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CORSO BIBLICO SULLE LETTERE DI S.PAOLO

Ultimo Aggiornamento: 19/11/2012 19:28
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18/11/2012 21:21
 
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Prima lettera ai Corinzi.

 

Corinto, definita da Cicerone "totius Graeciae lumen" ("luce di tutta la Grecia"), era una città di grande splendore che sorgeva su un istmo tra due mari. Dotata di un grande porto, collocata in un punto strategico, ricca e cosmopolita era famosa per la sua depravazione, tanto è vero che nell'antichità dire "ragazza di Corinto" era un'offesa perché l'espressione equivaleva a "prostituta". Addirittura era stato inventato il verbo corinziazestai che voleva significare "vivere come i Corinzi", cioè scostumatamente.

Questa è la città con la quale si incontra Paolo.

 

A Corinto si trovano grandi opere artistiche e la tomba di Laide, famosa prostituta, collocata - che contraddizione! - a fianco della tomba di Diogene, filosofo cinico che viveva completamente nudo in una botte e non possedeva alcun bene. (Il nome dei filosofi "cinici" derivata dai cani [künes] randagi. Secondo costoro l'uomo doveva liberarsi da tutti i legami politici, sociali, familiari e vivere in uno stato di anarchia)

Sulla collina che dominava Corinto si ergeva il famoso tempio di Afrodite pandemòs (di tutto il popolo) e lì esercitavano il loro sacerdozio mille prostitute sacre. Qui si verificavano situazioni che non avvenivano in alcun'altra comunità, tra cui un incesto tranquillamente tollerato anche dai cristiani del posto.

 

La città venne rasa al suolo dai romani nel 146 a.C. e ne rimase solo un cumulo di macerie per un centinaio d'anni. Corinto fu poi ricostruita nel 44 a.C., ancora più splendida e più ricca, e nel 27 a.C. Augusto, da poco diventato imperatore, la costituì capitale dell'Acaia (Grecia) favorendone un ulteriore forte sviluppo.

 

San Paolo, arriva a Corinto dopo il fallimento della sua missione ad Atene. Ha lasciato la città della cultura, dove aveva discusso con i filosofi, e giunge nella città della lussuria. Immaginiamoci, allora, quali fossero a Corinto gli interlocutori dell'apostolo, sicuramente da ricercarsi tra i ceti più bassi della società (piccoli artigiani, schiavi, ecc.). In un primo momento Paolo è solo, senza Sila e Timoteo.

 

Leggiamo 2,1-5 per comprendere lo stato d'animo dell'apostolo quando giunge a Corinto. Nel discorso pronunciato da Paolo davanti ai filosofi in Atene (e riportato negli Atti degli Apostoli) scopriamo una particolare perfezione oratoria e una grande sapienza umana. A Corinto, invece, l'apostolo è talmente scornato dall'esperienza negativa di Atene da poter esclamare soltanto queste parole:"...Gesù Cristo; e questi crocifisso." (v.2)

Non c'è sapienza umana, non c'è discorso arzigogolato, dice Paolo, perché io sono venuto soltanto ad annunciare il Cristo crocifisso e non con sublimità di parole, ma con timore e trepidazione. L'apostolo ha compreso l'inutilità dello sfoggio di cultura (come ad Atene) e la necessità, invece, di agire come Cristo con semplicità e con umiltà.

 

Allora, a Corinto Paolo arriva con questo atteggiamento interiore, da solo, senza i compagni ed incontra i coniugi Aquila e Priscilla, i quali - come già visto nell'inquadramento storico - erano fuggiti da Roma a seguito dell'espulsione di tutti i giudei, disposta dall'imperatore Claudio.

Tale notizia ci viene fornita dallo storico Svetonio il quale scrive che Claudio aveva espulso gli ebrei "Cresto impulsore tumultuantes" (che tumultuavano dietro l'impulso di Cresto). Sul nome di Cresto si è verificata anche in passato una vivace discussione, in quanto alcuni studiosi ritenevano che questo nome fosse frutto di un errore dei copisti e si dovrebbe leggere "Cristo".

Recentemente è stato scoperto in quello che era stato il ghetto ebraico di Roma che "Cresto" era un nome abbastanza diffuso all'interno della comunità ebraica. E' possibile quindi che esso non sia da riferirsi a Gesù.

 

I coniugi Aquila e Priscilla ospitano Paolo anche perché come l'apostolo erano fabbricanti di tende. Non sappiamo, però, se per "fabbricante" si intendesse chi realizza manualmente le tende oppure colui che procura il materiale per fabbricarle. Teniamo presente che San Paolo doveva comunque appartenere a famiglia benestante, che poteva permettersi di inviarlo da Tarso a Gerusalemme per studiare in una delle scuole più prestigiose.

 

Paolo predica in sinagoga, converte alcuni personaggi in vista all'interno della sinagoga stessa, si trattiene a Corinto per un anno e mezzo, e poi viene denunciato e processato davanti al proconsole romano Gallione, fratello del famoso filosofo stoico Seneca.

Lasciata Corinto, l'apostolo si reca a Efeso da dove invia la prima lettera ai Corinzi, attorno probabilmente all'anno 55. A Efeso Paolo si trattiene circa tre anni (54-57).

A Corinto dopo la partenza di Paolo si verificano nella comunità cristiana gravissimi abusi di carattere morale.

 

Lettura 5,9-13

Questi versetti ci dicono, innanzi tutto, che l'apostolo aveva già scritto una lettera nella quale aveva dovuto rimproverare la comunità perché al suo interno non facevano abbastanza leva sulla moralità cristiana. Probabilmente tale lettera era stata male interpretata, nel senso che era parso che Paolo avesse chiesto ai cristiani di non mischiarsi con la gente che faceva il male al di fuori della comunità. L'apostolo era, forse, arrivato ad usare espressioni così dure ("...neanche mangiare insieme" - v.11 -) in quanto la situazione della comunità di Corinto era assai difficile.

Vedremo, in seguito lo sviluppo del pensiero di Paolo che non intende escludere i peccatori ma aiutarli a capire la gravità del loro peccato. E' questa la funzione pedagogica e medicinale della pena. Infatti, ogni pena ha una funzione pedagogica d'insegnamento sia per la persona che la subisce sia per gli altri. Anche la scomunica inflitta dalla Chiesa ha più senso pedagogico che punitivo.

 

Paolo affronta un problema interno alla comunità dicendo: voi siete uomini che hanno ricevuto la Spirito (pneüma) quindi non potete continuare a comportarvi da uomini carnali, cioè da pagani, ma dovete ricominciare a vivere da cristiani.

Si tratta, purtroppo, di un problema sempre attuale: tante persone battezzate non vivono da cristiani.

La scomunica per l'aborto - che è una delle più diffuse - ha proprio la funzione di richiamare la persona sulla gravità del gesto compiuto. Certo si tratta di una scomunica non pronunciata ("latae sententiae") che scatta automaticamente nel momento in cui viene compiuto il gesto. Anche gli ecclesiastici sono soggetti alle pene canoniche come la scomunica; pene che vengono revocate dopo la ritrattazione e l'impegno a vivere secondo la fede cattolica. Sono noti i recenti casi di un teologo dello Srì Lanka e di un vescovo francese i quali, dopo essere stati scomunicati, stanno ora compiendo un cammino di riavvicinamento alla Chiesa.

La "Congregazione per la dottrina della fede" è la custode della tradizione cattolica e verifica se una posizione teologica sia conforme o meno alla stessa tradizione. Mi ricordo, a questo proposito, di Henry de Lubac al quale papa Pio XII tolse l'insegnamento a causa delle sue idee troppo avanzate e che diventò, poi, uno dei teologi fondamentali del Concilio Vaticano II. E Giovanni Paolo II lo ha recentemente nominato cardinale. Costui ha scritto un bellissimo libro che vi consiglio: "Meditazioni sulla Chiesa", grande manifestazione di fede, espressa proprio mentre la Chiesa gli aveva tolto ogni incarico.

Ricordo anche le vicende di tanti Santi, come Teresa d'Avila, che subirono le persecuzioni dell'Inquisizione ma che rimasero fedeli alla Chiesa e proseguirono imperterriti nella loro opera.

 

 

VIII lezione

Prima lettera ai Corinzi - continuazione

 

La lettera è composita in quanto presenta vari argomenti, non necessariamente con una connessione logica. Probabilmente mentre Paolo sta scrivendo la lettera che prende in esame diverse questioni, soprattutto quella riguardante le divisioni interne alla comunità di Corinto, arrivano proprio da quella città alcuni cristiani a proporre ulteriori problemi molto concreti, dei veri e propri interrogativi.

E, allora, alla lettera originaria vengono aggiunte dall'apostolo le risposte alle varie domande che riguarderebbero:

1) il rapporto tra matrimonio e verginità. Per il cristiano ha ancora senso sposarsi? oppure deve vivere in un'altra dimensione?

2) l'uso delle carni immolate agli idoli, cioè i famosi "idolòtiti". Infatti, succedeva che una parte delle carni degli animali sacrificati venisse ceduta ai macellai per la vendita. Il problema per un cristiano era sapere se fosse possibile cibarsi di quelle carni senza commettere un peccato di idolatria.

3) Il comportamento da tenere nelle assemblee liturgiche.

4) iI modo per celebrare degnamente l'Eucarestia non solo da un punto di vista esteriore. In particolare, quali requisiti interiori era richiesti per l'accesso all'Eucaristia?

5) E, per ultima, si pone la questione dei carismi.

 

 

Schema della lettera:

1^parte 1,10-6,20 che contiene le indicazioni per la correzione dei disordini che si erano verificati nella comunità di Corinto. Questa sarebbe la lettera che Paolo voleva effettivamente scrivere prima dell'arrivo di alcuni cristiani da Corinto.

2^parte 7,1-15,58 con le proposte di soluzione di quesiti posti dagli inviati della comunità di Corinto.

 

Ovviamente troviamo anche l'introduzione (1,1-9) e l'epilogo (16,1-18).

 

 

Questa bellissima lettera ci presenta una Chiesa in cammino, che si trova di giorno in giorno ad affrontare nuovi problemi. E proprio in queste pagine si trovano le basi per noi, oggi, che abbiamo tante situazioni nuove, comunque diverse, da affrontare.

 

Non sarà possibile commentare tutta la prima lettera di Paolo ai Corinzi, ma solo delle parti che trattano alcuni fondamentali problemi.

Lettura 2,6-16

(Ricordo che la parte precedente, che ho affidato alla vostra lettura personale, è stupenda e fra le più citate).

Il discorso prende l'avvio dal cap. 1 v. 23: "...noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo fra i giudei, stoltezza per i pagani...", il quale potrebbe sembrare un poveraccio, un pazzo, uno stolto agli occhi degli uomini ma, invece, è la sapienza e la potenza di Dio.

Una precisazione: "uomo naturale" va letto "uomo psichico" secondo una traduzione più esatta (v.14).

 

Lettura 3,1-5

Esaminiamo alcune questioni che emergono dai brani letti.

Soffermiamoci subito subito sul termine "perfetti", in greco "teleioi". Quando si parla di "perfetti" vengono subito in mente Cristo, i Santi, Dio stesso, ma, anche, tutte le eresie, soprattutto quelle di matrice gnostica. Infatti, le comunità gnostiche avevano come caratteristica comune la presenza dei "perfetti", cioè di coloro che avevano ricevuto la piena rivelazione (ricordiamo a questo proposito i manichei e i valdesi).

I "perfetti" hanno avuto una rivelazione specifica e approfondita e quindi sono in grado di comunicarla a chi vogliono.

Pensiamo - sempre a questo proposito - ai gruppi esoterici, che spesso sconfinano nelle magia, che vanno di moda ancora oggi e che si basano su una supposta rivelazione ricevuta da qualcuno.

 

Potremmo porci una prima domanda: San Paolo sta per caso fondando una nuova setta gnostica? Sappiamo che la gnosi (dal greco gnosis=conoscenza) è stata definita la madre di tutte le eresie, cioè di tutte quelle dottrine che hanno travisato il cristianesimo.

Innanzi tutto, che intende la Bibbia quando parla di "perfetti"? Intende persone adulte nella fede, cioè persone con una conoscenza profonda di Dio (potremmo dire i "mistici"); una conoscenza alla quale uniscono una vita esemplare. I mistici diventano santi quando vivono la carità. Questa è la perfezione, la santità per la Bibbia già nell'Antico Testamento.

Il "perfetto", allora, è colui che conoscendo Dio lo "vive" nella sua vita quotidiana. I comandamenti del Signore sono per lui pane quotidiano. Vediamo che questa definizione elimina già tutta quella parte di sapienza e di conoscenza fine a se stessa.

La "sofia" (sapienza) non è la conoscenza teorica, ma è la penetrazione nei misteri di Dio che si traduce necessariamente nella vita di ogni giorno.

Se noi intendiamo questo brano come espressione di una polemica di San Paolo nei confronti dei Corinzi che si ritenevano "perfetti" e "uomini pneumatici" (pneuma=spirito), che si ritenevano i più bravi, allora il discorso dell'apostolo ci sembra comprensibile.

 

Paolo scrive ai Corinzi: "...non ho potuto parlare a voi come a uomini spirituali, ma come a esseri carnali, come a neonati in Cristo. Vi ho dato da bere latte, non un nutrimento solido, perché non ne eravate capaci. E neanche ora lo siete, perché siete ancora carnali..." (3,1-3).

L'apostolo fa risaltare ancora di più la cosa, in quanto sostanzialmente sostiene di essere un "perfetto" e di non aver potuto comunicare ai Corinzi le cose dello Spirito, perché aveva di fronte "gente piccola".

 

Allora, domandiamoci: chi è colui che rivela? Chi permette all'uomo di arrivare ad essere "pneumatico", ossia di possedere una conoscenza di Dio che si traduce in vita concreta?. Evidentemente colui che si chiama "pneuma" cioè lo Spirito. Attraverso lo Spirito noi possiamo conoscere Cristo crocifisso. Infatti, il mistero della croce, della sofferenza amorosa di Dio si può conoscere soltanto se si è "spirituali". Altrimenti ci si perderà in mille rivoli. Anche se si dovesse intuire a livello intellettuale il "centro", non si riuscirà ad accogliere nel proprio cuore Cristo crocifisso, "scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani".

Questa tematica è ampiamente esposta nei Vangeli ed è rivolta non alle folle, ma - soprattutto - ai discepoli.

 

Lettura di Mc 8,27-33

Al v. 29 troviamo il centro del Vangelo di Marco, il momento della svolta definitiva e decisiva: "Tu sei il Cristo".

Sappiamo che questo era un Vangelo per i catecumeni, nel quale viene svolta un'opera pedagogica molto bella, che porta gradualmente il lettore ad entrare nel mistero di Cristo. Il lettore scopre che quest'uomo un po' strano che opera dei miracoli, che comanda persino alle potenze del male, è il Cristo, cioè il Messia.

D'altra parte il Vangelo di Marco inizia con un versetto emblematico: "Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, figlio di Dio".

Marco conduce il lettore alla conoscenza - in successione - di Gesù, di Cristo (dal cap.8) e, sotto la croce, del figlio di Dio.

 

v. 33 - La traduzione "lungi da me..." dell'espressione greca "üpaghe opíso mu" ha completamente travisato il pensiero di Marco. Infatti, la versione letterale è "vai dietro a me" e non "lontano da me". Pietro è uscito dalla via del Signore ma deve rimettersi al suo seguito.

Il testo italiano errato risente evidentemente della traduzione latina dal greco "vade retro", in quanto "retro" significa sia "dietro" che "lontano". Quest'ultimo termine non ha alcuna base nell'originale greco.

 

Tutto ciò può essere messo in relazione con l'inizio del Vangelo di Marco dove al cap. 1 vv.16-17 (lettura) è scritto:"Seguitemi e vi farò diventare pescatori di uomini" (v.17). Il testo greco dice: "deüte opíso mu", cioè 'venite dietro di me". E la parola "opíso" (dietro) qualifica i discepoli.

 

Il cap. 8 del Vangelo di Marco non segna solo il momento del cambiamento della figura di Gesù in Cristo, ma anche del cambiamento del ruolo di Pietro che riceve una seconda vocazione (v. 33): "vieni dietro a me".

 

Ho sottolineato l'errore della traduzione per significare come sia importante il testo originale greco, ma anche per dimostrare le difficoltà di Pietro nell'accettare la croce. Infatti, egli rimprovera Gesù ed esce dalla sua strada proprio a causa di quella croce.

 

Lettura di Mc 14,3-9

Ecco, la famosa unzione di Betania nella versione di Marco.

Guardiamo l'interpretazione che Gesù attribuisce al gesto della donna che gli versa sul capo l'olio profumato proprio in prossimità della Passione: è un anticipo della sua sepoltura.

 

Lettura di Mc 14,10

Giuda, dopo il gesto della donna, va a consegnare Gesù ai sommi sacerdoti. Vediamo che anche Giuda non accetta la croce e la morte di Gesù; non giudica il suo maestro meritevole di essere creduto.

Zeffirelli nel suo film "Gesù di Nazareth" sembra dare un'interpretazione plausibile della figura di Giuda Iscariota indicandolo come zelota, cioè come un appartenente a quel movimento che riteneva che il Messia dovesse cacciare dalla Palestina i dominatori romani.

 

Anche nei Vangeli appare evidente da parte dei discepoli la resistenza alla croce, alla morte, a un Cristo crocifisso.

Lettura di Giovanni 13,1-11 - La lavanda dei piedi.

Coloro che hanno frequentato il corso sul vangelo di Giovanni ricorderanno che non vi si racconta un semplice episodio di lavanda dei piedi perché, altrimenti, difficilmente si spiegherebbe un inizio così solenne del brano.

L'evangelista ci aveva già abituato all'uso del termine "ora" che corrisponde all'evento della morte in croce. Come mai, allora, Gesù dice che è arrivata la sua ora e poi lava i piedi ai discepoli? La lavanda dei piedi - come del resto l'ultima cena - costituisce l'anticipazione simbolica dell'offerta totale di Cristo, del servizio totale da Lui reso all'umanità (la sua morte).

Ecco, il rifiuto di Pietro: non vuole accogliere la croce, il gesto estremo di servizio di Gesù. Siamo in un clima di non accoglienza e di lì a poco apparirà Giuda, come già nel cap. 6 di Gv.

 

Lettura di Gv 6,60-71

Ci troviamo anche qui in un clima di non accoglienza riguardo al discorso del pane di vita.

In questo brano compare per la prima volta Giuda, che agirà durante l'ultima cena. La croce costituisce un grande problema e si può comprendere soltanto se si riceve la rivelazione gratuita e graziosa (nel senso di proveniente dalla grazia). Lo Spirito Santo ci permette, poi, di mettere in pratica la rivelazione ricevuta.

 

Ecco, dove si trova la base della prima lettera ai Corinzi. Da qui prendono lo spunto tutte le argomentazioni morali di Paolo il quale dice che per il cristiano il vivere in un certo modo non costituisce il frutto di un comandamento, di una imposizione esterna, ma è un comportamento del tutto naturale perché la legge di Cristo è scritta nel suo cuore.

 

Se stiamo su un piano di pura razionalità, di ragionevolezza umana (traduciamo così la "psiche") tutto ciò non si può comprendere; Gesù resterebbe, al massimo, un benefattore dell'umanità. Invece, il figlio di Dio, crocifisso per amore, non è uno degli uomini più grandi che siano esistiti ma il Cristo morto e risorto per amore.

E lo Spirito ci fa capire tutto questo.

 

 

 

 

IX lezione

Prima lettera ai Corinzi - continuazione

 

Mi riallaccio alla lezione precedente per parlare di alcuni problemi suscitati per tanti secoli dalla prima lettera ai Corinzi e, in particolare, del rapporto tra matrimonio e verginità.

Ci ricordiamo di quanto già detto a proposito dell'uomo pneumatico, dell'uomo psichico e dell'uomo carnale.

Una constatazione: S. Paolo non sta parlando ad una comunità composita (cioè a gente in parte cristiana e in parte pagana) per cui sarebbe possibile dire che l'uomo pneumatico è il cristiano (perché ha lo Spirito), l'uomo psichico è il filosofo (colui che ragiona e che si sforza di arrivare alla verità o a Dio) e l'uomo carnale è il gaudente.

L'apostolo si sta rivolgendo solo ai cristiani. Ciò significa che all'interno della comunità di Corinto sono presenti persone appartenenti a tutte e le tre categorie precedenti.

Oggi saremmo portati a dire che ci sono persone (poche) non credenti in senso stretto che si sforzano di approfondire, di ricercare la verità, altre che vivono tranquillamente senza porsi il problema dell'esistenza di Dio (e sono tante). Non dimentichiamoci che tutti costoro, in un modo o nell'altro, fanno parte della comunità cristiana perché sono stati battezzati, hanno ricevuto i sacramenti, si sono sposati in chiesa. Di conseguenza io credo che sia arrivato il momento di chiederci alla luce della lettura di San Paolo: noi, che dovremmo essere i "perfetti", che facciamo per gli altri?

Voi che non vi limitate ad andare a messa alla domenica, voi che partecipate all'incontro biblico, voi che siete i "pneumatici" della nostra comunità dovreste almeno pensare agli altri, e, come Paolo, sentire nel cuore il peso dolce della Chiesa. Non solo il Papa, ma tutti noi dobbiamo sentire il peso della Chiesa.

 

Sappiamo che l'uomo psichico è colui che cerca comunque di ragionare ma senza riuscire a percepire la croce di Cristo, perché non è animato dallo Spirito, mentre l'uomo carnale (non pensiamo alla carne che richiama subito qualcosa di impudico) è quello che guarda soltanto alla propria autoaffermazione perché è pieno di sé. Possiamo così scoprire che puo' essere una persona che lavora moltissimo per gli altri unicamente per farsi dire "bravo!"; oppure, ad esempio, che può essere membro del consiglio pastorale, del comitato dell'oratorio ed essere sempre nel primo banco a messa, ma solo per autoaffermazione. L'uomo carnale è sfuggente, si intrufola, è subdolo: stiamo attenti.

Questa categoria nella comunità di Corinto trova espressione molto concreta. I carnali si trovano al livello più basso della fede e formano i vari partiti. Non per nulla sostengono: io sono di Apollo, io sono di Cefa, io sono di Paolo, io sono di Cristo; perciò creano disunione nella Chiesa. A questo proposito mi vengono in mente non tanto le singole persone quanto i vari movimenti all'interno della Chiesa. E, spesso, ciascuno di tali movimenti ritiene di essere il migliore. Il pericolo di considerarsi superiori agli altri è presente nelle nostre comunità parrocchiali e nei nostri oratori e perciò dobbiamo vigilare e rivedere la nostra carnalità per non rischiare di essere come i cristiani della Chiesa di Corinto.

 

Leggiamo la bella affermazione di Paolo al cap. 3, v.5

I ministri, ossia (in greco) i diàkonoi sono i servi. E sappiamo che "diacono" rappresenta un termine termine tecnico per la Chiesa. Probabilmente sta maturando all'interno della comunità di Corinto una prima ministerialità ordinata. Vuol dire che il diacono, il ministro, riceve un sacramento, l'imposizione delle mani, da parte dei primi apostoli. Abbiamo, così, una sequenza: gli apostoli, i vescovi (lori primi successori) e i diaconi (che già provvedevano con gli apostoli alla carità). La Chiesa comincia a strutturarsi. Soltanto dopo alcuni anni si noterà una vera differenza tra episcopos (vescovo, sorvegliante) e presbiteros (presbitero, prete, anziano).

Il vescovo è il capo della comunità ed ha un consiglio di presbiteri (anziani) e un gruppo di diaconi. Ad ognuno di questi viene assegnato un compito specifico.

S Paolo ci offre uno stile di servizio. Servendo, il cristiano si realizza.

Per concludere, teniamo presente: l'uomo pneumatico, l'uomo psichico e l'uomo carnale. Quale incarniamo? Speriamo di incarnare l'uomo pneumatico.

 

Come introduzione ai capp. 6 e 7 leggiamo il cap. 5, vv.1-8.

Nella comunità di Corinto si verificano casi di incesto. Molto probabilmente la donna di cui parla S. Paolo era pagana, mentre l'uomo era cristiano. Infatti al v. 5 è scritto: "...questo individuo sia dato in balìa di satana..".

L'incesto era pesantemente condannato da diritto romano, dagli ebrei e dalla cultura greca (almeno da quella ufficiale), mentre probabilmente era quasi accettato nell'uso comune. Nel brano citato si parla della matrigna dell'uomo e non sappiamo se il padre fosse vivo o morto. Di fatto sembra che di questo caso i Corinti andassero quasi orgogliosi.

 

Penso a tanti cristiani di oggi i quali dicono "come siamo aperti", "come ragioniamo bene", "noi accogliamo tutti". Qui non si tratta di un problema di accoglienza ma di mentalità.

S. Paolo sta scrivendo ai cristiani di Corinto che essi sono "azzimi", cioè sono "novità". Il pane azzimo è il pane nuovo, quello che viene preparato per la festa di Pasqua. E poiché è stato gettato il lievito vecchio e non è pronto il lievito nuovo, ecco che si cuoce il pane azzimo, simbolo importante per la comunità. L'apostolo ammonisce la Chiesa di Corinto perché intenda bene la libertà che Cristo le ha donato e che sicuramente non consiste nel fare tutto ciò che si vuole.

 

Arriviamo, così, al problema della sessualità che per San Paolo è una delle dimensioni in cui maggiormente si deve notare la novità cristiana. Non dimentichiamo che la lettera è indirizzata ai cristiani della città corrotta di Corinto per invitarli - anche - a distinguersi dagli altri abitanti.

La sessualità e la genitalità dipendono dall'uomo che sei. Tu devi vigilare perché dal tuo comportamento sessuale si capisce se segui Cristo (la novità) oppure no. Per Paolo questo è uno degli ambiti in cui i cristiano si gioca la propria credibilità. Appare evidente che a Corinto avvenivano molti abusi dovuti proprio alla cattiva interpretazione della libertà in Cristo. Da qui trae origine l'intervento dell'apostolo: siate azzimi. E tutto questo vale anche per noi.

Ripeto ancora: la libertà autentica consiste non nell'agire come vogliamo ma secondo quello che siamo, ossia come azzimi.

 

Ritorniamo al v. 1 del Cap. 5

Il termine "immoralità" puo' essere reso con porneia (greco) che nel suo significato estremamente tecnico si abbina ad "adulterio", "lussuria", ecc.

Traducendo dall'ebraico, ad "adulterio" corrisponde moicheia.

"Porneia" indica il caso di unione illegittima come quello di cui si parla nella lettera in esame, quello che noi chiamiamo "incesto". Si tratta di un termine dal significato molto ristretto. E San Paolo lo adopera per parlare di un'unione illegittima, di un'unione che non puo' esistere, che dà scandalo, che Dio non ha mai approvato e che non potrà mai approvare. L'adulterio è un peccato ma l'incesto è talmente grave da collocarsi addirittura al di fuori dallo stesso contesto di peccato.

 

Lettura del cap. 6, vv. 12-20.

Ecco un brano che espone una stupenda teologia del corpo. Sembra di vedere gli affreschi della cappella sistina. E notiamo una grande distanza dalla cultura greca la quale sosteneva che il corpo per fortuna muore mentre l'anima torna a Urano.

S. Paolo compie una sacralizzazione vera e propria del corpo.

 

Vi siete mai chiesti perché al termine della celebrazione del funerale si incensa la bara? Si incensa il corpo contenuto nella bara perché l'incensazione rappresenta l'omaggio dovuto alle realtà sacre. E' l'ultimo atto - anche visivo - che si compie per ricordare a tutti che quel corpo, magari già in decomposizione, risorgerà. E' qualcosa di infinitamente grande: quel corpo fa parte della tua persona.

Si tratta della concezione biblica e non della concezione greca: l'uomo è un tutt'uno; non esiste alcuna divisione tra anima e corpo; siamo una persona. E il nostro corpo è membro del grande corpo di Cristo. Con il battesimo siamo stati uniti a Cristo e, quindi, la nostra persona è destinata alla risurrezione. Ritroveremo il nostro corpo nell'eternità perché fa parte di noi.

Ci sarà la risurrezione dei morti, del nostro corpo, ma non sappiamo come avverrà. Abbiamo un unico termine di paragone: la risurrezione del corpo del Signore. Quindi il nostro non sarà un corpo soggetto alle leggi dello spazio e del tempo; sarà un corpo glorificato.

Ricordiamoci che il nostro corpo è anche santuario, tempio dello Spirito Santo, perché con il battesimo è stata consacrata a Dio tutta la persona.

Per Paolo la sessualità costituisce una delle realtà, delle espressioni corporee più grandi. Ricaviamo questo concetto anche dalla Lettera ai Romani al cap. 1, vv. 18 e segg.

 

I pagani sarebbero potuti arrivare a Dio? Certamente, guardando con attenzione il creato che costituisce il primo libro (antecedente alla Bibbia) che Dio ha scritto per parlare di sé. Proprio il creato avrebbe dovuto portarli a conoscere la grandezza e l'immensità del Signore. Ma i pagani hanno sbagliato: hanno adorato il creato anziché il creatore e di conseguenza invece che a Dio sono arrivati all'uomo, ai quadrupedi.....

Pensiamo a una famosa frase di S. Agostino: "Ti cercavo nelle creature e non mi accorgevo che le creature mi allontanavano da Te."

I pagani non sono pervenuti alla conoscenza di Dio e il segno più grave del loro sviamento è rappresentato dall'omosessualità, cioè dai rapporti contro natura.

L'uomo e la donna. "....l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola." (Mc 10,7). Questo è il progetto di Dio. "Andate e moltiplicatevi...".

San Paolo annette alla sfera sessuale una grande significatività positiva quale segno del nostro recepire il Cristo e la sua vita.

 

Lettura 6,19-20

L'espressione "comprati a caro prezzo" ci colloca nella dimensione della croce. Cristo ci ha acquistati con il suo sangue. Noi non siamo "nostri", con il battesimo abbiamo smesso di esserlo perché apparteniamo a Dio.

 

Lettura 7,1-15

Le situazioni esposte da Paolo riguardano i problemi attinenti ai matrimoni misti ossia tra persone appartenenti a religioni diverse oppure - situazione più diffusa oggi - tra coniugi di cui uno sia credente e l'altro non credente. Quest'ultimo tipo di matrimonio è oggetto di studio da parte di esperti di diritto canonico e di teologi, che tenderebbero a considerarlo alla stregua di matrimoni misti tradizionali (tra appartenenti a confessioni diverse) anche se costituisce un sacramento soltanto per uno dei contraenti (il coniuge credente).

 

Sappiamo che per avere un matrimonio canonico valido occorre che entrambi gli sposi abbiano l'intenzione di celebrarlo secondo il significato che la Chiesa attribuisce al matrimonio stesso. Se anche uno solo dei due contraenti non credesse nella indissolubilità non avremmo un matrimonio valido, che, anzi, sarebbe nullo, cioè come mai esistito. Se dovessero risultare nel corso di un eventuale processo di dichiarazione di nullità le prove concrete che i coniugi prima di sposarsi non credevano nella indissolubilità, il matrimonio stesso verrebbe dichiarato nullo (non annullato) e quindi non esistente.

 

 

 

Lettura 1 Corinzi 7,17-20

La dottrina matrimoniale di Paolo va letta, oltre che in questo capitolo, anche nel cap.5 della lettera agli Efesini.

 

X lezione

 

Prima lettera ai Corinzi - continuazione

 

Nell'incontro precedente è stata fatta l'introduzione al cap. 7 della prima lettera ai Corinzi e si è iniziato a parlare della problematiche che San Paolo mette in relazione con la sessualità.

E' stato anche letto il cap. 7 che pone i pilastri portanti della trattazione nella storia della Chiesa delle tematiche del matrimonio, della verginità e del rapporto tra matrimonio e verginità.

 

Per verginità si intende lo stato di vita di chi è consacrato al Signore. Quindi non si tratta dello stato di vita di chi è vergine fisicamente (può esserlo ma non è necessario) oppure di chi non è sposato. Sappiamo a questo proposito che le suore di Betania accolgono nel loro conventi soprattutto ex prostitute che sicuramente non sono più vergini fisicamente, ma ciò nonostante appartengono allo stato verginale perché si sono consacrate al Signore.

Tale stato richiede per tutti coloro che emettono i voti e anche per noi sacerdoti di rito latino l'astensione dall'esercizio della sessualità.

S. Paolo scrive sul matrimonio e sulla verginità avendo alla spalle una sua storia e si rivolge ai Corinzi, i quali hanno alle spalle un loro retroterra culturale.

L'apostolo era un fariseo cresciuto alla scuola di Gamaliele. Nell'ebraismo il matrimonio era visto come l'unica via voluta dal Creatore, tanto che non si ammetteva che l'uomo potesse essere non sposato. Da questo punto di vista Gesù costituiva proprio un'eccezione. Erano però presenti nell'ebraismo alcune situazioni in cui si praticava il voto di castità per motivi molto diversi da quelli cristiani. L'ebraismo legava alla sfera sessuale - e, quindi, anche al matrimonio - numerose impurità.

 

Lettura di Levitico 15,1-15 "Le impurità sessuali".

Alcune prescrizioni del Levitico sono rimaste in uso fino a poche anni fa, come - ad esempio - la purificazione della puerpera.

Sappiamo che il Levitico è il libro che "stronca" coloro i quali iniziano a leggere la Bibbia seguendo la successione dei libri e che, dopo aver letto la Genesi e l'Esodo, si arenano di fronte alle difficoltà di questo testo.

Con la lettura del Levitico scopriamo che tante leggi di purità e d'impurità, inserite in una sfera religiosa, costituiscono semplicemente delle norme igieniche atte a preservare la salute del popolo. La stessa circoncisione nella notte dei tempi nasce come norma igienica e assume poi una connotazione prettamente religiosa di appartenenza al popolo eletto.

 

Al v. 16, dove si parla di una emissione seminale, si entra già in un ambito diverso, perché non si tratta di una malattia. Vediamo che la sfera della sessualità ha in sé, comunque, qualcosa di sacro che rende, al limite, anche impuro l'uomo con l'impossibilità di accedere al culto (vv. 16-18).

 

Lettura vv. 19-21

Secondo alcune commentatrici il senso profondo della norma è di preservare la donna nel momento di maggiore debolezza.

 

Lettura vv. 25-31

Questo è il retroterra culturale di San Paolo.

 

Leggere Levitico 18 e 20 (vv. 8-21).

Tutto ciò che da una parte favorisce il benessere e la salute fisica del popolo e dall'altra è legato alla sfera sessuale viene collocato in un ambito culturale, cioè di rispetto verso Dio e la sua casa.

Nelle leggi d'impurità e di purità sono messi molto in evidenza gli elementi che possono perturbare l'unità del popolo (ad es. l'adulterio e i reati contro la proprietà). Notiamo che la violenza verso una vergine era considerata un peccato contro la proprietà e non contro la persona, tanto da essere punita con un risarcimento al padre. Del resto da non molto tempo nella legislazione italiana la violenza sessuale viene classificata come reato contro la persona. Nella comunità degli Esseni era praticata l'astensione dai rapporti sessuali per essere liberi di praticare il culto. Infatti a Qumram, sede di quella comunità, il gruppo ristretto dei sacerdoti - veri e propri monaci - era soggetto al voto di castità in vista della purità rituale. Costoro si ritenevano gli eredi del sacerdozio legittimo, gli unici in grado di officiare il culto all'arrivo, ritenuto imminente, del messia-sacerdote.

 

Da alcuni manoscritti rinvenuti nel secolo scorso a Damasco si è scoperta la presenza nell'ebraismo di un'altra comunità, quella di "terapeuti", i quali erano una sorta di eremiti che non erano sacerdoti (quindi non esercitavano il culto), ma si dedicavano allo studio della Sacra Scrittura. I "terapeuti" non si sposavano in quanto avevano collocato al centro della loro vita la conoscenza e la meditazione della Torah (la Legge).

Sembra che tra gli "eremiti" potessero essere presenti anche delle donne. I sacerdoti dell'ebraismo avevano delle norme di comportamento più restrittive rispetto al popolo.

 

Lettura Levitico 21,7-9

 

Lettura vv. 13-15

Notiamo quasi una gerarchia nei vincoli. Più si arriva vicino al Signore nei gradi del sacerdozio e più deve essere immacolato ciò che si è, si ha e ci circonda.

Ricordiamo, però, che ci troviamo sempre nella logica della proprietà nei confronti della donna che deve essere immacolata per garantire al sommo sacerdote una discendenza immacolata.

 

I Corinzi vivevano in una città cosmopolita dai costumi piuttosto rilassati ed erano in maggioranza di cultura greca. Secondo le leggi di Solone in Atene gli omosessuali non godevano dei diritti civili. Quindi l'omosessualità, ancorché praticata, era condannata dalla leggi dello Stato.

Sempre ad Atene, secondo il sentire comune della gente, gli omosessuali venivano definiti con il verbo laconizein.

"Laconica" è una persona di poche parole. E questa parola deriva dagli abitanti di Sparta (Lacon), odiati dagli ateniesi. Allora, per tutto ciò che era negativo veniva usato il termine "laconico", ed è significativo che l'essere omosessuali fosse indicato con il verbo laconizein (fare cose da spartani). Ecco, il retroterra culturale dei Corinzi è costituito anche dalla legislazione di Atene.

 

Dal punto di vista religioso, le divinità greche non rappresentavano sempre esempi di moralità, ma tre delle divinità maggiori erano vergini: Artemide (Diana per i romani), dea della caccia; Atena (Minerva), nata dalla testa di Giove, quindi con un parto totalmente verginale; Estia (Vesta), la dea della famiglia, del focolare domestico.

Sappiamo che il collegio di vergini più famoso dell'antichità era costituito dalle vestali, sacerdotesse dedite al culto di Vesta. E colei che trasgrediva il voto di castità veniva murata viva. Anche altre divinità, come Giunone moglie di Zeus, avevano collegi sacerdotali di donne vergini.

A Efeso il collegio sarcerdotale di Artemide era formato, invece, da uomini vergini che, però, erano eunuchi.

Di conseguenza osserviamo che a Corinto, nonostante tutto, il retroterra culturale coglieva anche l'importanza della verginità, intesa come dedizione totale a una divinità senza abbracciare lo stato di vita matrimoniale.

 

Riprendiamo ora il discorso di Paolo su matrimonio e verginità.

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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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