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allora noi credenti

Ultimo Aggiornamento: 21/02/2013 13:38
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19/02/2013 19:43
 
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Riporto l'estratto di un articolo che potrebbe essere interessante valutare.

1. Occorre anzitutto fare una distinzione fondamentale: una cosa è la legittima difesa quando l’aggressione riguarda la nostra persona o i nostri beni, un’altra cosa è quando sono in gioco i diritti, l’onore, la libertà di altre persone, siano esse parenti oppure no. Mentre il cristiano può rinunciare a un suo diritto – anche a quello della legittima difesa – può cioè «patire qualche torto» (I Corinzi 6, 7), non può invece accettare che vengano lesi i diritti del suo prossimo (vicino o lontano che sia). Il cristiano può rinunciare alla propria autodifesa, ma non può rinunciare a difendere le vittime di una violenza o di un’ingiustizia di qualunque genere. Il cristiano può, come l’apostolo Paolo, «non fare uso dei suoi diritti» (I Corinzi 9, 12.15), ma deve difendere con tutte le sue forze i diritti degli altri... Nel caso citato, a titolo di esempio, dal nostro lettore (la violenza a sua moglie o a sua figlia) non c’è posto per alcun dubbio: egli dovrebbe intervenire proprio come credente, in difesa non già del suo onore ferito di marito o di padre, ma dell’integrità fisica e psichica, della dignità della libertà di sua moglie o di sua figlia.

2. Leggiamo nella lettera: «Ci sono casi estremi in cui la violenza è necessaria, vorrei dire sacrosanta, per fermare la furia omicida». a) È vero che i casi estremi ci sono, anche se non è mai facile decidere quando un caso diventa realmente «estremo». Comunque è importante stabilire che esistono casi estremi nei quali è lecito l’uso della violenza anche da parte di un cristiano. Il quale però dovrà chiedere a Dio di aiutarlo a discernere i «casi estremi» da quelli che non lo sono. b) La violenza può essere necessaria, ma non «sacrosanta». Solo la volontà di Dio è sacrosanta.
Neppure quando è comandata da Dio – in qualche raro caso può esserlo – la violenza diventa sacrosanta. Ricordo che negli anni caldi del ‘68 si amava distinguere, negli ambienti della sinistra, tra la violenza «che opprime» e la violenza «che libera». Si esecrava, ovviamente, la prima, e si inneggiava alla seconda. Ora è vero che non tutte le violenze sono uguali nel senso che la violenza può essere posta al servizio di un progetto di liberazione (come, a esempio, nelle «guerre di liberazione»), così come può servire a opprimere. Ma col tempo e con l’esperienza abbiamo capito che anche quando libera, la violenza incatena. Chi l’adopera una volta, ne diventa succube per sempre. E chi oggi l’adopera per liberare, domani facilmente l’adopera per opprimere. È successo tante volte nella storia, anzi succede quasi sempre. Il fatto è che ogni violenza, anche quella che libera, non è in grado di generare la vera libertà, che è la libertà dalla violenza. Perciò più che contare sulla violenza «che libera», dovremmo cercare di liberarci dalla violenza e dall’illusione che essa sia veramente risolutiva.

3. Leggiamo un’altra frase della lettera: «Non mi sembra che Gesù escluda nei casi limite, come dire, un intervento violentemente risolutivo». Non possiamo ovviamente sapere che cosa Gesù abbia o non abbia escluso o incluso in questo genere di problemi. Quello che però sappiamo per certo è che una delle parole più nuove e più rivoluzionarie (e perciò anche più discusse e contestate) che Gesù abbia pronunciato è: «Voi avete udito che fu detto: Occhio per occhio, dente per dente. Ma io vi dico: Non contrastate al malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra…» (Matteo 5, 38.41). Gli fa eco l’apostolo Paolo che dice la stessa cosa con altre parole: «Non rendete ad alcuno male per male… Non fate le vostre vendette… Non essere vinto dal male, ma vinci il male col bene» (Romani 12, 17-21). Il senso di queste parole è chiarissimo: quando si tratta di te personalmente (e non del tuo prossimo, chiunque esso sia), quando sono in gioco il tuo diritto (a esempio di difenderti), il tuo onore, la tua libertà (e non quelli del tuo prossimo), allora, se vuoi essere cristiano, «porgi l’altra guancia», «vinci il male col bene », cioè non rispondere alla violenza con un’altra violenza, ma spezza la catena della violenza con la nonviolenza. Questa è la regola d’oro del nuovo mondo di Dio, che Gesù ci propone di vivere in questo mondo. Tolstoj, Gandhi, Martin Luther King, e tantissimi altri, cristiani e non cristiani, l’hanno vissuta, pagando un alto prezzo, ma con esiti sorprendenti. Certo, ci sono i casi limite, in cui la violenza risulta essere necessaria: necessaria forse, risolutiva mai.
[Modificato da Perdonato 19/02/2013 19:44]
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