo, per la giustificazione di ognuno che crede” (10:4). Cristo è il fine. Non esiste nient’altro! “Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia” (Romani 9:16).

(http://www.worldchallenge.org/it/node/22132)

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27/03/2013 19:56
 
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SILENZIO SIGNIFICATIVO

"...ma Gesù non gli diede alcuna risposta” (Giovanni 19:9)

I silenzi di Gesù sono significativi quanto le Sue parole. Egli rimase in silenzio davanti a Pilato. Gesù comprese la miserabile ipocrisia del governatore. Pilato aveva avuto diverse opportunità di scegliere l’azione giusta, ma le aveva sprecate. Il Signore non avrebbe risposto a nessun’altra domanda. Non ne valeva la pena. Ogni ulteriore puntualizzazione sarebbe stata superflua. Il Suo messaggio e la Sua persona non erano soggetti a una comprensione razionale, e la scarsa disposizione spirituale di quell’uomo precludeva ogni reale possibilità di afferrare il senso delle cose di Dio. Quel procuratore avrebbe potuto introdurre un glorioso avvenire nel suo presente, ma si lasciò sfuggire l’occasione di conoscere la verità. La lezione che traiamo dal silenzio di Gesù è che se rifiutiamo ripetutamente la Sua offerta di grazia verrà il tempo in cui Egli resterà silenzioso anche davanti a noi. Di tutte le calamità che possono colpire un uomo, questa è la peggiore. Arriva il tempo in cui è impossibile risuscitare la vita in coloro che sono morti spiritualmente. Un altro insegnamento che ci fornisce l’esempio lasciatoci da Gesù è che ci sono momenti nei quali il silenzio vale meglio delle parole. Spesso, davanti agli insulti, il silenzio rappresenta l’unica vera risposta. Di fronte a certi attacchi perpetrati a danno della nostra fede a volte è meglio non rispondere. C’è un tempo per parlare con franchezza alla presenza dei diffamatori di Cristo, ma ci sono occasioni nelle quali dovremmo tacere, senza cercare di replicare a ogni costo per imporre le nostre opinioni e convinzioni. Il nostro silenzio rivelerà l’inutilità e la mediocrità di certe contrapposizioni e affannose disquisizioni contro l’Evangelo o la nostra persona.

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27/03/2013 23:17
 
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GIUDIZI GRATUITI

“Questo olio si sarebbe potuto vendere più di trecento denari
e darli ai poveri. E fremevano contro a lei”
(Marco 14:5)

È molto facile cedere alla tentazione di criticare gli altri e di trovare difetti nella maniera altrui di servire Cristo. Ci sono diverse motivazioni che intervengono a incoraggiare quest’abitudine poco cristiana. Tutti noi tendiamo, in un modo o in un altro, a invidiare il nostro prossimo, e spesso esprimiamo opinioni ingiuste sul suo operato. Una delle ultime grazie che maturano nel credente solitamente è quella di gioire per le opere buone realizzate dagli altri. Talvolta, infatti, ciò che non è catalogabile sotto l’etichetta del modello da noi stabilito è sospettato di estremismo, di spreco… Le rigorose ideologie degli uomini religiosi vedono in ogni posizione non assolutamente allineata un brulichio di eresie e di spropositi. È molto difficile imparare la lezione impartitaci dal Signore: “Non giudicate, affinché non siate giudicati”. È triste confessarlo, ma tante volte ci viene naturale screditare e sminuire ciò che fanno gli altri. Anziché imitare l’azione dello Spirito, che intercede e concilia, ci abbandoniamo a valutazioni che accrescono la nostra intolleranza. Dovremmo imparare che è peccato mormorare contro gli altri. Consideriamo quanto fosse poco amorevole e lontano dall’esempio di Cristo l’atteggiamento dei discepoli nel versetto della nostra meditazione. Non ci comportiamo nella medesima maniera quando ci permettiamo di criticare i nostri fratelli nei loro tentativi di esprimere il proprio amore per Cristo? Anche se si comportano diversamente da noi e seguono criteri e metodi che noi non condividiamo o ai quali non avremmo mai pensato, abbiamo il diritto di giudicarli e di biasimarli, pronunciando giudizi malevoli sul loro operato? È una questione tra loro e il Maestro; non spetta a noi costituirci giudici e condannare le loro azioni. Essi sono responsabili di ciò che fanno, e non noi. Poche lezioni sono più essenziali di questa, perché ci sono pochi difetti più diffusi di quello che rinveniamo in questi primi discepoli.

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29/03/2013 21:22
 
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UNA PAROLA INSOLITA

David Wilkerson

Di recente lo Spirito Santo mi ha donato una parola insolita, di quelle che non volevo ascoltare! Mi disse: “Ti sei incamminato verso una visione molto limitata dell’immensa dolcezza del Signore e delle Sue amorevoli compassioni. Hai sopportato molto senso di colpa, condanna e paura perché non hai permesso allo Spirito Santo di rivelarti la vastità delle Mie misericordie di perdono, guarigione e riconciliazione. Tu non Mi conosci per la Mia dolcezza!”

Dio mi ha mostrato che questo è il motivo di base per cui molti cedono e si allontanano. Quando il peccato colpisce, quando Satana viene come una fiumana, quando ricadi in un vecchio vizio o peccato, il diavolo crea un legame. Innanzitutto, la colpa ti sovrasta, poi la paura riempie il tuo cuore. Un senso di totale fallimento e inutilità sopraffà la tua anima. A questo punto, la maggior parte dei credenti esaurisce la grazia, perché la loro visione della misericordia di Dio è davvero limitata.

Satana giunge a te e ti dice: “Hai raggiunto il limite. Hai confessato il tuo peccato volta dopo volta. Non c’è modo che Dio ti perdoni adesso, perché hai peccato contro la luce. Se ritorni e confessi ancora una volta, ti riallontanerai e peccherai ancora una volta. Allora vattene adesso!”

Il diavolo non vuole che tu veda la vastità dell’oceano della misericordia di Dio; egli vuole che tu veda solo un rigagnolo! A causa della nostra ignoranza sulla potenza ristoratrice dell’amore di Cristo che perdona, veniamo distrutti. Esauriamo la misericordia verso noi stessi perché siamo terribilmente legati da una visione limitata. I nostri occhi non sono stati ancora aperti alle infinite compassioni del nostro dolce Padre! Siamo talmente legati da una visione falsa e limitata delle Sue misericordie da trovare quasi impossibile credere o accettare ciò che esprime Giacomo: “Poiché il Signore è pieno di misericordia e di compassione” (Giacomo 5:11).

Questo verso significa: “Dio viene facilmente schiacciato dai nostri problemi e dalle nostre ferite. Egli avverte il nostro dolore e i nostri fallimenti, ed Egli è gentile e compassionevole con noi. Egli ci amava anche quando Gli eravamo nemici, anche quando Lo offendevamo, Egli è pronto ad aiutare, ristorare e perdonare”.

Il termine misericordia significa: “trattamento gentile e compassionevole per un colpevole sotto un’autorità”. Dio ha il potere di condannarci all’inferno ogni volta che pecchiamo; Egli ha ogni cosa sotto il Suo controllo e può fare ciò che Gli piace. E a Lui piace che il Suo tenero cuore sia compassionevole, amorevole e gentile verso coloro che più sono venuti meno nei suoi confronti.

(http://www.worldchallenge.org/it/node/22166)

[Modificato da Perdonato 29/03/2013 21:23]
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30/03/2013 12:13
 
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PROVVIDENZA DIVINA

“Tu berrai al torrente, ed io ho comandato ai
corvi che ti dian quivi da mangiare”
(I Re 17:4)

Dio non è mai in difficoltà nel provvedere per i propri figli. I torrenti d’acqua, gli uccelli del cielo, le bestie della campagna, i venti, le onde del mare… tutto il creato Gli appartiene ed è sotto il Suo diretto controllo. Egli non ha problemi, quindi, a provvedere cibo ai Suoi figli, ovunque essi si trovino. Forse nessuno di noi ha ricevuto il pane quotidiano dai corvi, ma il mittente è sempre Dio, qualunque sia il modo in cui Egli ci fa giungere il nutrimento. È comunque il Signore che lo manda, anche se lo portano autotreni, aerei o navi, o se è confezionato dalle mani di amici a noi cari. Nella nostra epoca padroneggiamo un gran numero di informazioni. Siamo perfettamente a conoscenza delle “leggi della natura”, tanto da poter spiegare ogni fenomeno scientificamente. Non sentiamo il bisogno dell’interferenza di Dio, e a volte dimentichiamo che il Signore ha a che fare con questo mondo. Come siamo stolti! Cosa sono le leggi della natura se non il modo che Dio ha stabilito per operare? Se semino chicchi di grano su un piccolo fazzoletto di terra, dopo qualche mese ottengo un raccolto; quindi porterò il grano al mulino, otterrò la farina e avrò del buon pane sulla mia tavola. Dio non ha nulla a che vedere con il fatto che io goda di questo e di mille altri benefici? Non ha forse provveduto al sostentamento di Elia quando mandò i corvi, giorno dopo giorno, per portargli il cibo? Le nostre aride classificazioni dei fenomeni non ci portano molto lontano. Ma se svestiamo la nostra natura ribelle, e impariamo a riconoscere il Signore in tutte le espressioni della nostra vita, allora scopriremo un Dio pronto a venirci in aiuto. Il Signore ci conforterà con ogni mezzo, e questo ci aiuterà a prendere le distanze da ogni assurda idea di autosufficienza.

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01/04/2013 13:47
 
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PROVVIDENZA CONTINUA

“Ma di lì a qualche tempo il torrente rimase asciutto …” (I Re 17:7)

Succede sempre ai torrenti di questo mondo. Per un certo periodo essi scorrono abbondanti, poi cominciano a digradare, fino a prosciugarsi del tutto. Questo vale per tutte le gioie che possiamo sperimentare sulla terra. Nelle parole che seguono il versetto di oggi affiora comunque una consolazione. Quando il torrente si seccò, Dio aveva un altro posto per il Suo servo: “Levati, va a Sarepta”. Là Elia trovò pronto un altro aiuto. Deve essere stata una dura prova per la fede di Elia vedere il torrente diminuire giorno dopo giorno. “Cosa farò quando il torrente si asciugherà?”, si sarà chiesto. Non dobbiamo pensare, però, che egli fosse preoccupato oltre misura. Sapeva che Dio stava provvedendo per lui, e che avrebbe preparato una valida alternativa quando la sua provvista si fosse esaurita. Una mattina l’acqua cessò definitivamente di scorrere sopra i ciottoli del fiume, e il profeta dovette fare una colazione composta di pane e di carne, senza bevanda; eppure, possiamo immaginare che egli non fosse turbato. Dopo colazione il Signore venne, e gli comandò di spostarsi.Tutto questo c’insegna che non dobbiamo mai dubitare di Dio, per quanto possano assottigliarsi le provviste. Possiamo essere arrivati all’ultima manciata di farina e all’ultimo bicchiere d’acqua, senza avere altri approvvigionamenti, ma dobbiamo prendere l’ultimo boccone con gratitudine, credendo che Dio provvederà qualcos’altro nel momento più opportuno. Il necessario arriverà comunque a tempo debito, anche se avremo terminato la nostra ultima risorsa.

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01/04/2013 15:19
 
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Grazie signore, non ci lasci mai all asciutto, sei sempre fonte
[Modificato da ladymira 01/04/2013 15:20]
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02/04/2013 22:52
 
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FIDUCIA CONCRETA

“Ed ella andò e fece come le avea detto Elia …” (I Re 17:15)

La donna prese la manciata di farina e il poco olio che le erano rimasti, e preparò prima una focaccia per il proprio ospite affamato, poi una per lei e per il figlio. Allora scoprì che nei contenitori era rimasta la stessa quantità di farina e di olio. Un esame attento scorge in questa donna diverse caratteristiche veramente lodevoli. Innanzitutto la sua fede. Ella credette a quanto le era stato detto e agì di conseguenza. Quando mettiamo in pratica i comandamenti di Dio Egli ci benedice prontamente. L’adempimento delle Sue promesse dipende per buona parte dalla collaborazione che siamo chiamati a prestare. Se quella donna non avesse creduto e, di conseguenza, ottemperato alla richiesta di Elia, nella sua casa non si sarebbe verificato quel meraviglioso miracolo che si protrasse per molto tempo. Un’altra caratteristica da ammirare è la sua grande generosità. Aveva provviste sufficienti per un pasto per sé e per il proprio figlio, ma nutrì prima una persona che lei nemmeno conosceva. Se avesse preparato il cibo per la propria famiglia, invece di sfamare il profeta, il miracolo della moltiplicazione non ci sarebbe stato. Dobbiamo essere pronti a condividere quel che abbiamo con altri che sono nel bisogno, se vogliamo realizzare la benedizione di Dio. Le grazie del cielo sono una questione che molto spesso si lascia risolvere da sé, l’importante è comprendere che la vita cristiana è pratica e non teoria. Se qualcuno desidera avere conoscenza della logica divina, rammenti bene che questa non ha nulla a che vedere con i falsificatori della verità. Se qualcuno vuole razionalizzare il mistero dell’opera di Dio, ricordi che questa non si presta ad essere trattata come un’ideologia umana. Il Signore cerca la fiducia concreta, premia lo slancio generoso e respinge l’avarizia del cuore che calcola la convenienza di un’azione. L’uomo è sempre chiamato a decidere fra il bene e il male, fra sé e il prossimo, fra l’egoismo e l’altruismo.

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04/04/2013 18:55
 
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STUPORE E RISPETTO

David Wilkerson

La Bibbia specifica che esiste un timore del Signore che ogni credente dovrebbe coltivare. Il vero timore di Dio include lo stupore e il rispetto, ma va molto oltre tutto ciò. Davide ci dice: “Il peccato dell'empio dice al mio cuore: Non c'è alcun timore di DIO davanti ai suoi occhi” (Salmo 36:1). Davide sta dicendo: “Quando vedo qualcuno indugiare nel male, il mio cuore mi dice che una tale persona non ha timore di dio. Non riconosce la verità sul peccato o sulla chiamata di Dio alla santità”.

Il fatto è che il santo timore ci dà la forza di mantenere la vittoria nei momenti malvagi. Allora, come otteniamo questo timore? Geremia risponde con questa profezia da parte di Dio: “Darò loro un solo cuore, una sola via, perché mi temano per sempre per il bene loro e dei loro figli dopo di loro. Farò con loro un patto eterno: non mi ritirerò più da loro, facendo loro del bene, e metterò il mio timore nel loro cuore, perché non si allontanino da me” (Geremia 32:39-40).

Questa è una promessa meravigliosa da parte del Signore. Assicura che egli ci darà il suo santo timore. Dio non versa questo timore nei nostri cuori in maniera soprannaturale. No, egli inculca in noi il suo timore attraverso la sua Parola.

Questo significa forza che il timore di Dio viene piantato in noi semplicemente quando leggiamo la Bibbia? No, affatto. Lo riceviamo quando decidiamo consapevolmente di ubbidire ad ogni parola che leggiamo nella Parola di Dio. La Scrittura lo evidenzia. Ci racconta come questo santo timore scese su Esdra: “Infatti Esdra si era dedicato con il suo cuore a ricercare la legge dell'Eterno, a metterla in pratica e a insegnare in Israele statuti e decreti” (Esdra 7:10).

Il timore di Dio non è solo un concetto dell’Antico Testamento. Vediamo menzionato il timore di Dio in entrambi i Testamenti. L’Antico ci dice: “Temi l’Eterno e allontanati dal male” (Proverbi 3:7). Allo stesso modo, il Nuovo dichiara: “Non c’è il timore di Dio davanti ai loro occhi” (Romani 3:18). Paolo aggiunge: “Purifichiamoci da ogni contaminazione di carne e di spirito. compiendo la nostra santificazione nel timore di Dio” (2 Corinzi 7:1).

(http://www.worldchallenge.org/it/node/7585)

[Modificato da Perdonato 04/04/2013 18:57]
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08/04/2013 18:33
 
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CONOSCERE E VINCERE

“Da tanto tempo sono con voi e tu non m’hai conosciuto, Filippo?
Chi ha veduto me, ha veduto il Padre”
(Giovanni 14:9)

Comprendiamo cosa sia il peccato soltanto dopo aver conosciuto Gesù. Senza alcun indugio classifichiamo come peccato le immoralità più palesi, ma quanto siamo ciechi di fronte alle sue forme più subdole e ricorrenti. Con quanta facilità scusiamo l’orgoglio, la scortesia, la miserabile ricerca dei nostri interessi, la trascuratezza delle cose di Dio? Quanto poco pensiamo alle buone opere lasciate incompiute, a quelle realizzate a metà o completate male! Come ci preoccupiamo superficialmente della nostra ingratitudine, della disonorevole mancanza di fiducia e di consacrazione! Sicuramente anche in mezzo a questa indifferenza e cecità il Signore ci rivolge il Suo appello: “Non mi hai conosciuto?”. Soltanto allora alziamo lo sguardo e vediamo il nostro peccato. È questo che ha portato il Re di gloria a lasciare il cielo per divenire uomo di dolore. Esso è grave al punto di averLo spogliato del Suo onore e ricoperto di scherni e d’ignominia. Se aborriamo il peccato, il carattere cattivo, i dubbi, la freddezza, l’egoismo e l’indolenza diverranno pesi insopportabili, dei quali ci rammaricheremo e dai quali aneleremo essere liberati. Ci pentiamo, decidiamo di cambiare e lottiamo, ma tutto sembra inutile. I vecchi fallimenti si ripetono costantemente: sembra non poterci essere alcuna liberazione. A queste persone il Signore si avvicina con una domanda: “Tu che continui a lottare, che cadi, non mi hai conosciuto?”. “Sì”, pensi nel tuo cuore, “io conosco Gesù. Mi sono pentito, in Lui ho trovato perdono, e da allora ho il Suo riposo”. Tuttavia Egli chiede: “Mi hai conosciuto?”. Gesù che salva il Suo popolo dal peccato vuole anche essere conosciuto per le vittorie che sempre si conseguono al Suo fianco, e non soltanto per il perdono di un giorno. Vuole che tu lo sperimenti come Colui che ti rende più che vincitore. Davanti a noi c’è il glorioso Liberatore, triste e deluso perché la libertà acquistata con il Suo sangue non viene reclamata e sperimentata. “Da tanto tempo sono con voi e tu non m’hai conosciuto?”.

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09/04/2013 12:35
 
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UN’ESPERIENZA INDISPENSABILE

“E tutti furono ripieni dello Spirito Santo,
e cominciarono a parlare in altre lingue,
secondo che lo Spirito dava loro di esprimersi”
(Atti 2:4)

La Pentecoste era un’antica festa ebraica, in essa si celebrava e ringraziava Dio portandogli le primizie del raccolto. La gioia inondava il cuore di ogni israelita in quei meravigliosi giorni di festa, tutto il popolo poteva riflettere sulla benignità di Dio che aveva permesso la crescita di un altro raccolto, benedicendo il lavoro di ciascuno. Proprio in coincidenza con questa festa, Dio ha deciso di mandare dal cielo lo Spirito Santo e, a motivo di questa esperienza, l’apostolo Pietro sperimenterà una nuova potenza nella sua predicazione. Tremila persone si convertiranno in quel giorno e, per la Chiesa, questo sarà “la primizia del raccolto spirituale”. Si erano realizzate le parole di Gesù che aveva detto “voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi”, da quel momento i credenti avrebbero avuto un solo desiderio, quello di portare il messaggio della salvezza in tutto il mondo, adempiendo così il grande mandato affidato loro dal Maestro. Ogni cristiano deve desiderare e realizzare “la pienezza dello Spirito Santo”, solo così potremo vedere un risveglio spirituale nella nostra generazione, ogni altra soluzione, che si propone come alternativa, è un inganno, l’esperienza di Pentecoste è oggi più che mai indispensabile e se la desideriamo anche noi la possiamo realizzare. Si, perché “per voi è la promessa, per i vostri figliuoli e per tutti quelli che sono lontani, per quanti il Signore Iddio nostro ne chiamerà” (Atti 2: 39).

(paroledivita.org)

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10/04/2013 12:15
 
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CRISTIANESIMO CORAGGIOSO

“Poiché la grazia di Dio, salutare per tutti gli uomini,
è apparsa e ci ammaestra a rinunziare all’empietà e alle
mondane concupiscenze, per vivere in questo mondo
temperatamente, giustamente e piamente”
(Tito 2:11, 12)

Il nostro secolo richiede un cristianesimo che sia risoluto in ogni suo aspetto. Il cristianesimo di Gesù Cristo è l’espressione di una potenza superiore a quella del mondo. A che cosa servono tutte le nostre chiese, i sermoni, le testimonianze e le preghiere, se non possiamo trovare in esse la forza in grado di produrre uomini giusti, equilibrati e pii? A cosa serve diffondere il Vangelo di Gesù Cristo se esso non trasmette la potenza che spinge gli uomini a conservare mani pure e a dire la verità con diligenza, che convenga o no? Se non possiamo trovare nel cristianesimo secondo l’Evangelo la forza per assicurarci questo, allora lasciamolo perdere: trasformiamo le chiese in enti di assistenza sociale o in associazioni di altro genere, e mandiamo i ministri di culto a guadagnarsi la vita in altro modo. Il cristianesimo di Gesù Cristo è una potenza che rende gli uomini onesti, sinceri, integri e che li mantiene tali, altrimenti non è niente, o meno di niente. Qualcuno suggerisce che non si può progredire negli affari alla luce di questi principi. Molto bene, e allora? Ci fu un tempo in cui gli uomini non potevano essere cristiani e vivere, quindi sceglievano di rimanere cristiani e morire. Se si arrivasse a questa situazione estrema non ci sarebbe motivo per il quale non dovremmo fare la stessa scelta. Almeno sii una cosa o l’altra. Se il mondo è ciò che desideri più d’ogni altra cosa, allora scegli il mondo, e ricavane il maggior beneficio, ma non definirti cristiano. Se Cristo è il Re, e tu professi di essere un Suo servo e soldato, allora sii leale verso di Lui. Nessuno può servire due padroni. Tu non puoi servire Dio e Mammona. Cristo è il Re. Egli deve regnare. Ti prostrerai ora dinanzi a Lui? Vorrai cingerti nuovamente della Sua forza per stare al Suo servizio? Inginocchiati ai Suoi piedi, e impegnati ad essere fedele a Lui, a rimanere il Suo soldato coraggioso in ogni tempo e in ogni luogo, con ogni compagnia e in qualsiasi frangente, custodendo con cura ciò che ti è stato affidato: la gloria del Signore.

(assembleedidio.org)

11/04/2013 23:56
 
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COMPASSIONE DIVINA

“Egli è quel che ti perdona tutte le tue iniquità” (Salmo 103:3)

Alza gli occhi alla croce e cogli in essa il significato del tuo peccato, esattamente come esso appare agli occhi di Dio, considera l’opera compiuta da Cristo e rifletti sul Suo infinito amore, sulla Sua compassione. Il Signore è Colui che, invece di giudicarci per le nostre iniquità, ci perdona essendosi identificato a noi, Egli che: “...annichilì se stesso, prendendo forma di servo e divenendo simile agli uomini: ed essendo trovato nell’esteriore come un uomo, abbassò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte della croce” (Fil. 2:7, 8). Per questo motivo Egli è realmente il tuo Amico e Redentore. Puoi andare a Lui con fiducia. Come ha assunto la tua natura, Egli ha preso su di Sé anche la tua colpa. Gesù Cristo sulla croce portò sul Suo corpo i nostri peccati. Questo è un fatto, il più grande di ogni epoca. “In Lui noi abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione de’ peccati” (Ef. 1:7). Egli è venuto per la tua liberazione. Dopo aver accettato questo dono dell’amore del Padre, confidando in Lui come unica via di salvezza, puoi permetterti di gioire. “Non v’è ... alcuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù” (Rom. 8:1). La tempesta, con la sua oscurità e con il fragore del tuono, è spazzata via: su noi si stende un cielo sereno. Riposa in questa certezza. Non c’è alcuna condanna! Gli accusatori sospinsero la donna colpevole davanti a Cristo, chiedendo con rabbia che ella fosse lapidata. Lei cadde ai piedi di Gesù, nascondendosi il viso. Quale rifugio benedetto! Il Signore si piegò verso di lei, scrivendo per terra promesse che soltanto gli occhi di uno sguardo basso potevano leggere. Le Sue parole confusero i nemici, e li misero a tacere. Tutto fu spazzato via: uno alla volta gli accusatori se ne andarono. Invece degli spietati colpi di chi avrebbe voluto una giustizia sommaria, la donna avvertì il dolce tocco del Maestro. Egli le chiese: “Nessuno t’ha condannata?”. Ella alzò lo sguardo per scoprire che non vi era alcun dito puntato contro di lei, nessuna voce la condannava. Soltanto gli occhi di Gesù la fissavano con compassione, soltanto la Sua voce la tratteneva con parole di tenera benedizione. Anima mia, è ai Suoi piedi che nasce la tua gioia! Abbi coraggio, e rivendicala come tuo possesso. Questa è la sentenza: nessuna condanna! Anima mia, benedici l’Eterno!

(assembleedidio.org)

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