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Ultimo Aggiornamento: 22/06/2021 17:38
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15/12/2011 11:59
 
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Da una un piccolo servizio possono nascere grandi cose

Camillo De Lellis dopo molte peripezie si ritrovò tra la categoria degli '"incurabili "

Era già stato per un periodo all'Ospedale romano di S. Giacomo, dove si trattavano appunto le più orribili malattie e vi si era perfino impiegato per curare gli altri malati.

Avevano dovuto cacciarlo via perché era soprattutto " malato di molto terribile cervello ": attaccabrighe, prepotente, negligente, sempre alla ricerca di soddisfare la passione del gioco.

Si calava persino dalle finestre, nottetempo, per andare a cercare barcaioli e facchini con cui intrattenersi fino all'alba, giocando.

Tornò, per la seconda volta, all'ospedale come novizio cappuccino. L'atteggiamento era assai diverso, caritatevole, però riservato. Camillo pensava soprattutto al suo convento. Finalmente poté tornarvi e la piaga ricominciò ancora a suppurare. I Cappuccini decisero la sua definitiva dimissione. E Camillo tornò a quell'ospedale a cui la malattia sembrava incatenarlo.

E' bene qui fermarsi a descrivere qual era la situazione degli ospedali del tempo, sapendo che comunque quelli di Roma erano i migliori del mondo.

All'ospedale degli incurabili giungevano i malati più ripugnanti, i rifiuti della società, spesso orribili a vedersi, che venivano addirittura scaricati sulla porta dell'edificio.

Normalmente vi erano disponibili una settantina di letti, che diventavano cinquecento ad anni alterni quando si somministrava una cura radicale (la cura dell'acqua del legno, costosa e celebre a quel tempo). Era soprattutto la cura della sifilide, ma anche di chi pensava di doversi in qualche modo " smorbare". La vollero anche Torquato Tasso per il suo " umore malinconico " e Aldo Manuzio per gli occhi. Durava 40 giorni.

 

Ma se gli ospedali erano abbastanza celebri dal punto di vista della medicina di allora, erano terribili per un altro verso. A mala pena trovava chi volesse prendersi cura di quegli esseri ripugnanti, perfino i preti rifuggivano dall'assistenza religiosa. E i malati erano in mano a dei mercenari; alcuni, delinquenti costretti a quel lavoro con forza, altri, per non aver diversa possibilità di guadagno. Ciò che veniva è per noi inimmaginabile.

Ecco una pagina di un cronista del '600:

 

" Erano forzati... a servirsi, per così dire, della feccia del mondo cioè de Ministri ignoranti, banditi o inquisiti d'alcun delitto, confinandoli per penitenza e castigo dentro li suddetti luoghi...

Almeno certa cosa era che li poveri agonizzanti stavano allora o tre giorni interi, stentando e penando nelle loro penose agonie se ch'alcuno mai gli dicesse una pur minima parola di consolatione o conforto...

Quante volte... per mancamento di chi gli aiutasse e cibasse passavano li giorni interi che non gustavano alcuna sorta di cibo? Quanti poveri gravi, per non essergli rifatti i letti appena qualche volta tutta la settimana, si marcivano ne' vermi e nelle bruttezze?

Quanti poveri fiacchi levando da letto per alcun loro bisogno, cascando in terra morivano o si ferivano malamente? Quanti spasimandosi della sete non potevano haver un poco d'acqua per sciacquarsi rinfrescarsi la bocca? Onde molti come arrabbiati dal grande ardore sappiamo che si bevevano l'orina...

Ma questa che dirò hora chi la crederebbe mai? Quanti poveri morenti non ancor finiti di morire erano da quei giovani mercenari poco accorti pigliati subito da' letti e portati così mezzi vivi tra' corpi morti per essere poi sepolti vivi?...".

 

Non sono esagerazioni, perché riscontri simili abbiamo da altri ospedali.

Quando Camillo e i suoi cominceranno a lavorare nell'ospedale maggiore di Milano (la " Ca' granda ") troveranno che i luoghi di decenza sono in tale stato che Camillo li considera " causa di morte":

" Iddio sa quanti ne morirono l’anno per questo andare a quelli sporchi, fetosi e fangosi lochi! ".

 

Oltre ad una generale incuria, ci sono poi le violenze fisiche con cui i mercenari trattano i malati e li costringono letteralmente con pugni e schiaffi a prendere le medicine previste. A volte li sollevano dai letti con tale violenza che i malati gli muoiono in braccio.

Agli " Incurabili " Camillo è ormai noto per la sua conversione. Ben presto lo nominano Maestro di Casa, colui cioè che ha la responsabilità immediata dell'andamento economico ed organizzativo. Comincia a mettere ordine.

Sa per esperienza come e fatta quella " diavolata gente anormale ", conosce i trucchi degli scioperati per averli lui stesso esercitati, e diviene onnipresente. Notte e giorno. Compare quando nessuno se lo aspetta: richiama, rimprovera, costringe ognuno a far il suo lavoro e bene.

Controlla gli acquisti, litiga con i mercanti, rimanda indietro le partite di merce avariata. E, per quello che non può imporre, offre come modello se stesso.

Si tratta della " tenerezza ".

Lo vedono pulire a mani nude i volti dei poverelli divorati dal cancro, e baciarli.

Introduce, e cura lui personalmente il rito dell'accoglienza: ogni malato viene ricevuto alla porta, abbracciato, gli vengono lavati e baciati i piedi, viene spogliato dei suoi stracci, rivestito di biancheria pulita, sistemato in un letto ben rifatto.

Spiega ai mercenari che: " I poveri infermi sono pupilla et cuore di Dio et... quello che facevano alli detti poverelli era fatto allo stesso Dio ".

Comincia a radunare intorno a sé i più sensibili, prega con loro e a loro comunica (lui che a mala pena sa leggere e scrivere) i primi principi di una teologia della sofferenza.

Un pensiero fisso lo va ormai ossessionando; bisogna sostituire tutti i mercenari con persone disposte a stare coi malati solo per amore.

Vuole gente che " non per mercede, ma volontariamente e per amore d'Iddio gli servissero con quell'amorevolezza che sogliono fare le madri verso i propri figli infermi ". Questo è il progetto. E desta subito preoccupazione. Quei pochi amici che sì ritrovano a pregare e a discutere sull'argomento sono isolati: c'è chi intravede già che interessi e abitudini verranno messi in discussione, altri sospettano che Camillo voglia impadronirsi dell'ospedale, altri ancora considerano il progetto irrealizzabile.

Lo stesso S. Filippo Neri, confessore di Camillo, lo sconsiglia perché crede che quell'uomo ignorante e senza lettere non è atto né sufficiente a governare gente congregata assieme ".

Da parte sua Camillo è tranquillo: " Mi pareva che tutto l'inferno non mi poteva disturbare né impedire l'incominciata impresa ". È convinto che gliela chiede lo stesso Cristo Crocifisso.

Capisce tuttavia che, per acquistare credibilità, lui e i suoi devono imboccare la strada del sacerdozio Riesce miracolosamente a farsi ordinare anche se di teologia speculativa non sa quasi nulla e non riesce nemmeno a scrivere una pagina senza fare molteplici e ridicolissimi errori di ortografia.

Lascia l'ospedale degli " Incurabili " dove ormai non lo vogliono più e raduna i suoi in una poverissima casetta dove hanno due coperte in tre, e la notte devono fare a turno per coprirsi; Cominciano la loro libera attività nel grande ospedale romano di Santo Spirito.

È il glorioso Hospitium Apostolorurn, l'ospedale voluto direttamente dal Papa e da lui affidato ai religiosi di S. Spirito. L'ha fondato Innocenzo III, il grande Papa del '200, perché in esso " abitassero i padroni (cioè i malati) e i servi (cioè tutti gli altri cristiani) ".

I frati che lo dirigono hanno fatto voto di essere " servi " dei loro padroni, gli infermi, per tutta la vita ".

[Modificato da Credente 15/12/2011 12:00]
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Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
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