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ORIGENE (185-254 d.C.)

Ultimo Aggiornamento: 12/09/2014 20:03
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12/09/2014 19:39
 
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PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE

IN DIFESA DI ORIGENE


Dopo aver dato uno sguardo – seppur veloce – allo svolgersi storico di questa seconda controversia, possiamo adesso tirare delle conclusioni in cui cercherò di mostrare come Origene e il suo pensiero siano state vittime di giochi politici-religiosi e incomprensioni teologiche.


Non intendo certo dimostrare l’assoluta purezza e ortodossia di Origene – cosa che, per quanto affascinante – non si può forse asserire e che non rientra nelle mie possibilità, ma almeno riproporre la tematica e evidenziare come, l’accusa di eretico, sia davvero troppo. Già durante la trattazione ho lanciato qua e la degli spunti, servendomi spesso di studiosi esperti, ma ora voglio essere più preciso e analitico.


Un primo punto molto semplice mi sembra sia dato dalla persona stessa di Origene e dalla sua vita esemplare. Fu lui ad affermare all’inizio della sua opera Perì archòn di voler restare nell’ortodossia: “son molti che credono di comprendere la verità di Cristo e alcuni di loro sono in contrasto con gli altri, ma è in vigore l’insegnamento della chiesa tramandato dagli apostoli per ordine di succesione e tuttora nelle chiese conservato: pertanto quella sola bisogna tenere per verità, che in nessun punto si discosti dalla tradizione ecclesiastica ed apostolica1.


Non vedo perché non si possa accettare come sincera una simile affermazione, tanto più se è confermata da una vita virtuosa, spesa tutta per il Cristo e la Sacra Scrittura e suggellata dal martirio.


Dice Eusebio nella sua Storia ecclesiastica:


Quali e quanto grandi furono i supplizi che quest’uomo sopportò per la parola di Cristo, catene e torture, supplizi sul corpo, supplizi col ferro, supplizi nel buio delle carceri; come, per un grandissimo numero di giorni, ebbe i piedi nei ceppi fino al quarto foro e fu minacciato col fuoco; con qual coraggio sopportò tutte le altre prove inflittegli dai nemici; quale fu per lui il risultato di tutto ciò, quando il giudice si studiava zelantemente con ogni suo potere di non togliergli la vita; quante parole piene di utilità lasciò, dopo ciò, per coloro che avevano bisogno di conforto; le numerosissime sue lettere lo dicono in maniera insieme veridica ed esatta”2.


Origene dunque – almeno soggettivamente – ama la Verità e vuole essergli fedele con tutte le forze.


Sembrano inoltre evidenti dei fraintendimenti, delle incomprensioni teologiche a cui la sua opera è andata incontro. Già durante la sua vita le sue opere venivano travisate ed egli se ne lamentava e combatteva.


Egli afferma:


Perché un certo eresiarca, col quale abbiamo discusso in presenza di numerose persone, in un dibattito che è stato posto per iscritto, prendendo il manoscritto dalle mani dei segretari ha aggiunto quel che ha voluto, ne ha tolto quel che ha voluto, ha cambiato quel che gli è parso bene: egli lo esibisce dovunque sotto il nostro nome, insultandoci e mostrando quel che lui stesso ha scritto”3.


Finché era in vita egli si difese e difese con forza l’ortodossia del suo pensiero.


Ma uno degli errori più grossi dei suoi successivi accusatori è senz’altro metodologico. A partire da Metodio d’Olimpo essi non hanno considerato l’opera dell’Alessandrino nel suo insieme, ma prendendo testi isolati qua e la se ne sono serviti per le loro idee e interpretazioni. Per di più l’opera stessa di Origene si prestava a questi sbilanciamenti:


Nelle teorizzazioni contenute nel De Principiis, gli accade sovente di esaminare due o anche tre soluzioni differenti, che egli cerca di svolgere in tutta la loro evidenza, lasciando spesso la conclusione al lettore. Per questo motivo, deve essere studiato tenendo presente l’insieme della sua opera, almeno per quella parte che ci rimane: si vedrà allora che i differenti passi si equilibrano componendo una teologia piena di tensioni e di sfumature, che generalmente si rivela ortodossa. Non bisogna mai giudicarlo su un testo isolato, perché questo non esprime che un aspetto parziale che, preso singolarmente, è unilaterale e quindi eterodosso. Invece i suoi detrattori, a partire dal IV sec., non hanno avuto né il tempo né la pazienza e neppure la volontà di studiarlo in questo modo”4.


Ancora riporta Crouzel:


Dobbiamo soprattutto dire che lo studio di Origene e lo studio dell’origenismo posteriore non debbono essere mescolati. La dottrina di Origene è da ricercare nelle sue proprie opere, studiate con senso storico e nel loro insieme, non a partire da testi isolati. Quest’ultimi possono esprimere soltanto aspetti particolari, che trovano spesso altrove aspetti complementari. Lo studio dell’origenismo posteriore è una altra cosa. Non intendo dire perciò che speculazioni di Origene non siano in gran parte la fonte dell’origenismo posteriore. Ma sia negli origenisti, sia negli antiorigenisti, si sono prodotte rotture di equilibrio e riduzioni a sistema che hanno sfigurato il pensiero di Origene, pieno di sfumature e di tensioni. Inoltre i fraintendimenti dei detrattori non sono rari. Il rapporto fra Origene e gli Origenisti non è molto differente di quello di Agostino con eretici di stirpe agostiniana come i Giansenisti”5.


All’origenismo e antiorigenismo manca anche – come abbiamo già visto – un vero senso storico nell’interpretare la dottrina di Origene. Questo è vero soprattutto nella “prima controversia”:


La dottrina di Origene è vista attraverso gli origenisti già menzionati: ciò è ben comprensibile, perché più che lo stesso Origene, ormai morto da oltre un secolo, essi prendevano di mira origenisti loro contemporanei. Oltre a questa operazione di identificare Origene e gli origenisti, gli accusatori erano privi di senso storico e non avevano alcuna idea dello sviluppo del dogma. (...) Avevano poco idea delle eresie contro le quali Origene polemizzava in tutta la sua opera e lo interrogavano alla luce delle eresie del loro tempo. Ora interrogare un teologo alla luce di eresie posteriori e farlo partendo da testi isolati senza considerare tutti i passi della sua opera sull’argomento è per così dire una mancanza grave contro la storia. Infatti questo teologo, anteriore all’eresia, può impiegare una volta o l’altra candidamente espressioni che saranno più tardi utilizzate da eretici...”6.


Un altro punto molto importante – e forse decisivo – nella condanna di Origene, è stata senza dubbio la politica religiosa di Giustiniano. Come ho già fatto notare più volte, egli si servì della teologia per i suoi fini politici:


Egli non è un pensatore, bensì un politico che si serve della teologia. Come teologo egli resterebbe personalmente un dilettante, mentre i suoi scritti non sono affatto dilettantistici. Senza essere eccezionali e facendo ricorso agli argomenti abituali e alle consuete citazioni testuali – arricchite peraltro da un più frequente richiamo alla patristica latina – essi raggiungono un notevole livello. Ma Giustiniano non si è soltanto ispirato a teologi, ma si è direttamente giovato del loro aiuto.


Se Giustiniano è uomo di fede, egli non è teologo neanche nel senso che dalla passione delle questioni religiose si lasci travolgere nelle questioni di stato. Il recupero dei monofisiti e il ristabilimento di una generale ortodossia sono esigenze realistiche, nel quadro dell’unità dell’impero, e l’affare dei Tre Capitoli significa solo una cattiva scelta dei mezzi. In verità la teologia è strettamente legata alla politica giustinianea e a tal fine adoperata attraverso lo strumento giuridico. Le leggi sanciscono e impongono anche principi di dottrina. Per Giustiniano la teologia si fa diritto, e l’una e l’altro sono la servizio del potere imperiale”7.


Ora, dal punto di vista strettamente teologico-dottrinale, come si può considerare seria e ben fondata una condanna sviluppatasi tra intricate questioni politiche e religiose?


Dobbiamo dire che la condanna di Origene del 543, attraverso la Lettera a Mena è una condanna che riguarda più l’origenismo-evagrianista di alcuni monaci che le dottrine vere e proprie di Origene.


Quanto al rapporto d’una tale dottrina con quella di Origene, si riconosce bene alla base delle idee o delle ipotesi origeniane, ma la costruzione d’insieme non ha gran che da vedere col suo pensiero. (...) Questi documenti [quelli di condanna, n.d.a.] considerano Origene stesso, ma è questo origenismo palestinese del tempo che preoccupa i monaci anti-origenisti che sono gli autori del florilegio di estratti e del libello che è all’origine della epistola. Gli anatematismi condannano attraverso Origene dei punti posti in rilievo dagli origenisti contemporanei e congelano in affermazioni dogmatiche delle ipotesi già cristallizzate dai discepoli. Non si vede tuttavia il fondamento in Origene a certe affermazioni: il corpo di Cristo sarebbe stato formato prima che gli fossero uniti il Verbo e l’anima (anatematismo 3); i corpi gloriosi sarebbero sferici (!, anatematismo 5). Quanto all’anate­matismo 7 dichiarando che il Cristo sarà nuovamente crocifisso per i demoni sembra ben provenire da una incomprensione, se non degli origenisti, almeno di Girolamo e di Giustiniano. L’Ep. a Menas stessa pretende che Origene situi nel corpo la partecipazione dell’uomo alla immagine di Dio: gli attribuisce così un’opinione che ha sempre combattuto presso i suoi avversari antropomorfiti”8.


Origène y est visé, mais lu à travers les origénistes du temps. La lettre ne manifeste pas une connaissance directe de son œuvre; plusieurs affirmations et certains anathématismes reposent sur des méprises9.


La condanna del 553 invece è diretta alla frangia estremista dell’orige­nismo, agli isocristi. E alcuni anatematismi riportano letteralmente testi di Evagrio; anche qui sono condannati alcuni monaci evagrianisti più che un genuino origenismo.


Le document de 553 vise plus précisément les opinions de ‘certains moines de Jérusalem’, comme le dit Justinien lui-même dans sa lettre aux Pères du Concile; dans les anathématismes eux-mêmes, les opinions incriminées ne sont jamais rapportées à Origène, mais à des gens désignés anonymement et qui sont, sans aucun doute, à identifier avec les moines de Jérusalem mentionnés dans la lettre. Ce que nous savons de l’origine de ces anathématismes et des événements qui ont provoqué cette nouvelle intervention de Justinien contre l’origénisme invite naturellement à penser, à la suite de Diekamp, que l’origénisme condamné en 553 est tout spécialement la doctrine des moines ‘isochristes’, devenus les seuls adversaires de l’higoumène Conon après le ralliement des ‘protoctistes’10.


È importante dire che i 15 anatematismi del 553 non rientrano nei documenti ufficiali del Concilio e che quindi, canonicamente, non sono frutto di un Concilio Ecumenico.


Negli Atti ufficiali del Concilio invece, all’anatematismo 11, compare in una lista di eretici il nome di Origene.


Quale il valore?


Da un punto di vista giuridico, la presenza del nome di Origene nella lista in questione non è particolarmente significativa: non vuol dire che sia stato formalmente un eretico – i Padri del concilio ne erano verosimilmente persuasi a causa di certe dicerie diffuse da Epifanio circa una pretesa apostasia – ma probabilmente vuol dire che nei suoi scritti ci sono alcuni errori tenuto conto della maniera in cui venivano letti in quel tempo; ma è più esatto dire, forse, che sotto il suo nome sono in realtà condannati gli isochristi”11.


Sembra che sia stato inserito il nome di Origene in quanto preteso ispiratore degli isocristi, che come abbiamo visto, con Origene avevano poco a che fare. Inoltre il suo nome è stato aggiunto dopo (non è in ordine cronologico come invece lo sono gli altri eretici nominati) in seguito alla discussione sugli isocristi e non compare nella Homologia di Giustiniano, abbozzo di questi anatematismi.



1 ORIGENE, I Principi, M. SIMONETTI ed., UTET, Torino 1968, p. 120, (Classici delle religioni, sezione quarta, P. ROSSANO ed.).




2 J. QUASTEN, Patrologia. I primi due secoli (II-III), vol. I, Marietti, Casale Monferrato 1980, p. 316-317.




3 H. CROUZEL, Origene, Borla, Roma 1986, p. 43.




4 H. CROUZEL, Origenismo, in “Dizionario patristico e di antichità cristiane”... col. 2522.




5 H. CROUZEL, Origene e l’origenismo: le condanne di Origene, XIV Incontro di studiosi dell’antichità cristiana sul tema: “L’origenismo: apologie e polemiche intorno ad Origene”, in “Augustinianum”, vol. XXVI (1986), p. 302-303.




6 H. CROUZEL, Origene e l’origenismo: le condanne di Origene... p. 297.




7 F. CARCIONE, La politica religiosa di Giustiniano nella fase conclusiva... p. 133, n. 12.




8 H. CROUZEL, Origene, Borla, Roma 1986, p. 243-244.




9 H. CROUZEL, Origénisme, in “Dictionnaire de spiritualité”, fasc. LXXIV-LXXV, Beauchesne, Paris 1982, col. 957.




10 A. GUILLAUMONT, Les “Kephalaia gnostica” d’Evagre le Pontique et l’histoire de l’origénisme chez les grecs et les Syriens, Paris 1962, p. 148-149.




11 H. CROUZEL, Origenismo, in “Dizionario patristico e di antichità cristiane”... col. 2536-2537.



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POTRESTE AVERE DIECIMILA MAESTRI IN CRISTO, MA NON CERTO MOLTI PADRI, PERCHE' SONO IO CHE VI HO GENERATO IN CRISTO GESU', MEDIANTE IL VANGELO. (1Cor. 4,15 .
 
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