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CORSO BIBLICO SULLE LETTERE DI S.PAOLO

Ultimo Aggiornamento: 19/11/2012 19:28
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18/11/2012 21:27
 
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Lettera ai Galati

 

Questa breve lettera è ponderosa e per noi preziosa da un punto di vista sia dottrinale che autobiografico. Infatti, più di ogni altra, ci fornisce notizie sulla vocazione di Paolo e sulle sue successive prime vicende, nonché sullo sviluppo dei suoi rapporti con gli altri apostoli e con la Chiesa di Gerusalemme.

 

La lettera ai Galati inizia a trattare un tema che sarà poi sviluppato in pienezza nella lettera ai Romani: il tema della giustificazione (Ricordiamo che al riguardo proprio da pochi mesi si è realizzata un'intesa teologica fra protestanti e cattolici)

In questo scritto la giustificazione è però vista con una visuale particolare, quella della libertà. Cristo ci rende liberi e il cristianesimo è liberazione non tanto dalle ristrettezze e dalle oppressioni materiali quanto - e innanzi tutto - dal peccato, perché Cristo è grazia e ci trasforma. Sostanzialmente Paolo afferma che uno schiavo non ha bisogno di uccidere il padrone per essere libero, ma ha bisogno di incontrare Cristo per non essere più schiavo del peccato. Infatti non è la condizione sociale od esteriore che ci qualifica o ci squalifica davanti a Dio. E credo che su questo la nostra Chiesa abbia molto da farsi perdonare.

Davanti al Signore "non c'è più giudeo né greco; non c'è più né schiavo né libero..." (3,28) ma tutti siamo uno in Cristo. Ecco, le basi dell'uguaglianza e della dignità profonda dell'uomo.

 

La Galazia era una regione dell'Asia minore che nel V-IV secolo a.C. era stata colonizzata da popolazioni celtiche provenienti dall'Europa del nord.

Paolo si rivolge nella sua lettera proprio ai loro discendenti, da lui evangelizzati durante il secondo e il terzo viaggio.

 

Pare che i Galati avessero subito l'influenza di alcuni giudeo-cristiani i quali predicavano che, oltre al Vangelo di Gesù, si dovesse osservare anche la Legge di Mosè e praticare la circoncisione per ottenere la salvezza. Si tratta di un messaggio che costituiva per Paolo una vera e propria eresia. E i giudeo-cristiani per contrastare la predicazione paolina avevano messo in cattiva luce lo stesso apostolo.

 

Questa lettera ci permette di conoscere l'itinerario seguito da Paolo per prepararsi alla sua missione, i rapporti con Pietro e con gli altri apostoli e con Giacomo, fratello del Signore e capo della Chiesa di Gerusalemme.

Qualche autore definisce la lettera ai Galati (scritta a cavallo degli anni 57-58) come lo schema della lettera ai Romani nella quale l'apostolo tratterà, ampliandoli, gli stessi argomenti.

 

Schema della lettera.

 

- Esordio e rimprovero: 1,1-10

 

- I parte: 1,11-2,21. Apologia personale dell'apostolo che si difende parlando della sua vita dal momento del primo incontro con Gesù.

 

- II parte: 3,1-4,31. La giustificazione mediante la fede

 

- III parte: 5,1-6,10. Una trattazione dottrinale sul tema della libertà cristiana. Sono qui elencati i frutti della carne e i frutti dello Spirito.

 

- Epilogo: 6,11-18.

 

 

 

 

XV lezione

Lettera ai Galati - continuazione

 

Lettura Gal 3,1-29

Noi siamo stati salvati, siamo stati liberati dal peccato attraverso la Legge di Mosè oppure attraverso la fede in Gesù Cristo?

La risposta è ovvia: siamo stati liberati dal peccato per mezzo della fede in Gesù Cristo. Con la sua morte Gesù ha attirato su di sé quella maledizione che ricadeva su tutti i trasgressori della Legge mosaica.

Gesù Cristo ha fatto veramente da capro espiatorio. Ciò significa che noi ci salviamo non perché compiamo le opere prescritte dalla Legge ma perché crediamo in Gesù Cristo che, morto in croce, ci ha liberato.

 

Questa sera prima di affrontare il problema della giustificazione - o meglio della fede e delle opere - (che vedremo in modo più approfondito nella lettera ai Romani), vorrei trattare il tema della Legge.

Come abbiamo ora letto, San Paolo arriva a dare un'interessante definizione della Legge: "...la Legge è per noi come un pedagogo..." (v. 24). E noi abbiamo presente il pedagogo come una figura che aiuta il fanciullo a crescere.

Sappiamo che l'apostolo scrive in polemica con i c.d. giudeo-cristiani, i quali sostenevano per i seguaci di Cristo l'obbligo della circoncisione e dell'osservanza della Legge di Mosè.

Notiamo che quella era un'epoca di travaglio, nella quale non si era ancora compreso se il cristianesimo dovesse essere una propaggine dell'ebraismo (come gli esseni, ad esempio) oppure una realtà a sé stante; cioè se Gesù fosse uno uno dei tanti "rabbì" che aveva proposta qualcosa di nuovo - ma sempre nel grande solco dell'ebraismo - oppure se il cristianesimo costituisse una realtà diversa dall'ebraismo stesso.

Non si trattava evidentemente di un problema da poco; erano in gioco l'identità e la sopravvivenza del cristianesimo.

Lutero, commentando il cap. 3 della lettera ai Galati, afferma che l'osservanza dei Comandamenti è idolatria e bestemmia.

Quando Paolo parla delle Legge di Mosè si riferisce al Pentateuco, cioè i primi cinque libri della Bibbia che costituiscono una narrazione dalla creazione fino all'arrivo alle soglie della terra promessa e alla morte di Mosè.

Insieme a questa raccolta di fatti è presente un complesso di prescrizioni, di leggi e di sentenze, riunite in alcuni libri veri e propri, altre inframmezzate in vari racconti e altre ancora desunte dai racconti stessi. Pensiamo, ad esempio, a quanto è scritto al cap. 19 del Vangelo di Matteo sul matrimonio: Gesù desume dalla narrazione della creazione dell'uomo una legge universale voluta da Dio. L'uomo e la donna sono fatti uno per l'altra per sempre.

 

Noi possiamo cogliere nei racconti e nelle raccolte di leggi del Pentateuco due significati fondamentali:

- 1 la Legge mosaica in senso stretto (Esodo 19 e segg.) è segno dell'amicizia tra Dio e l'uomo. Quindi l'Alleanza era percepita dall'ebraismo come amicizia. Dio ci è amico e ci ha dato questa Legge; noi mettendola in pratica, gli dimostriamo la nostra amicizia. Si tratta di una concezione molto interessante che ridimensiona notevolmente l'idea di un Dio giudice e monarca assoluto.

 

- 2 la Legge permette a noi uomini di vivere la vita divina, perché Dio stesso con questa legge ci ha svelato la sua vita e ci aiuta a viverla.

Pensiamo ad alcuni esempi.

Esiste il riposo sabbatico, perché Dio il settimo giorno si è riposato. Dobbiamo amare il nostro prossimo perché Dio ci ama. Dobbiamo essere santi perché Dio è santo.

Attraverso la Legge Dio comunica con noi e ci offre la possibilità di essere molto più vicini al suo stile di vita.

 

Ad un certo momento dello svolgersi del pensiero dell'ebraismo la Legge diventa ancora più importante. In proposito leggiamo Siracide cap. 24 (che contiene il grande inno alla sapienza), vv.1-21.

In questi versetti è presente l'idea di una sapienza che richiede il compimento di opere. Infatti le opere possono essere secondo la sapienza divina. E, allora, ricordiamo il salmo 1 che si apre con la mirabile visione delle due vie: la via dei giusti e la via degli empi.

 

Lettura di Siracide 24,22-32.

L'incarnazione massima della sapienza divina è rappresentata dalla Legge di Mosè. Legge che è come abisso e la cui interpretazione non si esaurirà mai. Legge che mai nessuno potrà sostenere di possedere completamente.

Non esiste al mondo nulla di più perfettamente riconducibile alla sapienza della Legge. Anzi, potremmo dire che la Legge di Mosè è la Sapienza stessa.

 

Lettura di Baruc (profeta e segretario di Geremia) 3,36-4,4

Anche in questo brano notiamo l'identificazione della Sapienza con la Legge.

 

A questo punto sarebbe interessante leggere il Libro di Enoc, l'etiopico.

Si tratta di uno scritto apocrifo dell'Antico Testamento, non ispirato - quindi - ma, come tutti i libri apocrifi, prezioso per comprendere la mentalità, la religiosità e la teologia di un'epoca. Sappiamo che il libro di Enoc è tendenzialmente apocalittico.

Lettura di un brano di questo testo:

""Enoc, guarda lo scritto delle tavole del cielo e leggi quel che vi è scritto sopra e sappi ogni cosa". E io osservai tutte le tavole del cielo, lessi tutto quello che vi era scritto, conobbi ogni cosa, lessi il libro e tutto quello che vi era scritto, tutte le azioni degli uomini e di tutti i figli della carne sulla terra per tutte le generazioni. Allora, benedissi il Signore, re di gloria eterna, per come aveva creato tutte le cose del mondo e magnificai il Signore per la sua sapienza e benedissi tutti i figli dell'uomo."

Notiamo che in questo brano si parla di "tavole del cielo" nelle quali è trascritto il destino di ogni uomo; ed Enoc rivela che egli non morirà ma sarà rapito in cielo. Le "tavole del cielo" erano dei documenti su cui cui, fino dall'inizio dei tempi, era stata scritta anche la Legge di Mosè; erano state prodotte durante la creazione e su di esse si poteva leggere tutta la vita di ogni uomo.

La legge eterna di Mosè è uno degli elementi fondamentali del libro di Enoc. Vediamo, quindi, che anche nella letteratura extra-biblica è evidente un'altissima concezione della Legge, addirittura quasi coeva dell'inizio della creazione.

In verità qualche dubbio sorge ogni tanto: la Legge contiene in sé qualche rischio, quello che qualcuno la metta in pratica solo esteriormente e ciò è oggetto di critica assai forte da parte dei profeti.

 

E, allora, leggiamo Isaia 1,10-17

Il profeta si riferisce a persone che mettevano in pratica perfettamente una parte della Legge (quella rituale), ma non la parte più impegnativa, costituita dalle opere di carità. Vediamo che i profeti sviluppano una forte critica, prima, ad un atteggiamento di ipocrisia e, successivamente, alla Legge stessa, così come era stata scritta.

 

Lettura di Geremia 31;31-34

Ecco l'intuizione di Geremia: una legge nuova che sancisce un'alleanza nuova, ma questa volta scritta nel cuore.

 

Lettura di Ezechiele 36,24-28

Anche qui si parla di una legge scritta con lo spirito dentro l'uomo.

 

E, ancora, lettura di Ezechiele 37,23-26.

Ecco, allora, una legge che finalmente viene messa in pratica perché scritta nel cuore.

 

Cerchiamo ora alcune citazioni della Legge mosaica nel Nuovo Testamento e scopriamo subito che è Gesù stesso che ce ne parla.

 

Lettura di Mt 5,17-19

Siamo al "discorso della montagna", programmatico per Gesù.

Si tratta di versetti introduttivi alla parte successiva del discorso (v. 21 e segg.): "Avete inteso che fu detto agli antichi....ma io vi dico...".

Gesù prende le distanze dalle prescrizioni della Legge (ad es.: non commettere adulterio) e le radicalizza in una logica completamente diversa, la logica dell'amore ("...ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla ha già commesso adulterio nel suo cuore" v. 28). Questo proseguimento del discorso ci dà l'idea di che cosa intenda Gesù quando afferma di essere venuto non ad abolire la Legge ma a darle compimento.

Gesù considera, infatti, la Legge di Mosè come un punto di partenza e non come un punto d'arrivo e prende decisamente le distanze da quella tradizione che considerava vincolanti anche l'interpretazione orale e scritta e il commento della Legge.

 

Lettura di Mc 7,1-13

Appare molto chiaro il pensiero di Gesù sulle interpretazioni della Legge, ritenute dai farisei vincolanti quanto la Legge stessa. Una annotazione: gli "scribi venuti da Gerusalemme" (v. 1) erano famosi per la loro competenza, per la loro rigidità e per la loro conoscenza delle Scritture e di tutti i loro commenti.

vv. 11-13

Gesù sostiene che osservando la tradizione ("è Korban, cioè offerta sacra") si possono distruggere le basi di un comandamento divino dato a Mosè ("Onora tuo padre e tua madre").

Allora, Cristo considera cose umane le tradizioni farisaiche e ritiene che la Legge (che proviene da Dio) possa essere migliorata.

 

Lettura di Mt 22,34-40 "Il più grande comandamento".

E' chiarissima l'impostazione di Gesù: i due comandamenti importanti sono quelli che ci parlano dell'amore, l'amore per Dio e l'amore per i fratelli.

Vorrei dire che tutta la Legge mosaica potrebbe essere riassunta in questi due comandamenti.

 

Lettura di Luca 18,18-23

Gesù propone al giovane ricco, per avere la vita eterna, di seguire i comandamenti. E costui gli risponde che già li osserva. Ma il Maestro aggiunge che egli deve praticare anche il comandamento dell'amore per Dio e per i fratelli ("...poi vieni e seguimi..."), che si concretizza appunto in modo ottimale nella sequela di Gesù.

Quindi, neppure i comandamenti bastano per il giovane ricco; subentrano, infatti, come discriminanti la persona di Gesù e la sua sequela.

 

Per avere un'autorevole conferma leggiamo Giovanni 13,34: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri".

Se non ci fosse quel "come io vi ho amato" questo non sarebbe un comandamento nuovo, ma soltanto uno dei comandamenti della Legge. Ecco, il salto di qualità: ecco, la radicalizzazione dell'amore; ecco la centralità di Gesù e la nuova Alleanza con le quali la Legge antica è veramente portata a compimento.

Mosè resta un "grande" ma il centro della vita di un cristiano sono le parole e le opere di Gesù. I comandamenti rimangono ancora validi anche se un cristiano guarda con più interesse alle "beatitudini".

 

Ricordiamo Mt 19,8: "Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma in principio non fu così".. Come a dire che nella mente di Dio non è ammesso il ripudio della moglie.

 

Ritorniamo all'inizio del nostro discorso: per San Paolo la Legge è "pedagogo".

Sappiamo che nell'antichità il pedagogo era considerato una figura negativa. Si trattava di uno schiavo che si occupava d'insegnare le buone maniere, il galateo, cioè i comportamenti esteriori, a un giovane fino al momento in cui sarebbe diventato maggiorenne. Quindi paidagogós era diverso da didascalos, che era il maestro, cioè colui che si occupava dell'educazione morale, intellettuale e culturale del giovane. Per San Paolo la funzione della Legge consisteva nell'insegnare gli atteggiamenti esteriori ed era quindi lontana dall'idea di Cristo che voleva la Legge scritta nel cuore. Allora, la Legge antica serve soltanto a fornirci una "base" che si deve superare mediante Cristo: non c'è limite all'amore. E San Bernardo a ragione diceva: "L'unico limite all'amore è non avere limiti.". 

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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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