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COMMENTO DELLA SECONDA LETTERA AI CORINTI

Ultimo Aggiornamento: 04/03/2012 22:30
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22/02/2012 15:50
 
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LO SPLENDORE DEL GLORIOSO VANGELO DI CRISTO

Un po’ di follia. Paolo sta per rivelare ai Corinzi la sua vita. Essa è avvolta tutta dalla grazia Dio, grazia dentro e fuori, sulla terra e anche nel cielo. Possono loro comprenderlo? Non sembrerò ai loro occhi il suo racconto una pura follia? Ma che forse tutte le opere della grazia in noi e fuori di noi non sono una follia per chi non ha fede? Per comprendere Paolo che parla dell’azione della grazia in lui è necessario lo Spirito Santo. Deve essere nello Spirito Santo colui che parla, ma anche colui che ascolta. Se colui che parla non è nello Spirito Santo, rischia di trasformare la verità, o di farne un’esaltazione a suo vantaggio. Sarebbe un mentitore. Se colui che ascolta non è nello Spirito Santo, o non comprende e non afferra la grandezza dell’opera di Dio, oppure anche lui rischia di lasciarsi abbindolare dal racconto fantasioso, fuori di ogni verità di quanti dicono di essere avvolti dalla grazia di Dio, mentre in verità si tratta solo di fantasia umana e di terrena esaltazione, pura elaborazione della mente, creatrice di ogni realtà naturale e soprannaturale, invenzione del cuore per la gloria della propria persona.
Promessi ad un unico sposo. Paolo vede i Corinzi come una vergine casta. Deve presentarli tutti a Cristo, loro sposo divino. Non vuole che un pensiero della terra rovini la loro verginità nell’amore e nella verità e per questo sente per loro una gelosia divina. Li vuole tutti per Cristo Signore. Deve consegnarli tutti a Lui. È in fondo questa la vera missione di ogni apostolo del Signore: andare per il mondo, cercare di queste spose fedeli e caste, che vogliono anche mantenersi tali, in modo da stringere con Cristo Gesù un’alleanza di amore eterno, nella verità e nella giustizia. L’amore per Cristo deve essere nella verità. Senza verità non può esserci alcun amore per Lui. La verità è una sola: la volontà del Padre suo che è nei cieli. Come Cristo visse per fare la volontà di Dio, così ogni uomo deve vivere solo per fare la volontà di Cristo Gesù. In questo cammino di verità in verità c’è un pericolo: il traviamento nei pensieri e nelle intenzioni, nel cuore e nell’anima, frutto della tentazione di satana, il quale sa bene inoculare la menzogna su Dio e su Cristo in modo da allontanare le anime da Cristo e da Dio. Il pericolo è sempre uno e lo stesso: la perdita della purezza e della semplicità nei riguardi di Cristo e del suo Vangelo. Contro questo pericolo deve sempre vigilare l’apostolo del Signore. Egli deve essere uno scudo potente di fronte alla comunità perché i dardi infuocati di satana non colpiscano la comunità e la distruggano.
Dove si nasconde satana? Satana sa, ed è questa la sua astuzia, che il suo nemico è la verità. Lui è padre di menzogna, di falsità, padre di inganno e di ambiguità. Se riesce a distruggere la verità, se riesce a far sì che la verità non giunga nei cuori, lui ha vinto. La falsità conquisterà il mondo e lo governerà per sempre. Ci sono delle roccaforti della verità che sono le scuole di teologia. Se lui riesce a impossessarsi della mente di un professore di teologia, facendogli insegnare un Cristo diverso, un Cristo che non è il Cristo del Vangelo, satana per molti anni può stare tranquillo. Migliaia e migliaia di anime saranno in suo potere, senza che lui nulla faccia. Un solo professore, un solo maestro vinto dalla sua menzogna produce dall’interno della Chiesa tanta di quella devastazione infinitamente di più di dieci mila nemici della Chiesa dall’esterno. Altra roccaforte sono i ministri della Parola (Vescovi, Sacerdoti, Diaconi). Se riesce a far sì che uno di questi si allontani dalla verità, tutti coloro che sono sotto il suo governo pastorale, sono e rimarranno per molti anni schiavi della menzogna, dell’errore, di una falsa concezione di Dio. C’è infine, come si è detto precedentemente, l’esercizio passivo dell’autorità, il non intervento. Si sa che uno insegna la falsità, non si interviene, per paura, o per altro motivo umano, anche a volte per amicizia, e così satana ha un valido aiuto per distruggere la Chiesa di Cristo. Satana non lavora per inquinare un bicchiere di acqua. Sarebbe un lavoro immane da fare. Sarebbe facilmente sconfitto. Inquina invece direttamente le fonti. Bastano due o tre fonti inquinate perché l’errore si espanda a macchia d’olio. Poiché le fonti sono anche in collegamento tra di loro: una può inquinare l’altra senza che neanche se ne accorga e così la falsità prospera nella Chiesa e nessuno se ne avvede. Se coloro che dovrebbero vigilare, vivono l’esercizio passivo della loro autorità, satana ha buon gioco.
Cristo diverso. Al tempo di Paolo si insegnava uno Spirito diverso, con un Vangelo anche diverso. Il combattimento di satana contro la verità era diretto contro il principio allora maggiormente in forza e in potenza. Abbiamo detto che satana va direttamente alla fonte, al principio. Distruggendo la fonte, annullando il principio egli ha vittoria su tutto ciò che dal principio e dalla fonte promana. Lui non attese che Adamo ed Eva avessero una discendenza. Questa sarebbe nata nello stato di giustizia originaria. Avrebbe dovuto tentare sia i genitori che la loro prole. Invece fa cadere la fonte della vita, il principio primo di ogni vita e così ogni vita è nella morte. Lui non combatte una battaglia effimera, inutile, dispendiosa di molte energie. Lui va al centro della verità, al principio della vita, all’origine della salvezza. I più grandi tentati sono il Papa, i Vescovi, i Sacerdoti, i Diaconi, i Religiosi, le Religiose, i Maestri di Teologia e ogni altro ministro della Parola. Se cade il principio, la fonte, cade con loro tutta la comunità che essi dirigono o governano. Al tempo di Paolo il Vangelo era forte, lo Spirito agiva con potenza. Satana combatteva il Vangelo di Paolo, negava lo Spirito che Paolo dava. Ora invece che il Vangelo non esiste più, ora che lo Spirito non governa più le menti, a satana non interessa più negare il Vangelo. Non esiste. Non interessa più combattere lo Spirito. Non è operante nei cuori. Oggi sta lavorando per insinuare nelle menti un’altra delle sue falsità: l’indifferentismo religioso. Non è necessaria nessuna religione in particolare per la salvezza, tutte le religioni sono buone, sono uguali, sono sante. Più falsità di questa non può esistere. L’unico Salvatore e Redentore è Cristo Gesù. Per combattere Cristo oggi si serve dell’indifferentismo religioso, dichiarando Cristo uno dei tanti, non il solo; affermando che tutte le religioni sono vie di salvezza. Poi la storia ci dimostrerà che l’uomo è avvolto dalla morte e dalla falsità. Ma di questo nessuno si convincerà, penserà che non dipende dalla religione, ma dal cuore dell’uomo, ignorando volutamente che il cuore solo Cristo lo può trasformare e solo lo Spirito Santo di Cristo lo può rinnovare. Satana, ed è questo un altro dei suoi stratagemmi, si serve della sapienza umana per velare la croce di Cristo Gesù.
Incontrarsi con la verità (Paolo), incontrarsi con uomini (superapostoli). Paolo è vero servo del Vangelo. Evangelizza e lavora, si affatica e soffre, vive una sollecitudine per tutte le chiese, il suo è un amore sacrificale, oblativo. Veramente lui ha votato tutta la sua vita a Cristo, divenendo olocausto e sacrificio per la salvezza del mondo. Chi incontra lui, incontra la verità, incontra l’amore, incontra la santità. Quando invece la verità di Dio non è nel cuore di un uomo, né in esso vi abita la sua santità, che è potenza di grazia e di amore, chi lo incontra, incontra semplicemente un uomo. Costui non è strumento di salvezza, perché non è fonte di amore, di verità, di speranza. Lui è senza Cristo, è solo con se stesso. Mai chi è solo con se stesso, potrà aiutare un fratello a incontrare Cristo. Sarebbe questo un vero controsenso. Fa incontrare Cristo chi è pieno di Cristo, chi invece è pieno del mondo altro non fa che far incontrare coloro che lo incontrano con il mondo. Ognuno però deve sapere con chi si incontra e chi incontra, per che cosa incontra l’altro. Molti sono i tentatori, molti sono anche coloro che si lasciano tentare. Se invece si parte da un principio santo e cioè che la nostra salvezza è posta anche nelle nostre mani, ognuno farebbe molta più attenzione quando incontra qualcuno. Se lui va alla ricerca di Cristo e Cristo non incontra nella persona incontrata, è il segno che costui non possiede Cristo. Cercarlo in lui è cercarlo inutilmente. Bisogna recarsi altrove, se veramente si cerca il vero Cristo. Questo non deve significare che si è girovaghi, o che bisogna fermarsi necessariamente presso coloro che non danno Cristo, deve significare invece che ognuno ha il diritto di cercare il vero Cristo e che se qualcuno non lo trova presso di noi, o noi facciamo di tutto per darglielo, oppure è giusto che lasciamo all’altro tutta la libertà di poterlo cercare, trovare, sposare. L’anima cerca solo Cristo, non cerca gli altri. Tutti gli altri siamo strumenti di Cristo per portare ogni anima a Cristo.
Neanche chi è mosso sa perché è mosso. C’è un principio di fede che deve essere sempre chiaro al nostro spirito. Chi è mosso dallo Spirito di Dio neanche lui sa di essere mosso. Se lo sapesse, non sarebbe più mosso. La mozione dello Spirito è un movimento che dal Cielo, dallo Spirito del Signore, investe il cuore, l’anima, i sentimenti. Quasi mai investe la mente. Se investisse la mente, ci sarebbe coscienza di questa mozione. Invece, poiché la mente resta quasi sempre fuori, è questo il motivo per cui neanche colui che è mosso sa di essere mosso e soprattutto neanche lui sa perché è mosso. Agisce e basta. Opera perché lo Spirito lo muove ad agire, a volte senza svelargli il motivo, le ragioni, la causa o altro. La mozione dello Spirito avviene però quando un uomo, una donna, si consegna interamente a Lui e da Lui si lasciano muovere senza chiedersi, senza interrogarsi, senza domandare il perché. La mozione dello Spirito è l’espressione più alta della libertà dello Spirito che spira dove lui vuole, noi ne sentiamo la voce, ma non sappiamo né da dove viene né dove va. Perché lo Spirito possa muovere una persona, occorre che questa sia totalmente libera da pensieri, da affanni, da altri condizionamenti umani. È necessario che viva la più grande e più assoluta povertà in spirito. Solo i poveri in spirito possono essere mossi dallo Spirito Santo e mossi abitualmente. Tutti gli altri hanno l’impedimento dei loro pensieri e dei loro affanni, delle loro piccole schiavitù che ostacolano, anzi impediscono ogni azione dello Spirito Santo su di loro e per mezzo di loro.
Le vie necessarie per la predicazione del Vangelo. Perché si possa predicare il Vangelo ad ogni creatura, ci sono delle vie necessarie, obbligatorie. Ignorarle, non percorrerle equivale a non predicare il Vangelo della salvezza. Chi vuole predicare il Vangelo ad ogni creatura non può fare questa scelta motivandola da un amore minore, piccolo, di convenienza, di opportunità, di egoismo o di evasione. La predicazione su una tale motivazione non solo non si regge, non ha neanche il fondamento solido, di credibilità, il solo che produce frutti di vita eterna nei cuori. Perché si possa predicare con frutto il Vangelo occorre che nel cuore ci sia un desiderio e un fuoco di salvezza che ci consuma, ci sia uno zelo per il Signore così alto e profondo, dinanzi al quale ogni altro intendimento cade, perde il suo valore, diviene inesistente. La via necessaria da imboccare per l’evangelizzazione dei popoli deve essere una sola: la salvezza eterna di ogni uomo. Se si perde di vista la salvezza eterna, ci si ripiegherà su motivi sempre contingenti, ma questi non hanno la forza di spingere il missionario fino al martirio e non appena l’opera è iniziata, o si porta avanti a fatica e malamente, senza alcun interesse; oppure abortisce. È questa la storia di tanta nostra pastorale e di tanto lavoro apostolico. Oppure, ed è questa l’ultima conclusione, si fa un apostolato finto. Si finge di lavorare per Cristo Signore, mentre in realtà si curano solo i propri interessi nella vigna del Signore.
Dal comportamento di Paolo i Corinzi possono stabilire se ciò che egli annunzia è verità. Chi vuole predicare il Vangelo deve possedere un solo desiderio nel cuore: la salvezza eterna delle anime. Deve anche essere corredato di uno zelo così grande e da un fuoco così potente da incendiare il cuore del missionario, fino a consumarlo interamente per il suo gregge. Questo desiderio e questo zelo, questo fuoco e questo amore sono ben visibili, si trasformano in opera di evangelizzazione, in apostolato. L’altro lo vede, lo nota, lo percepisce. Se vuole, può fare la differenza con coloro che questo zelo, questo amore, questa carità e questo desiderio non hanno nel cuore. Ognuno può sapere, se lo vuole, chi lavora per la salvezza delle pecore, da chi usa le pecore per un suo particolare interesse. Dal comportamento si può pervenire alla falsità degli uni e alla verità degli altri. La differenza è di amore, di verità, di fede. Quanti sono falsi apostoli, operai fraudolenti, mascherati da apostoli del Signore non possiedono né l’amore, né lo zelo, né il desiderio di salvezza per le pecore. Pascono solo se stessi, ma per pascere se stessi devono necessariamente distruggere i veri operai di Gesù Signore. Come? Parlando male di loro presso le pecore del Signore. Queste, però, se sono di buona volontà, se cercano la verità, possono trovarla, perché possono fare la differenza tra chi le ama e chi se ne serve soltanto. La salvezza della propria anima – lo ripetiamo – è il bene più grande; ognuno ha il dovere di condurla nel cielo e per questo deve evitare di lasciarsi tentare di tutti coloro che non lavorano perché l’anima vada nel cielo; lavorano invece perché ci si allontani dalla verità, si abbandoni Cristo Gesù, si viva solo superficialmente di Vangelo e solo superficialmente si compia il cammino nella verità con una santità a prova di carità, di misericordia, di amore.
Giudizio di conformità. Ogni discepolo del Signore è obbligato pertanto a fare un discernimento veritativo, a operare la differenza tra la verità e la falsità, tra chi annunzia il vero Cristo e chi lo ha già falsificato e manomesso nella sua essenza più pura. Perché a volte, anzi spesso, si manca di questo giudizio di conformità? Perché, pur operando il giudizio, non si ha la forza di prendere le giuste decisioni, la prima delle quali è quella di opporsi con determinazione ad ogni falsità che viene seminata nella vigna del Signore? La ragione è una sola: siamo deboli perché non siamo santi; siamo incapaci perché non abbiamo mai iniziato un vero cammino di perfezione cristiana. Siamo trascinati nel male, perché già il male dimora nel nostro cuore. Il male trascina verso il male, l’indecisione verso la falsità, il peccato verso l’abbandono di Cristo, l’errore ci spinge a rinnegare la verità e chi questa verità proclama. Il male che è fuori di noi trova terreno fertile dentro di noi, a causa della non fede che già ha conquistato il nostro cuore, e noi siamo esposti in modo irrimediabile ad ogni falsità che, inquinando le nostre orecchie, si riversa precipitosamente dentro la nostra anima e la conduce al fallimento nella verità e nella carità. Chi vuole proteggersi dal male che viene dal di fuori di lui deve iniziare un serio programma di ascesi spirituale, deve fortificarsi nello spirito, deve crescere in sapienza e grazia. È questa la via perché il male di fuori non inquini il nostro cuore; è questa anche la via che ci consente di operare infallibilmente un giudizio di conformità tra ciò che ascoltiamo e la Parola di Cristo Gesù. A ben guardare le cose, si può affermare con certezza che oggi pochissimi, quasi nessuno opera più questo giudizio e tutto quello che ascolta, o non lo recepisce perché non lo comprende, e quindi il diavolo lo porta via, oppure lo recepisce secondo il suo criterio interiore che è già inquinato dal male che abita in lui e dalla falsità che già modella il suo spirito e la sua mente. La santità, e solo la santità, è l’unica via che ci consente di poter operare sempre un giudizio di verità su quanto ascoltiamo. Senza santità, la luce dello Spirito dentro di noi e debole e fioca e nulla vediamo del male che si nasconde e si cela nelle parole che ci vengono dette da chi non ama il Signore.
Scegliere Cristo e non le sue grazie. Altro errore che sovente si commette è quello di scegliere Cristo per le sue grazie, ma non Cristo per se stesso. La nostra chiamata è a Cristo Gesù, non alle sue grazie. L’amore va oltre le grazie, perché l’amore di Cristo è la grazia di Dio per noi ed è una grazia di salvezza, una grazia che ci fa essere una cosa sola con il Figlio dell’Altissimo. Ma cosa significa scegliere Cristo per se stesso e non per le grazie che lui ci fa? Significa che Cristo deve essere l’unico oggetto del nostro amore. Lui e Lui soltanto deve essere la ricerca del nostro spirito, della nostra anima, della nostra mente. Scegliere Cristo per se stesso ha una valenza ben precisa: consegnare interamente la nostra vita a Lui perché ne faccia uno strumento di gloria per il Padre suo che è nei cieli. Poi, saprà Lui come adoperare questo strumento, su quali vie mandarlo e di quali mezzi provvederlo perché possa essere sempre strumento per una più grande gloria per il Padre suo. Andare invece a Cristo per le sue grazie, significa che la nostra vita non l’abbiamo consegnata Lui; la nostra vita ancora ci appartiene tutta. Vogliamo viverla secondo la nostra volontà e per questo, quanto non possiamo ottenere noi con le nostre forze, lo chiediamo a Lui perché ce lo conceda. Ma chi si appropria della sua vita non ama Cristo. Ama Cristo invece chi consegna la vita a Cristo perché per mezzo di essa si compie la salvezza dell’uomo sulla terra.
Il sommo della prudenza. Il sommo della prudenza nell’apostolo del Signore deve essere sempre quello di salvaguardare la gloria di Dio dinanzi agli uomini. Per questo è più che giusto esporre sempre e comunque la sua vita anche all’incomprensione, al ludibrio, alla mormorazione e ad ogni altro genere di cattiveria pur di salvaguardare l’onore e la gloria del Signore. Il suo, quello del missionario, è un ministero di grazia, di conversione, di fiducia nello Spirito Santo. Questa ricchezza di doni da offrire al mondo intero non lo preserva dal male che regna nel cuore degli uomini, prima però che male contro il missionario, è male contro Dio. Ogni male che si commette nel mondo è sempre e prima di ogni cosa contro il Signore, poiché è trasgressione della sua volontà, autonomia da Lui per quella superbia, frutto del peccato originale, che mai finisce di attaccare il cuore dell’uomo e di renderlo suo prigioniero. Il missionario, nella sua grande saggezza e prudenza, deve sempre far ricadere ogni cosa su di Lui, mai deve operare imprudentemente, facendo ricadere la responsabilità sul Signore, rendendolo così inviso all’uomo. È questa una strategia che Paolo adopera in ogni momento. La gloria di Dio è il fine di ogni sua azione, parola, comportamento. Se per la gloria di Dio deve assumersi lui ogni responsabilità, lo fa con tutto l’amore che è nel suo cuore. In questo è di esempio e di modello per ogni altro evangelizzatore, molti dei quali non sempre hanno lavorato per manifestare la gloria di Dio; hanno invece usurpato la gloria del Signore per un beneficio personale.
Grazia e sapienza camminano insieme. Tutto questo è frutto della sapienza soprannaturale che dimora nel cuore dell’apostolo del Signore. La sapienza però cammina sempre insieme alla grazia; se cresce la grazia nel cuore, cresce anche la sapienza; se invece la grazia arresta la sua crescita, anche la sapienza viene meno, addirittura potrebbe diventare insipienza, stoltezza, vanagloria, ricerca di sé, invidia e ogni altro genere di male, frutto della carne che milita in noi. Questo deve insegnarci che la crescita in grazia è essenziale al missionario, al cristiano, più di ogni altra cosa, più che lo studio, più che la dottrina, più che le altre virtù umane. Se cresce in grazia, cresce in tutto; se non cresce in grazia, non cresce in niente. Anche lo studio della teologia deve essere supportato da una grande crescita in grazia. La grazia è come il terreno su cui matura ogni altro dono di Dio; se viene a mancare la grazia, tutto deperisce, tutto secca, tutto scompare, tutto si perde. Anche gli studi alti e profondi sulle verità della fede, senza la crescita in grazia non giovano a nulla.
Lo Spirito non può agire oltre la misura della grazia che è in noi. Questa affermazione ci fa comprendere quanto sia importante la crescita in grazia di ogni cristiano. La grazia dona allo Spirito Santo la misura della sua azione. Se la grazia è grande, forte, lo Spirito Santo può agire con altrettanta grandezza; se invece la grazia è poca, lo Spirito può agire con pochezza dentro di noi. Bisogna allora utilizzare a pieno tutti i tempi di crescita della grazia. Nessuna occasione deve essere sciupata, sapendo che siamo responsabili di ogni azione che arresta la crescita e ne allunga i tempi. Peccati mortali, peccati veniali, vizi arrestano il tempo della grazia. Contro il peccato dobbiamo sempre lottare al fine di toglierlo dal nostro cuore, dalla nostra mente, da tutto il nostro corpo. Bisogna per questo iniziare una vera ascesi, un vero cammino di progresso, un esercizio costante, perenne al fine di eliminare ogni ritardo nella realizzazione in noi della Parola, la sola che determina la maturazione e la fruttificazione della grazia nel nostro cuore. Tutto questo ci spinge ad un’altra conclusione. A volte ci si lamenta dei fallimenti spirituali. Quasi sempre questi fallimenti sono visti come una mancanza di impegno, o come una pigrizia operativa, come un non amore verso la missione da compiere. Tutte queste motivazioni sono solo effetto, non sono la causa della mancata missione, che è una sola: l’arresto in noi della crescita in grazia; l’acquiescenza al vizio e al peccato che oscurano in noi ogni volontà di bene, ma soprattutto ci privano delle forze soprannaturali, indispensabili perché possiamo compiere la missione di salvezza dei nostri fratelli. Tuttavia c’è sempre da dire che lo Spirito Santo è sempre oltre la nostra debolezza e fragilità. Questo non significa però che la nostra assenza di grazia sia ininfluente per rapporto alla missione e alla sua mozione. Vuol dire semplicemente che la sua azione è sempre oltre le nostre umane capacità. Se è oltre le umane capacità, non è però senza le nostre umane capacità, che sono a Lui offerte e ampliate dalla grazia che agisce in noi, sempre per opera sua.
L’odio, la persecuzione, viene dal cuore non convertito. Chi vuole essere missionario di Cristo Gesù, apostolo del suo amore deve prepararsi alla tentazione, ma soprattutto deve disporre il suo cuore alla persecuzione. La persecuzione non viene solamente dal di fuori, viene dal di dentro e dal di fuori, viene dalla Chiesa e dal di fuori di essa. Essa è sempre il frutto di un cuore non convertito a Cristo Gesù, di una volontà che non aderisce al Vangelo della salvezza, da un’anima nella quale non abita la grazia santificante. La persecuzione però è sempre il sigillo sulla verità di Cristo. Chi è vero lo potrà sapere dalla persecuzione che si abbatte su di lui e si abbatte per la verità che egli difende, annunzia, proclama. La verità è una sola: la volontà di Dio, comunque essa venga conosciuta, appresa. Quando invece la persecuzione non è generata dalla proclamazione della volontà di Dio, quella persecuzione non è sigillo di Cristo, è manifestazione solo della nostra stoltezza e del male che noi abbiamo arrecato a noi stessi e agli altri.
L’amore per tutte le chiese. Zelo o fuoco che divora dentro. Paolo si cala veramente nel cuore dell’umanità. Egli dal cuore di Cristo ha appreso come si ama, questo amore ha versato nel suo cuore; questo amore, lo stesso che è di Cristo, vuole versare nel cuore di ogni uomo. Egli sa tuttavia che la salvezza di un’anima non dipende solo da lui, dalla sua opera, dipende prima di tutto dall’anima stessa, che può rifiutare o accogliere l’annuncio della salvezza, disporsi ad accoglierla, oppure rifiutarla. Nell’evangelizzazione ci sono cose che dipendono dal missionario e cose che dipendono dall’anima. Il missionario sempre sperimenta nella sua vita la debolezza della sua opera e la potenza della grazia del Signore.
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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