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L'Eucaristia e la Santa messa

Ultimo Aggiornamento: 03/02/2013 14:46
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02/02/2013 22:25
 
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Non cattolico. Tu parli con tanta sicurezza e albagia ... ma, dimmi, quali sono le prove bibliche che mi porti su quanto vai affermando?

Cattolico. Ti rispondo con piacere perchè la Chiesa cattolica basa tutta la sua fede nella Rivelazione. Come già ho accennato al principio di questo argomento, nell'A. Testamento i Padri hanno riscontrato figure e allusioni al Sacrificio eucaristico. Oggi si considerano vere profezie della S. Messa due testi, sui quali è concentrata l'attenzione della Chiesa e dei teologi: Salino 109,4: “Tu sei sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedech". Questo salmo, che da tutti è ritenuto messianico afferma tre cose: Cristo è sacerdote e pertanto offre il sacrificio; Egli compirà questa funzione sacerdotale per sempre; la sua offerta sacrificale sarà fatta secondo il rito di Melchisedech (Gen 14,18). L'inciso "ed era sacerdote dell'Altissimo" suggerisce l'idea di una oblazione sacrificale di pane e vino, fatta da Melchisedech per la vittoria di Abramo... Tale profezia si può ritenere pienamente verificata soltanto nell'ipotesi che la Messa sia un vero sacrificio; infatti solamente nella quotidiana offerta del pane e dei vino consacrati, Cristo appare sacerdote che offre perpetuamente un sacrificio secondo il rito di Melchisedech. Nel secolo V a.C., il profeta Malachia, riprendendo la tiepidezza dei sacerdoti dell'A. Testamento, che offrivano roba di scarto (animali ciechi, zoppi), così si esprime: “Io non sono contento di voi, dice il Signore degli eserciti, io non accoglierò più il sacrificio delle vostre mani, perchè dall'Oriente all'Occidente il mio nome è grande fra le genti e in ogni luogo si sacrifica e si offre al mio nome un'oblazione pura, poichè grande è il mio nome fra le genti, dice il Signore degli eserciti” (Mal 1, 10-11). In questa profezia si parla di un vero sacrificio, che sarà offerto nell'età messianica, caratterizzata dall'abrogazione del levitismo, dalla universalità e dalla santità. La visione profetica di Malachia che vede l'offerta, il sacrificio puro all'unico Dio, ha il suo compimento perfetto nella Messa, che da ogni punto della terra e da tutte le stirpi è offerta come “ostia immacolata" al Signore. Il Nuovo Testamento offre indizi certi e apodittiche testimonianze. Nell'Ultima Cena Gesù compì un vero sacrificio quando disse che il suo Corpo era “dato”, ed il suo Sangue era "versato". Queste due espressioni nello stile biblico, anche separatamente prese (vedi Is 53,12; Mt 20,28; Rm 8,12; Gal 1,4; 2,20; Ef 5,25; 1 Tm 2,6; Tit 2,14; Eb 10,10; per l'effusione del sangue, vedi Rm 3,25; 5,9; Ef 1,7; 1 Cor 14,20; Eb 9,7; 1 Pt 1, 19; 1 Gv 1,7), indicano sempre un'immolazione sacrificale. Né si può ritenere che Gesù volesse alludere all'imminente sacrificio della Croce, poichè è al presente che Egli parla: "viene dato" (il suo corpo), “viene effuso" (il suo sangue). Quindi tutto si riferisce a quanto avveniva nel momento in cui Gesù parlava. Proprio in quell'istante Cristo diede l'ordine di rinnovare quel rito sacrificale: “fate questo in memoria di me" (Lc 22,19). La Chiesa pertanto, ripetendo il gesto eucaristico del suo Fondatore, compie, un vero e proprio sacrificio, quello stesso che offrì Gesù. Questa interpretazione sacrificale dell'Ultima Cena viene efficacemente confermata da altre espressioni del contesto di Lc 22,19: “che per voi è dato". Il Corpo del Signore non viene soltanto offerto in cibo ai discepoli, ma anche dato per loro: evidente allusione al carattere sacrificale del rito. Lo, stesso dicasi del Sangue che "per voi viene effuso" (Lc 22,20). Nello stesso inciso si considera stabilita la Nuova Alleanza nel Sangue eucaristico, con manifesta allusione ad Es 28,8. Le due Alleanze sono viste nella prospettiva sacrificale dell'effusione del sangue delle vittime. In questo stesso sfondo l'Eucaristia è considerata come la nuova Pasqua, la quale, nel Sangue dell'unico Agnello che toglie il peccato del mondo (Gv 1,29), fa cessare gli innumerevoli sacrifici della Legge. S. Paolo (1 Cor 10,20-21) affianca le testimonianze evangeliche: “…No, ma dico che i sacrifici dei pagani sono fatti a demoni e non a Dio. Ora, io non voglio che voi entriate in comunione con i demoni; non potete bere il calice del Signore e il calice dei demoni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demoni".,
L’Apostolo, stabilendo un'antitesi tra i riti pagani e quelli cristiani, riconosce presso entrambi l'esistenza di un sacrificio. Un'altra trasparente allusione al Sacrificio della Messa è in Eb 13,10: "Noi abbiamo un altare dei quale non hanno alcun diritto di mangiare quelli che sono al servizio del Tabernacolo". Infatti il realistico, verbo "mangiare" porta spontaneamente il pensiero all'altare eucaristico, dove realmente la vittima è consumata, piuttosto che all'altare della Croce, la cui vittima può dirsi mangiata soltanto metaforicamente. Cosi come giacciono le parole (Eb 13,10), c'è l'allusione al culto e sacrificio eucaristico a confronto con quelli levitici dell'A. Testamento (Tabernacolo).

Non cattolico. Dici molte cose, però a me risulta che la dottrina della Messa, come è oggi insegnata dalla Chiesa, è sorta col Conc. del Laterano del 1215, come già ti ho fatto notare.

Cattolico. Ancora una volta ti sbagli. Sappi che la Chiesa, obbediente al comando del Signore “Fate questo in memoria di me" Lc 22,19; 1 Cor 11,24), subito celebrò l'Eucaristia a Gerusalemme (At 2,42), a Troade (At 20,7-11), a Corinto (1 Cor 10,11) e in tutti i luoghi delle sue conquiste. Fin dal principio circondò il rito della frazione del pane di cerimonie e di preghiere, nelle quali, in forma semplice, venne espressa la fede comune che rivive l'indole sacrificale del culto eucaristico. La Didachè (14,1-3) affermò che l'Eucaristia è il sacrificio predetto da Malachia. S. Giustino ne fornì la prima descrizione liturgica. Con S. Ippolito ne viene introdotto il ricordo nel primo Canone romano, e con Serapione nasce la prima anafora orientale. I SS. Padri d'accordo con la tradizione liturgica e con i dati neotestamentari, offrono una testimonianza particolareggiata sull'indole sacrificale dell'Eucaristia e sui suoi elementi costitutivi. Essi ritengono che la S. Messa è un vero e proprio sacrificio (S. Ireneo); predetto e prefigurato nel Vecchio Testamento (Didaché, S. Giustino, S. Ireneo, S. Cipriano, S. Agostino); istituito da Gesù Cristo nell'Ultima Cena (S. Ireneo, San Cipriano, Eusebio di Cesarea); Cristo realmente presente sotto le specie dei pane è il sacerdote e la vittima del sacrificio eucaristico (S. Efrem, S. Agostino); come sacerdote offre invisibilmente (S. Gregorio Nisseno). L’opera misteriosa dell'Offerente divino appare esternamente attraverso l'oblazione sensibile dei suoi ministri (S. Cipriano, Ep. 63,14, PL 4,385; S. Ambrogio, Enarr. in Ps., 38,25, PL 14,1051-52); come vittima è nuovamente immolato incruentemente, misticamente, nel Sacramento, nel mistero (Tertulliano, De Pudicizia, 9 PL 2, 1050; S. Gregorio Nazianzeno, Ep 171, PG. 37,279; S. Gregorio Nisseno, Pregh. nella Risurrezione di Cristo, 1 PL 46,61 l; S. Cirillo di. Gerusalemme, Catech., 23,10 PG 33,1118; S. Ambrogio, De Officiis, 1,48 PL 16,94, S. Giovanni Crisostomo, De Sacerdotio, 3,4 PG 48,642).
L’immolazione incruenta e sacramentale rappresenta la morte cruenta del Calvario e ne rinnova perennemente la memoria: ci parlano di ciò S. Cipriano, Serapione di Thmuis, S. Agostino. Alla fine del secolo VI, S. Gregorio Magno, adunando tutti gli elementi della Tradizione, costruì una sintesi particolarmente felice su tutto l'argomento che sto trattando.

Non cattolico. Troppe cose stai dicendo che forse sono incontrollabili e forse anche inutili dal momento che i teologi della Chiesa romana non sono tutti d'accordo su questa dottrina.

Cattolico. Si, hai ragione, sto dicendo troppe cose. Ma non sei stato tu a dirmi che la dottrina della Chiesa cattolica sull'Eucaristia è nata nel 1215? Ebbene io ti stavo rispondendo con la storia alla mano per dimostrarti che quel che dici non risponde alla realtà. Per quanto riguarda il disaccordo di alcuni teologi so che esso è esistito e forse ancora resta qualche dissidente; ma non c'è da meravigliarsi, dal momento che tutto il protestantesimo pure si professa cristiano, ma in pratica non crede alle parole di Gesù. E' facile capire che, data la profondità del mistero, di tanto in tanto, c'è qualche spirito che va in crisi. Infatti certe correnti teologiche vorrebbero modernizzare la dottrina cattolica sull'Eucaristia. Sembra ad esse, che il dogma della presenza reale come è inteso fino ad oggi, sia inteso troppo rozzamente, popolarmente. Riprendendo l'accusa di fisicismo, già rivolta al dogma della presenza reale, vorrebbero dame una interpretazione a loro avviso più elevata, più spirituale: e se essa si presenta come troppo difficile e astrusa amano ripetere: "questa verità non è per le masse". Già Pio XII nella Enciclica Humani generis (22.9.1956) aveva avvertito il sorgere di tali tendenze che volevano giustificarsi con il motivo che “la dottrina della transustanziazione è fondata sopra una nozione della sostanza antiquata e perciò da emendare"; e nel discorso al Congresso di liturgia di Assisi aveva preso ad esaminare un'interpretazione che le si voleva sostituire, secondo la quale la presenza del Cristo nell'Eucaristia. non sarebbe già per la transustanziazione, ma per una speciale relazione, reale ed essenziale, che le specie verrebbero ad acquistare con il Corpo di Cristo presente nel cielo. Il pontefice esprime le sue preoccupazioni, constatando che tale interpretazione ben difficilmente si accorda con le parole di Cristo "questo è il mio corpo", e che essa “fa uscire - per così esprimersi - il Cristo dalla Eucaristia e finisce per lasciare nel Tabernacolo null'altro che le specie eucaristiche, per quanto aventi una relazione - cosiddetta reale ed essenziale - col Signore che realmente è nel cielo".

Non cattolico. Però i concetti di queste nuove teorie sembrano rispondere meglio alle vedute umane.

Cattolico. Può darsi. Ma chi aderisce alla rivelazione, in corti momenti se non mette da parte le vedute umane per guardare con occhio soprannaturale alcuni punti della divina parola, non ci capirà più niente. Infatti, certi teologi dicono che il concetto di sostanza è legato ad una filosofia superata e perciò, per ragioni pastorali, occorre procedere agli opportuni emendamenti in quanto la mentalità moderna è sempre più critica e personalistica. E allora, bisogna tentare di sganciare il dogma da una formula consunta, esprimerlo in modo migliore per renderlo più accetto al mondo di oggi. Questi teologi, in generale, sono mossi da legittime intenzioni e protestano di accettare il dogma della presenza reale. Solo vorrebbero - e pretenderebbero di aver raggiunto lo scopo - dare di esso un’interpretazione oggettivamente migliore e soggettivamente più conforme alle esigenze del pensiero moderno. Vediamo di che cosa si tratta. I nuovi teologi muovono dalla tendenza moderna di accentuare la centralità della persona in tutta la sfera umana. Essi vorrebbero presentare il mistero eucaristico in funzione della filosofia esistenzialistica. Secondo tale filosofia la presenza di una persona è realizzata non tanto in grazia dell'in sé e per sé, ma essenzialmente in grazia del "per altri". Orbene, i nuovi teologi pongono alla base della loro spiegazione, non il significato entitativo che il pane riceve dalla sua natura di pane (1 "in sé" del pane), ma il significato antropologico che esso riceve dal riferimento all'uomo (il "per altri" del pane). Questo sarebbe il significato più profondo e addirittura il significato costituente l'autentica realtà umana del pane. La realtà fisico-chimica del pane (e similmente dei vino) acquista un suo significato, nel senso di una sua realtà umana, attraverso la determinazione che ne fa l'uomo.
Ora poi nella trasformazione eucaristica il pane non subirebbe cambiamento nella sua realtà fisico-chimica di pane, ma nella sua realtà umana, ossia nel suo significato rispetto all'uomo, in quanto, per la volontà di Cristo attualizzata dal sacerdote, il pane e il vino, diventano segno del dono che Cristo fa di sé in nutrimento della vita soprannaturale. Come i cibi volgari, sulla mensa dell'ospite cessano di essere cibi volgari e diventano il segno del suo amore e della sua presenza amorosa, similmente - in qualche modo - succederebbe per il pane e il vino eucaristici. Il pane subirebbe non già una transustanziazione - cambiamento di sostanza -, ma una transignificazione - cambiamento del profondo significato -. Non molto diversa è la transfinalizzazione. Come ogni cosa, anche pane e vino hanno un fine naturale, che scaturisce cioè dalla loro natura voluta da Dio, e li caratterizza come pane e vino. Questi fini naturali consistono nell'essere nutrimento all'uomo. Mutare questo fine profondo è come mutare il loro essere profondo, la loro natura. Ciò succederebbe nell'Eucaristia, dove pane e vino acquisterebbero, per volontà di Cristo, il nuovo fine di renderlo presente in atto di offerta e sacrificio a Dio. Anche qui dunque, non già transustanziazione (cambiamento di sostanza), ma transfinalizzazione - ossia cambiamento della finalità profonda.
Secondo questi teologi transignificazione e transfinalizzazione avrebbero il vantaggio di esprimere la presenza del Signore in termini di persona, mentre la transustanziazione la esprimerebbe in termini di cosa, e quindi in una maniera meno appropriata. Queste due interpretazioni, indicate nelle loro linee essenziali - ma che variano anche notevolmente presso i vari teologi - hanno simile la motivazione e l'argomentazione. Hanno però simile anche il lato contestabile. Ambedue, infatti, venendo incontro all'esigenza personalistica come é espressa nelle filosofie odierne, condividono di esse la diffidenza ontologica e le preferenze soggettivistiche. Il significato ed il fine, che le cose hanno in rapporto all'uomo e ricevono dalla determinazione dell'uomo, par tali teologi sono talmente importanti, da potersi dire che addirittura costituiscono la realtà più profonda e più vera delle cose. Come è chiaro, qui viene minimizzato e addirittura obliterato l'aspetto oggettivo, entitativo, che le cose hanno per se stesse, per loro natura. Ma finchè distinte rimangono la realtà e la sostanza del pane dal significato che esso può ricevere e dal fine cui esso può venir piegato sia dall'intenzione dell'uomo sia dalla volontà di Dio, transfinalizzazione e transignificazione non potranno equivalere a transustanziazione.

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