Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

COMMENTO ALL'APOCALISSE

Ultimo Aggiornamento: 13/12/2011 13:22
Autore
Stampa | Notifica email    
13/12/2011 13:21
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

IL REGNO MILLENARIO, IL GIUDIZIO SU SATANA E IL GIUDIZIO UNIVERSALE

1 Vidi poi un angelo che scendeva dal cielo con la chiave dell'Abisso e una gran catena in mano. 2 Afferrò il dragone, il serpente antico - cioè il diavolo, satana - e lo incatenò per mille anni; 3 lo gettò nell'Abisso, ve lo rinchiuse e ne sigillò la porta sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni. Dopo questi dovrà essere sciolto per un pò di tempo. 4 Poi vidi alcuni troni e a quelli che vi si sedettero fu dato il potere di giudicare. Vidi anche le anime dei decapitati a causa della testimonanza di Gesù e della parola di Dio, e quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua e non ne avevano ricevuto il marchio sulla fronte e sulla mano. Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni; 5 gli altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni. Questa è la prima risurrezione. 6 Beati e santi coloro che prendon parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui per mille anni.
7 Quando i mille anni saranno compiuti, satana verrà liberato dal suo carcere 8 e uscirà per sedurre le nazioni ai quattro punti della terra, Gog e Magòg, per adunarli per la guerra: il loro numero sarà come la sabbia del mare. 9 Marciarono su tutta la superficie della terra e cinsero d'assedio l'accampamento dei santi e la città diletta. Ma un fuoco scese dal cielo e li divorò. 10 E il diavolo, che li aveva sedotti, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta: saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli.
11 Vidi poi un grande trono bianco e Colui che sedeva su di esso. Dalla sua presenza erano scomparsi la terra e il cielo senza lasciar traccia di sé. 12 Poi vidi i morti, grandi e piccoli, ritti davanti al trono. Furono aperti dei libri. Fu aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati in base a ciò che era scritto in quei libri, ciascuno secondo le sue opere. 13 Il mare restituì i morti che esso custodiva e la morte e gli inferi resero i morti da loro custoditi e ciascuno venne giudicato secondo le sue opere. 14 Poi la morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco. 15 E chi non era scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco.

Il capitolo 20 è trai più discussi. Lungo i secoli ha offerto il pretesto per le più sfrenate fantasie.

Mettiamo in chiaro i dati certi e importanti. La presenza di un triplice "Vidi" (vv. 1.4.11) rivela una prima struttura compositiva. Tre visioni: l’angelo che incatena il drago, i martiri che insieme a Cristo regnano per mille anni, il grande trono di Dio e il giudizio finale.

Le tre visioni sono disposte in modo da formare una storia. Il significato fondamentale è chiaro: il drago è definitivamente sconfitto. La storia non è mai sfuggita dalle mani del Signore e termina come era logico che terminasse: il male e la morte sono sconfitti, i martiri e gli onesti trionfano con Cristo, i malvagi sono puniti. Un’altra cosa importante è che il tempo concesso a satana è breve, mentre il tempo della sua prigionia è di mille anni e il tempo della sua condanna è per sempre. E ancora più importante è il fatto che egli non ha alcuna possibilità su coloro che sono uniti al Signore. Di conseguenza, ciò che conta è sottrarsi ora all’adorazione della bestia e unirsi al vero Signore.

La visione si apre dicendo che satana è imprigionato e gettato nell’abisso. L’abisso è la dimora delle forze ostili a Dio. Sentendo questo il lettore si aspetterebbe di essere giunto alla fine. E invece no: dopo mille anni satana sarà di nuovo libero. E questo è il problema principale: che significato ha questo millennio? Lo diremo nel seguito.

Il cap. 12 ci aveva già detto: "In cielo satana è già sconfitto, ma sulla terra è ancora attivo sia pure per poco". Il cap. 20 similmente dice: "Satana è imprigionato, poi è liberato per breve tempo, infine scompare per sempre".

Il primo racconto vuol dirci che satana è ancora attivo nel mondo, ma che la sua potenza è già stata sconfitta: dunque vigilanza, ma non paura.

Il secondo racconto, con parole diverse, ci dice la stessa realtà: satana è ancora attivo e temibile, ma è già prigioniero e sconfitto. La sua attività è controllata da Dio ed è di breve durata.

Non deve sfuggirci il contrasto: mille anni per Cristo, poco tempo per satana.

*****

vv. 1–6. Satana era stato gettato dal cielo, ma aveva potuto ancora imperversare sulla terra (12,7-12). Ma adesso è giunta la sua ora. Giovanni vede venire un angelo dal cielo, che deve eseguire il giudizio di Dio. Egli ha le chiavi dell’abisso (9,1) e tiene in mano una catena per legare il nemico satana. L’angelo vendicatore lo afferra, lo lega e poi lo getta nell’abisso, poi lo chiude e ne sigilla l’ingresso in modo che non possa più fuggire. Questa descrizione riprende un antichissimo motivo mitico, presente nelle narrazioni di molti popoli, dove si parla di legare le potenze oscure. Nell’escatologia iranica è il serpente Azhi Dahaka ad essere incatenato, ma alla fine dei giorni rompe le sue catene e viene finalmente vinto in un estremo conflitto. L’apocalittica giudaica dell’Antico Testamento spera che Dio vinca le oscure potenze del caos e le chiuda in carcere (Is 24,21-22). Così il maligno è finalmente sopraffatto. Ma l’impedimento a continuare la sua attività dura solo mille anni, durante i quali non potrà più disturbare i popoli del mondo. Ma scaduto quel termine egli sarà di nuovo lasciato in libertà per breve tempo.

Durante i mille anni i beati eserciteranno insieme con Cristo l’ufficio di giudici, sacerdoti e re, e godranno di un regno millenario.

vv. 7–10. Terminati i mille anni, satana sarà lasciato ancora una volta in libertà: egli è il grande seduttore, e cercherà di formarsi un nuovo esercito. Il radunarsi di forze sataniche è descritto secondo la tradizione di Gog e Magog. In Ez 38-39 si parla del principe Gog e del suo paese Magog come del nemico di Israele, che era sceso dal nord. Il mitico esercito dei popoli proveniente dai quattro angoli della terra investe la santa città di Gerusalemme che si trova al centro della superficie terrestre (Ez 38,12). I nemici accerchieranno l’accampamento dei santi e la città santa, e scateneranno l’ultima battaglia. Ma l’intervento miracoloso di Dio deciderà della battaglia in un istante. Cade fuoco dal cielo, che annienta l’esercito satanico.

Il diavolo, che aveva radunato questo esercito, viene gettato nello stagno di fuoco, dove sono già la bestia e il falso profeta (19,20). Così il suo assalto viene definitivamente respinto: la via del nuovo mondo di Dio è ormai libera.

vv. 11–14. Nelle Apocalissi giudaiche il regno intermedio era seguito dalla fine del mondo, dalla risurrezione dei morti e dal giudizio universale. Anche Giovanni contempla a questo punto la caduta del vecchio mondo. Cielo e terra scompaiono dal cospetto di colui che siede sul trono (4,2) e non esistono più (Mc 13,31). I morti risorgono. Il mare restituisce gli affogati, la morte e gli inferi restituiscono i morti che nascondevano. Tutti gli uomini devono ora comparire davanti al tribunale di Dio. Il giudizio viene pronunciato in base alle opere (Rm 2,6). Dio non dimentica ciò che l’uomo ha fatto e adesso lo retribuisce con giustizia destinandolo alla beatitudine o alla dannazione. Tutti coloro i cui nomi sono scritti nel libro della vita entreranno nella gloria del paradiso. Gli altri invece saranno condannati alla dannazione eterna, alla morte definitiva. La morte e i dannati soggiacciono alla seconda morte, in cui non c’è speranza e da cui non si risorge. Ormai l’ultimo nemico è giudicato (Is 25,8; 1Cor 15,26.54ss) e la vita trionfa.

IL REGNO MILLENARIO

L’attesa del regno millenario non si trova in nessun altro scritto del Nuovo Testamento. Era molto diffusa nella letteratura apocalittica giudaica di quei tempi la concezione di un regno messianico intermedio, che avrebbe dovuto precedere la fine del mondo e la venuta del regno di Dio (Ap Enoc 91,12ss; 93; Ap Baruc 29,3ss; 40,3; ecc.). Questa attesa giudaica di un regno intermedio è stata accolta nell’Apocalisse in una forma cristianizzata. Ciò potè avvenire anche perché la primitiva predicazione cristiana aveva attribuito a Gesù il titolo di re messianico e quello di Figlio dell’uomo, concentrando così sul suo nome tutte le aspettative escatologiche.

Nel pensiero extrabiblico giudaico, in particolare nelle correnti apocalittiche, s’era andata sempre più affermando l’idea che la storia del mondo fosse ricalcata sullo schema dei sei giorni della creazione. E sull’affermazione del Sal 90,4 (‘Mille anni sono ai tuoi occhi come un giorno’: cf. 2Pt 3,8) si concludeva che ogni giorno occupasse lo spazio di mille anni. La storia mondiale veniva così pensata sullo schema di sei millenni, destinati a concludersi nel settimo giorno, il grande ed eterno sabato. Il settimo giorno era considerato l’era messianica, preceduta e accompagnata da un temporaneo imprigionamento di satana (4 Esdra 7,28ss).

Nella storia della chiesa l’idea del regno millenario ha dato luogo a molte speculazioni di filosofia della storia, a vani tentativi di calcolare il momento della fine del mondo, a molte delusioni e a molte fiammate di speranza. Tale dottrina è chiamata chiliasmo (dal greco khilioi = mille). Agostino ha tolto agli entusiasti la possibilità di fondare le loro aspettative sulla profezia del regno millenario riferendola alla chiesa, il regno di Cristo sulla terra, che è in lotta contro le potenze delle tenebre. Il chiliasmo fu sconfitto da questa interpretazione storico-ecclesiastica, in base alla quale il regno millenario non è più atteso per il futuro, ma è già cominciato con la storia della chiesa. Tuttavia non sono mai mancati, e non mancano, gruppi di fanatici pronti a ravvivare la predizione del regno millenario.

 

 

IL MONDO NUOVO
(21,1–22,5)

UN NUOVO CIELO E UNA NUOVA TERRA

1 Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più. 2 Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. 3 Udii allora una voce potente che usciva dal trono:
« Ecco la dimora di Dio con gli uomini!
Egli dimorerà tra di loro
ed essi saranno suo popolo
ed egli sarà il "Dio-con-loro".
4 E tergerà ogni lacrima dai loro occhi;
non ci sarà più la morte,
né lutto, né lamento, né affanno,
perché le cose di prima sono passate».
5 E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»; e soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e veraci.
6 Ecco sono compiute!
Io sono l'Alfa e l'Omega,
il Principio e la Fine.
A colui che ha sete darò gratuitamente
acqua della fonte della vita.
7 Chi sarà vittorioso erediterà questi beni;
io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio.
8 Ma per i vili e gl'increduli, gli abietti e gli omicidi, gl'immorali, i fattucchieri, gli idolàtri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. E' questa la seconda morte».

Seguendo la lettura dell’Apocalisse abbiamo percorso un viaggio: dal tumulto della storia umana e dalle sue contraddizioni alla pace e alla semplicità del regno di Dio. Ci è stato messo sotto gli occhi l’intero cammino dell’umanità, dal passato al presente e dal presente al futuro.

La pagina che stiamo leggendo è infatti in punto terminale verso cui l’umanità è incamminata. Anche in questa parte conclusiva abbiamo la presentazione di tre visioni: la nuova creazione, la nuova Gerusalemme, il fiume dalle acque abbondanti.

Al centro, come sempre, il trono di Dio. È dal trono che proviene la voce che spiega il contenuto della visione ed è "Colui che sedeva sul trono" che afferma: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose". È dal trono che scaturisce il fiume di acqua viva. L’immagine del trono è importante e ricorrente, e l’uso che se ne fa è molto istruttivo. Nella maggioranza dei casi l’immagine è contrapposta polemicamente ai molti troni che gli uomini innalzano ai potenti e ai falsi dei.

La tesi dell’Apocalisse è trasparente: soltanto il trono di Dio ha diritto di essere innalzato nella città dell’uomo, perché soltanto il trono di Dio libera e riunisce. Soltanto davanti al trono di Dio l’uomo deve inchinarsi, e soltanto all’unica e assoluta sovranità di Dio è dovuta l’adorazione. Mentre il trono degli uomini è l’espressione dello sforzo orgoglioso e impotente di salire verso l’alto, quasi per rapire all’unico signore il suo dominio, la sovranità di Dio invece è, al contrario, un movimento che discende verso il basso, dal cielo al cuore della nostra storia: come appunto la Gerusalemme celeste che discende dal cielo, da presso Dio.

C’è una profonda differenza tra il trono di Dio e il trono degli uomini. Il trono degli uomini esprime la volontà che s’innalza per dominare e piegare gli altri ai propri interessi. Il trono di Dio esprime la volontà di chi, già in alto, si avvicina all’uomo per amarlo e salvarlo: "lo sarò il suo Dio ed egli sarà suo figlio" (21,7).

Se è vero che l’immagine che domina e dà stabile fondamento a tutto il resto è quella del trono di Dio, è altrettanto vero che l’idea qui più ricorrente è la novità: cielo nuovo, terra nuova, nuova Gerusalemme, tutte le cose nuove.

L’aggettivo nuovo, nel suo uso biblico, esprime globalmente il desiderio dell’uomo che, finalmente!, succeda qualcosa di diverso, e insieme esprime la consapevolezza che gli uomini non riescono a fare nulla di veramente diverso: molte chiacchiere e molte promesse, ma sempre, alla fine, le stesse cose. L’uomo biblico si è accorto che la novità è possibile soltanto a Dio: l’uomo non la raggiunge da solo, ma unicamente nell’obbedienza al Signore e nell’accoglienza del suo dono. È Dio che fa nuove tutte le cose (21,5). Solitamente nell’Apocalisse, Dio non parla: altri parlano a suo nome. Ma qui egli prende direttamente la parola, quasi per sottolineare che ciò che sta dicendo è la cosa più importante di tutte. Egli ci dà la conferma che il sogno degli uomini di un rinnovamento globale non è sogno, ma realtà.

*****

vv. 1–4. Se il vecchio mondo è scomparso (20,11), Dio metterà al suo posto un nuovo cielo e una nuova terra (Gen 1,1). Il testo aggiunge esplicitamente che non vi sarà più il mare. Scomparirà così la caotica e inquietante potenza da cui era emersa la bestia satanica (13,1). La nuova Gerusalemme scenderà allora dal cielo sulla nuova terra che rappresenta l’opposto dell’empia città di Babilonia. La nuova Gerusalemme è paragonata a una figura femminile: appare come una sposa che si è adornata per essere condotta dallo sposo (21,9ss). Anche Paolo parla della Gerusalemme dell’alto e la chiama la nostra madre, indicando con quel nome la nuova creazione che ha già avuto inizio per la comunità cristiana (Gal 4,26). La prostituta Babilonia è stata ormai condannata (17,3ss; 18,1ss), ma la comunità cristiana è la sposa di Cristo (19,7).

Una voce celeste proclama, con numerose espressioni dell’Antico Testamento, che Dio è nuovamente presente. Dio rimarrà per l’eternità con gli uomini di tutti i popoli. Allora sarà scomparso ogni dolore (7,16-17), e la morte stessa non ci sarà più. Infatti le cose di prima, ossia il vecchio mondo, che viveva sotto il segno del peccato, della sofferenza e della morte, è scomparso.

vv. 5–8. Giunti ormai alla fine del libro, Dio stesso prende la parola (1,8) e conferma che quell’immagine del nuovo mondo è vera. Egli fa nuove tutte le cose (2Cor 5,27; Gal 6,15) e dà a Giovanni l’ordine di scrivere le sue parole, che sono incrollabili e certe, e di trasmetterle alle comunità che vivono ancora nella tribolazione e nella persecuzione. La sua parola è vera perché egli è il principio e la fine (1,8), il creatore e il reggitore dell’universo. Ciò che egli dice, avviene (Sal 33,9). Egli disseterà gli uomini dando loro gratuitamente l’acqua della vita (7,17; Gv 4,10.14; 7,37–38). Egli dona senza fine la sua grazia misericordiosa. Questa promessa veritiera deve fortificare il coraggio della chiesa ancora militante. Come ciascuna delle sette lettere si chiudeva con una parola di vittoria (2,7; ecc.), così anche il discorso di Dio termina con una promessa ai vincitori: chi vince sarà figlio di Dio, e Dio sarà il suo Dio. Mentre quelli che saranno rimasti fedeli riceveranno questa eredità, gli infedeli cadranno nella perdizione eterna (2,11; 20,6.15). Il brano termina con una solenne ammonizione: i codardi e gli increduli non avranno la salvezza. La comunità deve comprendere questo serio avvertimento come un appello alla perseveranza.

 

 

LA NUOVA GERUSALEMME

9 Poi venne uno dei sette angeli che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli e mi parlò: «Vieni, ti mostrerò la fidanzata, la sposa dell'Agnello». 10 L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. 11 Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. 12 La città è cinta da un grande e alto muro con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele. 13 A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e ad occidente tre porte. 14 Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello.
15 Colui che mi parlava aveva come misura una canna d'oro, per misurare la città, le sue porte e le sue mura. 16 La città è a forma di quadrato, la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L'angelo misurò la città con la canna: misura dodici mila stadi; la lunghezza, la larghezza e l'altezza sono eguali. 17 Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall'angelo. 18 Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo. 19 Le fondamenta delle mura della città sono adorne di ogni specie di pietre preziose. Il primo fondamento è di diaspro, il secondo di zaffìro, il terzo di calcedònio, il quarto di smeraldo, 20 il quinto di sardònice, il sesto di cornalina, il settimo di crisòlito, l'ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisopazio, l'undecimo di giacinto, il dodicesimo di ametista. 21 E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta è formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente.
22 Non vidi alcun tempio in essa perché il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio. 23 La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello.
24 Le nazioni cammineranno alla sua luce
e i re della terra a lei porteranno la loro magnificenza.
25 Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno,
poiché non vi sarà più notte.
26 E porteranno a lei la gloria e l'onore delle nazioni.
27 Non entrerà in essa nulla d'impuro,
né chi commette abominio o falsità,
ma solo quelli che sono scritti
nel libro della vita dell'Agnello.

Un angelo aveva accompagnato Giovanni nel deserto per mostrargli la grande prostituta, cioè la città pagana, la società idolatra (18,3ss), i cui contrassegni evidenti sono l’insofferenza di Dio ("è coperta di nomi blasfemi"), il lusso sfacciato e volgare ("vestita di porpora e di scarlatto, adorna di gioielli e di pietre preziose"), la capacità di attrarre nella propria visione idolatra tutti i popoli della terra ("madre di tutte le abominazioni della terra"), la persecutrice dei cristiani ("ebbra del sangue dei santi e dei martiri di Gesù"). Ora lo stesso angelo conduce Giovanni su un monte altissimo per fargli contemplare la città santa, la nuova Gerusalemme. Le due città sono una l’opposto dell’altra: Babilonia si erge contro Dio, Gerusalemme discende da Dio. L’architettura della città di Dio dà la netta sensazione della completezza, della definitività e dell’armonia. Così il simbolismo del numero dodici, il numero della pienezza (le dodici porte, i dodici basamenti), e il simbolismo del quadrato ("la città è a forma di quadrato, la sua lunghezza è uguale alla larghezza"). Tutto è compiuto, armonico, simmetrico: non vi si può aggiungere né togliere nulla. È chiaro che Giovanni non sta descrivendo il piano di una città, ma il volto della comunità salvata e purificata da Dio. Sono cadute tutte le contraddizioni che ora caratterizzano la convivenza, è caduta la frammentarietà, la disarmonia, la provvisorietà.

Inoltre Giovanni accumula immagini che creano il senso dell’armoniosità, della trasparenza e della preziosità: lo splendore della città è come quello delle gemme ed è tutta costruita con oro e pietre preziose. Ma a differenza di Babilonia, che ostenta i suoi gioielli per mostrare la propria gloria, la nuova Gerusalemme risplende della gloria di Dio.

Ed è proprio questo il tratto più importante: la nuova città è in comunione con Dio, una comunione diretta, trasparente, senza veli e mediazioni: "Non vidi alcun tempio in essa, perché il Signore Dio, l’Onnipotente, l’Agnello sono il suo tempio". Dio non è più incontrato attraverso qualcosa, ma faccia a faccia, e questo è il grande sogno dell’uomo, l’ansia profonda di ogni sua ricerca. Sono caduti i veli, e Dio è di fronte.

Notiamo che è solo con l’aiuto di un angelo di Dio che Giovanni ha compreso l’idolatria di Babilonia e ha contemplato la nuova Gerusalemme. Al di là del simbolo, l’insegnamento è chiaro: è alla luce della parola di Dio, cioè nell’ascolto, nella preghiera, nella fede, che la comunità cristiana trova lucidità per scoprire l’idolatria del mondo presente e per ritrovare la certezza del mondo futuro. Senza l’aiuto della parola di Dio la lettura della storia perde lucidità e si confonde con la lettura mondana: la comunità credente finisce col ragionare come il mondo. Oppure smarrisce la speranza, vede il fallimento e non scorge, nel profondo, il germe carico di promessa delle novità di Dio.

*****

vv. 9–17. Gli angeli stanno a guardia delle dodici porte (Is 62,6) che si aprono verso i quattro punti cardinali per permettere il libero accesso alla città (Ez 48,30ss). Ciascuna delle porte porta scritto il nome di una delle dodici tribù d’Israele (Ez 48,31ss) poiché Gerusalemme è la città del popolo di Dio. Però questo non è più limitato al popolo dell’antica alleanza, ma è la comunità di Gesù Cristo di cui sono stati chiamati a far parte giudei e pagani (7,4ss). Perciò Giovanni aggiunge che i dodici basamenti portano scritto il nome dei dodici apostoli; la chiesa infatti è costruita sul fondamento degli apostoli e dei profeti (Ef 2,20; Mt 16,18), che formano la base su cui poggia l’intero edificio. L’angelo, che con la sua canna d’oro misura la città, ne comunica a Giovanni le enormi dimensioni. La città ha una pianta quadrata. Nell’antichità il quadrato e il cubo erano considerati immagini della perfezione e, secondo le notizie trasmesseci dalla tradizione antica, anche Babilonia era una città a pianta quadrata. La misura di dodicimila stadi, che corrisponde a circa 2.400 km, riguarda non solo la lunghezza e la larghezza, ma anche l’altezza. Questo cubo dalle dimensioni colossali richiama alla mente la concezione che si aveva nel mondo antico della volta celeste; le dimensioni del cubo e la frequente ripetizione del numero dodici vogliono simboleggiare la massima perfezione. I 144 cubiti indicati per le mura, presumibilmente devono riferirsi al loro spessore (= 70 metri circa) e non alla loro altezza.

vv. 18–27. La descrizione della bellezza indicibile della città prosegue con la menzione del ricchissimo materiale usato per costruirla (Is 54,11; Tb 13,16-17). La città è d’oro puro e trasparente e le sue fondamenta sono adornate di sfavillanti pietre preziose (4,3), i cui nomi sono indicati in una successione molto simile a quelle delle analoghe liste dell’Antico Testamento (Es 28,17ss; 39,10ss; Ez 28,13).

Le porte della città sono formate da dodici perle meravigliose. La strada che attraversa la città celeste è anch’essa d’oro purissimo. Le materie preziose ricordate in questa lista non vanno interpretate separatamente, ma viste tutte insieme come un modo per descrivere la luminosa e risplendente bellezza della nuova Gerusalemme, colma della presenza di Dio. Lo sguardo di Giovanni si rivolge ora all’interno della città. Nel mondo antico il santuario era considerato il luogo nel quale era presente la divinità, e di conseguenza si immaginava anche l’esistenza di un tempio nel cielo (11,19; 14,15.17; 15,5ss); ma nel nuovo mondo non ci sarà più bisogno di un santuario, perché Dio e l’Agnello abiteranno in mezzo alla città. Non si adorerà più in un edificio a ciò consacrato, ma soltanto in spirito e verità (Gv 4,24). La luce eterna che emana dalla presenza di Dio illumina la nuova Gerusalemme. Perciò non c’è più la notte, e non occorre più la luce del sole e della luna; infatti solo Dio stesso e l’Agnello sono la luce (1Gv 1,5) che espelle definitivamente ogni oscurità (22,5). Ormai il giorno luminoso non ha più fine, perciò le porte della città non si chiudono, ma rimangono ininterrottamente aperte e permettono in ogni tempo un libero accesso. Accorrono dunque da ogni parte gli adoratori che camminano alla luce della nuova Gerusalemme. Su questo punto Giovanni si ricollega a certe promesse dell’Antico Testamento che in origine non si riferivano a una città celeste, ma alla futura gloria di Sion e della Gerusalemme della terra (Is 60). Quelle profezie si sono ora miracolosamente adempiute: accorrono alla città i popoli pagani, che però non sono più pagani perché ricevono il diritto di cittadinanza della città. I re portano regali e doni preziosi in segno di omaggio. Tutto ciò che è impuro è bandito dalla città: nelle sue mura abitano solo i cittadini del cielo, i cui nomi sono scritti nel libro della vita (3,5; 13,8; 17,8).

 

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 00:30. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com