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CORSO BIBLICO SULLE LETTERE DI S.PAOLO

Ultimo Aggiornamento: 19/11/2012 19:28
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18/11/2012 21:38
 
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Lettura della Lettera ai Romani 9,25-33.

Se esaminiamo bene la Scrittura, vediamo che il Signore ha già parlato più volte di un "resto". Ciò significa che il popolo eletto è infedele nella sua quasi totalità e soltanto qualcuno (appunto "il resto") gli è rimasto fedele. Questo è il tema - così importante nei Profeti - del "resto d'Israele". Per San Paolo questo "resto" non va più inteso secondo le opere, bensì secondo la fede. A quei tempi era la piccola parte del popolo ebraico che aveva creduto alla rivelazione di Gesù Cristo.

 

Lettura di Romani 10,19-21

Dio aveva già parlato nella Sacra Scrittura dei pagani, di un popolo nuovo (le famose "isole" dei profeti), un popolo diverso che seguirà Yahve anche meglio d'Israele. Quindi i pagani costituiscono quella nazione nuova alla quale il Signore indirizza il suo messaggio come aveva già detto, appunto, nell'Antico Testamento.

 

Lettura delle Lettera ai Romani 11,1-2^

Paolo afferma: io sono ebreo.

Dio non ha ripudiato il suo popolo, anzi ha continuato a manifestare le sue promesse. Ma il popolo ebraico le ha rifiutate e, allora, il Signore ha dovuto allargare gli orizzonti verso una nazione che prima non cercava.

 

Lettura di Romani 11,25-36

Alla fine dei tempi anche gli Ebrei si salveranno. Anzi, la durezza del loro cuore ha permesso a voi pagani, che eravate duri di cuore, di diventare morbidi di cuore. Ma dobbiamo stare attenti perché tutti siamo chiamati nella misericordia di Dio: loro che disubbidiscono adesso e voi che avete disubbidito prima. Voi siete salvati oggi, loro lo saranno domani. Quindi gli Ebrei, quando il Signore darà loro una nuova opportunità, arriveranno alla fede autentica.

 

Leggiamo quanto detto in proposito dal Concilio Vaticano II, "Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religione non cristiane "Nostra aetate"" - n° 4 - (allegata).

Si tratta di una dichiarazione quasi rivoluzionaria per la Chiesa cattolica e le altre religioni; e il cap. 4 è dedicato proprio all'ebraismo.

Questo documento preparò tutti i grandi gesti e le altre parole pronunciate successivamente (non ultimo il discorso di Giovanni Paolo II nella sinagoga di Roma). Cristo ha ottenuto la salvezza per tutti, nessuno escluso, quindi anche per coloro che lo ignorano.

 

 

 

 

 

4. Scrutando il mistero della Chiesa, il Sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo.

La Chiesa di Cristo infatti riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei Patriarchi, Mosè e i Profeti.

Essa afferma che tutti i fedeli di Cristo, figli di Abramo secondo la fede (6), sono inclusi nella vocazione di questo Patriarca e che la salvezza della Chiesa è misteriosamente prefigurata nell'esodo del popolo eletto dalla terra di schiavitù. Per questo la Chiesa non può dimenticare che ha ricevuto la rivelazione dell'Antico Testamento per mezzo di quel popolo con cui Dio, nella sua ineffabile misericordia, si è degnato di stringere l'Antica Alleanza, e che si nutre dalla radice dell'ulivo buono su cui sono stati innestati i rami dell'ulivo selvaggio che sono i Gentili (7). La Chiesa crede, infatti, che Cristo, la nostra pace, ha riconciliato gli Ebrei e i Gentili Per mezzo della sua croce e dei due ha fatto una sola cosa in Sé stesso (8). Inoltre la Chiesa ha sempre davanti agli occhi le parole dell'Apostolo Paolo riguardo agli uomini della sua stirpe: “ dei quali è l'adozione a figliuoli e la gloria e i patti di alleanza e la legge e il culto e le promesse, ai quali appartengono i Padri e dai quali è Cristo secondo la carne ”(cfr. Rom. 9, 4-5), Figlio di Maria Vergine.

Essa ricorda anche che dal popolo ebraico sono nati gli Apostoli fondamenta e colonne della Chiesa, e così quei moltissimi primi discepoli che hanno annunciato al mondo il Vangelo di Cristo.

Come attesta la Sacra Scrittura, Gerusalemme non ha conosciuto il tempo quando è stata visitata (9); gli Ebrei, in gran parte, non hanno accettato il Vangelo, ed anzi non pochi si sono opposti alla sua diffusione (10). Tuttavia, secondo l'Apostolo, gli Ebrei, in grazia dei Padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento (11). Con i Profeti e con lo stesso Apostolo la Chiesa attende il giorno che solo Dio conosce in cui tutti i popoli acclameranno il Signore con una sola voce e “ lo serviranno appoggiandosi spalla a spalla ” (cfr. Sofonia, 3, 9) (12).

Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a Cristiani e ad Ebrei, questo Sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto dagli studi biblici e teologici e da un fraterno dialogo.

E se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo (13), tuttavia quanto è stato commesso durante la sua Passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo.

E se è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla Sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della Parola di Dio non insegnino alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo. La Chiesa inoltre, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odii, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell'antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque.

In realtà il Cristo, come la Chiesa ha sempre sostenuto e Sostiene in virtú del suo grande amore, si è volontariamente sottomesso alla sua Passione e Morte a causa dei peccati di tutti gli uomini e affinché tutti gli uomini conseguano la salvezza. Il dovere della Chiesa, nella sua predicazione, è dunque di annunciare la croce di Cristo come segno dell'amore universale di Dio e come fonte di ogni grazia.

 

 

(7) Cfr. Rom. 11, 17-24.

(8) Cfr. Epb. 2, 14-16.-

(9) Cfr. Luc. 19, 44.

(10) Cfr. Rom. 11, 28.

(11) Cfr. Rom. 11, 28-29; cfr. Const. Dogm. Lumen Gentium: A.A.S.

.57, 1965, p. 20.

(12) Cfr. Is. 66, 23; Ps. 65, 4; Rom. 11, 11-32.

(13) Cfr. Io. 19, 6.

 

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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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