COMPENDIO DI TEOLOGIA SPIRITUALE

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00sabato 19 ottobre 2013 18:18
ART. III. L'AVARIZIA 891-1.

L'avarizia si collega con la concupiscenza degli occhi, di cui abbiamo
gia` parlato, n. 199. Ne esporremo: 1^ la natura; 2^ la
malizia; 3^ i rimedi.

891. 1^ Natura. L'avarizia e` l'amor disordinato dei beni della
terra. Per mostrare ove sta il disordine dell'avarizia, bisogna
primieramente richiamare lo scopo per cui Dio diede all'uomo i beni
temporali.

A) Lo scopo che Dio si propose e` doppio: l'utilita` nostra e quella dei
nostri fratelli.

a) I beni della terra ci sono dati per provvedere ai bisogni temporali
dell'uomo, dell'anima e del corpo, per conservar la vita a noi e ai
nostri dipendenti, e per procurarci i mezzi di coltivar l'intelligenza
e le altre nostre facolta`.

Di questi beni: 1) gli uni sono necessari per il presente o per
l'avvenire: e` doveroso acquistarli con l'onesto lavoro; 2) gli altri
sono utili per accrescere gradatamente le nostre sostanze, assicurare
il benessere nostro o quello degli altri, contribuire al bene pubblico
favorendo le scienze o le arti. Non e` proibito desiderarli per un fine
onesto, a patto che si tenga conto dei poveri e delle opere di
beneficenza.

b) Questi beni ci sono dati anche per venire in aiuto dei fratelli che
si trovano nell'indigenza. Siamo quindi, fino a un certo punto, i
tesorieri della Provvidenza, e dobbiamo disporre del superfluo per
soccorrere i poveri.

892. B) Ci e` ora piu` facile dire ove sta il disordine nell'amore dei
beni della terra.

a) Sta qualche volta nell'intenzione: si desiderano le ricchezze per
se stesse, come fine, o per fini intermedi che uno si fissa come fine
ultimo, per esempio, per procurarsi piaceri e onori. Chi si ferma qui
e non considera la ricchezza come mezzo per conseguir beni superiori,
commette una specie d'idolatria, e` il culto del vitello d'oro: non si
vive piu` che pel denaro.

b) Sta pure nel modo di acquistarli: si cercano avidamente, con ogni
sorta di mezzi, a scapito dei diritti altrui, con danno della salute
propria o di quella degli impiegati, con speculazioni rischiose, con
pericolo di perdere il frutto dei propri risparmi.

c) Sta anche nel modo di usarne: 1) non si spendono che a malincuore,
con spilorceria, perche` si vuole accumularli, a fine di avere maggior
sicurezza, o godere dell'influenza che viene dalla ricchezza; 2) non
si da` nulla ai poveri o alle opere buone: capitalizzare, ecco lo scopo
supremo a cui incessantemente si mira. 3) Ci sono di quelli che
giungono ad amare il denaro come un idolo, a riporlo nei forzieri, a
palparlo amorosamente: e` il tipo classico dell'avaro.

893. C) Non e` generalmente questo il difetto dei giovani, che,
leggieri ancora e imprevidenti, non pensano a capitalizzare; vi sono
pero` eccezioni tra i caratteri cupi, inquieti, calcolatori. Si
manifesta nell'eta` matura o nella vecchiaia: sorge infatti allora la
cosiddetta paura di restar senza, fondata talvolta sul timore di
malattie o di accidenti che possono produrre impotenza o incapacita` al
lavoro. I celibi, o vecchi scapoli e le zitellone vi sono
particolarmente soggetti, non avendo figli che li possano soccorrere
nella vecchiaia.

894. D) La civilta` moderna sviluppo` un'altra forma dell'insaziabile
amore delle ricchezze, la plutocrazia, la sete di diventar milionari o
miliardari, non gia` per assicurar l'avvenire a se` o ai figli, ma per
acquistar quell'autorita` dominatrice che viene dalle ricchezze. Quando
uno puo` disporre di somme enormi, gode grandissima autorita`, esercita
un potere spesso piu` efficace di quello dei governanti, e` re del
ferro, dell'acciaio, del petrolio, della finanza, e comanda a Sovrani
e a popoli. Questa signoria dell'oro degenera spesso in intollerabile
tirannia.

895. 2^ Sua malizia. A) L'avarizia e` segno di diffidenza verso Dio,
che promise di vigilare su noi con paterna sollecitudine, e di non
lasciarci mancar mai del necessario, purche` abbiamo fiducia in lui.
C'invita a considerare gli uccelli del cielo che non seminano ne`
mietono, i gigli del campo che non lavorano ne` filano, non certo per
animarci alla pigrizia, ma per calmare le nostre ansie e invitarci
alla confidenza nel Padre celeste 895-1. Ora l'avaro, in cambio
di porre la confidenza in Dio, la ripone nella copia delle ricchezze e
fa ingiuria a Dio diffidando di lui: "Ecce homo qui non posuit Deum
adjutorem suum, sed speravit in multitudine divitiarum suarum et
praevaluit in vanitate sua" 895-2. Diffidenza che e` accompagnata
da eccessiva confidenza in se` e nella propria attivita`: uno vuol
essere la provvidenza propria e cosi` si cade in una specie
d'idolatria, facendo dell'oro il proprio Dio. Ora nessuno puo` servire
nello stesso tempo due padroni, Dio e la ricchezza: "non potestis Deo
servire et mammonae" 895-3.

Questo peccato e` dunque di natura sua grave per le ragioni ora
indicate; lo e` pure quando fa ledere doveri gravi: di giustizia, pei
mezzi fraudolenti di cui uno si serve ad acquistare e ritener la
ricchezza; di carita`, quando non si fanno le limosine necessarie; di
religione, quando uno si lascia talmente sopraffar dagli affari da
lasciar da banda i doveri religiosi. -- Ma e` peccato soltanto veniale
quando non ci fa contravvenire ad alcuna delle grandi virtu` cristiane,
compresi i doveri verso Dio.

896. B) Rispetto alla perfezione, l'amore disordinato delle
ricchezze e` ostacolo gravissimo.

a) E` passione che tende a soppiantar Dio nel nostro cuore: questo
cuore, tempio di Dio, e` invaso da ogni sorta di desideri affannosi per
le cose della terra, di inquietudini, di opprimenti pensieri. Ora, per
unirsi a Dio, bisogna vuotare il cuore di ogni creatura e di ogni
affannosa cura delle cose terrene; perche` Dio vuole "tutta la mente,
tutto il cuore, tutto il tempo e tutte le forze delle meschine sue
creature" 896-1. Bisogna vuotarlo soprattutto di superbia: ora
l'affetto alle ricchezze fomenta la superbia perche` ci fa riporre
maggior fiducia nelle ricchezze che in Dio.

Attaccare il cuore al denaro e` quindi mettere ostacolo all'amor di
Dio; perche` la` ov'e` il nostro tesoro, ivi pure e` il nostro cuore: "ubi
thesaurus vester, ibi et cor vestrum erit". Distaccarnelo e` aprire a
Dio la porta del cuore: l'anima spoglia di ricchezze e` ricca di Dio:
toto Deo dives est.

b) L'avarizia conduce pure all'immortificazione e alla sensualita`:
quando uno ha denaro e l'ama, vuol goderne e procurarsi molti piaceri;
o, se si priva dei piaceri, attacca il cuore al denaro. Nell'uno e
nell'altro caso e` idolo che ci allontana da Dio. Conviene quindi
combattere questa trista inclinazione.

897. 3^ Rimedi. A) Il grande rimedio e` la convinzione profonda,
fondata sulla ragione e sulla fede, che le ricchezze non sono fine, ma
mezzi che la Provvidenza ci da` per provvedere ai bisogni nostri e a
quelli dei nostri fratelli; che Dio ne resta sempre Supremo Padrone;
che noi non ne siamo, a dir vero, che amministratori e che un giorno
ne dovremo render conto al Giudice Supremo. -- Ma poi sono beni
passeggeri che non ci potremo portar dietro nell'altra vita, ove del
resto non hanno corso; e, se abbiamo senno, capitalizzeremo pel cielo
e non per la terra: "Non accumulatevi tesori sulla terra, dove la
ruggine e la tignuola corrodono e dove i ladri forano i muri e rubano:
procurate di accumularvi tesori nel cielo, dove la ruggine e la
tignuola non corrodono e dove i ladri non forano i muri ne`
rubano" 897-1.

B) A meglio distaccarsene, il mezzo piu` efficace e` di depositare i
propri beni sulla banca del paradiso facendone larga parte ai poveri e
alle opere di beneficenza. Chi da` ai poveri presta a Dio, e riceve il
centuplo anche sulla terra con la consolazione di far dei felici
attorno a se`, ma principalmente in cielo dove Gesu`, considerando come
dato a se` cio` che fu dato al minimo dei suoi, si fara` premura di
restituire in beni imperituri i beni temporali che avremo sacrificati
per lui. I savi quindi sono coloro che cambiano i tesori di quaggiu`
con quelli del cielo. Cercar Dio e la santita`, ecco in che consiste la
prudenza cristiana. "Cercate prima di tutto il regno di Dio e la sua
giustizia, e tutto cio` vi sara` dato per giunta. Quaerite primum regnum
Dei et justitiam ejus; et haec omnia adjicientur vobis" 897-2.

898. C) I perfetti vanno anche piu` oltre: vendono tutto per darlo ai
poveri o metterlo in comune, entrando in qualche comunita`. -- Si puo`
anche, conservando i capitali, spogliarsi delle rendite, non ne usando
che secondo i consigli d'un savio direttore. A questo modo, pur
restando nello stato in cui la Provvidenza ci ha posti, si pratica il
distacco di mente e di cuore.
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00sabato 19 ottobre 2013 18:18
CONCLUSIONE.

899. La lotta dunque contro i sette peccati capitali finisce cosi` di
svellere in noi quelle cattive tendenze che nascono dalla triplice
concupiscenza. E` vero che ce ne restera` sempre qualcuna di queste
tendenze, per esercitarci nella pazienza e richiamarci alla diffidenza
di noi stessi; ma saranno meno pericolose e noi, appoggiati sulla
grazia di Dio, ne trionferemo piu` facilmente. E` vero che, non ostante
i nostri sforzi, le tentazioni ci sorgeranno ancora nell'anima, ma per
darci occasione di nuove vittorie.
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818-1 Cassiano, De coenobiorum institutis, l. V, c. I, P. L.,
XLIX, 202 sq; Collationes, coll. V, c. X, ibid. 621 sq; S. Giovanni
Climaco, La Scala del Paradiso, grad. XXII, P. G., LXXXVIII, 948 sq;
S. Gregorio Magno, Moral., l. XXXI, c. XLV, P. L. LXXVI, 620 sq;
S. Tommaso, Ia. IIae, q. 84, a. 3-4; De Malo, q. 8, a. I;
S. Bonaventura, In II sentent., dist. XLII, dub. III; Melchior Cano,
La victoire sur soi-me^me, trad. da M. Legendre, Parigi, 1923; Natale
Alessandro, De peccatis (Theol. cursus Migne, XI, 707-1168); Alvarez
de Paz, t. II, l. 1, P. 2a., De extinctione vitiorum; Filippo della
SS. Trinita`, P. Ia., Tr. II, disc. II e III, De vitiorum eradicatione
et passionum mortificatione; Card. Bona, Manuductio ad caelum, c.
III-IX; Alibert, Physiologie des passions, 1827; Descuret, La medicina
delle passioni;
Paulhan, Les Caracte`res, Parigi, 1902; J. Laumonier, La The'rapeutique
des pe'che's capitaux, Parigi, Alcan, 1922.

819-1 De caenobiorum institutis, l. V, c. I; Collat., col. V, c.
X.

819-2 Moral., l. XXXI, c. 45, P. L., LXXVI, 620-622.

820-1 S. Tommaso, IIa. IIae, q. 162 e 132; de Malo, q. 8. 9;
Bossuet, Trattato della Concupiscenza, c. 10-23; Sermone
sull'Ambizione; Bourdaloue, Quaresimale, Serm. pel mercoledi` della 2a.
settimana; Alibert, op. cit., t. I, p. 23-57; Descuret, op.
cit., t. II, p. 191-240; Paulhan, Les Caracte`res, p. 167; Beaudenom,
Formation a` l'Humilite', Parigi, 1902, p. 33-55; Thomas, L'Education
des sentiments,
Parigi, Alcan, 1904, p. 113-124, e 133-148; Laumonier, op. cit.,
c. VII.

821-1 Ps. XIII, 1.

822-1 Trat. della concupiscenza, c. XI.

823-1 Ibid. c. XXIII; J. J. Olier, Introd. c. VII.

824-1 Luc. XVIII, 9-14.

828-1 Sum. theol., IIa. IIae, q. 131, a. I.

828-2 Questo difetto non si trova solo presso i dotti e i ricchi:
Bossuet parla (Trat. della Concupiscenza, c. XVI) di contadini, che
nelle chiese si contendono aspramente i banchi piu` onorifici, fino al
punto di dire che non andranno piu` in chiesa se non vengono appagati.

828-3 Trat. della Concupiscenza, c. XVI.

828-4 "Videri doctores appetunt, transcendere ceteros
concupiscunt, atque attestante veritate, primas salutationes in foro,
primos in coenis recubitus, primas in conventibus cathedras quaerunt".
(Pastoral., p. I, c. I, P. L., XXXVII, 14).

830-1 Molto bene spiega questo S. Tommaso, IIa. IIae, q. 132, a. I:
"Quod autem aliquis bonum suum cognoscat et approbet, non est
peccatum. ... Similiter etiam non est peccatum quod aliquis velit bona
opera sua approbari: dicitur enim (Matth., V, 16): Luceat lux vestra
coram hominibus. Et ideo appetitus gloriae de se non nominat aliquid
vitiosum. ... Potest autem gloria dici vana tripliciter: uno modo ex
parte rei de qua quis gloriam quaerit, puta cum quis quaerit gloriam de
eo quod non est gloria dignum, sicut de aliqua re fragili et caduca;
alio modo ex parte ejus a quo quis gloriam quaerit, puta hominis cujus
judicium non est certum: tertio modo ex parte ipsius qui... appetitum
gloriae suae non refert in debitum finem".

830-2 La Filotea, P. III, C. IV (Salesiana, Torino).

831-1 "Chi sparla di se`, dice S. Francesco di Sales, (Lo Spirito
etc., c. XIX) cerca indirettamente la lode, e fa come chi rema, che
volge il dorso al luogo a cui tende con tutte le forze. E resterebbe
molto afflitto se si credesse al male che dice di se`, essendo
l'orgoglio quello che gli fa desiderare di essere stimato umile".

834-1 Hominem efficit daemonem contumeliosum, blasphemum,
perjurum, facit ut appetantur caedes... (S. Giov. Crisostomo, in ep. II
ad Thess., C. I, homil. I, n. 2, P. G., 471.)

834-2 "Alia vitia eas solum virtutes impetunt quibus ipsa
destruuntur... ; superbia autem, quam vitiorum radicem diximus,
nequaquam unius virtutis exstinctione contenta, contra cuncta animae
membra se erigit, et quasi generalis ac pestifer morbus corpus omne
corrumpit, ut quidquid illa^ invadente agitur, etiamsi esse virtus
ostenditur, non per hoc Deo, sed soli vanae gloriae servitur".
S. Gregorio, Moral. l. XXXIV, c. 33, n. 48, P. L. LXXVI, 744.

835-1 Jac., IV, 6.

835-2 Introd., C. VI, S. 1a..

835-3 Matth., VI, 1-2.

839-1 Ps. XXXVIII, 6.

840-1 II Cor., IX, 15.

840-2 I Cor., IV, 7.

842-1 I Cor., VI, 20.

842-2 Phil., II, 13.

842-3 Prefazio della festa di tutti i Santi.

845-1 S. Cipriano, De zelo et livore, P. L., IV, 637-652;
S. Gregorio, Moral., l. V, c. 46, P. L., LXXV, 727-730; S. Tommaso,
IIa. IIae, q. 36; De malo, q. 10; Alibert, op. cit., t. I, p.
331-340; Descuret, t. II, p. 241-274; Laumonier, op. cit., c. V.

848-1 "Est tamen invidia quae inter gravissima peccata computatur,
scilicet invidentia fraternae gratiae, secundum quod aliquis dolet de
ipso augmento gratiae". (Sum. Theol., IIa. IIae, q. 36, a. 4, ad 2).

851-1 I Rom., XII, 15-16.

851-2 G. G. Olier, Cat. Chre't. P. IIa., lez.

852-1 I Cor., XI, I.

852-2 Hebr., X, 24.

853-1 S. Gregorio, Morali, l. V., c. 45, P. L., LXXV, 727-730;
S. Tommaso, IIa., IIae, q. 158; De Malo, q. 12; Descuret, op. cit.,
t. II, I. 57; S. Thomas, op. cit., c. IX, p. 94-103; Laumonier,
op. cit., c. VI.

854-1 Joan., II, 13-17.

858-1 Matth., V, 22.

859-1 "Videbis caedes ac venena, et reorum mutuas sordes, et
urbium clades, et totarum exitia gentium... Aspice tot memoriae
proditos duces" (De ira^, l. I, n. 2).

860-1 Moral., l. c., P. L. LXXV, 724.

861-1 Cf. Descuret, La medicina delle passioni; J. Laumonier, La
the'rapeutique... p. 167-174.

862-1 S. Fr. di Sales, La Filotea, P. IIIa., c. VIII.

862-2 Ibid.

864-1 S. Tommaso, IIa. IIae, q. 148; De malo, q. 14; Jaugey, De
quatuor virtut. cardin., 1876, p. 569-574; Laumonier, op. cit.,
c. II.

864-2 Phil., III, 19.

866-1 Quaresimale, 1921, Ritiri Pasquali, Eccessi della tavola
(Marietti, Torino).

869-1 I Cor., X, 31.

870-1 E. Caustier, La vie et la sante', p. 115.

871-1 La vie spirituelle, trad. Bernadot., P. II, c. III.

873-1 S. Tommaso, IIa. IIae, q. 153-154; S. Alfonso, l. III, n.
412-485; Capelmann, Medicina pastoralis; Antonelli, Medicina
pastoralis, Romae 1905; Surbled, Vie de jeune homme, Parigi 1900; Vie
de jeune fille, Parigi 1903; Fonssagrives, L'educazione della purezza
etc. (Galla, Vicenza); G. Guibert, La purezza (Marietti, Torino);
M. Dubourg, Sixie`me et neuvie`me Commandement.

873-2 Esodo, XX, 14, 17; Matth., V, 27, 28.

875-1 Laumonier, op. cit., p. 111.

877-1 II^ Congresso della Conf. intern., 1902. Si consultino
molte altre testimonianze nel Le proble`me de la chastete' au point de
vue scientifique di F. Esclande, 1919, p. 122-136.

878-1 Eccli., III, 27.

878-2 La Filotea, P. IIIa., c. XXXIII (Salesiana, Torino).

879-1 Matth., V, 28.

879-2 Matth., V, 29.

882-1 Sess. VI, De justificatione, c. XI.

883-1 S. Tommaso, IIa. IIae, q. 35; De Malo, q. II; Natale
Alessandro, op. cit., p. 1148-1170; Melchior Cano, Victoire sur
soi-me^me, c. X; G. Faber, Progresso etc, c. XIV (Salesiana, Torino);
Laumonier, op. cit., c. III; Vuillermet, Soyez des hommes,
Parigi, 1908, XI, p. 185.

885-1 Gen., II, 15.

885-2 Gen., III, 19.

886-1 Prov., XXIV, 30-34. La versione e` tolta da "I libri poetici
della Bibbia tradotti dai testi originali e annotati dal P. A. Vaccari
S. J."; e` il secondo volume della preziosa versione edita
dall'Istituto Biblico di Roma.

887-1 Eccli., XXXIII, 29.

887-2 Ezech., XVI, 49.

887-3 Melchior Cano, La victoire sur soi-me^me,
c. X.

888-1 Matth., III, 10.

889-1 Luc., XIII, 7.

890-1 Olle'-Laprune, Il valore della vita.

890-2 Matth., XX, 6, 8.

891-1 S. Tommaso, IIa. IIae, q. 118; de Malo, q. 113; Melchior
Cano, op. cit., c. XII-XIII; Massillon, Discorsi sinodali,
L'avarizia dei sacerdoti; Monsabre', Ritiri pasquali, 1892-1894: Gli
idoli, la ricchezza; Laumonier, op. cit., c. VIII.

895-1 Matth., VII, 24-34.

895-2 Ps. LI, 9.

895-3 Matth., VI, 24.

896-1 J. J. Olier, Introd. aux vertus, ch. II, Ire Sect.

897-1 Matth., VI, 19-20,

897-2 Matth., VI, 33.
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Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 10:35
PARTE SECONDA
Le Tre Vie

LIBRO I
La purificazione dell'anima
o la via purgativa
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CAPITOLO V.

Lotta contro le tentazioni.

900. Non ostante gli sforzi per sradicare i vizi, possiamo e
dobbiamo aspettarci la tentazione. Abbiamo infatti nemici spirituali,
la concupiscenza, il mondo e il demonio, n. 193-227, che non
cessano di tenderci insidie. Dobbiamo quindi trattar della tentazione,
sia della tentazione in generale, sia delle principali
tentazioni degli'incipienti.

ART. I. DELLA TENTAZIONE IN GENERALE 901-1.

901. La tentazione e` una sollecitazione al male proveniente dai
nostri nemici spirituali. Esporremo:
* 1^ i fini provvidenziali della tentazione;
* 2^ la psicologia della tentazione;
* 3^ il modo di comportarci nella tentazione.

I. I fini provvidenziali della tentazione.

902. Dio direttamente non ci tenta: "Nessuno dica, quando e` tentato:
E` Dio che mi tenta, poiche` Dio non e` tentato al male ne`
tenta" 902-1. Permette che siamo tentati dai nostri nemici
spirituali, dandoci pero` le grazie necessarie per resistere: "Fidelis
est Deus qui non patietur vos tentari supra id quod potestis, sed
faciet etiam cum tentatione proventum" 902-2. E ne ha ottime
ragioni.

1^ Ci vuole far meritare il paradiso. Avrebbe certo potuto concederci
il cielo come dono; ma sapientemente volle che lo meritassimo come
ricompensa. Vuole anzi che la ricompensa sia proporzionata al merito e
quindi alla vinta difficolta`. Ora e` certo che una delle difficolta` piu`
penose e` la tentazione, che mette in pericolo la fragile nostra virtu`.
Combatterla energicamente e` uno degli atti piu` meritori; e quando, con
la grazia di Dio, ne usciamo trionfanti, possiamo dire con S. Paolo
che abbiamo combattuto il buon combattimento e che altro non ci resta
se non ricevere la corona di giustizia preparataci da Dio. L'onore e
la gioia nel possederla sara` tanto maggiore quanto maggiore sara` stata
la fatica per meritarla.

903. 2^ La tentazione e` pure un mezzo di purificazione. 1) Ci
ricorda infatti che altre volte, per difetto di vigilanza e d'energia,
siamo caduti, onde ci e` occasione di rinnovare atti di contrizione, di
confusione e di umiliazione, che contribuiscono a purificarci l'anima;
2) ci obbliga nello stesso tempo a vigorosi e perseveranti sforzi per
non soccombere, onde ci fa espiare con atti contrari le debolezze e le
male condiscendenze, il che rende l'anima piu` pura. Ecco perche` Dio,
quando vuole purificare un'anima per elevarla alla contemplazione,
permette che subisca orribili tentazioni, come diremo trattando della
via unitiva.

904. 3^ E` poi un mezzo di spirituale progresso. a) La tentazione e`
come una frustata che ci desta nel momento in cui stavamo per
addormentarci e rattiepidirci; ci fa capire la necessita` di non
fermarci a mezzo il cammino, ma mirare piu` in alto, a fine di
allontanar piu` sicuramente ogni pericolo.

b) E` pure una scuola d'umilta`, di diffidenza di se`: si capisce meglio
la propria fragilita`, la propria impotenza, si sente maggiormente il
bisogno della grazia e si prega con piu` fervore. Si vede meglio la
necessita` di mortificare l'amor del piacere che e` fonte di tentazioni,
onde si abbracciano con maggior generosita` le piccole croci quotidiane
per smorzare l'ardore della concupiscenza.

c) E` una scuola d'amor di Dio: perche` uno, a piu` sicuramente
resistere, si getta nelle braccia di Dio per trovarvi forza e
protezione; e` riconoscente delle grazie che Dio gli concede; si
comporta con lui come figlio che, in ogni difficolta`, ricorre al piu`
amante dei padri.

La tentazione ha dunque molti vantaggi ed e` per questo che Dio
permette che i suoi amici siano tentati: "perche` eri gradito a Dio,
disse l'angelo a Tobia, fu necessario che la tentazione ti provasse;
quia acceptus eras Deo, necesse fuit ut tentatio probaret
te" 904-1.

II. La psicologia della tentazione.

Descriveremo:
* 1^ la frequenza della tentazione;
* 2^ le varie fasi;
* 3^ i segni e i gradi del consenso.

905. 1^ Frequenza delle tentazioni. La frequenza e la violenza delle
tentazioni variano grandemente: vi sono anime spesso e violentemente
tentate; altre lo sono raramente e senza profonde scosse. Molte cause
spiegano questa diversita`.

a) Prima di tutto il temperamento e il carattere: vi sono persone,
facilissime ad appassionarsi e nello stesso tempo deboli di volonta`,
tentate di spesso e dalla tentazione sconvolte; altre poi bene
assestate ed energiche sono tentate di raro e in mezzo alla tentazione
si serbano calme.

b) L'educazione porta altre differenze: vi sono anime educate nel
timore e nell'amor di Dio, nella pratica abituale ed austera del
dovere, che non ricevettero se non buoni esempi; altre invece furono
allevate nell'amor dei piaceri e nel ribrezzo d'ogni patimento e
videro troppi esempi di vita mondana e sensuale. E` chiaro che le
seconde saranno tentate piu` violentemente delle prime.

c) Bisogna anche tener conto dei disegni provvidenziali di Dio: vi
sono anime da lui chiamate a santa vocazione, la cui purita` egli
gelosamente preserva; ve ne sono altre da lui destinate pure alla
santita`, ma che vuole far passare per dure prove onde rinsaldarne la
virtu`; altre infine che non chiama a vocazione cosi` alta e che saranno
tentate piu` spesso, benche` mai al di sopra delle loro forze.

906. 2^ Le tre fasi della tentazione. Secondo la dottrina
tradizionale, esposta gia` da S. Agostino, nella tentazione vi sono tre
fasi: la suggestione, la dilettazione, il consenso.

a) La suggestione consiste nella proposta di qualche male: la fantasia
o la mente si rappresenta, in modo piu` o meno vivo, le attrattive del
frutto proibito; talvolta questa rappresentazione e` molto seducente,
assale con tenacia e diventa una specie d'ossessione. Per quanto
pericolosa sia, la suggestione non e` peccato, purche` non sia stata
volontariamente provocata e non vi si acconsenta; non vi e` colpa se
non quando la volonta` vi da` consenso.

b) Alla suggestione s'aggiunge la dilettazione: la parte inferiore
dell'anima piega istintivamente verso il male suggerito e ne prova un
certo diletto. "Avviene molte volte, dice S. Francesco di
Sales 906-1, che la parte inferiore si compiace nella tentazione
senza il consenso, anzi a dispetto della parte superiore. E` la lotta
descritta da S. Paolo quando dice che la carne ha desideri contrari
allo spirito". Questa dilettazione della aprte inferiore, finche` la
volonta` non vi aderisce, non e` peccato; ma e` un pericolo, perche` la
volonta` si trova cosi` sollecitata a dar l'adesione; onde si pone
l'alternativa: la volonta` acconsentira` si` o no?

c) Se la volonta` rifiuta il consenso, combatte la tentazione e la
respinge, esce vittoriosa e fa atto molto meritorio. Se invece si
compiace nella dilettazione, vi prende volontario piacere e vi
consente, il peccato interno e` commesso.

Quindi tutto dipende dal libero consenso della volonta`, onde noi, per
maggior chiarezza, indicheremo i segni da cui si puo` conoscere se e in
quale misura si e` acconsentito.

907. 3^ Segni di consenso. A spiegar meglio questo punto importante,
vediamo i segni di non consenso, di consenso imperfetto, di pieno
consenso.

a) Si puo` tenere che non si e` acconsentito, quando, non ostante la
suggestione e l'istintivo diletto che l'accompagna, si prova disgusto
e noia in vedersi cosi` tentati; quando si lotta per non soccombere;
quando nella parte superiore dell'anima si ha vivo orrore del male
proposto 907-1.

b) Si puo` essere colpevoli in causa della tentazione, quando uno si
prevede che questa o quell'azione, che possiamo evitare, ci sara` fonte
di tentazioni: "Se so, dice S. Francesco di Sales, 907-2 che una
conversazione mi e` causa di tentazione e di caduta, eppure ci vado di
mia volonta`; io sono indubbiamente colpevole di tutte le tentazioni
che vi provero`". Ma non si e` allora colpevoli che secondo la
previsione, e se la previsione e` stata vaga e confusa, la colpevolezza
diminuisce in proporzione.

908. c) Il consenso si puo` giudicare imperfetto:

1) Quando non si respinge la tentazione prontamente, appena se ne vede
il pericolo; 908-1 vi e` colpa di imprudenza che, senza essere
grave, espone al pericolo di acconsentire alla tentazione.

2) Quando si esita un istante: si vorrebbe gustare un pochino il
proibito diletto ma senza offendere Dio; ossia, dopo un momento di
esitazione, si respinge la tentazione; anche qui e` colpa veniale
d'imprudenza.

3) Quando non si respinge la tentazione che a meta`: si resiste ma
fiaccamente e imperfettamente; ora una mezza resistenza e` un mezzo
consenso: quindi colpa veniale.

909. d) Il consenso e` pieno ed intiero, quando la volonta`,
indebolita dalle prime concessioni, si lascia trascinare a gustar
volontariamente il cattivo diletto non ostante le proteste della
coscienza che riconosce che e` male; allora, se la materia e` grave, il
peccato e` mortale: e` peccato di pensiero o di dilettazione morosa,
come dicono i teologi. Se al pensieri si aggiunge il desiderio
acconsentito, e` colpa piu` grave. Se poi dal desiderio di passa
all'esecuzione, o almeno alla ricerca e alla provvisione dei mezzi
alli all'esecuzione del proprio disegno, si ha peccato di opera.

910. Nei vari casi che abbiamo esposti, sorgono qualche volta dubbi
sul consenso o sul semiconsenso dato. Bisogna allora distinguere tra
conscienze delicate e coscienze lasse; nel primo caso si giudica che
non ci sia stato consenso, perche` la persona di cui si tratta e` solita
a non acconsentire; mentre nel secondo caso si dovra` fare giudizio
tutto contrario.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 10:36
III. Il modo di comportarsi nella tentazione.

Per trionfare delle tentazioni e farle servire al nostro bene
spirituale, occorrono tre cose principali:
* 1^ prevenire la tentazione;
* 2^ vigorosamente combatterla;
* 3^ ringraziar Dio dopo la vittoria o rialzarsi dopo la caduta.

911. 1^ Prevenire la tentazione. E` noto il proverbio: e` meglio
prevenire che guarire, che e` pure consiglio di cristiana sapienza.
Conducendo i tre apostoli nell'interno del giardino degli Ulivi,
Nostro Signore dice loro: "Vigilate e pregate onde non entriate in
tentazione: vigilate et orate ut non intretis in
tentationem" 911-1; vigilanza e preghiera: ecco dunque i due
grandi mezzi a prevenire la tentazione.

912. A) Vigilare e` far la guardia attorno all'anima propria per non
lasciarsi cogliere, essendo cosi` facile soccombere in un momento di
sorpresa! Questa vigilanza inchiude due principali disposizioni: la
diffidenza di se` e la confidenza in Dio.

a) Bisogna quindi evitare quella orgogliosa presunzione che ci fa
gettare in mezzo ai pericoli col pretesto che siamo abbastanza forti
da trionfarne. Fu questo il peccato di S. Pietro, che, mentre Nostro
Signore prediceva la fuga degli apostoli, esclamo`: "Se anche tutti si
scandalizzassero, io mai" 912-1. Bisogna invece rammentarsi che
colui che crede di stare in piedi deve badare a non cadere: "Itaque
qui se existimat stare, videat ne cadat"; 912-2 perche` se lo
spirito e` pronto, la carne e` debole, e la sicurezza non si trova che
nell'umile diffidenza della propria debolezza.

b) Ma bisogna pure chivare quei vani terrori che non fanno che
accrescere il pericolo; da noi, e` vero, siamo deboli, ma diventiamo
invincibili in Colui che ci da` forza: "Fedele e` Dio, che non
permettera` che siate tentati oltre le forze, ma dara` con la tentazione
anche il modo di poterla sostenere" 912-3.

c) Questa giusta diffidenza di noi ci fa schivare le occasioni
pericolose, per esempio quella compagnia, quel divertimento, ecc., in
cui l'esperienza ci mostro` che corriamo rischio di soccombere.
Combatte l'oziosita`, che e` una delle occasioni piu` pericolose,
n. 885, come pure quell'abituale mollezza che rilassa tutte le
forze della volonta` e la prepara a ogni specie di
transazioni 912-4. Ha in orrore quel vano fantasticare che popola
l'anima di fantasmi, i quali presto diventano pericolosi. Pratica
insomma la mortificazione sotto le varie forme da noi indicate,
n. 767-817, e l'applicazione ai doveri del proprio stato, alla
vita interiore e all'apostolato. In cosiffatta vita intensa resta poco
posto per le tentazioni.

d) La vigilanza poi deve specialmente esercitarsi sul punto debole
dell'anima, perche` di la` viene ordinariamente l'assalto. A fortificare
questo lato vulnerabile, bisogna servirsi dell'esame particolare, che
concentra l'attenzione, per un notevole tempo, su cotesto difetto, o
meglio ancora sulla virtu` contraria (n. 468).

913. B) Alla vigilanza si aggiunga la preghiera, che, mettendo Dio
dalla nostra parte, ci rende invincibili. In sostanza Dio e`
interessato alla nostra vittoria: lui infatti il demonio assale nella
nostra persona, l'opera sua egli vuol distruggere in noi; noi possiamo
quindi invocarlo con santa confidenza, sicuri che altro non desidera
che di soccorrerci. Ogni preghiera e` buona contro la tentazione,
vocale o mentale, privata o pubblica, sotto forma di adorazione o
sotto forma di domanda. E si puo`, specialmente nei momenti di calma,
pregare pel tempo della tentazione. Cosi` quando questa si presenti,
non si ha piu` da fare che una breve elevazione del cuore per resistere
con miglior fortuna.

914. 2^ Resistere alla tentazione. Questa resistenza dovra` variare
secondo la natura delle tentazioni. Ce ne sono di quelle frequenti ma
poco gravi: bisogna trattarle col disprezzo, come spiega si` bene
S. Francesco di Sales 914-1.

"Quanto a quelle tentazioncelle di vanita`, di sospetti, di stizza, di
gelosia, di invidia, di amorucci, e simili bricconerie, che, come le
mosche e le zanzare, ci vengono a passare davanti agli occhi e ora ci
pungono le guance, ora il naso... la miglior resistenza che si possa
fare e` di non affliggersene, perche` sono tutte cose che non possono
far danno, benche` possano dar fastidio, a patto che si sia ben
risoluti di voler servir Dio. Disprezzate quindi questi piccoli
assalti e non vi degnate neppure di pensare che cosa vogliano dire, ma
lasciatele ronzare intorno agli orecchi quanto vorranno, come si fa
con le mosche".

Qui ci occupiamo soprattutto delle tentazioni gravi: e` necessario
combatterle prontamente, energicamente, con costanza ed umilta`.

A) Prontamente, senza discutere col nemico, senza esitazione alcuna:
sul principio, non avendo la tentazione preso ancora saldo piede
nell'anima, e` molto facile il respingerla; ma se aspettiamo che vi
abbia messo radice, sara` assai piu` difficile. Quindi non fermiamoci a
discutere; associamo l'idea del cattivo diletto a tutto cio` che vi e`
di ripugnante, a un serpente, a un traditore che ci vuole sorprendere,
e richiamiamo la parola della Sacra Scrittura: "Fuggi il peccato come
dalla vista di un serpente; perche` se ti lasci accostare, ti mordera`:
quasi a facie colubri fuge peccata" 914-2. Si fugge pregando, e
applicando intensamente ad altro la mente.

915. B) Energicamente, non fiaccamente e come a malincuore, che
sarebbe quasi un invito alla tentazione a ritornare; ma con forza e
vigore, esprimendo l'orrore che si ha per cosiffatta proposta: "Via,
brutto demonio, vade retro, Satana" 915-1. Si ha pero` da variar la
tattica secondo il genere delle tentazioni: se si tratta di diletti
seducenti, bisogna dar subito di volta e fuggire, applicando
fortemente l'attenzione ad altra cosa che possa occuparci bene la
mente: la resistenza diretta d'ordinario non farebbe che aumentare il
pericolo. Se si tratta invece di ripugnanza a fare il proprio dovere,
di antipatia, di odio, di rispetto umano, spesso e` meglio affrontar la
tentazione, guardar francamente in faccia la difficolta` e ricorrere ai
principi di fede per trionfarne.

916. C) Con costanza: talora infatti la tentazione, vinta per un
momento, ritorna con nuovo accanimento, e il demonio conduce dal
deserto sette altri spiriti peggiori di lui. A questa ostinazione del
nemico bosigna opporre una non meno tenace resistenza, perche` solo
colui che combatte sino alla fine riporta vittoria. Ma per essere piu`
sicuri del trionfo, conviene palesare la tentazione al direttore.

E` il consiglio che danno i Santi, specialmente S. Ignazio e
S. Francesco di Sales: "Notate bene, dice quest'ultimo, che la prima
condizione posta dal maligno all'anima che vuol sedurre, e` il
silenzio, come fanno quelli che vogliono sedurre le donne e le
giovanette che, subito fin da principio, proibiscono di comunicar le
proposte ai genitori o ai mariti; mentre Dio, nelle sue ispirazioni,
richiede soprattutto che le facciamo riconoscere dai superiori e
direttori" 916-1. Pare infatti che grazia speciale sia annessa a
questa apertura di cuore: tentazione svelata e` mezzo vinta.

917. D) Con umilta`: e` lei infatti che attira la grazia, e la grazia
ci da` la vittoria. Il demonio che pecco` per superbia, fugge davanti a
un sincero atto di umilta`; e la triplice concupiscenza, che trae la
forza dalla superbia, e` facilmente vinta quando con l'umilta` siamo
riusciti, per cosi` dire, a decapitarla.

918. 3^ Dopo la tentazione, bisogna guardarsi bene dall'esaminare
troppo minuziosamente se si e` consentito o no: e` imprudenza che
potrebbe ricondurre la tentazione e costituire un nuovo pericolo. E`
facile del resto conoscere dal testimonio della coscienza, anche senza
profondo esame, se si e` rimasto vittoriosi.

A) Se si ebbe la ventura di trionfarne, si ringrazi di gran cuore
Colui che ci diede la vittoria: e` dovere di riconoscenza e il mezzo
migliore per ottenere a suo tempo nuove grazie. Sventura agli ingrati
che, attribuendo a se` la vittoria, non pensassero a ringraziarne Dio!
Non tarderebbero molto a sperimentar la propria debolezza!

919. B) Chi invece avesse avuto la disgrazia di soccombere, non si
disanimi: ricordi l'accoglienza fatta al figliuol prodigo e corra,
come lui, a gettarsi ai piedi del rappresentante di Dio, gridando dal
fondo del cuore: Padre, ho peccato contro il cielo e contro di voi:
non merito piu` d'essere chiamato vostro figlio 919-1. E Dio, che e`
anche piu` misericordioso del padre del prodigo, gli dara` il bacio di
pace e gli restituira` l'amicizia.

Ma, a schivar le ricadute, il peccatore pentito si giovi del suo
peccato per profondamente umiliarsi davanti a Dio, riconoscere la
propria impotenza a fare il bene, mettere tutta la confidenza in Dio,
diventar piu` circospetto schivando diligentemente le occasioni di
peccato, e rifarsi alla pratica della penitenza. Un peccato cosi`
riparato non sara` ostacolo alla perfezione 919-2. Come giustamente
nota S. Agostino, chi cosi` si rialza diventa piu` umile, piu` prudente e
piu` fervoroso: "ex casu humiliores, cautiores,
ferventiores" 919-3.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 10:36
ART. II. LE PRINCIPALI TENTAZIONI DEGL'INCIPIENTI.

Gl'incipienti vanno soggetti ad ogni sorta di tentazioni provenienti
dalle fonti che abbiamo indicate. Ma ve ne sono alcune che li
riguardano in modo piu` particolare:
* 1^ le illusioni provenienti dalle consolazioni e dalle
aridita`;
* 2^ l'incostanza;
* 3^ la premura eccessiva;
* 4^ qualche volta gli scrupoli.

sez. I. Illusioni degl'incipienti sulle consolazioni 920-1.

920. Il Signore ordinariamente concede consolazioni sensibili
agl'incipienti per attirarli al suo servizio; poi per un tempo ne li
priva a fine di provarne e rinsaldarne la virtu`. Or vi sono taluni che
si credono gia` arrivati a un certo grado di santita` quando hanno molte
consolazioni; se poi esse vengono a cessare e cedono il posto alle
aridita`, si credono perduti. A prevenir quindi nello stesso tempo la
presunzione e lo scoraggiamento, conviene spiegar loro la vera
dottrina sulle consolazioni e sulle aridita`.

I. Le consolazioni.

921. 1^ Natura ed origine. a) Le consolazioni sensibili sono dolci
emozioni che toccano la sensibilita` e fanno gustare una viva gioia
spirituale. Il cuore si dilata e batte allora piu` animatamente, il
sangue circola con maggior rapidita`, radioso e` il volto, la voce
commossa, e la gioia si manifesta talora con le lacrime. -- Si
distinguono dalle consolazioni spirituali, concesse generalmente alle
anime proficienti, consolazioni d'ordine superiore che operano
sull'intelligenza illuminandola e sulla volonta` attirandola alla
preghiera e alla virtu`. Spesso pero` vi e` un certo misto di queste due
consolazioni, e quel che diremo puo` applicarsi cosi` alle une come alle
altre.

b) Queste consolazioni possono provenire da triplice fonte:

1) da Dio, che opera con noi come la madre col suo bambino, traendoci
a se` con le dolcezze che ci fa provare nel suo servizio, a fine di
staccarci piu` facilmente dai falsi diletti e piaceri del mondo;

2) dal demonio, che, operando sul sistema nervoso, sull'immaginazione
e sulla sensibilita`, puo` produrre certe emozioni sensibili di cui poi
si servira` per spingere ad austerita` indiscrete, alla vanita`, alla
presunzione presto seguita dallo scoraggiamento;

3) dalla natura stessa: vi sono temperamenti immaginosi, sensitivi,
ottimisti, che, dandosi alla pieta`, vi trovano naturalmente alimento
alla loro sensibilita`.

922. 2^ Vantaggi. Le consolazioni hanno certamente la loro utilita`:

a) Agevolano la conoscenza di Dio: la fantasia, aiutata dalla grazia,
si rappresenta volentieri le divine amabilita` e il cuore le gusta; si
prega allora e si medita a lungo volentieri e l'anima intende meglio
la bonta` di Dio.

b) Contribuendo a fortificar la volonta`, la quale, non trovando piu`
ostacoli nelle facolta` inferiori ma preziosi ausiliarii, si distacca
piu` facilmente dalle creature, ama Dio con piu` ardore e prende
energiche risoluzioni che piu` facilmente osserva in virtu` degli aiuti
ottenuti con la preghiera: amando Dio in modo sensibile, sopporta
valorosamente i piccoli sacrifizi quotidiani e s'impone anzi
volentieri qualche mortificazione.

c) Ci aiutano a formarci abitudini di raccoglimento, di preghiera,
d'obbedienza, d'amor di Dio, che persevereranno in parte anche quando
le consolazioni saranno cessate.

923. 3^ Pericoli. Ma hanno anche i loro pericoli queste
consolazioni:

a) Eccitano una specie di spirituale ghiottoneria, la quale fa che uno
si affezioni piu` alle consolazioni di Dio che al Dio delle
consolazioni; cosicche`, cessate che siano, si trascurano poi gli
esercizi spirituali e i doveri del proprio stato; anzi, in quello
stesso momento che ne godiamo, la nostra devozione e` tutt'altro che
soda, perche`, pur piangendo sulla Passione del Salvatore, gli
rifiutiamo il sacrificio di questa o quell'amicizia sensibile o di
quella privazione! Ora virtu` soda non v'e` che quando l'amor di Dio
giunge sino ad abbracciare il sacrificio, n. 321. "Vi sono molte
anime che hanno di queste tenerezze e consolazioni e che pure non
lasciano d'essere molto viziose, che non hanno quindi alcun vero amor
di Dio e tanto meno alcuna vera divozione" 923-1.

b) Fomentano spesso la superbia sotto una forma o sotto un'altra:
1) la vana compiacenza: quando si ha consolazioni e la preghiera
riesce facile, uno si crede facilmente un santo, mentre invece e`
ancora novizio nella perfezione! 2) la vanita`: si desidera parlare ad
altri di queste consolazioni per darsi importanza; e allora se ne
viene spesso privati per un notevole tempo; 3) la presunzione: uno si
crede forte e invincibile, e si espone talora al pericolo, o almeno
comincia a riposarsi, quando invece bisognerebbe raddoppiare gli
sforzi e progredire.

924. 4^ Contengo rispetto alle consolazioni. Per trar profitto dalle
divine consolazioni e schivare i pericoli che abbiamo indicati, ecco
le regole da seguire.

a) Si puo` certamente desiderare queste consolazioni ma in modo
condizionato, con l'intenzione di servirsene ad amar Dio e adempierne
la santa volonta`. In questo senso la Chiesa ci fa chiedere, il giorno
di Pentecoste, nella Colletta, la grazia della consolazione
spirituale: "et de ejus semper consolatione gaudere". E` infatti un
dono di Dio, che mira ad aiutarci nell'opera della nostra
santificazione: bisogna quindi stimarlo molto, e si puo` anche
domandarlo, purche` si stia rassegnati alla santa volonta` di Dio.

b) Quando queste consolazioni ci vengono date, riceviamole con
gratitudine ed umilta`, riconoscendocene indegni e attribuendone tutto
il merito a Dio; se vuole trattarci da beniamini, ne sia benedetto, ma
confessiamo che siamo ancora molto imperfetti, avendo bisogna del
latte dei bambini "quibus lacte opus est et non solido cibo".
Soprattutto poi non vantiamocene, che` sarebbe questo il miglior mezzo
di perderle.

c) Ricevutele umilmente, vediamo di premurosamente volgerle al fine
voluto da Colui che ce le da`. Ora Dio ce le concede, dice S. Francesco
di Sales, "per renderci dolci con tutti e amorosi verso di lui. La
madre da` i confetti al figliolino perche` la baci; baciamo dunque
questo Salvatore che ci da` tante dolcezze. Ora baciare il Salvatore
vuol dire obbedirlo, osservarne i comandamenti, farne la volonta`,
secondarne i desideri, insomma teneramente abbracciarlo con obbedienza
e umilta`" 924-1.

d) Finalmente bisogna persuadersi che queste consolazioni non
dureranno sempre, e chiedere quindi umilmente a Dio la grazia di
servirlo nelle aridita` quando si degnera` di inviarcele. Intanto, in
cambio di voler prolungare con sforzata applicazione queste
consolazioni, bisogna moderarle e attaccarsi fortemente al Dio delle
consolazioni.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:11
II. Delle aridita`.

A rassodarci nella virtu`, Dio e` obbligato a mandarci di tanto in tanto
delle aridita`; esponiamone:
* 1^ la natura;
* 2^ lo scopo provvidenziale;
* 3^ la condotta da tenere.

925. 1^ Natura. Le aridita` sono una privazione delle consolazioni
sensibili e spirituali che agevolavano [sic] la preghiera e la pratica
delle virtu`. Non ostante sforzi spesso rinnovati, non si ha piu` gusto
per la preghiera, vi si prova anzi noia e stanchezza, e il tempo pare
molto lungo; la fede e la confidenza sembrano assopite e l'anima, in
cambio di sentirsi svelta e lieta, vive in una specie di torpore: non
si va piu` avanti se non per forza di volonta`. E` questo certamente uno
stato molto penoso, ma ha pure i suoi vantaggi.

926. 2^ Scopo provvidenziale. a) Quando Dio ci manda le aridita`, lo
fa per distaccarci da tutto cio` che e` creato, anche dalle gioie della
pieta`, affinche` impariamo ad amar Dio solo e per se` stesso.

b) Vuole pure umiliarci, mostrandoci che le consolazioni non ci sono
dovute, ma sono favori essenzialmente gratuiti.

c) Ci purifica sempre piu` cosi` dalle colpe passate come dagli attacchi
presenti e da ogni mira egoistica; quando si e` costretti a servir Dio
senza gusto, per sola convinzione e forza di volonta`, si soffre molto
e questo patimento espia e ripara.

d) Infine ci rassoda nella virtu`; perche`, per continuare a pregare e a
fare il bene, bisogna esercitare con energia e costanza la volonta` e
con siffatto esercizio si rassoda la virtu`.

927. 3^ Condotta da tenere. a) Le aridita` provengono talvolta dalle
colpe nostre, onde bisogna prima di tutto esaminar seriamente, ma
senza affanno, se non ne siamo responsabili noi: 1) con sentimenti piu`
o meno volontari di vana compiacenza e di orgoglio; 2) con una specie
di pigrizia spirituale, o per l'opposto con una inopportuna tensione;
3) con la ricerca di consolazioni umane, di amicizie troppo sensibili,
di mondani diletti, non volendo Dio saperne di cuori divisi; 4) con la
mancanza di sincerita` col direttore: "poiche` voi mentite allo Spirito
Santo, dice S. Francesco di Sales, non e` meraviglia s'egli vi rifiuta
la sua consolazione" 927-1. Trovata la causa di queste aridita`,
bisogna umiliarsene e cercar di sopprimerla.

928. b) Se poi non ne siamo causa noi, conviene trar buon partito da
questa prova. 1) Il gran mezzo per riuscirvi e` di persuaderci che
servir Dio senza gusto e senza sentimento e` cosa piu` meritoria che
servirlo con molta consolazione; che basta volere amar Dio per amarlo,
e che il piu` perfetto atto d'amore e` poi quello di conformare la
propria volonta` a quella di Dio. 2) Per rendere quest'atto ancor piu`
meritorio, non c'e` di meglio che unirsi a Gesu`, il quale, nel giardino
degli Ulivi, volle per amor nostro provar noia e tristezza, e ripetere
con lui: "verumtamen non mea voluntas sed tua fiat" 928-1.
3) Soprattutto poi non bisogna disanimarsi mai, ne` dimunuir gli
esercizi di pieta`, gli sforzi, le risoluzioni, ma imitare Nostro
Signore che, immerso nell'agonia, pregava anche piu` a lungo: "factus
in agonia prolixius orabat".

929. Consiglio al direttore. Affinche` questa dottrina sulle
consolazioni e sulle aridita` sia ben capita dai diretti, bisogna
tornarci sopra di frequente; perche` essi credono pur sempre di far
meglio quando tutto va a seconda dei loro desideri che quando si e`
costretti a remar contro corrente; ma a poco a poco si fa la luce e
quando sanno non inorgoglirsi nelle consolazioni e non disanimarsi
nelle aridita`, molto piu` rapidi e costanti ne sono i progressi.

sez. II. L'incostanza degl'incipienti.

930. 1^ Il male. Quando un'anima si da` a Dio e comincia a progredire
nelle vie spirituali, viene sorretta dalla grazia di Dio,
dall'attrattiva della novita` e da un certo slancio verso la virtu` che
appiana molte difficolta`. Ma viene il momento che la grazia di Dio ci
e` data sotto forma meno sensibile, che ci sentiamo stanchi di dover
sempre rifar gli stessi sforzi, che lo slancio pare infranto dalla
continuita` degli stessi ostacoli. Si e` allora esposti all'incostanza e
al rilassamento.

Questa disposizione si manifesta: 1) negli esercizi spirituali, che si
fanno con minor diligenza, accorciandoli e trascurandoli; 2) nella
pratica delle virtu`: si era entrati di gran cuore nella via della
penitenza e della mortificazione, ma la cosa riesce ora penosa e lunga
e gli sforzi s'allentano; 3) nella abituale santificazione delle
proprie azioni: si era presa l'abitudine di rinnovar spesso l'offerta
delle proprie azioni per essere sicuri di farle con purita` di
intenzione; ma uno poi si stanca di questa pratica, la trascura, e il
risultato e` che presto l'abitudine, la curiosita`, la vanita`, la
sensualita` ispirano molte delle nostre azioni. Impossibile progredire
con tali disposizioni: senza sforzo perseverante non si riesce a
nulla.

931. 2^ Il rimedio. A) Bisogna convincersi che l'opera della
perfezione e` opera di lunga lena, che richiede molta costanza, e che
quei soli riescono che si rimettono continuamente al lavoro con
novello ardore, non ostante le parziali sconfitte che subiscono. Cosi`
fanno gli uomini d'affari che vogliono riuscire, cosi` pure deve far
ogni anima che vuol progredire. Ogni mattino ella deve chiedersi se
non potrebbe fare un po' piu` e soprattutto un po' meglio per Dio; e
ogni sera deve attentamente esaminare se ha effettuato almeno in parte
il programma del mattino.

B) Nulla giova meglio ad assicurar la costanza quanto la pratica
fedele dell'esame particolare, n. 468; concentrando l'attenzione
su un dato punto, su una data virtu`, e rendendo conto al confessore
dei progressi fatti, si e` sicuri di progredire, anche quando non se ne
avesse coscienza.

Quanto dicemmo sull'educazione della volonta`, n. 812, e` pure
ottimo mezzo per trionfar dell'incostanza.

sez. III. La eccessiva premura degl'incipienti.

Molti incipienti, pieni di buona volonta`, mettono un ardore e una
premura eccessiva a lavorare alla propria perfezione, onde finiscono
con lo stancarsi e spossarsi in sforzi inutili.

932. 1^ Le cause. a) La causa principale di questo difetto e` che si
sostituisce la propria attivita` a quella di Dio: in cambio di
riflettere prima di operare, di chiedere allo Spirito Santo i suoi
lumi e seguirli, uno corre all'opera con ardore febbrile; in cambio di
consultare il direttore, uno prima fa e poi gli presenta il fatto
compiuto; onde molte imprudenze e molti sforzi perduti, "magni passus
extra viam".

b) Spesso c'entra pure la presunzione: si vorrebbe far dei salti,
uscir presto dagli esercizi di penitenza e giungere subito all'unione
con Dio; ma ahime! sorgono molti ostacoli imprevisti e uno si
disanima, indietreggia e cade talora in colpe gravi.

c) Altre volte domina la curiosita`: si cercano continuamente nuovi
mezzi di perfezione, si provano per qualche tempo e presto si mettono
da parte prima ancora che abbiano potuto produrre i loro effetti. Si
fanno sempre nuovi disegni di riforma per se` e per gli altri,
dimenticando poi di metterli in pratica.

Il risultato piu` chiaro di questa attivita` eccessiva e` la perdita del
raccoglimento interiore, l'agitazione e il turbamento, senza alcun
serio vantaggio.

933. 2^ I rimedi. a) Il rimedio principale e` di assoggettarsi con
intiera dipendenza all'azione di Dio, di riflettere maturamente prima
di operare, di pregare per ottenere i lumi divini, di consultare il
direttore e stare alla sua risoluzione. Come nell'ordine della natura
non sono le forze violente quelle che ottengono i migliori effetti ma
le forze ben regolate, cosi`, nella vita soprannaturale, non sono gli
sforzi febbrili ma gli sforzi calmi e ben regolati che ci fanno
progredire: chi va piano va sano.

b) Ma per assoggettarsi cosi` all'azione di Dio e` necessario combattere
le cause di questa eccessiva premura: 1) la vivacita` di carattere, che
spinge a troppo [sic] pronte risoluzioni; 2) la presunzione, che nasce
da troppa stima di se`; 3) la curiosita`, che va sempre in cerca di
qualche cosa di nuovo. Conviene dunque assalir un dopo l'altro questi
difetti con l'esame particolare, e allora Dio riprendera` il suo posto
nell'anima e la guidera` con calma e dolcezza nei sentieri della
perfezione.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:11
sez. IV. Gli scrupoli 934-1.

934. Lo scrupolo e` una malattia fisica e morale, che produce una
specie di follia nella coscienza, facendole temere, per futili motivi,
d'aver offeso Dio. Questa malattia non e` particolare degl'incipienti
ma si trova anche in anime progredite. Bisogna quindi dirne una parola
esponendone:
* 1^ la natura;
* 2^ l'oggetto;
* 3^ gli inconvenienti e i vantaggi;
* 4^ i rimedi.

I. Natura dello scrupolo.

935. La parola scrupolo (dal latino scrupulus, sassolino, pietruzza)
indico` per lungo tempo un minutissimo peso che non fa inclinare se non
bilance molto sensibili. Nel campo morale indica una ragione minuta a
cui badano soltanto le coscienze piu` delicate. Venne quindi ad
esprimere l'inquietudine eccessiva che provano certe coscienze, per i
piu` futili motivi, d'aver offeso Iddio. A conoscerne meglio la natura,
spieghiamone l'origine, i gradi, la distinzione dalla
coscienza delicata.

936. 1^ Origine. Lo scrupolo puo` nascere ora da causa puramente
naturale, ora da intervento soprannaturale.

a) Sotto l'aspetto naturale, lo scrupolo e` spesso una malattia fisica
e morale. 1) La malattia fisica che contribuisce a cagionar questo
disordine e` una specie di depressione nervosa, che rende piu` difficile
il savio giudizio delle cose morali e tende a produrre l'idea fissa
che si e` commesso peccato, e cio` senza seria ragione. 2) Ma vi sono
pure cause morali che producono lo stesso effetto: una mente
meticolosa, che si perde nelle minuzie e che vorrebbe avere la
certezza assoluta in ogni cosa; una mente poco illuminata, che si
figura Dio come giudice non solo severo ma anche spietato; che negli
atti umani confonde l'impressione col consenso e crede di aver peccato
perche` la fantasia rimase fortemente e lungamente impressionata; una
mente caparbia, che preferisce il giudizio proprio a quello del
confessore, appunto perche` si lascia guidare piu` dalle sue impressioni
che dalla ragione.

Quando queste due cause, la fisica e la morale, s'uniscono, il male e`
piu` profondo e di piu` difficile guarigione.

937. b) Lo scrupolo puo` anche provenire da intervento preternaturale
di Dio o del demonio.

1) Dio permette che siamo cosi` vessati, ora per castigarci
specialmente della superbia e dei sentimenti di vana compiacenza; ora
per provarci, farci espiare le colpe passate, distaccarci dalle
consolazioni spirituali, e condurci a piu` alto grado di santita`: il
che avviene specialmente alle anime che Dio vuol preparare alla
contemplazione, come diremo trattando della via unitiva.

2) Anche il demonio viene talvolta a innestare la sua azione su
qualche morbosa predisposizione del nostro sistema nervoso per
turbarci l'anima: tenta di persuaderci che siamo in istato di peccato
mortale per impedirci di fare la comunione o molestarci
nell'adempimento dei doveri del nostro stato; soprattutto poi tenta
d'ingannarci sulla gravita` di questa o quell'azione onde farci peccar
formalmente, anche quando non vi e` materia di peccato e soprattutto di
peccato grave.

938. 2^ Gradi. Ci sono, come e` chiaro, molti gradi nello scrupolo:
a) a principio non e` che coscienza meticolosa, timorosa all'eccesso,
che vede peccato dove non e`; b) poi vengono scrupoli passeggeri che si
confidano al direttore accettando subito la soluzione che ne da`;
c) finalmente lo scrupolo propriamente detto, tenace, accompagnato da
ostinazione.

939. 3^ Differenza dalla coscienza delicata. E` cosa importante
distinguere bene la coscienza scrupolosa dalla coscienza delicata o
timorata.

a) Non ne e` lo stesso il punto di partenza: la coscienza delicata ama
fervidamente Dio e per piacergli vuole schivare anche le minime colpe
e le minime imperfezioni volontarie; lo scrupoloso e` invece guidato da
un certo egoismo che gli fa troppo ardentemente desiderare di esser
sicuro di trovarsi in stato di grazia.

b) La coscienza delicata, avendo orrore del peccato e conoscendo la
propria debolezza, ha timore fondato, ma non inquieto, di dispiacere a
Dio; lo scrupoloso alimenta futili timori di peccare in ogni
circostanza.

c) La coscienza timorata sa serbar la distinzione tra peccato mortale
e veniale, e in caso di dubbio subito si sottomette al giudizio del
direttore; lo scrupoloso discute tenacemente col direttore e stenta
assai a sottomettersi alle sue risoluzioni.

Se si deve schivare lo scrupolo, nulla invece di piu` prezioso d'una
coscienza delicata.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:11
II. Oggetto dello scrupolo.

940. 1^ Talvolta lo scrupolo e` universale e si riferisce a qualsiasi
materia: prima dell'azione, ingrossa smisuratamente i pericoli che si
possono incontrare in questa o quell'occasione che e` del resto molto
innocente; dopo l'azione, popola l'anima di mal fondate inquietudini e
persuade agevolmente alla coscienza che si e` resa gravemente
colpevole.

941. 2^ Piu` spesso pero` si riferisce solo ad alcune materie
particolari:

a) Confessioni passate: anche dopo aver fatto parecchie confessioni
generali, non si resta soddisfatti, si teme di non aver accusato
tutto, o d'aver mancato di contrizione e si vuol sempre ricominciare;
b) cattivi pensieri: la fantasia e` piena d'immagini pericolose od
oscene, e poiche` fanno una certa impressione, si teme d'avervi
acconsentito, se ne e` anzi certi, benche` dispiacciano infinitamente;
c) pensieri di bestemmia: perche` quelle idee passano per la mente, si
e` persuasi di avervi acconsentito, non ostante tutto l'orrore che se
ne prova; d) carita`: si sono ascoltate maldicenze senza energicamente
protestare, si e` mancato al dovere della correzione fraterna per
rispetto umano, si e` scandalizzato il prossimo con parole imprudenti,
si e` visto un agglomeramento di persone e non si e` corsi a vedere se
fosse accaduta qualche disgrazia che richiedesse l'intervento del
sacerdote per dare l'assoluzione: in tutte queste cose si vedono
grossi peccati mortali; e) specie consacrate, che si teme d'aver
toccato senza motivo, onde si vuol purificare mani, vesti; f) parole
della consecrazione, esatta recita dell'ufficio divino ecc.

III. Inconvenienti e vantaggi dello scrupolo.

942. 1^ Chi ha la disgrazia di lasciarsi dominare dagli scrupoli, ne
risente sul corpo e sull'anima deplorevoli effetti.

a) Cagionano gradatamente indebolimento e aissesto [sic] nel sistema
nervoso: i timori, le continue angoscie hanno influsso deprimente
sulla sanita` del corpo; possono diventare una vera ossessione e finire
in una specie di idea fissa, che e` vicina alla follia.

b) Acciecano la mente e falsano il giudizio: si perde a poco a poco la
facolta` di discernere cio` che e` peccato da cio` che non e`, cio` che e`
grave da cio` che e` leggero, e l'anima diventa nave senza timone.

c) La perdita d'ogni devozione ne e` spesso la conseguenza: quel
continuo vivere nell'agitazione e nel turbamento rende lo scrupoloso
terribilmente egoista, cosicche` diffida di tutti, perfino di Dio che
stima troppo severo; si lagna che Dio lo lasci in quell'infelice stato
e lo accusa ingiustamente; e allora e` chiaro che la vera devozione non
e` piu` possibile.

d) Finalmente vengono le mancanze e la cadute. 1) Lo scrupoloso logora
le forze nel fare sforzi inutili in cose da poco, cosicche` non glie ne
rimangono piu` abbastanza per lottare in cose di grande importanza, non
potendo l'attenzione volgersi con intensita` su tutti i punti. Quindi
sorprese, mancanze, e talvolta colpe gravi. 2) E poi in tali casi si
cerca istintivamente un sollievo alle proprie pene, e, non trovandolo
nella pieta`, si va a cercarlo altrove, in letture, in amicizie
pericolose, onde nascono talora occasioni di colpe deplorevoli, che
gettano in profondo scoraggiamento.

943. 2^ Ma chi sappia accettare gli scrupoli come prova e a poco a
poco con l'aiuto d'un savio direttore correggersene, ne avra` preziosi
vantaggi.

a) Servono a purificar l'anima: uno infatti si studia di schivare i
minimi peccati, le minime imperfezioni volontarie, onde acquista
grande purita` di cuore.

b) Ci aiutano a praticar l'umilta` e l'obbedienza, obbligandoci a
sottoporre con tutta semplicita` i dubbi al direttore e seguirne i
consigli con piena docilita` non solo di volonta` ma anche di giudizio.

c) Contribuiscono a darci maggior purita` d'intenzione, distaccandoci
dalle consolazioni spirituali per affezionarci unicamente a Dio, che
tanto piu` amiamo quanto piu` ci prova.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:12
IV. Rimedi dello scrupolo.

944. Bisogna combattere lo scrupolo subito da principio, prima che
si sia profondamente radicato nell'anima. Ora il grande, anzi, a dir
vero, l'unico rimedio e` la piena e assoluta obbedienza a un savio
direttore: oscuratasi la luce della coscienza, bisogna ricorrere ad
altra luce; lo scrupoloso e` come una nave senza timone e senza
bussola: bisogna rimorchiarlo. Il direttore quindi deve guadagnarsi la
confidenza dello scrupoloso, e sapere esercitar la sua autorita` su lui
per guarirlo.

945. 1^ Bisogna prima di tutto guadagnarsene la confidenza; perche`
non si obbedisce facilmente se non a chi si ha confidenza. Il che pero`
non e` sempre cosa facile: e` vero che gli scrupolosi sentono
istintivamente bisogno di guida, ma alcuni non osano abbandonarsele
intieramente; la consultano volentieri, ma vogliono anche discuterne
le ragioni. Ora con lo scrupoloso, non si deve discutere ma parlare
con autorita`, dicendogli nettamente quel che deve fare.

Per ispirare questa confidenza, il direttore deve meritarla per
competenza e premura.

a) Lasciera` prima parlare il penitente, intercalando solo qualche
osservazione per mostrare che ha capito bene; poi gli fara` qualche
interrogazione, a cui lo scrupoloso dovra` solo rispondere si` o no,
dirigendone cosi` l'esame metodico della coscienza. Poi aggiungera`:
capisco bene il caso vostro, voi soffrite cosi` e cosi`. E gia` grande
sollievo per il penitente il vedersi ben compreso e talvolta basta
questo perche` dia intiera la sua confidenza.

b) Alla competenza bisogna aggiungere la premura. Il direttore quindi
si mostrera` paziente, ascoltando tranquillo le lunghe spiegazioni
dello scrupoloso, almeno a principio; buono, interessandosi di
quell'anima e palesando il desiderio e la speranza di guarirla; dolce,
non parlando con tono severo ed aspro, ma con bonta`, anche quando e`
obbligato ad usare linguaggio fermo ed imperativo. Nulla guadagna
meglio la confidenza quanto questo misto di fermezza e di bonta`.

946. 2^ Guadagnata la confidenza, bisogna esercitare l'autorita` ed
esigere obbedienza, dicendo allo scrupoloso: se volete guarire, dovete
ubbidire ciecamente: obbedendo, siete pienamente al sicuro,
quand'anche il direttore sbagli, perche` Dio in questo momento a voi
non chiede altro che di obbedire. La cosa e` talmente cosi`, che se voi
non vi sentiste di obbedirmi, bisogna che vi cerchiate un altro
direttore: la sola ubbidienza cieca vi potra` guarire e vi guarira`
certamente.

a) Dando gli ordini, il confessore deve parlare franco, con chiarezza
e precisione, schivando ogni ambiguita`; in modo categorico e non
condizionato, come, per esempio, se questo vi disturba non lo fate; ma
in modo assoluto: fate questo, lasciate quello, disprezzate quella
tentazione.

b) Per lo piu` non bisogna dar ragione degli ordini dati specialmente a
principio; piu` tardi, quando lo scrupoloso potra` comprenderne e
sentirne la forza, gli si dara` brevemente la ragione, per formargli a
poco a poco la coscienza. Ma soprattutto nessuna discussione sulla
sostanza della risoluzione; se pel momento vi fosse qualche ostacolo
ad eseguirla, se ne tiene conto; ma la risoluzione deve rimanere.

c) Non bisogna quindi mai disdirsi: prima di risolvere, si riflette
bene, e non si danno ordini che non si possano poi mantenere; ma dato
che sia, l'ordine non si deve piu` revocare, finche` un fatto nuovo non
richieda un cambiamento.

d) Per assicurarsi che l'ordine sia stato capito bene, gli si fa
ripetere; dopo non resta che farlo eseguire. E` cosa difficile, perche`
lo scrupoloso talora indietreggia davanti all'esecuzione come il
condannato davanti al supplizio. Ma gli si dice chiaro che dovra`
renderne conto; se non ha seguito il consiglio, non gli si dara`
ascolto finche` non l'abbia eseguito. Puo` darsi quindi che si debba
ripetere piu` volte la stessa prescrizione finche` non sia eseguita
bene; e si fa senza impazienza ma con crescente fermezza e lo
scrupoloso finisce con obbedire.

947. 3^ Venuto il tempo, il direttore inculca il principio generale,
che dara` modo allo scrupoloso di disprezzar tutti i dubbi; occorrendo,
lo puo` anche dettare in questa o altra simile forma: "Per me, in fatto
di obbligo di coscienza, non c'e` che l'evidenza che conta, ossia
certezza tale che escluda ogni dubbio, certezza calma e piena, chiara
come due e due fanno quattro; io quindi non posso commettere peccato
mortale o veniale se non quando ho certezza assoluta che l'azione che
sto per fare e` per me proibita sotto pena di peccato mortale o
veniale, e che, pur sapendo questo, io voglia farla a qualunque costo.
Non prestero` dunque attenzione alcuna alle probabilita` per forti che
siano, e non mi credero` legato che dall'evidenza chiara e certa; fuori
di questo caso, per me nessun peccato". Quando lo scrupoloso si
presentera` affermando di aver commesso un peccato veniale o mortale,
il confessore gli dira`: Potete giurare di aver chiaramente visto,
prima di operare, che quell'azione era peccato e che, avendolo
chiaramente visto, pure ci avete dato pieno consenso? -- Questa
interrogazione chiarira` la regola e la fara` capir meglio.

948. 4^ Bisogna infine applicar questo principio generale alle
difficolta` particolari che si presentano.

a) Riguardo alle confessioni generali, lasciatene fare una, non si
permettera` piu` di ritornarvi sopra se non sono evidenti questi due
punti: 1) un peccato mortale certamente commesso; e 2) certezza che
tal peccato non fu mai accusato in alcuna confessione valida. Del
resto dopo qualche tempo, il confessore dira` che non bisogna piu`
assolutamente ritornar sul passato, e che se qualche peccato fosse
stato omesso, resta perdonato con gli altri.

b) Quanto ai peccati interni di pensieri e di desideri, si dara` questa
regola: durante la crisi, stornar l'attenzione pensando ad altro; dopo
la crisi, non esaminarsi per vedere se si e` peccato (il che
richiamerebbe la tentazione) ma tirare avanti occupandosi dei doveri
del proprio stato, e comunicarsi finche` non si abbia evidenza d'aver
pieno consenso (n. 909).

949. c) La comunione e` spesso una tortura per gli scrupolosi: temono
di non trovarsi in istato di grazia o di non esser digiuni. Ora 1) la
paura di non trovarsi in stato di grazia mostra che non ne sono certi;
devono quindi comunicarsi e la comunione li mettera` in istato di
grazia caso mai che non vi fossero; 2) il digiuno eucaristico non deve
impedire agli scrupolosi di comunicarsi se non quando siano
assolutamente certi di averlo rotto.

d) La confessione e` per loro anche maggior tortura, onde conviene
semplificarla. Quindi si dira` loro: 1) voi non siete obbligato che ad
accusare i peccati certamente mortali; 2) dei peccati veniali dite
solo quelli che vi verranno in mente dopo cinque minuti di esame;
3) quanto alla contrizione, consacrerete sette minuti a domandarla a
Dio e ad eccitarvici e l'avrete; -- ma io non la sento punto: -- non e`
necessario, perche` la contrizione e` atto della volonta` che non cade
sotto la sensibilita`. -- Anzi in certi casi, quando lo scrupolo e`
molto intenso, si prescrivera` ai penitenti di contentarsi di questa
accusa generica: mi accuso di tutti i peccati commessi dall'ultima
confessione e di tutti quelli della vita passata.

950. 5^ Risposta alle difficolta`. Puo` essere che il penitente dica
al confessore: lei mi tratta da scrupoloso, ma io non lo sono. -- Gli
si rispondera`: non sta a voi il giudicarne, sta a me. Ma siete poi ben
sicuro di non essere scrupoloso? Dopo la confessione siete, come tutti
gli altri, calmo e tranquillo? Non avete invece dubbi e angustie che
gli altri in generale non hanno? Non siete dunque in istato normale:
c'e` in voi un certo squilibro sotto l'aspetto fisico e morale; avete
quindi bisogno di trattamento speciale; obbedite dunque senza
discutere e guarirete; altrimenti il vostro stato non fara` che
aggravarsi.

Solo con questi e altri simili mezzi si riesce, con la grazia di Dio,
a guarire questa desolante malattia dello scrupolo.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:12


APPENDICE SUL DISCERNIMENTO DEGLI SPIRITI 951-1.

951. Dei diversi spiriti che operano in noi. Nel corso delle pagine
precedenti, abbiamo piu` volte parlato dei vari moti che ci spingono al
bene o al male. E` quindi cosa molto importante il conoscere quale sia
la fonte di questi moti.

In teoria possono venire da sei diversi principii:

a) da noi stessi, dallo spirito che ci spinge verso il bene, o dalla
carne che ci spinge verso il male;

b) dal mondo, in quanto opera, per mezzo dei sensi, sulle nostre
facolta` interne per trarle al male, n. 212;

c) dagli angeli buoni, che eccitano in noi buoni pensieri;

d) dai demoni, che operano invece sui nostri sensi esterni o interni
per spingerci al male;

e) da Dio, che solo puo` penetrare fin nel piu` intimo dell'anima e che
non ci porta mai se non al bene.

952. In pratica pero`, basta sapere se questi moti vengono dal buono
o dal cattivo principio; dal buon principio: da Dio, dagli angeli
buoni o dall'anima aiutata dalla grazia; dal cattivo principio: dal
demonio, dal mondo o dalla carne. Le regole che ci aiutano a
descernerli l'uno dall'altro si dicono regole sul discernimento degli
spiriti. Gia` S. Paolo ne aveva posto il fondamento, distinguendo
nell'uomo la carne e lo spirito e, fuori di lui, lo Spirito di Dio che
ci porta al bene e gli angeli decaduti che ci sollecitano al male. Da
allora gli autori spirituali, come Cassiano, S. Bernardo, S. Tommaso,
l'autore dell'Imitazione (l. III, c. 54-55), S. Ignazio, stesero
regole per discernere gli opposti moti della natura e della grazia.

953. Regole di S. Ignazio che convengono specialmente
agl'incipienti.

Le due prime regole riguardano la condotta diversa che lo spirito
buono e il maligno tengono verso i peccatori e verso le persone
fervorose.

1^ Prima regola. Ai peccatori, che non mettono freno alcuno alle
passioni, il demonio propone piaceri apparenti e volutta` per ritenerli
e tuffarli sempre piu` nel vizio; lo spirito buono invece eccita nella
loro coscienza turbamenti e rimorsi per farli uscire dal tristo loro
stato.

Seconda regola. Quando si tratta di persone sinceramente convertite,
il demonio eccita in loro tristezza e tormenti di coscienza e ostacoli
di ogni sorta per disanimarle e arrestarne i progressi. Lo spirito
buono invece da` loro coraggio, forze, buone ispirazioni, per farle
avanzare nella virtu`. Si giudichera` quindi l'albero dai frutti: tutto
cio` che ostacola il progresso viene dal demonio, tutto cio` che lo
asseconda viene da Dio.

954. 2^ La terza regola riguarda le consolazioni spirituali.
Provengono dallo spirito buono: 1) quando producono interni moti di
fervore: prima una scintilla, poi una fiamma, infine un braciere
ardente d'amor divino; 2) quando fanno versar lagrime che sono
veramente espressione dell'interna compunzione o dell'amore di Nostro
Signore; 3) quando aumentano la fede, la speranza, la carita`, o
quietano e tranquillano l'anima.

955. 3^ Le regole seguenti (4a.-9a.) riguardano le desolazioni
spirituali: 1) le desolazioni consistono in tenebre nello spirito o
inclinazioni della volonta` a cose basse e terrestri che rendono
l'anima triste, tiepida e accidiosa; 2) non bisogna allora cambiar
nulla delle risoluzioni prese prima, come suggerirebbe lo spirito
maligno, ma restar saldi nelle precedenti risoluzioni; 3) bisogna
anche approfittarne per diventar piu` fervorosi, per dare maggior tempo
alla preghiera, all'esame di coscienza, alla penitenza: 4) confidar
nell'aiuto divino, il quale, benche` non sentito, ci e` veramente dato
per aiutar le nostre facolta` naturali a fare il bene; 5) aver pazienza
e sperare che la consolazione ritornera`; pensare che la desolazione
puo` essere castigo della nostra tiepidezza; prova, volendo Dio farci
toccar con mano quello che possiamo quando siamo privi di
consolazioni; lezione, volendo Dio mostrarci che siamo incapaci a
procurarci consolazioni e guarirci cosi` dall'orgoglio.

956. 4^ La regola undecima ritorna sulle consolazioni per avvertirci
che bisogna allora far provvista di coraggio, onde comportarsi poi
bene nel tempo della desolazione; e per dirci che dobbiamo umiliarci
vedendo quanto poco possiamo se veniamo privati della consolazione
sensibile, e che possiamo invece molto nel tempo della desolazione se
ci appoggiamo a Dio.

957. 5^ Le tre ultime regole 12a.-14a. espongono, a fine di svelarle,
le astuzie usate dal demonio per sedurci: a) opera come la mala donna,
che e` debole quando le si resiste, ma ardente e crudele quando le si
cede; onde bisogna vigorosamente resistere al demonio; b) si regola
come un seduttore che vuole il secreto dalla persona da lui
sollecitata al male; quindi il miglior mezzo di vincerlo e` di svelare
tutto al direttore; c) imita un capitano che, per conquistare una
piazza, la assale dal lato piu` debole; onde e` necessario invigilare su
questo punto debole nell'esame di coscienza.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:13
SINTESI DI QUESTO PRIMO LIBRO.

Il fine inteso dagl'incipienti e` la purificazione dell'anima, onde,
liberi dagli avanzi e dalle occasioni del peccato, potersi unire a
Dio.

958. Per ottener questo fine ricorrono alla preghiera; porgendo a
Dio i doveri religiosi, lo inclinano a perdonar loro tutte le colpe
passate; invocandolo con fiducia, in unione col Verbo Incarnato,
ottengono grazie di contrizione e di fermo proponimento che ne
purificano vie piu` l'anima e li preservano da future ricadute. Questo
buon risultato si ottiene in modo anche piu` sicuro con la meditazione:
le incrollabili convinzioni che vi si acquistano con lunghe e serie
riflessioni, gli esami di coscienza che meglio ci mostrano le nostre
miserie e la nostra poverta`, le preghiere ardenti che sgorgano allora
dal fondo di questo povero cuore, le risoluzioni che vi si prendono e
che si cerca di praticare, son tutte cose che purificano l'anima, le
ispirano orrore al peccato e alle sue occasioni e la rendono piu` forte
contro le tentazioni, piu` generosa nella pratica della penitenza.

959. Perche`, intendendo meglio la gravita` dell'offesa fatta a Dio
col peccato e lo stretto dovere di ripararla, l'anima entra
coraggiosamente nelle vie della penitenza; in unione con Gesu`, che
volle essere penitente per noi, alimente in cuore sentimenti di
confusione, di contrizione e d'umiliazione, e piange continuamente i
suoi peccati. Con questi sentimenti, si da` alle austerita` della
penitenza, accetta generosamente le croci provvidenziali che Dio le
manda, s'impone privazioni, pratica limosine e cosi` ripara il passato.

Per schivare il peccato nell'avvenire, pratica la mortificazione,
disciplinando i sensi esterni e gli interni, l'intelligenza e la
volonta`, insomma tutte le sue facolta` per assoggettarle a Dio e non
far nulla che non sia conforme alla sua santa volonta`.

E` vero che vi sono in lei profonde tendenze cattive che si chiamano i
sette peccati capitali; ma, appoggiandosi sulla divina grazia, pone
mano a schiantarli o almeno a svigorirli; lotta valorosamente contro
ognuno di loro in particolare, e viene il momento che li ha
sufficientemente domati.

Nonostante tutto questo lavori`o, dai bassi findo dell'anima
sbucheranno fuori le tentazioni, talora terribili, eccitate dal mondo
e dal demonio. Ma, senza disanimarsi, appoggiata su Colui che ha vinto
il mondo e la carne, l'anima lottera` subito e finche` sara` necessario
contro gli assalti del nemico; e, con la grazia di Dio, il piu` delle
volte questi assalti non saranno che occasione di vittoria; se
sciaguratamente avvenisse una caduta, l'anima, umiliata ma confidente,
si getterebbe subito nelle braccia della divina misericordia per
implorarne il perdono. Una caduta cosi` riparata non sarebbe di
ostacolo al suo avanzamento spirituale.

960. Dobbiamo tuttavia aggiungere che le purificazioni attive
descritte in questo primo libro non bastano a rendere l'anima
perfettamente pura. Il lavoro di purificazione deve quindi continuare
nel corso della via illuminativa con la pratica positiva delle virtu`
morali e teologali. E non sara` compito se non quando verranno, nella
via unitiva, quelle purificazioni passive, cosi` bene descritte da
S. Giovanni della Croce, che danno all'anima la perfetta purita` di
cuore, che e` ordinariamente necessaria alla contemplazione. Ne
parleremo nel terzo libro.
_________________________________________________________________

901-1 Rodriguez, Prat. della perf., P. IIa., Tr. 3; S. Fr. di
Sales, La Filotea, P. IV, c. III-X; Scaramelli, Direttorio ascetico,
t. II, art. X; Schram, Instit. Theol. myst., sez. CXXXVII-CXLIX;
W. Faber, Il Progresso, c. XVI; P. de Smedt, Notre vie surnat., P.
IIIa., C. III; Ribet, L'asce'tique, c. X; Mgr Gay, Vita e virtu`
cristiane, t. I, tr. VIII; Lehen, La via della pace inter.,
(Salesiana, Torino) P. IIIa., c. IV; Dom Lehodey, Le saint Abandon, p.
332-343; Bruneteau, Tentazioni del giovane (Marietti, Torino).

902-1 Jac., I, 13.

902-2 I Cor., X, 13.

904-1 Tob., XII, 13.

906-1 La Filotea, P. IV., c. III (Salesiana, Torino).

907-1 S. Fr di Sales racconta (La Filotea, P. IVa., c. IV) che a
S. Caterina da Siena, violentemente tentata contro la castita`, Nostro
Signore disse: "Dimmi un poco: quei brutti pensieri del tuo cuore ti
davano piacere o tristezza, amarezza o diletto?" Caterina rispose:
"Somma amarezza e tristezza". Nostro Signore la consolo` aggiungendo
che quelle pene erano gran merito e gran guadagno.

907-2 La Filotea, l. c., c. VI.

908-1 "Si e` talora colti da qualche sollecito di dilettazione
prima che si sia avuto tempo di mettersi bene in giardia: or cio` non
puo` essere per lo piu` che un ben leggiero peccato veniale, il quale
pero` si fa maggiore se, appena uno si e` accorto del male in cui si
trova, rimane per negligenza a discutere qualche tempo con la
dilettazione, se la debba accogliere o rifiutare." (La Filotea, l. c.,
c. VI).

911-1 Matth., XXVI, 41.

912-1 Marc., XIV, 29.

912-2 I Cor., X, 12.

912-3 I Cor., X, 13.

912-4 Questa mollezza e` ben descritta da Mgr Gay, Vita e virtu`
crist., Tr. VIII, pag. 525-526: "Dorme e resta quindi esposta ai colpi
del nemico l'anima pigra, l'anima molle, codarda, pusillanime, che di
ogni sacrificio si spaventa, di ogni lavoro serio si abbatte, che,
ricca forse di desideri, resta povera di risoluzioni e piu` ancora di
opere, che si risparmia in tutto, che segue quasi sempre le sue
inclinazioni e si abbandona alla corrente".

914-1 La Filotea, P. IVa., c. IX.

914-2 Eccli., XXI, 2.

915-1 Marc., VIII, 33.

916-1 La Filotea, P. IVa., c. VII.

919-1 Luc., XV, 21.

919-2 Si veda G. Tissot, L'arte di utilizzare le proprie colpe
secondo le dottrine di S. Francesco di Sales.

919-3 De corrept. et gratia^, c. I.

920-1 S. Fr. di Sales, La Filotea, P. IVa., c. XIII-XV;
F. Guillore', Les secrets de la vie spirituelle, tr. VI; G. Faber,
Progressi, c. XXIII; Dom Lehodey, Le saint Abandon, p. 344 ss.; P. de
Smedt, Notre vie surnat., P. IIIa., c. V.

923-1 S. Fr. di Sales, La Filotea, P. IVa., c. XIII.

924-1 La Filotea, P. IVa., c. XIII.

927-1 La Filotea, P. IVa., c. XIV.

928-1 Luc., XXII, 42.

934-1 S. Ignazio, Eserc. spir., Regulae de scrupulis; Alzarez de
Paz, t. II, l. I, P. IIIa., c. XII, sez. V; Scaramelli, Dirett. ascetico,
tr. II, art. XI; Schram, Inst. theol. mysticae, t. I, sez. 73-83;
S. Alfonso, Theol. Mor., tr. I, De conscientia, n. 10-19; Lombez, Paix
inte'rieure, P. IIa., c. VII; G. Faber, Progresso, c. XVII; Dubois,
L'angelo conduttore delle anime scrupolose; P. De Lehen, La via della
pace interna, P. IVa.; A. Eymieu, Il governo di se`, t. II, L'ossessione
e lo scrupolo; Dom. Lehodey, Le saint Abandon, p. 407-414; Gemelli, De
scrupulis, 2a. edizione, 1921; Turco, Il trattamento morale dello
scrupolo e dell'ossessione morbosa (Marietti, Torino).

951-1 S. Tommaso, Ia. IIae, q. 80, a. 4; De Imitatione Christi, l.
III, c. 54, De diversis motibus naturae et gratiae; S. Ignazio,
Exercitia spiritual., Regulae aliquot, etc.; Scaramelli, Il
discernimento degli spiriti; Card. Bona, De discretione spirituum;
Ribet, L'Asce'tique, c. XL; Mgr A. Chollet, Discernement des esprits,
Dict. de The'ologie, t. IV, 1375-1415, con copiosa bibliografia.
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Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:14
PARTE SECONDA
Le Tre Vie
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LIBRO II

La via illuminativa
o lo stato delle anime proficienti.
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961. Purificata l'anima dai passati peccati con lunga e laboriosa
penitenza proporzionata al loro numero e alla loro gravita`;
rassodatasi nella virtu` con la pratica della meditazione, della
mortificazione e della resistenza alle inclinazioni cattive e alle
tentazioni, si entra nella via illuminativa. E` chiamata cosi` perche`
consiste principalmente nell'imitare Nostro Signore con la pratica
positiva delle virtu` cristiane; ora Gesu` e` la luce del mondo e chi lo
segue non cammina nelle tenebre: "Qui sequitur me non ambulat in
tenebris, sed habebit lumen vitae" 961-1.
__________

INTRODUZIONE 961-2

Prima di descrivere le virtu` che devono praticarsi dalle anime
proficienti, dobbiamo chiarire tre questioni preliminari:
* 1) chi sono coloro ai quali si conviene la via illuminativa;
* 2) qual e` il programma da seguire in questa via;
* 3) qual e` la differenza tra le anime pie e le anime fervorose
che camminano per questa via.

I. Chi sono coloro ai quali conviene la via illuminativa.

962. S. Teresa descrive cosi` gli abitanti della terza
mansione 962-1, vale a dire le anime proficienti: "Hanno gran
desiderio di non offendere la divina Maesta`; schivano anche i peccati
veniali; amano la penitenza; hanno le loro ore di raccoglimento;
impiegano utilmente il tempo; si esercitano in opere di carita` verso
il prossimo. Tutto e` ben regolato in loro: le parole, le vesti, il
governo della casa, quelle che ne hanno".

Da questa descrizione si possono dedurre le seguenti conslusioni.

963. 1^ Poiche` la via illuminativa consiste nell'imitazione di
Nostro Signore, per entrarvi bisogna adempiere queste tre condizioni,
che ci rendono capaci di seguire il divino Maestro con la pratica
della virtu` di cui ci ha dato l'esempio.

A) Bisogna aver gia` acquistato una certa purita` di cuore per poter
aspirare senza troppa temerita` a quell'unione abituale con Nostro
Signore che e` supposta dall'imitazione delle sue virtu`: finche` l'anima
e` esposta a cadere ogni tanto nel peccato mortale, deve anzitutto
lottare energicamente contro le occasioni di peccato, le cattive
tendenze della natura e le tentazioni; solo superate queste
difficolta`, potra` umilmente occuparsi della parte positiva delle
virtu`. Bisogna pure che abbia in orrore il peccato veniale deliberato
e che si studi di schivarlo.

B) Bisogna pure che l'anima abbia mortificato le sue passioni.
Infatti, per seguire Nostro Signore, occorre rinunziare non solo al
peccato mortale ma ancora al peccato veniale deliberato, specialmente
a quello che si commette frequentemente e a cui si ha affetto. Ora,
solo lottando valorosamente contro le passioni e i vizi capitali si
arriva a quella signoria di se` che rende capaci di praticare le virtu`
nella loro parte positiva e di accostarsi cosi` gradatamente al divino
Modello. Allora infatti si puo` avere una vita ben regolata, momenti di
raccoglimento, e impiegare il tempo nell'adempimento dei doveri del
proprio stato.

964. C) Infine e` necessario avere con la meditazione acquistato
convinzioni profonde su tutte le grandi verita`, a fine di poter dare
nell'orazione maggior tempo ai pii affetti e alla preghiera
propriamente detta. Infatti con questi affetti e con la domanda
attiriamo in noi le virtu` di Nostro Signore e riusciamo a praticarle
senza troppa difficolta`.

Si riconoscono quindi i proficienti a questi principali due segni:
1) sentono grande difficolta` a fare orazione puramente discorsiva
perche` l'attrazione dello Spirito Santo li porta ad associare ai
ragionamenti molti affetti; 2) hanno desiderio ardente ed abituale di
unirsi a Nostro Signore, di conoscerlo, di amarlo, di imitarlo.

965. 2^ Da quanto abbiamo detto derivano le principali differenze
fra le due vie, purgativa ed illuminativa.

A) Lo scopo cosi` per l'una come per l'altra e` pur sempre lo sforzo e
la lotta; ma gl'incipienti lottano contro il peccato e le sue cause,
mentre le anime proficienti lottano per ornar l'anima con l'acquisto
delle virtu` di Nostro Signore. Non vi e` pero` opposizione tra queste
due direzioni; l'una prepara l'altra: distaccandosi dal peccato e
dalle sue cause, si praticano gia` le virtu` nel primo loro grado, che e`
soprattutto negativo; le virtu` positive poi, che si praticano nella
via illuminativa, perfezionano il distacco da se stessi e dalle
creature; nel primo caso si insiste sul lato negativo, nel secondo sul
lato positivo della virtu`, due cose che si integrano a vicenda. Non si
cessa quindi nella via illuminativa dal far penitenza e dal
mortificarsi, ma si fa coll'intento di unirsi meglio e meglio
rassomigliare a Nostro Signore.

B) I mezzi, pur restando sostanzialmente gli stessi, differiscono nel
modo onde sono adoperati: la meditazione, che era discorsiva, diventa
affettiva; il pensiero che si fissava abitualmente su Dio, si
concentra di piu` su Nostro Signore, bramoso di conoscerlo, amarlo,
imitarlo: Gesu` diventa veramente il centro della nostra vita.

II. Programma da seguire nella via illuminativa.

966. Questo programma deriva da quanto abbiamo detto.

1^ Il fine diretto e` di conformarci a Nostro Signore in modo da far di
lui il centro della nostra vita.

A) Ne facciamo il centro dei nostri pensieri. Ci dilettiamo di
studiarne la vita e i misteri; il Vangelo ha per noi nuove grazie: lo
leggiamo lentamente, affettuosamente, rilevando i minimi particolari
della vita del Salvatore e soprattutto le sue virtu`. Vi troviamo
argomenti di meditazione inesauribili, dilettandoci in meditarne le
parole, minutamente analizzarle e applicarle a noi. Quando vogliamo
praticare una virtu`, la studiamo innanzitutto in Gesu`, richiamandocene
gli insegnamenti e gli esempi, in questi trovando il motivo piu`
potente per ricopiarne in noi le disposizioni e le virtu`. Gesu` e` pure
il centro dei nostri pensieri nella santa Messa e nella Comunione: le
preghiere liturgiche sono per noi ottimo mezzo di studiarlo. Ci
studiamo infine con pie letture di conoscere meglio l'insegnamento di
Nostro Signore, soprattutto la sua dottrina spirituale, Gesu` cercando
nei libri: Jesum quaerens in libris.

967. B) Questa conoscenza conduce all'amore, onde Gesu` diventa il
centro dei nostri affetti. a) Come infatti si potrebbe studiar
quotidianamente Colui che e` la stessa bellezza e la stessa bonta`,
senza sentirsi presi d'amore per lui? "Dacche` conobbi Gesu` Cristo,
diceva Lacordaire, nulla mi parve piu` abbastanza bello da guardarlo
con concupiscenza" 967-1. Se gli Apostoli sul Tabor, vedendo
l'umanita` di Nostro Signore trasfigurata, furono talmente rapiti
d'ammirazione e d'amore da gridare: "E` bene per noi il rimanercene
qui, bonum est nos hic esse" 967-2, quanto piu` siamo rapiti noi di
fronte alla divina bellezza che rifulge in Gesu` risuscitato?

b) E come non amarlo, meditando spesso l'amore di cui ci diede e non
cessa di darci prova nell'Incarnazione, nella Redenzione e
nell'Eucaristia? S. Tommaso compendio`, in una strofe mirabilmente
concisa, i grandi benefici del Salvatore verso di noi:

Se nascens dedit socium,
Convescens in edulium,
Se moriens in pretium,
Se regnans dat in praemium 967-3.

Il giorno che nacque si fece nostro compagno di via, nostro amico,
nostro fratello, e non ci lascia mai soli. Istituendo l'Eucaristia,
diventa nostro cibo e col suo corpo, col suo sangue, con la sua anima,
con la sua divinita`, sazia le anime nostre affamate e sitibonde di
lui. Morendo sulla croce, sborsa il prezzo del nostro riscatto, ci
libera dalla schiavitu` del peccato, ci rende la vita spirituale e ci
da` la maggior prova d'amore che si possa dare agli amici. Finalmente
in paradiso ci da` se stesso in ricompensa, lassu` lo possediamo per
tutta l'eternita` e la nostra felicita` si confonde quindi innanzi con
la sua gloria. Non potremo dunque essere mai abbastanza riconoscenti
alla infinita sua bonta` ne` amarlo mai abbastanza.

968. C) Ora l'amore conduce all'imitazione. Appunto perche` si e`
attratti verso l'amico dalla stima che si ha delle sue virtu`, si
desidera di ricopiare in se` queste medesime virtu`, onde fare con lui
un sol cuore e un'anima sola. Si sente infatti che, a rendere
quest'unione intima e profonda, bisogna fondarla sulla comunione dei
pensieri, dei sentimenti, delle virtu` dell'amico; si imita
istintivamente cio` che si ama. Onde Gesu` diventa il centro delle
nostre azioni e dell'intiera nostra vita. Pregando, attiriamo in noi
Nostro Signore col suo spirito di religione, per glorificar Dio e
chiedere efficacemente le grazie di cui abbiamo bisogno. Lavorando, ci
uniamo al divino operaio di Nazareth per attendere come lui alla
gloria di Dio e alla salute delle anime. Volendo acquistare una virtu`,
attiriamo in noi Gesu` modello perfetto di tale virtu` e ci sforziamo di
praticarla con lui. Perfino le ricreazioni si fanno in unione con lui
e nel suo spirito, onde lavorare poi meglio a gloria di Dio e a
vantaggio della Chiesa.

969. 2^ Ma per ottener questo fine, occorrono dei mezzi, e questi
mezzi saranno, oltre la preghiera e l'orazione affettiva, lo sforzo
costante di praticar le virtu` cristiane che ci fanno meglio conoscere,
amare e imitare Nostro Signore, vale a dire le virtu` teologali e le
virtu` morali. Si mira alla virtu` soda, fondata non su emozioni ma su
convinzioni profonde.

A) La pratica di queste virtu` corre parallela, nel senso che uno non
si puo` esercitare nelle virtu` morali senza esercitarsi pure nelle
virtu` teologali e viceversa. Non si puo` coltivar la prudenza
cristiana, senza essere nello stesso tempo guidati dai lumi della
fede, sorretti dalla speranza e stimolati dall'amor di Dio; parimenti
la fede e la speranza suppongono la prudenza, la fortezza e la
temperanza; e cosi` si dica delle altre virtu`.

Vi sono pero` virtu` che convengono meglio a questa o a quella classe di
persone che si esercitano nella via illuminativa. Cosi` coloro che
entrano in questa via insistono di piu` su certe virtu` morali, di cui
sentono maggior bisogno per trionfare della sensualita` o della
superbia. Piu` tardi, dominati questi vizi, uno si applichera` piu`
specialmente alle virtu` teologali, che piu` direttamente ci uniscono a
Dio.

970. B) A intendere meglio questa dottrina, sara` bene indicar
brevemente fin d'ora la differenza che corre tra queste virtu`.

a) Le virtu` teologali hanno per oggetto diretto Dio stesso e per
motivo un attributo divino; cosi` con la fede io credo in Dio,
appoggiato sulla divina sua autorita`; con la carita` io l'amo per la
sua infinita bonta`. In tal modo queste virtu` ci uniscono direttamente
a Dio: la fede ce ne fa partecipare il pensiero, la carita` l'amore.

b) Le virtu` morali hanno per oggetto diretto un bene creato e per
motivo il bene onesto; cosi` la giustizia ha per oggetto di rendere a
ciascuno il suo, e per motivo l'onesta`. Queste virtu` preparono
l'unione con Dio, allontanando gli ostacoli, come sarebbe
l'ingiustizia; iniziano anzi quest'unione, perche`, essendo giusto, io
mi unisco a Dio che e` la stessa giustizia.

Ma spetta alle virtu` teologali, che sono piu` direttamente unificanti,
il perfezionar quest'unione.

971. C) Ne viene che chi studi le virtu` secondo l'ordine di dignita`,
deve cominciare dalle virtu` teologali; chi invece segua l'ordine
psicologico, che va dal meno perfetto al piu` perfetto, come qui
facciamo noi, deve cominciare dalle virtu` morali, senza per altro
dimenticare la precedente osservazione sullo sviluppo parallelo delle
virtu` cristiane.

III. Due categorie di anime proficienti.

Nella via illuminativa si possono distinguere molte categorie di
anime, ma soprattutto due principali: le anime pie e le anime
fervorose.

972. 1^ Le prime hanno buona volonta`, slancio verso il bene e fanno
sforzi seri per schivare le colpe deliberate. Ma sono ancora vane e
presuntuose; poco abituate all'abnegazione, difettano di energia e di
costanza, massime quando sopraggiungono le prove. Onde variazioni
molte nella loro condotta; disposte a soffrir tutto quando le prove
sono ancora lontane, mancano di pazienza e si lagnano quando sono di
fronte al dolore o alle aridita`; pronte a prendere generose
risoluzioni, non le osservano poi che imperfettamente, soprattutto se
sorgono difficolta` impreviste. Lenti quindi ne sono i progressi, onde
hanno bisogno di coltivare le virtu` della fortezza, della costanza e
dell'umilta`.

973. 2^ Le anime fervorose sono piu` umili e piu` generose. Diffidenti
di se` e fidenti in Dio, gia` abituate all'abnegazione cristiana, sono
piu` energiche e piu` costanti. Tuttavia questa rinunzia di se` non e` ne`
assoluta ne` universale: hanno gran desiderio di perfezione, ma la loro
virtu` non fu ancora abbastanza rassodata dalla prova. Presentandosi la
consolazione e la gioia, le accettano volentieri e vi si adagiano con
compiacenza; non hanno ancora l'amor della croce. Le forti risoluzioni
prese al mattino non vengono eseguite che in parte, perche` non sono
abbastanza costanti negli sforzi. Sono gia` abbastanza avanti nell'amor
divino da rinunziare alle cose pericolose, ma si affezionano talora
troppo a cio` che Dio permette di amare, ai parenti, agli amici, alle
consolazioni che provano negli esercizi spirituali. Occorre quindi che
si distacchino ancor piu` perfettamente da tutto cio` che ostacola
l'unione con Dio.

Non tratteremo a parte di queste due categorie di anime; ma tra le
virtu` che descriviamo, il direttore scegliera` quelle che convengono
meglio ad ogni anima.

DIVISIONE DEL SECONDO LIBRO.

974. Lo scopo delle anime proficienti e` di far di Gesu` il centro
della propria vita; onde:
* 1^ si applicheranno diligentemente all'orazione affettiva per
attingervi la conoscenza, l'amore e l'imitazione del divino
modello.
* 2^ Praticheranno pure, in modo speciale ma non esclusivo, quelle
virtu` morali che, liberandole dagli ostacoli che si oppongono
all'unione con Dio, cominceranno ad unirle a Colui che e`
l'esemplare d'ogni perfezione.
* 3^ Quindi le virtu` teologali, che avevano gia` praticate nella via
purgativa di conserva con le virtu` morali, si sviluppano in loro e
diventano il principale motore della loro vita.
* 4^ Ma, essendo la lotta tutt'altro che finita, vi saranno ancora
contrattacchi del nemico che bisognera` prevedere e vittoriosamente
combattere 974-1.
Coordin.
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Onde quattro capitoli.
* CAP. I. -- DELL'ORAZIONE AFFETTIVA PROPRIA DI QUESTA VIA.
* CAP. II. -- DELLE VIRTU` MORALI.
* CAP. III. -- DELLE VIRTU` TEOLOGALI.
* CAP. IV. -- DELLA LOTTA CONTRO I CONTRATTACCHI DEL NEMICO.
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961-1 Joan., VIII, 12.

961-2 Filippo della SS. Trinita`, Sum. Theol. mysticae, P. IIa.; Le
Gaudier, De perfect. vitae spir., P. IIa., sez. IIa.; Schram, Inst.
myst., sez. CIII; A. Saudreau, I gradi etc. t. I, Via illuminativa.

962-1 Castello, mansione terza, c. I, n. 5.

967-1 Chocarne, Vita del P. Lacordaire, t. II, (Fiorentina,
Firenze).

967-2 Matth., XVII, 4.

967-3 Inno delle Lodi dell'ufficio del SS. Sacramento.

974-1 Non trattiamo quindi, nella via illuminativa, ne` della
purificazione passiva dei sensi ne` dell'orazione di quiete, le quali,
appunto perche` sono gia` un principio di contemplazione infusa,
appartengono alla via unitiva. Avvertiamo pero` il lettore che buoni
autori pensano che le prime purificazioni passive e la quiete
appartengono alla via illuminativa. Cf. P. Garrigou-Lagrange, Perfect.
chre't. et contemplation., t. I., p. VIII.
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Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:15
PARTE SECONDA
Le Tre Vie

LIBRO II
La via illuminativa
o lo stato delle anime proficienti
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CAPITOLO I.

Dell'orazione affettiva 975-1.

975. Le anime proficienti continuano a fare gli esercizi spirituali
degl'incipienti, n. 657, aumentandone il numero e la durata e
accostandosi cosi` alla preghiera abituale gia` descritta al n. 522,
che non si attua intieramente se non nella via unitiva. Si applicano
soprattutto all'orazione affettiva, che a poco a poco sostituisce per
loro la meditazione discorsiva. Ne esporremo quindi:
* 1^ la natura;
* 2^ i vantaggi;
* 3^ le difficolta`;
* 4^ il metodo che vi si puo` seguire.

ART. I. NATURA DELL'ORAZIONE AFFETTIVA.

976. 1^ Definizione. L'orazione affettiva, come dice la parola, e`
quella in cui dominano i pii affetti, ossia i varii atti della volonta`
con cui esprimiamo a Dio il nostro amore e il desiderio di
glorificarlo. In questa orazione il cuore ha parte maggiore della
mente.

Gl'incipienti, come abbiamo detto al n. 668, hanno bisogno
d'acquistar convinzioni; onde insistono sui ragionamenti, dando posto
molto limitato agli affetti. Ma a mano a mano che queste convinzioni
si radicano profondamente nell'anima, occorre minor tempo per
rinnovarle, onde lasciano maggior campo agli affetti. Invaghita
dell'amor di Dio e della bellezza della virtu`, l'anima si inalza piu`
facilmente con pii slanci all'autore d'ogni bene per adorarlo,
benedirlo, ringraziarlo, amarlo; a Nostro Signore Gesu` Cristo, suo
Salvatore, suo modello, suo capo, suo amico, suo fratello, per
presentargli i piu` affettuosi sentimenti; alla SS. Vergine, madre di
Gesu` e madre nostra, dispensiera dei divini favori, per esprimerle il
piu` filiale, il piu` confidente, il piu` generoso amore, n. 166.

Altri sentimenti le scaturiscono spontaneamente dal cuore: sentimenti
di vergogna, di confusione e di umiliazione alla vista delle proprie
miserie; desideri ardenti di far meglio e confidenti preghiere per
averne la grazia; sentimenti di zelo per la gloria di Dio che la
muovono a pregare per tutte le grandi cause della Chiesa e delle
anime.

977. 2^ Passaggio dalla meditazione all'orazione affettiva. A questa
orazione non si giunge cosi` tutto d'un tratto. Vi e` un periodo di
transizione in cui si mescolano piu` o meno le considerazioni e gli
affetti. Ve n'e` un altro in cui le considerazioni si fanno ancora ma
sotto forma di colloquio: Aiutatemi, o Signore, a intender bene la
necessita` di questa virtu`; e si fanno alcuni minuti di riflessione;
poi si continua: Grazie, o Signore, dei vostri lumi divini; degnatevi
di imprimermi piu` profondamente nell'anima queste convinzioni, perche`
possano piu` efficacemente influire sulla mia condotta... Aiutatemi, vi
prego, a vedere quanto io sia lontano da questa virtu`... e che cosa
debbo fare per meglio praticarla... gia` fin di quest'oggi. Viene poi
il momento che i ragionamenti cessano quasi intieramente o almeno si
fanno cosi` brevi che la maggior parte dell'orazione trascorre in pii
colloqui. Si sente pero` talora il bisogno di rifarsi momentaneamente
alle considerazioni per dare sufficiente occupazione alla mente. In
tutto cio` bisogna seguire i moti della grazia accertati dal direttore.

978. 3^ Segni che giustificano questo passaggio. A) Conviene
conoscere i segni onde si arguisce che e` tempo di lasciar la
meditazione per l'orazione affettiva. Sarebbe cosa imprudente farlo
troppo presto; perche`, non essendo allora l'anima ancora abbastanza
progredita per alimentar questi affetti, cadrebbe nelle distrazioni o
nell'aridita`. Ma sarebbe anche a dolere che si facesse troppo tardi;
perche`, secondo l'avviso di tutti gli autori spirituali, l'orazione
affettiva e` piu` fruttuosa della meditazione, essendo specialmente gli
atti della volonta` quelli per cui glorifichiamo Dio e attiriamo in noi
le virtu`.

B) Questi segni sono i seguenti: 1) quando, non ostante la buona
volonta`, torna difficile far ragionamenti o trarne profitto, e d'altra
parte uno si sente portato agli affetti; 2) quando le convinzioni sono
cosi` profondamente radicate che l'anima si sente gia` convinta fin dal
principio dell'orazione; 3) quando il cuore, distaccato dal peccato,
corre facilmente a Dio o a Nostro Signore. Essendo pero` noi cattivi
giudici in causa propria, sara` bene sottoporre questi segni al
giudizio del direttore.

979. 4^ Mezzi per coltivare gli affetti. A) I pii affetti si
moltiplicano e si prolungano principalmente con l'esercitarsi nella
virtu` della carita`, scaturendo essi da un cuore in cui domina l'amor
di Dio. E` l'amore che ci fa ammirare le perfezioni divine; illuminato
dalla fede, ci mette dinanzi agli occhi la bellezza, la bonta`, la
misericordia infinita di Dio; onde nasce spontaneo un sentimento di
riverenza e di ammirazione che eccita a sua volta la riconoscenza, la
lode, la compiacenza; quanto piu` si ama Dio e tanto piu` questi vari
atti continuano. Lo stesso avviene dell'amore a Nostro Signore Gesu`
Cristo: quando si ripensa ai benefici indicati al n. 967, ai
patimenti sostenuti per noi da quest'amabile Salvatore, all'amore di
cui ci da` continua prova nell'Eucaristia, uno si abbandona facilmente
a sentimenti di ammirazione, di adorazione, di riconoscenza, di
compassione, di amore, e sente bisogno di lodare e di benedire Colui
che ci ama tanto.

980. B) A fomentare questo divino amore, si consigliera` ai
proficienti di meditar spesso sulle grandi verita` che ci ricordano cio`
che Dio ha fatto e non cessa di fare per noi:

a) L'abitazione delle tre divine persone nell'anima nostra e la
paterna loro azione su noi (n. 90-131).

b) La nostra incorporazione a Cristo e la parte sua nella vita
cristiana (n. 132-153); la sua vita, i suoi misteri, soprattutto
la dolorosa sua passione e l'amor suo nell'Eucaristia.

c) La parte della SS. Vergine, degli Angeli e dei Santi nella vita
cristiana (n. 154-189): abbiamo cosi` un mezzo prezioso di variare
gli affetti, rivolgendoci ora alla Madre celeste, ora ai SS. Angeli,
soprattutto all'angelo custode, ora ai Santi, massime a quelli che
c'ispirano maggior divozione.

d) Le preghiere vocali che, come il Pater, l'Ave Maria, l'Adoro te
devote latens deitas, etc... sono piene di sentimenti di amore, di
riconoscenza, di conformita` alla volonta` di Dio.

e) Le principali virtu`, come la religione verso Dio, l'obbedienza
verso i superiori, l'umilta`, la fortezza, la temperanza, e
principalmente le tre virtu` teologali. Si considereranno queste virtu`
non cosi` in astratto ma come praticate da Nostro Signore, e appunto
per assomigliare a lui e dargli prova del nostro amore si cerchera` di
praticarle.

f) Non si lascera` di meditar sulla penitenza, sulla mortificazione,
sul peccato, sui novissimi, ma in modo diverso dagl'incipienti. Si
considerera` Gesu` come perfetto modello di penitenza e di
mortificazione, come carico dei nostri peccati che sono da lui espiati
con lungo martirio, sforzandoci d'attirarlo in noi con tutte le sue
virtu`. La meditazione sulla morte, sul paradiso e sull'inferno si fara`
per distaccarsi dalle cose create e unirsi a Gesu`, onde assicurarsi la
grazia d'una buona morte e un bel posto in paradiso presso Gesu`.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:15
ART. II. VANTAGGI DELL'ORAZIONE AFFETTIVA.

Sono vantaggi che derivano dalla natura stessa di questa orazione.

981. 1^ Il principale e` una piu` intima e piu` abituale unione con
Dio. Moltiplicando gli affetti, produce in noi un aumento d'amor di
Dio; onde gli affetti vengono ad essere effetto e causa: nascono
dall'amor di Dio, ma anche lo perfezionano, perche` le virtu` crescono
con la ripetizione degli stessi atti. Aumentano pure la conoscenza
delle divine perfezioni. Perche`, come nota S. Bonaventura, 981-1
"il miglior modo di conoscere Dio e` di sperimentar la dolcezza del suo
amore: modo di conoscenza piu` eccellente, piu` nobile e piu` dilettevole
della ricerca per via di ragionamento." Come infatti si giudica meglio
dell'eccellenza di un albero col gustarne i saporosi frutti, cosi` si
giudica meglio dell'eccellenza degli attributi divini con lo
sperimentare la soavita` dell'amor di Dio. Questa conoscenza aumenta a
sua volta la carita` e il fervore, e ci da` nuovo slancio a praticar piu`
perfettamente tutte le virtu`.

982. 2^ Aumentando la carita`, l'orazione affettiva perfeziona pure
tutte le virtu` che ne derivano: a) la conformita` alla volonta` di Dio;
perche` si e` lieti di far la volonta` della persona amata; b) il
desiderio della gloria di Dio e della salvezza delle anime; perche`,
quando uno ama, non puo` tenersi dal lodare e far lodare l'oggetto del
suo amore; c) l'amor del silenzio e del raccoglimento; perche` si vuole
stare da solo a solo coll'amato, onde pensare piu` spesso a lui e
ripetergli il proprio amore; d) il desiderio della comunione
frequente; perche` si desidera di possedere piu` perfettamente possibile
l'oggetto del proprio amore, beati di riceverlo nel cuore e restargli
uniti per tutto il giorno; e) lo spirito di sacrificio; perche` si sa
che non possiamo unirci al divin Crocifisso e per lui a Dio, se non in
quanto rinunziamo a noi stessi e ai nostri comodi, onde portar la
croce senza stancarci e accettar tutte le prove che la Provvidenza ci
manda.

983. 3^ Vi si trova pure spesso la consolazione spirituale; non vi e`
infatti gaudio piu` puro e piu` dolce del trovarsi in compagnia d'un
amico; e, poiche` Gesu` e` il piu` tenero e il piu` generoso degli amici,
si gustano, lui presente, gaudii di paradiso: esse cum Jesu dulcis
paradisus. E` vero che accanto a questi gaudii vi sono pure talora
aridita` o altre prove, ma si accettano con dolce rassegnazione
ripetendo continuamente a Dio che si vuole amarlo e servirlo a
qualunque costo; e il pensiero che si soffre per Dio e` gia`
addolcimento di pena e consolazione.

Si puo` aggiungere che l'orazione affettiva e` meno faticosa
dell'orazione discorsiva; perche` in quest'ultima uno si stanca presto
nel filo dei ragionamenti, mentre che, abbandonando il cuore a
sentimenti di amore, di riconoscenza, di lode, l'anima gode dolce
riposo e serba gli sforzi pel tempo dell'azione.

984. 4^ Infine l'orazione affettiva, semplificandosi, ossia
diminuendo il numero e la varieta` degli affetti per intensificarne
solo alcuni, ci conduce a poco a poco all'orazione di semplicita`, che
e` gia` contemplazione acquisita e prepara quindi alla contemplazione
infusa o contemplazione propriamente detta le anime che vi sono
chiamate. Ne parleremo nella via unitiva.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:16
ART. III. GL'INCONVENIENTI E I PERICOLI DELL'ORAZIONE AFFETTIVA.

Anche le cose migliori hanno inconvenienti e pericoli; e cosi` e` pure
dell'orazione affettiva che, se non e` fatta secondo le regole della
prudenza, conduce ad abusi. Ne indicheremo i principali con i
rispettivi rimedi.

985. 1^ Il primo e` la tensione, che induce stanchezza ed
esaurimento. Vi sono infatti di quelli che, volendo intensificare gli
affetti, fanno sforzi di testa e di cuore, si affannano, si eccitano
violentemente a produrre atti e slanci di amore, in cui ha piu` parte
la natura che la grazia. Con tali sforzi il sistema nervosa si stanca,
il sangue affluisce al cervello, una specie di lenta febbre consuma le
forze, e si e` presto esausti. Puo` anche accadere che ne seguano
disordini fisiologici e che ai pii affetti si mescolino sensazioni piu`
o meno sensuali.

986. E` grave difetto a cui bisogna porre subito rimedio, seguendo i
consigli di un savio direttore a cui si palesera` questo stato. Ora il
rimedio e` di convincersi bene che il vero amor di Dio consiste assai
piu` nella volonta` che nella sensibilita`, e che la generosita` di
quest'amore non sta negli slanci 986-1 violenti ma nella
risoluzione calma e ferma di non rifiutar nulla a Dio. Non bisogna
dimenticare che l'amore e` atto della volonta`, il quale spesso, e` vero,
rifluisce sulla sensibilita` producendovi emozioni piu` o meno forti, ma
non sono queste la vera devozione, queste non ne sono che
manifestazioni accidentali che devono restar subordinate alla volonta`
ed essere da lei moderate; altrimenti prendono il sopravvento, -- il
che e` un disordine, -- e in cambio di fomentare la soda pieta`, la
fanno degenerare in amore sensibile e talora sensuale; perche` tutte le
emozioni violente sono in fondo dello stesso genere e si passa
facilmente dall'una all'altra. Bisogna quindi cercare di
spiritualizzar gli affetti, calmarli, metterli a servizio della
volonta`; e allora si godra` una pace che sorpassa ogni intendimento
"pax Dei quae exsuperat omnem sensum" 986-2.

987. 2^ Il secondo difetto e` l'orgoglio e la presunzione. Avendo
buoni e nobili sentimenti, santi desideri, bei disegni di progresso
spirituale; sentendo fervore sensibile e, in tali momenti,
disprezzando i piaceri, i beni e le vanita` del mondo, uno si crede
volentieri molto piu` avanti di quello che e` e quasi si immagina di
toccare ormai le vette della perfezione e della contemplazione;
avviene anche talora che, durante l'orazione, si trattiene il respiro
in attesa di comunicazioni divine. -- Tali sentimenti mostrano invece
chiaramente che si e` ancora molto lontani da quelle alte vette, perche`
i santi e le anime fervorose diffidano di se`, si stimano sempre i piu`
cattivi e credono volentieri gli altri migliori di loro. Bisogna
quindi rifarsi alla pratica dell'umilta`, della diffidenza di se`,
tenendo conto di cio` che diremo piu` tardi di questa virtu`. Del resto,
quando sorgono questi sentimenti d'orgoglio, Dio si da` pensiero di
ricondurre egli stesso queste anime a giusti sentimenti della loro
indegnita` ed incapacita`, privandole di consolazioni e di grazie
particolari; onde capiscono allora quanto siano ancor lontane dalla
sospirata meta.

988. 3^ Vi sono pure di quelli che pongono tutta la devozione nella
ricerca delle consolazioni spirituali, trascurando i doveri del
proprio stato e la pratica delle virtu` ordinarie; purche` facciano
belle orazioni, pensano gia` di essere perfetti. -- E` grande illusione:
non ci puo` essere perfezione senza conformita` alla divina volonta`; ora
questa volonta` e` che osserviamo fedelmente, oltre i comandamenti,
anche i doveri del nostro stato, e che pratichiamo tanto le piccole
virtu` della modestia, della dolcezza, della condiscenza, della
gentilezza, quanto le grandi. Credersi santo perche` si ama la orazione
e soprattutto le sue consolazioni, e` dimenticare che perfetto e` solo
colui che fa la volonta` di Dio: "Non sono coloro che mi dicono:
Signore, Signore, quelli che entreranno nel regno dei cieli, ma colui
che fa la volonta` del Padre mio" 988-1.

Quando pero` si sanno rimuovere gli ostacoli e i pericoli coi mezzi da
noi indicati, l'orazione affettiva torna utilissima al progresso
spirituale e allo zelo apostolico. Vediamo quindi quali sono i metodi
di meglio coltivarla.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:16
ART. IV. METODI D'ORAZIONE AFFETTIVA.

Questi metodi si riducono a due tipi: il metodo di S. Ignazio e
quello di San-Sulpizio.

I. Il metodo di S. Ignazio 989-1.

Tra i metodi ignaziani ce ne sono tre che si riferiscono all'orazione
affettiva:
* 1^ la contemplazione;
* 2^ l'applicazione dei sensi;
* 3^ la seconda maniera di pregare.

1^ LA CONTEMPLAZIONE IGNAZIANA.

989. Si tratta qui non della contemplazione infusa ne` della
contemplazione acquisita, ma di un metodo particolare di orazione
affettiva. Contemplare un oggetto non vuol dire guardarlo cosi` alla
sfuggita, ma posatamente e con gusto fino a che se ne sia pienamente
soddisfatti; e` guardarlo con ammirazione, con amore, come la madre
contempla il suo bambino. Questa contemplazione puo` rivolgersi ai
misteri di Nostro Signore o agli attributi divini.

Quando si medita un mistero: 1) si contemplano le persone che
intervengono in tal mistero, per esempio, la SS. Trinita`, Nostro
Signore, la SS. Vergine, gli uomini, se ne osserva l'esterno e
l'interno; 2) se ne ascoltano le parole, chiedendosi a chi siano
rivolte e che cosa significhino; 3) si considerano le azioni, natura e
circostanze; il tutto allo scopo di porgere i propri doveri a Dio, a
Gesu`, alla Madonna, e conoscere ed amar meglio Nostro Signore.

990. Onde tal contemplazione riesca piu` fruttuosa, si considera il
mistero non come fatto passato ma come cosa che si sta presentemente
svolgendo sotto i nostri occhi; ed e` infatti presente per la grazia
che vi e` annessa. Poi vi si assiste non come semplice spettatore ma
prendendovi parte attiva, per esempio unendosi ai sentimenti della
SS. Vergine nel momento della nascita del Dio Bambino. Vi si cerca
pure un risultato pratico, per esempio, piu` intima conoscenza di Gesu`
e amore piu` generoso per lui.

E` facile, come ognun vede, far entrare in questo quadro tutti i
sentimenti di ammirazione, di adorazione, di riconoscenza, di amore
verso Dio, come pure di compunzione, di confusione, di contrizione
alla vista dei nostri peccati, e infine tutte le preghiere che
possiamo fare per noi e per gli altri.

Onde poi la moltiplicita` di questi affetti non porti danno alla pace e
alla tranquillita` dell'anima, non si deve dimenticare questa
saviissima osservazione di S. Ignazio: 990-1 "Se trovo in un punto
i sentimenti che volevo eccitare in me, mi ci fermero` e riposero`,
senza darmi pensiero di passar oltre, sino a che l'anima mia sia
pienamente soddisfatta; perche` non e` la copia della scienza che sazia
l'anima e la soddisfa ma il sentimento e il gusto interiore delle
verita` da lei meditate".

991. L'orazione poi sugli attributi divini si fa considerando ognuno
di questi attributi con sentimenti di adorazione, di lode e di amore,
conchiudendo coll'intiero dono di se` a Dio 991-1.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:17
2^ L'APPLICAZIONE DEI CINQUE SENSI.

992. Si indica con questo nome un modo di meditare molto semplice e
molto affettuoso, che consiste nell'esercitare i cinque sensi
immaginativi o spirituali su qualche mistero di Nostro Signore, per
imprimerci piu` profondamente nell'anima tutte le circostanze di questo
mistero, ed eccitarci nel cuore pii sentimenti e buone risoluzioni.

Prendiamo un esempio tratto dal mistero di Natale.

1) Applicazione della vista. Vedo il bambino nel presepio, la paglia
ove giace, le fasce che lo avvolgono... Vedo le sue manine tremanti di
freddo, i suoi occhi molli di lacrime... E` il mio Dio: io l'adoro con
viva fede... -- Vedo la SS. Vergine: che modestia! che celeste
bellezza!... La vedo prendere in braccio il bambino Gesu`, fasciarlo
coi pannilini, stringendolo al cuore e adagiarlo sulla paglia: e` suo
figlio ed e` suo Dio! Ammiro e prego... Penso alla santa comunione: e`
pur quello stesso Gesu` che ricevo io... Ho io la stessa fede e lo
stesso amore?

2) Applicazione dell'udito. Sento i vagiti del divin Bambino... i
gemiti strappatigli dal dolore... Ha freddo, ma soffre specialmente
dell'ingratitudine degli uomini... Sento le parole del suo Cuore al
Cuore della santa sua Madre, la risposta di lei, risposta piena di
fede, di adorazione, di umilta`, di amore; e mi unisco ai suoi
sentimenti.

3) Applicazione dell'odorato. Aspiro il profumo delle virtu` del
presepio, il buon odore di Gesu` Cristo, e supplico il Salvatore di
darmi quel senso spirituale che mi faccia aspirare il profumo della
sua umilta`...

4) Applicazione del gusto. Gusto la felicita` di essere con Gesu`,
Maria, Giuseppe; la felicita` di amarli; e per gustarla meglio me ne
staro` raccolto e silenzioso vicino al mio Salvatore.

5) Applicazione del tatto. Tocco piamente e riverentemente con le mani
il presepio e la paglia ove sta coricato il mio Salvatore e
amorosamente li bacio... E, se il divin Bambino me lo vuol permettere,
gli bacio i santi piedini. 992-1

Si termina con un pio colloquio con Gesu`, con sua madre, chiedendo la
grazia d'amar piu` generosamente questo Salvatore divino.

3^ LA SECONDA MANIERA DI PREGARE.

993. La seconda maniera di pregare consiste nel ripassare adagio
nella mente qualche preghiera vocale, come il Pater, l'Ave, la Salve
Regina, ecc., per considerare e gustare il significato di ogni parola.

Cosi`, per il Pater, considererete la prima parola e direte: O mio Dio,
voi l'Eterno, l'Onnipotente, il Creatore di tutte le cose, m'avete
adottato per figlio, voi siete mio Padre. Lo siete perche` nel
battesimo mi avete comunicato una partecipazione della vostra vita
divina e ogni giorno me l'aumentate nell'anima... Lo siete perche` mi
amate come mai nessun padre e nessuna madre amarono il proprio figlio,
perche` avete per me premura tutta paterna. 993-1

Uno si ferma su questa prima parola finche` ci trova significati e
sentimenti che portino qualche luce, forza o consolazione. Se avviene
anzi che una o due sole parole forniscano sufficiente materia per
tutto il tempo dell'orazione, non bisogno darsi pensiero di passar
oltre; si assaporano queste parole, se ne trae conclusione pratica, e
si prega per poterla eseguire.

Ecco dunque tre modi semplici e facili per praticar l'orazione
affettiva.

II. Il metodo di San-Sulpizio.

Abbiamo gia` notato, n. 701, che questo metodo e` molto affettivo;
le anime progredite non hanno dunque che da giovarsene tenendo conto
delle seguenti osservazioni.

994. 1^ Il primo punto, l'adorazione, che per gli incipienti era
molto breve, si prolunga sempre piu`, occupando talora da solo piu` di
meta` dell'orazione. L'anima, accesa d'amor di Dio, ammira, adora,
loda, benedice, ringrazia ora le tre divine persone insieme, ora
ognuna di loro in particolare, ora Nostro Signore, perfetto modello di
quella virtu` che si vuole attirare in noi. Porge pure, secondo le
circostanze, ossequio di venerazione, di riconoscenza, di amore alla
SS. Vergine e ai Santi, sentendosi tratta, nel farlo, a imitarne le
virtu`.

995. 2^ Il secondo punto, la comunione, diviene anch'esso quasi
intieramente affettivo. Le poche considerazioni che si fanno sono
molto brevi, e sotto forma di colloqui con Dio o con nostro Signore:
"Aiutatemi, o mio Dio, a convincermene sempre piu`"... sono
accompagnate e seguite da effusioni di riconoscenza per i lumi
ricevuti, da ardenti desideri di praticar la virtu` che si medita.
L'esame su questa virtu` si fa sotto lo sguardo di Gesu` e
confrontandosi con questo divino Modello; onde avviene che si vedono
assai meglio i propri difetti e le proprie miserie per ragione del
contrasto tra lui e noi; e allora i sentimenti di umiliazione e di
confusione che si provano sono piu` profondi, maggiore la confidenza
che si ha in Dio, perche` uno si sente alla presenza del divin medico
delle anime, onde esce spontaneamente dal cuore quel grido: "O
Signore, il vostro amico e` molto ammalato: Ecce quem amas
infirmatur" 995-1. Quindi ardenti preghiere per ottener la grazia
di praticar questa o quella virtu`; preghiere non solo per se` ma anche
per gli altri e per tutta la Chiesa; preghiere confidenti, perche`
essendo incorporati a Cristo, si sa che queste preghiere sono da lui
spalleggiate.

996. 3^ Anche la cooperazione, nel terzo punto, si fa piu`
affettuosa: la risoluzione che si prende, viene offerta a Gesu` perche`
la approvi; si vuol praticarla per incorporarsi piu` perfettamente a
lui e si fa per questo assegnamento sulla sua collaborazione,
diffidando di se`; si lega poi questa risoluzione al mazzolino
spirituale, ossia a una pia invocazione che si viene spesso ripetendo
nel corso della giornata e che ci aiuta non solo a metterla in pratica
ma ad affettuosamente ricordarci di Colui che ce l'ha ispirata.

997. Vi sono pero` dei casi in cui l'anima, trovandosi nell'aridita`,
non puo` far di questi affetti se non con grande fatica. E allora,
dolcemente abbandonandosi alla volonta` di Dio, protesta di volerlo
amare, di restargli fedele, di tenere a ogni costo alla sua presenza e
al suo servizio; riconosce umilmente la sua indegnita` e la sua
incapacita`, si unisce con la volonta` a Nostro Signore, offrendo a Dio
gli ossequi che egli gli rende e aggiungendovi il dolore che prova nel
non poter far di piu` per onorare la divina Maesta`. Questi atti di
volonta` sono anche piu` meritorii dei pii affetti.

Tali sono i principali metodi d'orazione affettiva: scelga ognuno
quello che meglio gli conviene e tolga da ciascuno cio` che fa ai
presenti suoi bisogni e alle soprannaturali predilezioni dell'anima
sua, seguendo i movimenti della grazia. Progredira` cosi` nella pratica
delle virtu`.
_________________________________________________________________

975-1 Thomas de Vallgornera, Mystica Theologia Divi Thomae, q. II,
disp. VI (Marietti, Torino); Rodriguez, P. I, Tr. V, Dell'orazione;
Crasset, Instr. famil. sur l'oraison; Courbon, Instruct. famil. sur
l'oraison, p. 2a.; Ven. Libermann, Ecrits spirituels, Instr. sur
l'oraison, De l'oraison d'affection; R. de Maumigny, Oraison mentale,
t. I, P. 3a., Oraison affective; D. V. Lehodey, Le vie dell'orazione
mentale, P. 2a., c. VIII (Marietti, Torino).

981-1 III Sent., dist. 35, a. I, q. 2: "Optimus enim modus
cognoscendi Deum est experimentum dulcedinis; multo enim excellentior
et nobilior et delectabilior est quam argumentum inquisitionis".

986-1 Vi sono certamente Santi che hanno talora di questi slanci
d'amore che si palesano al di fuori con manifestazioni sensibili; ma
non sono loro che li eccitano, e` la grazia di Dio; e sarebbe
presunzione il volere eccitare in se` violente emozioni col pretesto di
imitare i Santi.

986-2 Phil., IV, 7.

988-1 Matth., VII, 21.

989-1 S. Ignazio, Esercizi spirituali, Sett. 2a.; R. Maumigny,
Pratique de l'oraison mentale, t. I, P. Va..

990-1 Esercizi Spir., not. 2, add. 4; Durand, Me'dit. et lect. pour
une retraite de 8 ou 10 jours,
p. 256-259.

991-1 Si veda l'ultima contemplazione di S. Ignazio, Es. Spir.,
Sett. IVa..

992-1 S. Ignazio non osa giungere sino a tal punto, ma altri santi
l'osarono e si possono imitare, se la grazia vi ci porta.

993-1 A. Durand, op. cit. p. 458-459; R. De Maumigny, l. c.,
c. VI.

995-1 Joan., XV, 4.
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Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:18
LIBRO II
La via illuminativa
o lo stato delle anime proficienti
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CAPITOLO II.

Delle virtu` morali 998-1.

Prima di partitamente descriverle, conviene richiamar brevemente le
nozioni teologiche sulle virtu` infuse.

NOZIONI PRELIMINARI SULLE VIRTU` INFUSE.

Diremo prima delle virtu` infuse in generale e poi delle virtu`
morali in particolare.

I. Delle virtu` infuse in generale 998-2.

998. Vi sono virtu` naturali, vale a dire buone abitudini, acquistate
con atti frequentemente ripetuti, che agevolano la pratica del bene
onesto. Onde anche gli increduli e i pagani possono, col naturale
concorso di Dio, acquistar le virtu` morali della prudenza, della
giustizia, della fortezza, della temperanza e perfezionarvisi. Non
parliamo qui di queste virtu`; ma intendiamo di trattare delle virtu`
soprannaturali o infuse quali si hanno nel cristiano.

999. Elevati allo stato soprannaturale e non avendo altro fine che
la visione beatifica, dobbiamo tendervi con atti fatti sotto
l'influsso di principii e di motivi soprannaturali, essendo necessario
che vi sia proporzione tra il fine e gli atti che vi conducono. Quindi
per noi le virtu` che nel mondo si dicono naturali, devono essere
praticate in modo soprannaturale. Come giustamente nota il
P. Garrigou-Lagrange, 999-1 secondo S. Tommaso "le virtu` morali
cristiane sono infuse ed essenzialmente distinte per l'oggetto formale
dalle piu` alte virtu` morali acquisite descritte dai piu` grandi
filosofi... C'e` infinita differenza tra la temperanza aristotelica,
regolata soltanto dalla retta ragione, e la temperanza cristiana
regolata dalla fede divina e dalla prudenza soprannaturale.".

Avendo gia` mostrato come queste virtu` ci sono comunicate dallo Spirito
Santo che vive in noi, n. 121-122, non ci resta piu` che a
descriverne:
* 1^ la natura;
* 2^ l'aumento;
* 3^ l'indebolimento;
* 4^ il vincolo che corre tra loro.

1^ NATURA DELLE VIRTU` INFUSE.

1000. A) Le virtu` infuse sono principii di azione che Dio inserisce
in noi perche` servano all'anima di facolta` soprannaturali e ci rendano
quindi capaci di fare atti meritori.

Vi e` dunque differenza essenziale tra le virtu` infuse e le virtu`
acquisite sotto il triplice aspetto dell'origine, dell'esercizio, del
fine.

a) Riguardo all'origine, le virtu` naturali si acquistano con la
ripetizione degli stessi atti; le virtu` soprannaturali vengono da Dio
che ce le infonde nell'anima insieme con la grazia abituale.

b) Quanto all'esercizio, le virtu` naturali, acquistandosi con la
ripetizione degli stessi atti, ci danno la facilita` di fare
prontamente e lietamente atti simili; le virtu` soprannaturali, infuse
da Dio nell'anima nostra, non ci danno che il potere di fare atti
meritori, con una certa tendenza a farli; la facilita` non verra` che
piu` tardi con la ripetizione degli atti.

c) Riguardo al fine, le virtu` naturali tendono al bene onesto e ci
volgono a Dio creatore; mentre le virtu` infuse tendono al bene
soprannaturale e ci portano al Dio della Trinita`, quale ci e` fatto
conoscere dalla fede. Quindi i motivi che ispirano queste virtu` devono
essere soprannaturali, e si riducono all'amicizia di Dio; io pratico
la prudenza, la giustizia, la temperanza, la fortezza, per essere in
armonia con Dio.

1001. Ne viene che gli atti di queste virtu` soprannaturali sono
molto piu` perfetti di quelli delle virtu` acquisite; 1001-1 la
nostra temperanza, per esempio, non ci porta solo alla sobrieta`
necessaria per serbare la umana dignita`, ma anche a vere
mortificazioni con cui maggiormente ci conformiamo al Salvatore Gesu`;
la nostra umilta` non ci fa solo evitare gli eccessi di superbia e di
collera opposti all'onesta`, ma ci fa abbracciare le umiliazioni che ci
rendono piu` simili al nostro divino Modello.

Vi e` dunque differenze essenziale tra le virtu` acquisite e le infuse;
il principio e il motivo formale non ne sono identici.

1002. B) Abbiamo detto che la facilita` di esercitare le virtu` infuse
si acquista con la ripetizione degli stessi atti, onde si opera con
piu` prontezza, con piu` facilita` e con piu` diletto (promptius,
facilius, delectabilius). Sono tre le cause principali che concorrono
a questo buon risultato:

a) L'abitudine diminuisce gli ostacoli o le resistenza della guasta
natura, onde col medesimo sforzo si ottengono migliori effetti;
b) indolcilisce le facolta`, ne perfeziona l'esercizio, le rende piu`
pronte a cogliere i motivi che ci portano al bene e piu` atte a
praticare il bene conosciuto; proviamo anzi un certo diletto ad
esercitare facolta` cosi` docili, come l'artista a far correre le dita
su una mobilissima tastiera. c) Infine la grazia attuale, che ci viene
concessa con tanto maggior liberalita` quanto piu` fedele e` la nostra
corrispondenza, contribuisce anch'essa in modo singolare ad agevolarci
il nostro dovere e a farcelo amare.

Notiamo di passaggio che cotesta facilita`, acquisita che sia, non si
perde appena uno abbia la disgrazia di perdere col peccato mortale la
virtu` infusa; frutto di atti frequentemente ripetuti, la facilita`
persiste per qualche tempo in virtu` delle leggi psicologiche sulle
abitudini acquisite.

2^ DELL'AUMENTO DELLE VIRTU` INFUSE.

1003. A) Le virtu` infuse possono crescere nell'anima e crescono
infatti a misura che cresce la grazia abituale da cui derivano. Questo
aumento viene direttamente da Dio, egli solo potendo aumentare in noi
la vita divina e i vari elementi che la costituiscono. E Dio produce
questo aumento quando riceviamo i sacramenti e quando facciamo opere
buone o preghiere.

a) I sacramenti, in virtu` della stessa loro istituzione, causano in
noi un aumento di grazia abituale e quindi delle virtu` infuse che vi
sono connesse, a proporzione delle nostre disposizioni,
n. 259-261.

b) Anche le opere buone meritano non solo la gloria ma un aumento di
grazia abituale e quindi delle virtu` infuse; aumento che dipende in
gran parte dal fervore delle nostre disposizioni, n. 237.

c) La preghiera, oltre il valore meritorio, ha pure un valore
impetratorio, che sollecita ed ottiene un aumento di grazia e di
virtu`, a proporzione del fervore con cui si prega. Conviene quindi
unirsi alle preghiere della Chiesa chiedendo con lei aumento di fede,
di speranza e di carita`: "Da nobis fidei, spei et caritatis
augmentum".

B) Tale aumento si fa, secondo S. Tommaso, non col crescimento di
grado o di quantita` ma col possesso piu` perfetto e piu` attivo della
virtu`; onde avviene che le virtu` gettano piu` profonde radici
nell'anima e vi diventano piu` sode ed operose.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:18
3^ DELL'INDEBOLIMENTO DELLE VIRTU`.

Un'attivita` che non si eserciti o che si eserciti fiaccamente, presto
si affievolisce o si perde anche intieramente.

1004. A) Della diminuzione delle virtu`. Le virtu` infuse non sono, a
dir vero, capaci di diminuzione come non ne e` capace la grazia
santificante da cui dipendono. Il peccato veniale non puo` diminuirle,
come non puo` diminuire la grazia abituale; ma, soprattutto quando e`
commesso spesso e deliberatamente, ostacola notevolmente l'esercizio
delle virtu`, diminuendo la facilita` acquistata con gli atti
precedenti. Questa facilita` viene infatti da un certo ardore e da una
certa costanza nello sforzo; ora le colpe veniali deliberate smorzano
lo slancio e svigoriscono in parte l'attivita`, n. 730. Cosi` i
peccati veniali d'intemperanza, senza diminuire in se` la virtu` infusa
della sobrieta`, fanno perdere a poco a poco la acquistata facilita` di
mortificar la sensualita`. E poi l'abuso delle grazie cagiona una
diminuzione delle grazie attuali che ci agevolavano l'esercizio delle
virtu`, onde le pratichiamo per questo verso con meno ardore. Infine,
come abbiamo detto, n. 731, i peccati veniali deliberati spianano
la via ai peccati gravi e quindi alla perdita delle virtu`.

1005. B) Della perdita delle virtu`. Si puo` fissar come principio che
le virtu` si perdono con ogni atto che ne distrugga l'oggetto formale o
il motivo; con cio` infatti si scalza la virtu` dalle fondamenta.

a) Cosi` la carita` si perde con ogni peccato mortale di qualsiasi
natura, perche` questo peccato distrugge in noi l'oggetto formale o il
fondamento di tal virtu`, essendo direttamente opposto all'infinita
bonta` di Dio.

b) Le virtu` morali infuse si perdono col peccato mortale, poiche` sono
talmente legate alla carita` che, scomparendo questa, esse scompaiono
con lei. Nondimeno la acquistata facilita` di fare atti di prudenza, di
giustizia, ecc., continua ancora per qualche tempo dopo la perdita
delle virtu` infuse, in virtu` della persistenza delle abitudini
acquisite.

c) La fede e la speranza continuano a sussistere nell'anima anche
quando si e` perduta la grazia col peccato mortale, purche` non si
tratti di peccato direttamente contrario a queste due virtu`. La
ragione e` che gli altri peccati mortali non distruggono in noi il
fondamento della fede e della speranza; e d'altra parte Dio, nella
infinita sua misericordia, vuole che queste due virtu` rimangano come
ultima tavola di salvezza: fin che uno crede e spera, la conversione
resta relativamente facile.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:19
4^ DEL VINCOLO CHE CORRE TRA LE VARIE VIRTU`.

1006. Si dice spesso che tutte le virtu` sono connesse: cosa che
richiede alcune spiegazioni.

A) Prima di tutto la carita`, bene intesa e ben praticata, comprende
tutte le virtu`, non solo la fede e la speranza (il che e` evidente), ma
anche le virtu` morali, come abbiamo spiegato, n. 318, con la
dottrina di S. Paolo: Caritas patiens est, caritas benigna est... Il
che e` vero nel senso che chi ama Dio e il prossimo per Dio, e` pronto a
praticare ogni virtu`, appena la coscienza gliene faccia conoscere
l'obbligo. Non si puo` infatti amar Dio profondamente, sopra ogni cosa,
senza volerne osservare i comandamenti e anche alcuni consigli. Spetta
inoltre alla carita` di ordinare tutti i nostri atti a Dio, ultimo
nostro fine, e quindi regolarli secondo le varie virtu` cristiane, E si
puo` dire che quanto piu` aumenta la carita`, tanto piu` crescono pure in
radice le altre virtu`.

Nondimeno l'amor di Dio, pur inclinando la volonta` agli atti delle
virtu` morali e agevolandone la pratica, non da` immediatamente e
necessariamente la perfezione di tutte queste virtu`, per esempio,
della prudenza, dell'umilta`, dell'obbedienza, della castita`. Poniamo
infatti un peccatore che sinceramente si converta dopo contratte
cattive abitudini; sebbene pratichi con ogni sincerita` la carita`, non
diventa cosi` tutto a un tratto perfettamente prudente, perfettamente
casto o temperante, ma occorrera` tempo e sforzo per liberarsi dalle
antiche abitudini e formarsene delle nuove.

1007. B) Essendo la carita` forma e ultimo compimento di tutte le
virtu`, queste non sono mai perfette senza di lei; quindi la fede e la
speranza che restano nell'anima del peccatore, pur essendo vere virtu`,
sono virtu` informi, cioe` prive di quella perfezione che le volgeva a
Dio come ultimo nostro fine; onde gli atti di fede e di speranza fatti
in questo stato non possono meritare il paradiso, benche` siano
soprannaturali e servano di preparazione alla conversione.

1008. C) Le virtu` morali, chi le possegga nella loro perfezione,
vale a dire informate dalla carita` e in grado alquanto elevato, sono
veramente connesse nel senso che non se ne puo` posseder una senza aver
pure le altre. Cosi` tutte le virtu`, ad essere perfette, suppongono la
prudenza; la prudenza poi non puo` praticarsi perfettamente senza il
concorso della fortezza, della giustizia e della temperanza: chi e` di
carattere fiacco, inclinato all'ingiustizia e all'intemperanza,
manchera` di prudenza in parecchie circostanze; la giustizia non puo`
praticarsi perfettamente senza fortezza d'animo e temperanza; la
fortezza dev'essere temperata dalla prudenza e dalla giustizia; ne`
sussisterebbe a lungo senza la temperanza; e via dicendo. 1008-1

Ma se le virtu` morali non sono nell'anima se non in grado inferiore,
la presenza dell'una non inchiude necessariamente la pratica
dell'altra. Cosi` vi sono pudici senza essere umili, umili senza essere
misericordiosi, misericordiosi senza praticare la
giustizia. 1008-2
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:19
II. Le virtu` morali.

Spieghiamone brevemente la natura, il numero, il comune
carattere.

1009. 1^ La natura. Si dicono virtu` morali per doppia ragione:
a) per distinguerle dalle virtu` puramente intellettuali, che
perfezionano l'intelligenza senza relazione alcuna con la vita morale,
come la scienza, l'arte, ecc.; b) per distinguerle dalle virtu`
teologali, che certamente regolano esse pure i costumi, ma che, come
abbiamo gia` detto, hanno direttamente Dio per oggetto, mentre le virtu`
morali mirano direttamente a un bene soprannaturale creato, per
esempio, il dominio delle passioni. Non e` pero` da dimenticare che
anche le virtu` morali soprannaturali sono veramente una partecipazione
della vita di Dio e ci preparano alla visione beatifica. Del resto, a
mano a mano che si perfezionano, e soprattutto quando vengono
integrate dai doni dello Spirito Santo, queste virtu` finiscono con
accostarsi talmente alle virtu` teologali che ne restano come imbevute,
e non sono piu` che varie manifestazioni della carita` che le informa.

1010. 2^ Il numero. Le virtu` morali, chi le consideri nelle varie
loro ramificazioni, sono numerosissine, ma si riducono poi tutte alle
quattro virtu` cardinali, dette cosi` (dalla parola cardines, cardini)
perche` sono quasi quattro cardini su cui si reggono tutte le altre.

Queste quattro virtu` infatti corrispondono a tutti i bisogno
dell'anima e ne perfezionano tutte le facolta` morali.

1011. A) Corrispondono a tutti i bisogni dell'anima.

a) Abbiamo prima di tutto bisogno di scegliere i mezzi necessari od
utili al conseguimento del fine soprannaturale: e` l'ufficio della
prudenza.

b) Dobbiamo pure rispettare i diritti altrui; ed e` cio` che fa la
giustizia.

c) A difendere la persona e i beni dai pericoli che ci minacciano, e
farlo senza paura e senza violenza, ci occorre la fortezza.

d) Per servirsi dei beni di questo mondo e dei diletti senza
oltrepassar la debita misura, ci e` necessaria la temperanza.

La giustizia quindi regola le relazioni col prossimo, la fortezza e la
temperanza le relazioni con noi stessi, e la prudenza dirige le altre
tre virtu`.

1012. B) Perfezionano tutte le nostre facolta` morali: l'intelligenza
e` regolata dalla prudenza, la volonta` dalla giustizia, l'appetito
irascibile dalla fortezza e l'appetito concupiscibile dalla
temperanza. Notiamo pero` che, non essendo l'appetito irascibile e
concupiscibile capaci di moralita` se non per la volonta`, la fortezza e
la temperanza risiedono in questa superiore facolta` e nelle facolta`
inferiori che ricevono direzione dalla volonta`.

1013. C) Aggiungiamo infine che ognuna di queste virtu` puo` essere
considerata come un genere che contiene sotto di se` parti integranti,
subiettive e potenziali.

a) Le parti integranti sono virtu` che servono di compimento utile o
necessario alla pratica della virtu` cardinale, talmente che non
sarebbe perfetta senza questi elementi; cosi` la pazienza e la costanza
sono parti integranti della fortezza.

b) Le parti subiettive sono come le varie specie di virtu` subordinate
alla virtu` principale; cosi` la sobrieta` e la castita` sono parti
subiettive della temperanza.

c) Le parti potenziali (o annesse) hanno con la virtu` cardinale una
certa rassomiglianza, perche` attuano una parte dell'intiera sua
potenza, senza avverarne pienamente tutte le condizioni. Cosi` la virtu`
della religione e` virtu` annessa alla giustizia, perche` mira a rendere
a Dio il culto che gli e` dovuto, senza pero` poterlo fare con la
perfezione voluta ne` con stretta eguaglianza; l'obbedienza rende ai
superiori la sottomissione loro dovuta, ma anche qui non vi e`
propriamente stretto diritto ne` relazione da pari a pari.

Ad agevolare l'opera nostra e quella dei lettori, non entreremo nella
enumerazione di tutte queste divisioni e suddivisioni; ma sceglieremo
quelle virtu` principali che debbono essere maggiormente coltivate, non
toccandone se non gli elemento piu` essenziali tanto sotto l'aspetto
teorico che pratico.

1014. 3^ Il comune carattere. a) Tutte le virtu` morali mirano a
serbare il giusto mezzo tra gli opposti eccessi: in medio stat virtus.
Devono infatti seguir la regola segnata dalla retta ragione illuminata
dalla fede. Ora si puo` mancare a questa regola oltrepassando la misura
o rimanendone al di qua: la virtu` quindi consistera` nello schivare
questi due eccessi.

b) Le virtu` teologali non stanno in se` nel giusto mezzo, perche`, come
dice S. Bernardo, la misura d'amar Dio e` di amarlo senza misura; ma
considerate rispetto a noi queste virtu` devono tener conto anche del
giusto mezzo, ossia devono essere rette dalla prudenza, che ci indica
in quali circostanze possiamo e dobbiamo praticar le virtu` teologali;
e` lei infatti che ci mostra, per esempio, cio` che bisogna credere e
cio` che non bisogna credere, come si deve schivare nello stesso tempo
la presunzione e la disperazione, ecc.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:20
DIVISIONE DEL SECONDO CAPITOLO.

1015. Nel secondo capitolo tratteremo per ordine delle quattro virtu`
cardinali e delle principali virtu` che vi si connettono.
* I. Della prudenza.
* II. Della giustizia
+ della religione.
+ dell'obbedienza.
* III. Della fortezza.
* IV. Della temperanza
+ della castita`.
+ dell'umilita`.
+ della dolcezza.

ART. I. DELLA VIRTU` DELLA PRUDENZA 1016-1.

Ne esporremo:
* 1^ la natura;
* 2^ la necessita`;
* 3^ i mezzi di perfezionarvisi.

I. La natura.

Per meglio intenderla diamone la definizione, gli elementi
costitutivi, le specie.

1016. 1^ Definizione: e` una virtu` morale e soprannaturale, che
inclina l'intelletto a scegliere, in ogni circostanza, i mezzi
migliori a ottenere i varii fini subordinandoli al fine ultimo.

Non e` quindi ne` la prudenza della carne, ne` la prudenza puremente
umana: e` la prudenza cristiana.

A) Non e` la prudenza della carne, che ci rende ingegnosi nel trovare i
mezzi a ottenere un fine cattivo, a soddisfar le passioni, ad
arricchire, a conseguire onori; e che e` condannata da S. Paolo, perche`
nemica di Dio e ribelle alla sua legge e nemica dell'uomo che conduce
alla morte eterna 1016-2.

Non e` neppure la prudenza puramente umana, che studia i mezzi migliori
per ottenere un fine naturale senza subordinarlo al fine ultimo; come
la prudenza dell'industriale, del commerciante, dell'artista,
dell'operaio, che cercano di guadagnar denaro e gloria senza darsi
pensiero di Dio e della felicita` eterna. A costoro bisogna ricordare
che a nulla serve il conquistare anche il mondo intiero se poi se
perde l'anima 1016-3.

1017. B) E` la prudenza cristiana, che, appoggiandosi sui principii
della fede, tutto riferisce al fine soprannaturale, vale a dire a Dio
conosciuto e amato sulla terra e posseduto nel cielo. E` vero che la
prudenza non si occupa direttamente di questo fine, che le e` proposto
dalla fede; ma l'ha continuamente dinanzi, per studiare, alla sua
luce, i mezzi migliori a dirigere tutte le azioni verso cotesto fine.
Si occupa quindi della vita in tutti i suoi particolari: regola i
pensieri per impedirli di andar lontani da Dio; regola le intenzioni
per rimuoverne cio` che potrebbe corrompere la purezza; regola gli
affetti, i sentimenti, i voleri, per riferirli a Dio; regola perfino
gli atti esteriori e l'esecuzione delle nostre risoluzioni per
ordinarli all'ultimo fine 1017-1.

1018. C) Questa virtu` risiede propriamente parlando nell'intelletto,
perche` giudica e discerne cio` che, in ogni particolare circostanza, e`
piu` atto a conseguire il nostro fine; e` una scienza di applicazione
che alla conoscenza dei principii aggiunge quella delle cose e persone
fra cui dobbiamo condurre la vita 1018-1. Tuttavia la volonta`
interviene per muovere l'intelletto ad applicarsi alla considerazione
dei motivi e delle ragioni onde fare una savia scelta, e poi piu` tardi
per ordinare l'esecuzione dei mezzi scelti.

1019. D) La regola della prudenza cristiana non e` la sola ragione,
ma la ragione illuminata dalla fede. Se ne trova la piu` nobile
espressione nel Sermone del monte, in cui Nostro Signore compie e
perfeziona la legge antica, sgombrandola dalle false interpretazioni
dei dottori giudei. La prudenza soprannaturale attinge dunque luce e
ispirazioni nelle massime evangeliche che sono diametralmente opposte
a quelle del mondo. Per farne l'applicazione alle azioni quotidiane
ricorre agli esempi dei Santi, che vissero secondo il Vangelo, e agli
insegnamenti della Chiesa infallibile che viene a guidarci nei casi
dubbi. Cosi` siamo moralmente certi di non traviare.

D'altra parte i mezzi da lei adoperati sono non solo mezzi onesti ma
mezzi soprannaturali, la preghiera e i sacramenti, che,
moltiplicandoci le forze per il bene, ci fanno giungere a risultati
assai migliori.

Il che si vedra` anche meglio studiando gli elementi costitutivi di
questa virtu`.

1020. 2^ Elementi costitutivi. Per operare prudentemente sono
specialmente necessarie tre condizioni: esaminare con maturita`,
risolvere con senno, eseguir bene.

A) Ci vuole prima di tutto maturo esame per studiare i mezzi piu` atti
al conseguimento del fine che uno si propone, esame che dev'essere
proporzionato all'importanza della risoluzione da prendere. A farlo
con piu` maturita`, uno riflettera` da se` e consultera` i savi.

1021. a) Riflettera` da se` sul passato, sul presente e sull'avvenire.

1) La memoria del passato gli sara` di grandissima utilita`: poiche` il
fondo della natura umana rimane sempre lo stesso nel corso dei secoli,
conviene consultare la storia per vedere come i nostri padri
risolvettero i problemi che ci stanno dinanzi: le esperienze che essi
tentarono per risolverli illumineranno la esperienza nostra e ci
risparmieranno molti errori; vedendo cio` che riusci` bene e cio` che
ando` a vuoto, capiremo meglio quali siano gli scogli da schivare e i
mezzi da prendere. Ma bisogna consultar pure la propria esperienza: a
cominciar dall'infanzia ci siamo trovati o in un modo o in un altro
alle prese con simili difficolta`; dobbiamo pensare a cio` che ci e`
riuscito e a cio` che ci fu causa di cattivo esito, e dire
risolutamente a noi stessi: non voglio piu` espormi agli stessi
pericoli ne` soccombere alle stesse tentazioni.

2) Ma si deve pure tener conto del presente, delle condizioni diverse
in cui viviamo; ogni secolo, ogni uomo ha la particolare sua indole, e
noi stessi non abbiamo piu` nell'eta` matura gli stessi gusti che
avevamo in gioventu`. Onde qui interverra` l'intelletto per aiutarci a
interpretar bene le esperienze passate adattandole alle circostanze
presenti.

3) Da ultimo anche l'avvenire puo` bene essere interrogato: prima di
risolvere, e` utile prevedere, per quanto e` possibile, le conseguenze
dei nostri atti su noi e sugli altri. Con la memoria del passato e con
la previsione dell'avvenire si riesce a ben ordinare il presente.

Applichiamo tutto questo a una determinata virtu`, alla castita`: la
storia mi ricordera` quanto fecero i Santi per restar puri in mezzo ai
pericoli del mondo; la mia esperienza mi dira` quali furono le mie
tentazioni, i mezzi usati per resistervi, le vittorie e le sconfitte;
e da cio` io potro` conchiudere con grande probabilita` quale risultato
avra` nell'avvenire questo o quel passo, questa o quella lettura,
questa o quella conversazione.

1022. b) Ma non basta riflettere, bisogna pure saper consultare gli
uomini savi ed esperimentati: una parola, un'osservazione di un amico,
di un parente, talora perfino di un servo, ci apre gli occhi e ci
mostra un lato delle cose da noi dimenticato o negletto: quattro occhi
vedono meglio di due, e dalla discussione scaturisce la luce. Quanto
piu` non deve cio` dirsi della parola di un direttore che ci conosce, e
che, essendo disinteressato nell'affare, vede meglio di noi cio` che ci
e` utile al bene dell'anima? Si consultera` dunque con diligenza e
docilita` un uomo savio ed esperimentato; il che del resto non toglie
che esercitiamo la nostra sagacia, onde vedere con rapidita` ed
esattezza quanto vi e` di fondato nei consigli altrui e nelle
osservazioni nostre.

Ma non si deve dimenticare di ricorrere al migliore dei consiglieri,
al Padre dei lumi, e un Veni Sancte Spiritus divotamente recitato ci
tornera` spesso piu` utile di molti esami.

1023. B) Dopo aver bene esaminato, bisogna giudicar bene, vale a
dire risolvere quali, tra i mezzi suggeriti, sono veramente i piu`
efficaci. Per riuscirvi: a) si rimoveranno accuratamente i pregiudizi,
le passioni e le impressioni, che sono elementi perturbatori del
giudizio, e uno si mettera` risolutamente di fronte all'eternita` per
valutar tutto al lume della fede; b) non si dovra` fermarsi alla
superficie delle ragioni che fanno inclinare a questa o quella parte,
ma esaminarle a fondo, con perspicacia, pesandone bene il pro ed il
contro; c) infine si giudichera` con risolutezza, senza abbandonarsi a
soverchie esitazioni; quando si e` riflettuto proporzionatamente
all'importanza dell'affare e preso il partito che sembra migliore, Dio
non ci rimproverera` la nostra condotta, avendo noi fatto quanto
dovevamo per conoscerne la volonta`; onde possiamo far assegnamento
sulla sua grazia per l'esecuzione delle nostre risoluzioni.

1024. Non bisogna infatti tardare ad eseguire il fissato disegno: al
che tre cose si richiedono: previdenza, circospezione, e precauzioni.

a) Previdenza: il prevedere importa calcolar prima gli sforzi
necessarii ad eseguire i nostri disegni, gli ostacoli che incontreremo
e i mezzi di vincerli, onde poi proporzionare lo sforzo al risultato
che si vuol ottenere.

b) Circospezione: bisogna aprire gli occhi, considerar bene cose e
persone che ci stanno attorno per trarne il miglior partito possibile;
osservare tutte le circostanze per adattarvisi; tener d'occhio gli
eventi per approfittarne se favorevoli, per prevenire le cattive
conseguenze se contrarii.

c) Precauzioni: " videte quomodo caute ambuletis" 1024-1 Anche
quando si e` cercato di preveder tutto, le cose non succedono poi
sempre come le avevamo previste, perche` limitata e fallibile e` la
nostra saggezza. Conviene quindi, nella vita morale come negli affari,
aver delle riserve, circondarsi di precauzioni: il nemico spirituale
ha spesso dei contrattacchi, come abbiamo spiegato piu` sopra,
n. 900; e` quello il momento di ricorrere alle proprie riserve
d'energia, alla preghiera, ai sacramenti, ai consigli d'un direttore.
Cosi` non si cade vittime di circostanze impreviste; non si rimane
sconcertati; e con la grazia di Dio si riesce a condurre a buon fine i
disegni prudentemente fissati.

1025. 3^ Le diverse specie di prudenza. La prudenza si distingue
secondo le cose su cui si esercita: e` individuale quando regola la
condotta personale ed e` quella di cui abbiamo parlato: e` sociale
quando riguarda il bene della societa`; ed essendovi tre specie di
comunita`, la famiglia, lo Stato e l'esercito, si distinguono pure tre
specie di prudenza: la prudenza domestica, che regola le relazioni
degli sposi tra loro, dei genitori verso i figli e viceversa; la
prudenza civile, che mira al bene pubblico e al buon governo dello
Stato; la prudenza militare, che si occupa della condotta degli
eserciti.

Non entreremo qui nei particolari; i principii generali che abbiamo
esposti bastano al fine propostoci. Spetta agli sposi cristiani, ai
governanti e ai capi militari studiare a fondo l'applicazione di
questi principi alla loro particolare condizione.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:20
II. Necessita` della prudenza.

La prudenza e` necessaria tanto per dirigere noi stessi quanto per
dirigere gli altri.

1026. 1^ Per dirigere noi stessi, ossia per santificarci. E` lei
infatti che ci fa schivare il peccato, e praticare le virtu`. A) Per
schivare il peccato, bisogna, come abbiamo gia` detto, conoscerne le
cause e le occasioni, studiare e preparare i rimedi. Ed e` quello che
fa la prudenza, come possiamo conchiudere dallo studio dei suoi
elementi costitutivi: consultando l'esperienza del passato e lo stato
attuale dell'anima, vede cio` che per noi e` o nell'avvenire potrebbe
essere causa od occasione di peccato; quindi suggerisce i mezzi
migliori onde sopprimere o attenuare queste cause e la strategia piu`
atta a vincere le tentazioni e trarne anzi profitto. Senza questa
prudenza, quanti peccati si commetterebbero! quanti se ne commettono
per difetto di prudenza!

1027. B) La prudenza e` pure necessaria per praticare le virtu` e
agevolare cosi` l'unione con Dio. A ragione si paragonano le virtu` a un
cocchio che ci conduce a Dio e la prudenza al cocchiere che lo guida,
auriga virtutum; e` come l'occhio dell'anima che vede la via da seguire
e gli ostacoli da evitare.

1) E` necessaria alla pratica di tutte le virtu`: delle virtu` morali,
che devono tenersi nel giusto mezzo e schivare gli opposti eccessi; e
anche delle virtu` teologali, che devono praticarsi a tempo opportuno e
con mezzi appropriati alle varie circostanze della vita: cosi` spetta
alla prudenza esaminare quali sono i pericoli che minacciano la fede e
i mezzi per allontanarli; in che modo puo` essere coltivata la fede e
diventar piu` pratica; in che modo s'ha da conciliare la confidenza in
Dio e il timore dei divini giudizi, schivando nello stesso tempo la
presunzione e la disperazione; in che modo la carita` puo` informare
tutte le nostra azioni senza turbar l'esercizio dei doveri del nostro
stato. E quanta prudenza non occorre nella pratica della carita`
fraterna!

2) Anche piu` necessaria e` per la pratica d'un certo numero di virtu`
che paiono contradittorie: la giustizia e la bonta`, la dolcezza e la
fortezza, le sante austerita` e la cura della salute, la sollecitudine
per il prossimo e la castita`, la vita interiore e gli affari.

1028. 2^ Non meno necessaria e` la prudenza nella pratica
dell'apostolato.

a) Sul pulpito, la prudenza suggerisce al sacerdote cio` che si deve
dire e cio` che si deve tacere, come si deve parlare per non offendere
gli uditori, per adattare la divina parola al loro grado
d'intelligenza, per persuadere, commuovere e convertire. Forse anche
piu` necessaria e` nel fare il catechismo, dove si tratta di formare i
giovanetti e stampar nella loro anima un'impronta che durera` poi tutta
la vita.

b) Al confessionale, la prudenza e` quella che fa del confessore un
giudice perspicace ed integro, capace di discernere la varia
colpevolezza, interrogare i penitenti con precisione e chiarezza,
secondo l'eta` e la condizione di ciascuno, tenendo conto di tutte le
circostanze; un dottore capace di istruire senza scandalizzare, di
lasciar certe anime nella buona fede o avvertirle secondo i vari
risultati che si possono prevedere; un medico capace di esplorar con
delicatezza le cause della malattia, scoprirne e savviamente [sic]
prescriverne i rimedi; un padre cosi` affettuoso da ispirare confidenza
e cosi` riserbato da non ispirare troppo umana simpatia.

c) In tutto cio` che riguarda battesimi, prime comunioni, matrimonii,
Estrama Unzione, funerali, quanta finezza e` necessaria per conciliare
i desiderii delle famiglie e le leggi divine e liturgiche! Nelle
visite agli infermi o nelle visite di apostolato quanta avvedutezza ci
vuole!

d) Lo stesso si dica nell'amministrazione temporale delle parrocchie,
in fatto di tariffe per le diverse ceremonie, nell'obolo per il culto;
per sapere ottener tutti i mezzi necessari alla Chiesa senza urtare i
parrocchiani, senza scandalizzarli, senza compromettere la riputazione
di perfetto disinteresse di cui ogni sacerdote deve godere.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:21
III. I mezzi di perfezionarsi in questa virtu`.

1029. C'e` un mezzo generale che s'applica a tutte le virtu`, morali e
teologali, e` la preghiera, con cui attiriamo in noi Gesu` e le sue
virtu`. Lo accenniamo qui una volta per sempre per non doverci poi
tornar sopra; e non parleremo piu` che dei mezzi proprii a ciascuna
virtu`.

1030. 1^ Il principio generale che presiede a tutti gli altri e si
applica a tutte le anime e` di riferire tutti i giudizi e tutte le
risoluzioni al fine ultimo soprannaturale. E` cio` che S. Ignazio
consiglia a principio degli Esercizi Spirituali, nella meditazione
fondamentale.

a) Osserviamo per altro che questo principio non sara` inteso da tutte
le anime allo stesso modo: gl'incipienti, considerando il fine
dell'uomo, si fisseranno piuttosto sulla salvezza dell'anima, i
perfetti sulla gloria di Dio; questo secondo modo e` in se` migliore, ma
non tutte le anime potrebbero intenderlo e gustarlo.

b) A concretar meglio questo principio, si puo` affiggerlo a qualche
massima che ce lo porra` vivamente sotto gli occhi, per esempio: Quid
hoc ad aeternitatem! -- Quod aeternum non est, nihil est. -- Quid
prodest homini?...

In pratica poi il convincersi bene di alcuna di queste massime, il
ritornarci sopra fin che ci sia divenuta familiare, l'abituarsi a
viverne, e` il mezzo efficace per fissarci nell'anima i fondamenti
della cristiana prudenza.

1031. 2^ Armati di questo principio, gl'incipienti si applicano a
liberarsi dai difetti contrari alla prudenza cristiana 1031-1.

a) Combattono quindi vigorosamente la prudenza della carne, che cerca
avidamente i mezzi di soddisfare la triplice concupiscenza,
mortificando l'amore del piacere e ripensando che le false gioie di
questo mondo, molto spesso seguite da amari dispiaceri, sono un nulla
in paragone delle gioie eterne.

b) Rigettano premurosamente l'astuzia, l'inganno, la frode anche nel
perseguimento di un fine onesto, persuasi che la miglior politica e`
ancora l'onesta`, -- che il fine non giustifica i mezzi -- e che,
secondo il Vangelo, si deve associar la semplicita` della colomba alla
prudenza del serpente. Cosa tanto piu` necessaria perche` talora si
rimproverano questi difetti, per lo piu` ingiustamente, ai devoti, ai
sacerdoti, ai religiosi. Si coltivera` dunque con ogni premura la
lealta` perfetta e la evangelica semplicita`.

1032. c) Lavorano a mortificare i pregiudizi e le passioni che sono
elementi perturbatori del giudizio: i pregiudizi, che inducono a
prendere una risoluzione per motivi preconcetti che possono essere
falsi o irragionevoli; le passioni, superbia, sensualita`, volutta`,
eccessiva sollecitudine dei beni del mondo, che agitano l'anima e le
fanno scegliere non cio` che e` meglio, ma cio` che e` piu` dilettevole e
piu` utile rispetto ai temporali interessi. Ad affrancarsi da queste
perturbatrici influenze, richiamano le massime evangeliche: "Quaerite
primum regnum Dei et justitiam ejus". Evitano quindi di prendere
risoluzioni sotto l'impulso di una viva passione e aspettano che sia
tornata la calma nell'anima. Se poi occorresse risolversi presto, si
raccolgono almeno un momento per mettersi alla presenza di Dio,
implorarne i lumi e fedelmente seguirli.

d) A combattere la leggerezza dell'animo, la corrivita` [sic] nei
giudizi o la sconsideratezza, badano a non operar mai senza
riflettere, senza chiedersi per quali motivi operano, quali saranno le
conseguenze buone o cattive dei loro atti, il tutto in relazione con
l'eternita`. Questa riflessione sara` proporzionata all'importanza della
risoluzione da prendere, e in cose gravi consulteranno persona savia e
sperimentata. Cosi` a poco prenderanno l'abitudine di non risolvere
nulla e di nulla fare senza riferirlo a Dio e all'ultimo fine.

e) Infine, ad evitare l'irrisolutezza e l'eccessiva esitazione a
risolversi, si badera` a rinuovere la cause di questa malattia
spirituale, (animo troppo complesso o troppo perplesso, timidezza
nell'intraprendere, ecc.) facendosi fissare regole sicure da un savio
direttore, onde si risolvera` con franchezza nei casi ordinari e si
chiedera` consiglio nei casi piu` difficili.

1033. 3^ Le anime proficienti si perfezionano nella prudenza in tre
modi:

a) Studiando le azioni e la parole di Nostro Signore nel Vangelo, per
trovarvi il modo di condursi e attirare in se`, colla preghiera e
coll'imitazione, le disposizioni di questo divino Modello. 1) Cosi` se
ne ammirera` la prudenza nella vita nascosta: passa trent'anni nella
pratica di quelle virtu` che ci costano tanto, l'umilta`, l'obbedienza,
la poverta`, prevedendo che, senza questa lezione di cose, noi non
avremmo mai saputo praticare queste cosi` necessarie virtu`. E non se ne
ammirera` meno la prudenza nella vita pubblica: lotta col demonio cosi`
da sconcertarne i disegni e confonderlo con risposte che non ammettono
replica; porge il suo insegnamento secondo le circostanze; non palesa
se non gradatamente la sua qualita` di Messia e di Figlio di Dio; usa
paragoni familiari per far meglio capire il suo pensiero, e parabole
per coprirlo o svelarlo secondo che volevano le circostanze; smaschera
abilmente gli avversari e risponde alle capziose loro interrogazioni
con altre domande che li sconcertano; forma progressivamente gli
apostoli, sopportandone i difetti e adattando l'insegnamento alla loro
capacita` "non potestis portare modo" 1033-1; sa peraltro dir loro
dure verita`, come l'annunzio della sua passione, a fine di prepararli
allo scandalo della croce; anche nel corso della dolorosa sua passione
risponde con calma cosi` ai giudici come ai loro servi, sapendo tacere
a tempo opportuno;... sa insomma conciliare in ogni cosa la piu`
perfetta prudenza con la fermezza e la fedelta` al dovere.

2) Il suo insegnamento poi si compendia in queste parole: "Cercate
prima il regno di Dio e la sua giustizia... Siate prudenti come i
serpenti e semplici come le colombe... Vigilate e pregate: Quaerite
ergo primum regnum Dei et justitiam ejus... Estote ergo prudentes
sicut serpentes et simplices sicut columbae...1033-2 Vigilate et
orate" 1013-3.

Meditare questi insegnamenti e questi esempi e ardentemente supplicar
Nostro Signore di farci parte della sua prudenza: tal e` il mezzo
principale di perfezionarsi in questa virtu`.

1034. b) Coltiveranno poi gli elementi costitutivi della prudenza di
cui abbiamo parlato, vale a dire il buon senso, l'abito della
riflessione, la docilita` a consultare gli altri, lo spirito di
risolutezza, lo spirito di previsione e di circospezione.

1035. c) Infine daranno alla loro prudenza le qualita` additate da
S. Giacomo 1035-1, il quale, dopo avere distinta la vera dalla
falsa sapienza, aggiunge: "Quae autem desursum est sapientia, primum
quidem pudica est, deinde pacifica, modesta, suadibilis, plena
misericordia et fructibus bonis, non judicans, sine simulatione".

Pudica, vigile nel serbare quella purita` di corpo e di cuore che ci
unisce a Dio, e quindi all'eterna sapienza.

Pacifica, serbando la pace dell'anima, la calma, la moderazione, la
ponderazione che giovano a prendere savie risoluzioni.

Modesta, piena di condiscendenza verso gli altri, e quindi anche
suadibilis, facile a lasciarsi persuadere e a cedere alle buone
ragioni; scansando cosi` gli sdegni provocati dalle contese.

Plena misericordia et fructibus bonis, piena di misericordia verso gli
sventurati, lieta di beneficarli, perche` e` segno di cristiana saggezza
l'accumulare tesori per il cielo.

Non judicans, sine simulatione, senza parzialita` ne` doppiezza e senza
ipocrisia, difetti che turbano l'anima e il giudizio.

1036. I perfetti praticano la prudenza in modo eminente, sotto
l'efficacia del dono del consiglio, come spiegheremo trattando della
via unitiva.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:23
ART. II. DELLA VIRTU` DELLA GIUSTIZIA 1037-1.

Richiamato brevemente l'insegnamento teologico sulla giustizia,
tratteremo per ordine delle virtu` della religione e dell'obbedienza
che vi si connettono.

sez. I. La giustizia propriamente detta.

Ne esporremo:
* 1^ la natura;
* 2^ le regole principali da seguire per praticarla.

I. Natura della giustizia.

1037. 1^ Definizione. La parola giustizia, nella S. Scrittura,
significa spesso tutto il complesso delle virtu` cristiane; in questo
senso Nostro Signore proclama beati coloro che hanno fame e sete di
giustizia, cioe` di santita`: "Beati qui esuriunt et sitiunt
justitiam" 1037-2. Ma nel significato ristretto in cui qui
l'usiamo, indica quella virtu` morale soprannaturale, che inclina la
volonta` a rendere costantemente agli altri tutto cio` che e` loro
strettamente dovuto.

E` virtu` che risiede nella volonta` e che regola gli stretti doveri
verso il prossimo; onde si distingue dalla carita`, virtu` teologale,
che ci fa considerare gli altri come fratelli in Gesu` Cristo,
inclinandoci a rendere loro servigi non richiesti dalla stretta
giustizia.

1038. 2^ Eccellenza. La giustizia fa regnar l'ordine e la pace cosi`
nella vita individuale come nella sociale. Appunto perche` rispetta i
diritti di ognuno, fa regnar l'onesta` negli affari, reprime la frode,
protegge i diritti dei piccoli e degli umili, raffrena le rapine e le
ingiustizie dei forti e mette quindi l'ordine nella
societa` 1038-1. Senza di lei vi sarebbe anarchia, lotta fra i
contrari interessi, oppressione dei deboli da parte dei forti, trionfo
del male.

Se cosi` eccellente e` la giustizia naturale, quanto piu` lo sara` la
giustizia cristiana che e` partecipazione della stessa giustizia di
Dio? Lo Spirito Santo, comunicandocela, ce la fa penetrare sin nelle
profondita` dell'anima, la rende incrollabile, incorruttibile,
aggiungendovi tal premura dei diritti altrui, che si ha orrore non
solo dell'ingiustizia propriamente detta ma anche delle minime
indelicatezze.

1039. 3^ Le principali specie. Se ne distinguono due specie
principali: la giustizia generale, che ci prescrive di rendere alle
societa` cio` che loro dobbiamo, e la giustizia particolare, che ci fa
rendere agli individui quanto e` loro dovuto.

a) La prima, che si dice pure giustizia legale perche` e` fondata
sull'esatta osservanza delle leggi, ci obbliga a riconoscere i grandi
benefici che riceviamo dalla societa` col sopportare i pesi legittimi
che ella c'impone e col prestarle i servigi che da noi si aspetta.
Essendo il bene comune superiore al bene particolare, vi sono casi in
cui i cittadini devono sacrificare una parte dei loro beni, della loro
liberta`, e rischiare anche la vita per la difesa della citta`. -- Ma
anche la societa` ha doveri verso i propri sudditi: deve distribuire i
beni sociali e le cariche non a capriccio e per favoritismo, ma
secondo le capacita` di ciascun cittadino, e tenendo conto delle regole
dell'equita`. A tutti ella deve quel tanto di protezione e di
assistenza che e` indispensabile perche` siano tutelati gli essenziali
diritti ed interessi di ogni cittadino; il favoritismo verso gli uni e
la persecuzione verso gli altri sono abusi contrari alla giustizia
distributiva che le societa` devono ai loro sudditi.

1040. b) La seconda, la giustizia particolare, regola i diritti e i
doveri dei cittadini tra loro. Deve rispettare tutti i diritti: non
solo il diritto di proprieta`, ma anche i diritti che hanno sui beni
del corpo e dell'anima, la vita, la liberta`, l'onore, la riputazione.

Non possiamo entrare in tutte quelle particolarita` che abbiano esposto
nella nostra Teologia morale, 1040-1 e bastera` richiamare le
principali regole che devono guidarci nella pratica di questa virtu`.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:23
II. Principali regole per praticar la giustizia.

1041. 1^ Principio. E` chiaro che le persone pie, i religiosi e i
sacerdoti sono obbligati a praticar la giustizia con perfezione e
delicatezza maggiore delle persone del mondo, dovendo dar buon esempio
in materia di onesta` come in tutte le altre virtu`. Chi facesse
altrimenti scandalizzerebbe il prossimo e darebbe pretesto ai nostri
avversari di condannar la religione. Sarebbe pure porre ostacolo al
progresso spirituale, perche` il Dio di ogni giustizia non puo`
ammettere alla sua intimita` coloro che apertamente ne violano i
formali precetti sulla giustizia.

1042. 2^ Applicazioni. A) Si deve prima di tutto rispettare il
diritto di proprieta` per quel che riguarda i beni temporali.

a) Si eviteranno quindi con ogni diligenza i piccoli furti, che per
sdrucciolevole pendio conducono spesso ad ingiustizie piu` gravi; e
s'inculchera` questo principio fin dall'infanzia, per ispirare una
specie d'orrore istintivo alle piu` piccole ingiustizie. A piu` forte
ragione si eviteranno quei furti commessi dai mercanti o dagli
industriali che praticano abitualmente la frode sulla qualita` o sulla
quantita` delle merci col pretesto che i concorrenti fanno lo stesso;
oppure che vendono a prezzi esagerati o comprano a prezzi irrisori,
abusando della semplicita` dei clienti; si stara` alla larga dalle
speculazioni temerarie e da quei loschi affari in cui si rischia la
fortuna propria e l'altrui sotto pretesto di lauti guadagni.

b) Si avra` orrore dei debiti quando non si e` sicuri di poterli pagare;
e chi ne avesse contratto qualcuno, si fara` un punto d'onore di
rimborsarlo al piu` presto.

c) Quando si prende ad imprestito un oggetto, bisogna trattarlo con
riguardo anche maggiore che se fosse nostro, e badare a restituirlo il
piu` presto possibile. Quanti furti incoscienti si commettono quando si
trascurano queste precauzioni!

d) Chi ha volontariamente causato qualche danno e` tenuto per giustizia
a ripararlo; se involontariamente, non e` strettamente obbligato, ma
chi mira alla perfezione lo fara` per quanto gli averi glie lo
permettono.

e) Quando si riceve in deposito danaro o valori per opere buone,
bisogna prendere tutte le precauzioni legali perche`, in caso di morte
improvvisa, coteste somme siano bene impiegate secondo le intenzioni
dei donatori. Sia detto specialmente per i sacerdoti che ricevono
onorari di messe od elemosine; essi devono non solo tenere i conti in
ordine, ma avere per legatario o per esecutore testamentario un
sacerdote che possa assicurare l'adempimento delle messe o il buon uso
delle elemosine.

1043. B) Non e` meno necessario rispettare la riputazione e l'onore
del prossimo.

a) Si schiveranno quindi i giudizi temerari sul prossimo. Condannare i
nostri fratelli per semplici apparenze o per ragioni piu` o meno
futili, senza conoscerne a fondo le intenzioni, e` un usurpare i
diritti di Dio, che solo e` giudice supremo dei vivi e dei morti; e`
commettere un'ingiustizia rispetto al prossimo, perche` si condanna
senza ascoltarlo, senza conoscere i motivi segreti delle sua azioni, e
per lo piu` sotto l'impero di pregiudizi o di qualche passione. La
giustizia e la carita` vogliono invece o che ci asteniamo dal
giudicare, o che interpretiamo piu` favorevolmente possibile le azioni
del prossimo.

b) A piu` forte ragione bisogna astenersi dalla maldicenza, che palesa
ad altri le colpe o i difetti segreti del prossimo. Anche che questi
difetti, come noi supponiamo, siano veri, fin che non sono di dominio
pubblico, non abbiamo il diritto di propalarli. Facendolo:
1) contristiamo il prossimo che, vedendosi colpito nella riputazione,
ne soffre tanto piu` quanto piu` caro gli e` l'onore; 2) l'abbassiamo
nella stima dei suoi pari; 3) diminuiamo l'autorita` e il credito di
cui ha bisogno per fare i suoi affari od esercitare una legittima
influenza, onde gli possiamo cagionar talora danni quasi irreparabili.

Ne` si dica che colui del quale si raccontano le colpe non ha piu`
diritto alla riputazione: la conserva fino a tanto che le sue colpe
non sono pubbliche; ma poi non bisogna perdere di vista la parola del
Salvatore: "Chi di voi e` senza peccato lanci la prima
pietra" 1043-1. Si noti che i Santi sono tutti sommamente
misericordiosi e cercano in tutti i modi di difendere la riputazione
dei fratelli. E` meglio che anche noi li imitiamo.

c) Con cio` saremo piu` sicuri di schivar la calunnia, che, confalse
imputazioni, accusa il prossimo di colpe non commesse. Ingiustizia
tanto piu` grave in quanto che e` spesso ispirata dalla malignita` o
dalla gelosia. Quanti mali cagiona! Troppo bene accolta, ahime`!
dall'umana malizia, corre rapidamente di bocca in bocca, distrugge la
riputazione e l'autorita` di coloro che ne sono vittime e ne pregiudica
talora gravemente anche gli affari temporali.

1044. Vi e` quindi stretto dovere di riparare le maldicenze e le
calunnie. E` cosa certamente difficile; perche` il ritrattarsi costa, e
poi la ritrattazione, per quanto sincera sia, non fa che palliare
l'ingiustizia commessa; la menzogna, anche quando e` ritrattata, lascia
spesso tracce indelebili. Non e` pero` questa una buona ragione per non
riparare la commessa ingiustizia; bisogna anzi applicarcisi con tanto
maggiore energia e costanza quanto piu` grande e` il male. La difficolta`
della riparazione deve indurci ad astenerci da tutto cio` che potrebbe
da vicino o da lontano farci cadere in questo grave difetto.

Ecco perche` tutti coloro che tendono alla perfezione coltivano non
solo la giustizia ma anche la carita`, la quale, facendoci veder Dio
nel prossimo, ci fa diligentemente schivare tutto cio` che potrebbe
contristarlo. Ci ritorneremo piu` avanti.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:24
sez. II. La virtu` della religione 1045-1.

1045. Questa virtu` si connette con la giustizia, perche` ci fa
rendere a Dio il culto che gli e` dovuto; ma che non potendo noi
offrirgli l'ossequio infinito a cui ha diritto, la nostra religione
non avvera tutte le condizioni della giustizia; onde non e` in senso
proprio un atto di giustizia, ma vi si avvicina quanto piu` e`
possibile. -- Ne esporremo:
* 1^ la natura;
* 2^ la necessita`;
* 3^ la pratica.

I. Natura della virtu` della religione.

1046. La religione e` una virtu` morale soprannaturale che inclina la
volonta` a rendere a Dio il culto che gli e` dovuto per la infinita sua
eccellenza e pel supremo suo dominio sopra di noi.

a) E` una virtu` speciale, distinta dalle tre virtu` teologali che hanno
Dio per oggetto diretto; mentre l'oggetto proprio della religione e` il
culto di Dio, sia interno che esterno. Ma presuppone la virtu` della
fede, che ci illumina sui diritti di Dio; e quando sia perfetta, e`
informata dalla carita` e finisce col non essere piu` che l'espressione
e la manifestazione delle tre virtu` teologali.

b) Il suo oggetto formale o motivo e` di riconoscere l'infinita
eccellenza di Dio, primo principio ed ultimo fine, Essere perfetto,
Creatore da cui tutto dipende e a cui tutto deve tendere.

c) Gli atti a cui la religione ci induce sono interni ed esterni.

1047. Con gli atti interni assoggettiamo a Dio l'anima con le sue
facolta`, e specialmente l'intelletto e la volonta`. 1) Il primo e piu`
importante di questi atti e` l'adorazione per cui tutto il nostro
essere si prostra davanti a Colui che e` la pienezza dell'essere e la
fonte di tutto cio` che vi e` di bene nella creatura. E` accompagnata o
seguita dalla ammirazione riverente che proviamo alla vista delle
infinite sue perfezioni. 2) Ed essendo egli l'autore di tutti i beni
che possediamo, gliene professiamo la debita riconoscenza. 3) Ma
ricordandoci di essere peccatori, concepiamo sentimenti di penitenza
per riparar l'offesa commessa contro l'infinita sua maesta`. 4) E
perche` abbiamo continuamente bisogno del suo aiuto per fare il bene e
conseguire il nostro fine, gli rivolgiamo le nostre preghiere o
domande, riconoscendo cosi` che e` fonte d'ogni bene.

1048. Questi sentimenti interni si manifestano con atti esterni, che
hanno tanto maggior valore quanto piu` perfetti sono gli atti interni
di cui sono espressione. 1) Il principale di questi atti e` certamente
il sacrifizio, atto esterno e sociale, con cui il sacerdote offre a
Dio, in nome della Chiesa, una vittima immolata, per riconoscere il
supremo dominio, riparare l'offesa fatta alla sua Maesta` ed entrare in
comunione con lui. Nella nuova Legge non c'e` che un solo sacrificio,
quello della messa, che, rinnovando il sacrificio del Calvario, porge
a Dio ossequi infiniti e ottiene agli uomini tutte le grazie di cui
hanno bisogno. Ne abbiamo indicato piu` sopra gli effetti e le
disposizioni necessarie per trarne profitto, n. 271-276. 2) A
quest'atto principale s'aggiungono: le preghiere pubbliche offerte, in
nome della Chiesa, dai suoi rappresentanti, in particolare l'ufficio
divino; le benedizioni del SS. Sacramento; le preghiere vocali
private; i giuramenti e i voti fatti con prudenza, in onore di Dio,
dotati di tutte le condizioni descritte nei trattati di Teologia
morale; gli atti soprannaturali esterni fatti per la gloria di Dio e
che, secondo l'espressione di san Pietro, sono sacrifizi spirituali
graditi a Dio, "offerre spirituales hostias, acceptabiles
Deo" 1048-1.

Da cio` si puo` conchiudere che la virtu` della religione e` la piu`
eccellente delle virtu` morali, perche`, facendoci praticare il culto
divino, ci avvicina a Dio piu` che le altre virtu`.

II. Necessita` della virtu` della religione.

Per procedere con ordine, dimostreremo:
* 1^ che tutte le creature devono rendere gloria a Dio;
* 2^ che e` dovere speciale per l'uomo;
* 3^ soprattutto poi pel sacerdote.

1049. 1^ Tutte le creature devono rendere gloria a Dio. Se ogni
opera deve proclamar la gloria dell'artista che l'ha fatta, quanto piu`
deve la creatura proclamar la gloria del suo Creatore? L'artista non
fa poi altro che modellar l'opera sua e, terminata che l'abbia, non ci
ha piu` da far nulla. L'artista divino invece non solo modello` le sue
creature ma le trasse intieramente dal nulla, imprimendovi non solo
l'orma del suo genio ma anche un raggio delle sue perfezioni; e
continua ad occuparsene conservandole, aiutandole col suo concorso e
con la sua grazia, cosicche` sono in una intiera dipendenza da lui.
Devono quindi assai piu` dell'opere d'un artista proclamar la gloria
del loro autore. E` quello che fanno, a modo loro, gli esseri
inanimati, i quali, svelandoci la loro bellezza e la loro armonia,
c'invitano a glorificar Dio: "Caeli enarrant gloriam Dei 1049-1...
ipse fecit nos et non ipsi nos" 1049-2; ma e` ossequio che non
onora Dio se non molto imperfettamente perche` non e` libero.

1050. 2^ Spetta dunque all'uomo il glorificar Dio in modo cosciente,
prestare il cuore e la voce a queste creature inanimate onde rendergli
ossequio intelligente e libero. Spetta a lui, che e` il re della
creazione, contemplar tutte queste maraviglie per riferirle a Dio ed
essere quindi il pontefice della creazione. Deve specialmente lodarlo
in nome proprio: piu` perfetto degli esseri irragionevoli, creato ad
immagine e somiglianza di Dio, partecipe della sua vita, deve vivere
in assidua ammirazione, lode, adorazione, riconoscenza ed amore al suo
Creatore e Santificatore. E` quello che dichiara S. Paolo 1050-1:
"Da lui, per lui, e a lui sono tutte le cose: a lui la gloria per
tutti i secoli!... Sia che viviamo, viviamo per il Signore; sia che
moriamo, moriamo pel Signore...". E, ricordando ai discepoli che il
nostro corpo come l'anima nostra e` tempio dello Spirito Santo,
aggiunge: "glorificate Dio nel vostro corpo: "glorificate et portate
Deum in corpore vestro" 1050-2.

1051. 3^ Questo dovere spetta soprattutto ai sacerdoti. Infatti la
maggior parte degli uomini, ingolfati negli affari e nei piaceri,
sventuratamente non consacrano che pochissimo tempo all'adorazione. Si
dovevano quindi scegliere tra loro delegati speciali, accetti a Dio,
che potessero, non solo in nome proprio ma in nome pure di tutta la
societa`, rendere a Dio i doveri di religione a cui ha diritto. E`
appunto questo l'ufficio del sacerdote cattolico: eletto da Dio
stesso, tra gli uomini, e` come il mediatore di religione tra il cielo
e la terra, incaricato di glorificar Dio e porgergli l'ossequio di
tutte le creature, facendone poi scendere sulla terra una pioggia di
grazie e di benedizioni. Tal e` quindi il dovere del suo stato, la sua
professione, vero dovere di giustizia, come spiega
S. Paolo: 1051-1 "Omnis namque Pontifex ex hominibus assumptus pro
hominibus constituitur in his quae sunt ad Deum, ut offerat dona et
sacrificia pro peccatis". Ecco perche` la Chiesa gli affida due grandi
mezzi per praticar la virtu` della religione: l'ufficio divino e la
santa messa. Doppio dovere che deve compiere con tanto maggior fervore
in quanto che, glorificando Dio, lo dispone nello stesso tempo
favorevolmente ad esaudire le nostre richieste; lavora cosi` e alla
santificazione propria e a quella delle anime che gli sono affidate,
n. 393-401. Le sue preghiere hanno tanto maggiore efficacia, in
quanto che e` la Chiesa, e` Gesu` che prega con lui e in lui; ora le
preghiere di Cristo sono sempre esaudite: exauditus est pro sua
reverentia^" 1051-2.

III. Pratica della virtu` della religione.

1052. Per ben praticar questa virtu`, bisogna coltivare la vera
devozione, cioe` quella disposizione abituale della volonta` che ci fa
prontamente e generosamente abbracciare tutto cio` che e` di servizio di
Dio. E` dunque in sostanza una manifestazione dell'amor di Dio; onde la
religione si connette con la carita`.

1053. 1^ Gl'incipienti praticano questa virtu`: a) osservando bene le
leggi di Dio e della Chiesa sulla preghiera, sulla santificazione
delle domeniche e delle feste; b) schivando la abituale dissipazione
esterna ed interna, che e` fonte di numerose distrazioni nella
preghiera, con una certa vigilanza a lottare contro l'onda invadente
dei divertimenti mondani e delle inutili fantasticherie;
c) raccogliendosi interiormente prima di pregare, per farlo con
maggior attenzione, e praticando il santo esercizio della presenza di
Dio, n. 446.

1054. 2^ I proficienti si sforzano di entrare nello spirito di
religione, in unione con Gesu`, il grande Religioso del Padre, che
nella vita come nella morte glorifico` Dio in modo infinito,
n. 151.

a) Questo spirito di religione comprende due principali disposizioni,
riverenza e amore. La riverenza e` un profondo sentimento di rispetto
misto a timore, con cui riconosciamo Dio come nostro Creatore e
Sovrano Padrone, e siamo lieti di proclamare la assoluta nostra
dipendenza da lui. L'amore si volge al Padre amabilissimo e
amantissimo che si degno` di adottarci per figli e che continuamente ci
e` largo della paterna sua tenerezza. Doppio sentimento, onde
scaturiscono tutti gli altri: ammirazione, riconoscenza, lode.

1055. b) Nel Cuore sacratissimo di Gesu` andiamo ad attingere questi
sentimenti di religione. Il divino Mediatore non visse che per
glorificare il Padre: "Ego te clarificavi super terram"; mori` per
farne la volonta`, per intieramente appagarlo, protestando cosi` di non
veder nulla che meriti di vivere e di sussistere al cospetto di Dio.
Dopo la morte egli continua l'opera sua non solo nell'Eucaristia, ove
continuamente adora la SS. Trinita`, ma anche nei nostri cuori, ove,
per mezzo del divino suo Spirito, produce religiose disposizioni
simili alle sue. Vive in tutti i cristiani, ma soprattutto nei
sacerdoti, procurando per loro mezzo la gloria di Colui che solo
merita di essere adorato e rispettato. Dobbiamo quindi con ardenti
desideri attirarlo in noi e darci a lui perche` in noi, con noi e per
noi pratichi la virtu` della religione.

"Allora, scrive l'Olier 1055-1, Gesu` viene in noi e si lascia
sulla terra tra le mani dei sacerdoti come ostia di lode, per farci
partecipare al suo spirito di vittima, applicarci alle sue lode e
comunicarci interiormente i sentimenti della sua religione. Si
diffonde in noi, s'insinua in noi, ci profuma l'anima e la riempie
delle disposizioni interiori del suo spirito religioso; di guisa che
dell'anima nostra e della sua non ne fa che una sola, animandola dello
stesso spirito di rispetto, di amore e di lode, di interno ed esterno
sacrificio di ogni cosa a gloria di Dio suo Padre".

1056. c) Ma non bisogna dimenticare che Gesu` chiede la nostra
collaborazione. Venendo a farci partecipare al suo stato e al suo
spirito di vittima, e` necessario che viviamo con lui ed in lui in
ispirito di sacrificio, crocifiggendo le tendenze della guasta natura
e prontamente obbedendo alle ispirazioni della grazia; allora tutte le
nostre azioni piaceranno a Dio e saranno tante ostie, tanti atti di
religione, a lode e gloria di Dio, nostro Creatore e nostro Padre.
Proclamiamo cosi` in modo pratico che Dio e` tutto e nulla la creatura
immolando partitamente tutto il nostro essere e tutte le nostre azioni
a gloria del Sovrano nostro Padrone.

d) Il che specialmente facciamo in quegli atti che sono propriamente
atti di religione, nell'assistenza alla santa messa, nella recita
delle preghiere liturgiche e in altri, come abbiamo spiegato nei
n. 274, 284, 523.

I perfetti praticano questa virtu` sotto l'efficacia del dono della
pieta`, di cui tratteremo piu` avanti.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:24
sez. III. Della virtu` dell'obbedienza 1057-1.

Questa virtu` si connette colla giustizia perche` l'obbedienza e` un
ossequio, un atto di sottomissione dovuto ai Superiori; ma se ne
distingue perche` importa ineguaglianza tra superiori ed inferiori.
Esponiamone:
* 1^ la natura e il fondamento;
* 2^ i gradi;
* 3^ le qualita`;
* 4^ l'eccellenza.

I. Natura e fondamento dell'obbedienza.

1057. 1^ Definizione. L'obbedienza e` una virtu` morale soprannaturale
che ci inclina a sottomettere la volonta` nostra a quella dei legittimi
superiori in quanto sono rappresentanti di Dio. Spiegheremo prima di
tutto le ultime parole, essendo esse il fondamento della obbedienza
cristiana.

1058. 2^ Fondamento di questa virtu`. L'obbedienza e` fondata sul
supremo dominio e sulla sottomissione assoluta che la creatura gli
deve.

A) E` prima di tutto cosa evidente che dobbiamo obbedire a Dio,
n. 481.

1) Creati da Dio, dobbiamo stare in intiera dipendenza dalla santa sua
volonta`. Tutte le creature obbediscono alla sua voce: "Omnia serviunt
tibi" 1058-1; ma le creature ragionevoli vi sono piu` obbligate
delle altre, avendo da lui ricevuto di piu`, specialmente il dono della
liberta`, del quale non possiamo mostrarci meglio riconoscenti che col
sottomettere liberamente la volonta` nostra a quella del Creatore.
2) Figlio di Dio, dobbiamo obbedire al Padre celeste, come fece Gesu`
che, entrato nel mondo per obbedienza, non ne usci` che per obbedienza:
"factus obediens usque ad mortem" 1058-2. 3) Riscattati dalla
schiavitu` del peccato, non siamo piu` nostri, ma apparteniamo a Gesu`
Cristo, che diede il sangue per farci suoi: "Jam non estis vestri,
empti enim estis pretio magno" 1058-3; dobbiamo quindi obbedire
alle sue leggi.

1059. B) Onde dobbiamo pure obbedire ai legittimi rappresentanti di
Dio: ecco il punto che bisogna capir bene. a) Vedendo che l'uomo non
puo` bastare a se` per l'educazione fisica, intellettuale e morale, Dio
vuole che viva in societa`. Ora la societa` non puo` sussistere senza
un'autorita` che coordini gli sforzi dei membri al bene comune; Dio
vuole dunque che vi sia una societa` gerarchica, con superiori
incaricati di comandare e inferiori che devono obbedire. A rendere
questa obbedienza piu` facile egli delega la sua autorita` ai legittimi
superiori: "Non est enim potestas nisi a Deo" 1059-1, per guisa
che obbedire ad essi e` obbedire a Dio, e il disobbedirli e` andare
incontro alla propria dannazione: "Itaque qui resistit potestati Dei
ordinationi resistit, qui autem resistunt ipsi sibi damnationem
acquirunt" 1059-2. Il dovere dei superiori e` di non esercitare
l'autorita` che come delegati di Dio, per procurarne la gloria e
promuovere il bene generale della comunita`; se vi mancano, sono
responsabili di quest'abuso d'autorita` davanti a Dio e davanti ai suoi
rappresentanti. Ma il dovere degli inferiori e` d'obbedire ai
rappresentanti di Dio come a Dio stesso: "Qui vos audit, me audit...
qui vos spernit, me spernit" 1059-3. La ragione e` chiara: senza
questa sottomissione non vi sarebbe nelle varie comunita` che disordine
ed anarchia e tutto ne soffrirebbe.

1060. b) Ma quali sono i superiori legittimi? Sono coloro che furono
posti da Dio a capo delle varie societa`.

1) Nell'ordine naturale si possono distinguere tre specie di societa`:
la societa` domestica o familiare, a cui presiedono i genitori e
principalmente il padre di famiglia; la societa` civile, governata da
chi e` legittimamente investito dell'autorita` secondo i vari sistemi
riconosciuti nelle varie nazioni; la societa` professionale ove sono
determinati dal contratto di lavoro 1060-1.

2) Nell'ordine soprannaturale i superiori gerarchici sono: il
S. Pontefice, la cui autorita` e` suprema e immediata in tutta la
Chiesa: i Vescovi, che hanno giurisdizione nelle rispettive diocesi,
e, sotto la loro autorita`, i parroci e i vicari, ognuno nei limiti
fissati dal Codice di Diritto canonico. Vi sono pure nella Chiesa
comunita` particolari con costituzioni e regole approvate da Sommo
Pontefice o dai Vescovi, con Superiori nominati secondo le
Costituzioni o regole; anche qui abbiamo legittime autorita`. Onde
chiunque entra in una comunita` si obbliga per cio` stesso a osservarne
le regole e ad obbedire ai superiori che comandino nei limiti definiti
dalla regola.

1061. C) Vi sono dunque dei limiti fissati all'esercizio
dell'autorita`.

1) E` chiaro prima di tutto che non e` ne` obbligatorio ne` lecito
ubbidire a un superiore che comandi qualche cosa di manifestamente
contrario alle leggi divine od ecclesiastiche; si dovrebbe allora
ripetere la parola di S. Pietro: 1061-1 "E` meglio ubbidire a Dio
che agli uomini, obedire oportet Dei magis quam hominibus": parola
liberatrice, che affranca la cristiana liberta` da ogni
tirannia 1061-2. Lo stesso e` a dirsi se cio` che viene comandato e`
cosa chiaramente impossibile: ad impossibilia nemo tenetur. Ma,
essendo noi facili ad illuderci, nei casi dubbi bisogna presumere che
il superiore ha ragione: in dubio praesumptio stat pro superiore.

2) Se un superiore comanda fuori delle sue attribuzioni, per esempio,
se un padre s'oppone alla vocazione maturamente studiata del figlio,
allora oltrepassa i suoi diritti e non si e` tenuti ad ubbidirgli. Lo
stesso dicasi di un superiore di comunita` che desse ordini fuori di
cio` che gli permettono le costituzioni e le regole, avendone queste
saviamente determinati i limiti dell'autorita`.
Coordin.
00martedì 22 ottobre 2013 11:25
II. I gradi dell'obbedienza.

1062. 1^ Gl'incipienti procurano prima di tutto di osservar
fedelmente i comandamenti di Dio e della Chiesa; e di sottomettersi
almeno esternamente agli ordini dei legittimi superiori con diligenza,
puntualita` e spirito soprannaturale.

1063. 2^ Le anime piu` progredite: a) meditano diligentemente gli
esempi che Gesu` ci da` dal primo istante di vita, in cui s'offre per
fare in tutto la volonta` del Padre, fino all'ultimo, in cui muore
vittima della sua ubbidienza. Lo supplicano di venire a vivere in loro
con questo spirito d'obbedienza; e si sforzano di unirsi a lui per
sottomettersi ai superiori come era sottomesso lui a Maria e a
Giuseppe: "et erat subditus illis" 1063-1.

b) Non si contentano d'ubbidire solo esternamente, ma assoggettano
internamente la volonta` anche nelle cose penose e contrarie al loro
genio; lo fanno di gran cuore senza lagnarsi, liete anzi di potere
cosi` piu` perfettamente accostarsi al divino modello. Schivano
soprattutto i raggiri per indurre i superiori a volere cio` che
vogliono loro. Perche`, come osserva S. Bernardo 1063-2 "se,
desiderando una cosa, voi o apertamente o secretamente brigate per
farvela comandare dal padre spirituale, non vi crediate di ubbidire in
questo: non fate che illudervi. Non siete voi che ubbidite al
superiore ma e` lui che ubbidisce a voi".

1064. 3^ Le anime perfette fanno anche di piu`: sottomettono il
giudizio proprio a quello del superiore, senza neppure esaminare le
ragioni per cui egli comanda.

E` quello che spiega molto bene S. Ignazio: 1064-1 "Se qualcuno
vuole fare di se` un sacrificio perfetto, e` necessario che, dopo aver
sottomesso a Dio la volonta`, gli consacri pure l'intelletto... in modo
che non solo voglia cio` che il Superiore vuole, ma che sia pure dello
stesso parere e che il giudizio suo sia intieramente sottomesso al
giudizio del superiore, per quanto una volonta` gia` sottomessa puo`
sottomettere l'intelletto... Il giudizio puo`, come la volonta`,
traviare in cio` che riguarda noi, e quindi, come ad impedire che la
nostra volonta` si disordini, l'uniamo a quella del superiore, cosi` pel
timore che il nostro giudizio s'inganni, dobbiamo parimenti
conformarlo al giudizio del Superiore." Aggiunge pero` che: "se si
presenta alla vostra mente qualche sentimento diverso da quello del
superiore, e vi pare, dopo aver consultato Nostro Signore nella
preghiera, di doverlo esporre, potete farlo. Ma, per tema che in cio`
l'amor proprio e il vostro modo di vedere v'ingannino, e` bene usare
questa precauzione che, prima di proporre il vostro sentimento e dopo
averlo esposto, vi teniate in perfetta tranquillita` d'animo,
dispostissimo non solo a fare o a lasciare cio` di cui si tratta, ma
anche a tenere per partito migliore quanto il superiore avra` fissato".
-- E` quella che si chiama ubbidienza cieca, per cui uno e` nelle mani
del Superiore "perinde ac baculus... perinde ac cadaver" 1064-2;
ma, colle riserve fatte da S. Ignazio e quelle da noi poste piu` sopra,
tale ubbidienza non ha nulla di irragionevole, perche` in tal caso
sottomettiamo a Dio la volonta` e l'intelletto, come chiariremo anche
meglio esponendo le qualita` dell'ubbidienza.
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