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ORIGENE (185-254 d.C.)

Ultimo Aggiornamento: 12/09/2014 20:03
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06/05/2011 23:31
 
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Origine e destino degli esseri razionali

Con questo argomento ci si imbatte in una sfortunata amalgama di filosofia e teologia.[senza fonte] Il sistema che ne risulta non è coerente, tanto che Origene, francamente riconoscendo le contraddizioni degli elementi incompatibili che stava tentando di unire, si tirava indietro dalle conseguenze, rifiutava le conclusioni logiche, e spesso correggeva con professioni di fede ortodosse l'eterodossia delle sue speculazioni. Deve essere detto che pressoché tutti i testi dei quali si tratterà, sono contenuti nel De principiis, opera in cui l'autore si avventura su un terreno più pericoloso. Il loro sistema può essere ridotto a poche ipotesi, l'errore e il pericolo dei quali non fu riconosciuto da Origene.

Eternità della creazione

Qualunque cosa esiste fuori da Dio fu creata da Lui: il catechista di Alessandria difese sempre più energicamente questa tesi contro i filosofi pagani che ammettevano una materia non creata (De principis, II, I, 5; In Genes., I, 12, in Migne, XII, 48-9). Ma egli credeva che Dio creò dall'eternità, pertanto "è assurdo", affermava, "immaginare la natura di Dio inattiva, o la Sua bontà inefficace, o il Suo dominio senza soggetti" (De principiis, III, V, 3). Di conseguenza era costretto ad ammettere una duplice serie infinita di mondi prima e dopo il mondo attuale.

Uguaglianza originale degli Spiriti Creati

"In principio tutte le nature intellettuali furono create uguali e simili, poiché Dio non aveva motivo per crearle altrimenti" (De principiis, II, IX, 6). Le loro attuali differenze sono derivate solamente dal loro differente uso del dono del libero arbitrio. Gli spiriti creati buoni e felici si stancarono della loro felicità (op. cit., I, III, 8) e precipitarono, alcuni più, altri meno (I, VI, 2). Da quel momento si creò la gerarchia degli angeli; da quel momento nacquero anche le quattro categorie di intelletti creati: angeli, stelle (supponendo, come è probabile, che esse fossero animate, De principiis, I, VII, 3), uomini, e demoni. Ma i loro ruoli potranno essere, un giorno, cambiati; poiché ciò che il libero arbitrio ha fatto, il libero arbitrio può disfare, e solo la Trinità è essenzialmente immutabile nella bontà.

Essenza e ragion d'essere della materia

La materia esiste solamente in funzione dello spirito; se lo spirito non ne avesse bisogno, la materia non esisterebbe, poiché il suo fine non è in se stessa. Ma sembrava ad Origene - sebbene non si avventurasse in dichiarazioni di tal fatta - che gli spiriti creati, anche quelli più perfetti non potevano fare a meno di una materia, estremamente diluita e sottile, che gli serviva come veicolo e mezzo d'azione (De principiis, II, II, 1; I, VI, 4 ecc.). La materia, perciò, fu creata insieme allo spirito, anche se lo spirito è, logicamente, precedente; e la materia non cesserà mai di esistere perché lo spirito, comunque perfetto, ne avrà sempre bisogno. Ma la materia, che è suscettibile di trasformazioni infinite si adatta alle diverse condizioni degli spiriti. "Quando è funzionale agli spiriti più imperfetti, si solidifica, si addensa, e forma i corpi del mondo visibile. Se è funzionale ad intelligenze superiori, splende con la luminosità dei corpi celesti e serve da abbigliamento per gli angeli di Dio, ed i bambini della Risurrezione" (op. cit., II, II, 2).

Universalità della Redenzione e la Salvezza Finale

Certi testi delle Scritture (es.: I Cor. xv, 25-28) sembrano estendere a tutti gli esseri razionali il beneficio della Redenzione, ed Origene si concede di essere condotto anche dal principio filosofico che enunciò molte volte, senza mai provarlo, che la fine è sempre come l'inizio: "Noi pensiamo che la bontà di Dio, attraverso la mediazione di Cristo, porterà tutte le creature ad una stessa fine" (De principiis, I, VI, 1-3). La salvezza universale (apokatastasis), necessariamente, discende da questi principi.

Gli origenisti

L'influenza di Origene sul pensiero di altri autori cristiani, fino al VII secolo, fu enorme. Tra questi possiamo ricordare:

Costoro diedero vita al movimento origenista che, poiché non sempre si basava sul pensiero di Origene nella sua interpretazione originaria, si scontrò due volte con il Cristianesimo ortodosso nelle cosiddette crisi origeniste.

Le controversie su Origene ed sui suoi insegnamenti sono di carattere molto singolare e molto complesso. Esse irruppero all'improvviso, dopo lunghi intervalli, e assunsero un'importanza tale da essere stata imprevedibile pensando al loro leggero inizio. Furono rese complesse da dispute personali e questioni estranee al soggetto fondamentale di cui si dibatteva, tanto che una breve e rapida esposizione delle polemiche è difficile e pressoché impossibile. Improvvisamente calarono di tono in maniera così repentina che si è costretti a concludere che le controversie erano superficiali e che l'ortodossia di Origene non era il solo punto in discussione.

Prima crisi origenista

Eruppe nei deserti egiziani, raggiunse il suo massimo in Palestina e terminò a Costantinopoli con la condanna di Giovanni Crisostomo. Nella seconda metà del IV secolo, i monaci di Nitria professavano un esagerato entusiasmo per Origene, mentre il fratelli del vicino monastero di Sceta, per paura dell'allegorismo caddero nell'antropomorfismo. Queste dispute dottrinali gradualmente contagiarono i conventi di Palestina che dipendevano da Epifanio di Salamina, convinto antiorigenista, che aveva combattuto con le sue opere l'origenismo, era determinato a prevenirne l'espansione e ad estirparlo completamente. Quest'ultimo, nel 394, si recò a Gerusalemme. Qui, alla presenza del vescovo di quella città, Giovanni che era ritenuto un origenista, predicò scagliandosi con forza contro gli errori di Origene. Giovanni, a sua volta, si scagliò contro l'antropomorfismo, riferendosi così chiaramente ad Epifanio, che nessuno poté fraintenderlo. Presto, però, la disputa fu resa più accesa da un altro incidente: Epifanio consacrò sacerdote Paoliniano, fratello di Girolamo, in un luogo soggetto alla sede di Gerusalemme. Giovanni si lamentò profondamente di questa violazione delle sue prerogative e la replica di Epifanio non fu di natura tale da placarlo.

Due nuovi personaggi, a questo punto, irruppero nella mischia. Fin dai tempi in cui Girolamo e Rufino si stabilirono uno a Betlemme e l'altro sul Monte Oliveto, erano vissuti in amicizia fraterna. Entrambi ammirarono, imitarono, e tradussero Origene, ed erano in buoni rapporti col loro vescovo, finché, nel 392, Aterbio, un monaco di Sceta, venne a Gerusalemme e li accusò entrambi di origenismo. Girolamo, molto sensibile alla questione dell'ortodossia, si risentì molto dell'insinuazione di Aterbio e, due anni più tardi, passò dalla parte di Epifanio, di cui tradusse in latino la replica a Giovanni di Gerusalemme. Rufino, non si sa come, venne a conoscenza di questa traduzione che non doveva essere pubblica e Girolamo lo sospettò di averla ottenuta con dei sotterfugi. Poco tempo dopo si riconciliarono, ma non durò a lungo. Nel 397 Rufino, che si era trasferito a Roma, tradusse in latino il De principiis di Origene e, nella sua prefazione, seguì l'esempio di Girolamo di cui ricordava l'elogio in ditirambi che questi aveva indirizzato al catechista alessandrino. L'eremita di Betlemme, fortemente indispettito da questa azione, scrisse ai suoi amici per confutare il suo coinvolgimento tramite Rufino, denunciare gli errori di Origene a Papa Anastasio I, tentare di portare il Patriarca di Alessandria alla causa antiorigenista e iniziare una disputa con Rufino, caratterizzata da grande acredine da ambo le parti.

Fino al 400 Teofilo di Alessandria fu un noto origenista. Era in confidenza con Isidoro, un ex monaco di Nitria, ed i suoi amici, "gli Alti Fratelli", leader accreditati del partito origenista. Questi aveva sostenuto Giovanni di Gerusalemme contro Epifanio, il cui antropomorfismo aveva denunciato a papa Siricio. Improvvisamente cambiò idea, non se ne seppe mai la ragione. Si disse che i monaci di Sceta, dispiaciuti per la sua lettera pasquale del 399, occuparono la sua residenza episcopale e lo minacciarono di morte se non avesse salmodiato la palinodia. Tuttavia, la cosa certa è che litigò per questioni economiche con Isidoro e "gli Alti Fratelli" che lo criticavano per la sua avidità e la sua mondanità. Quando Isidoro e "gli Alti Fratelli" ripararono a Costantinopoli, dove Crisostomo gli offrì ospitalità ed intercedette per loro senza, tuttavia, ammerli alla comunione finché non fossero state ritirate le censure pronunciate contro di loro, l'irascibile Patriarca di Alessandria giurò di sopprimere dappertutto l'origenismo e, con questo pretesto, di distruggere Crisostomo che odiava ed invidiava. Per i successivi quattro anni fu spietatamente attivo: condannò i libri di Origene al Concilio di Alessandria (400), con l'ausilio di un gruppo di armati scacciò i monaci da Nitria, scrisse ai vescovi di Cipro e di Palestina per farli aderire alla sua crociata antiorigenista, compose le lettere pasquali del 401, 402, e 404 contro la dottrina di Origene e spedì una lettera a Papa Anastasio con la quale chiedeva la condanna dell'origenismo. Il successo che ebbe superò persino le sue speranze; i vescovi di Cipro accettarono il suo invito. Quelli di Palestina, riuniti a Gerusalemme, condannarono gli errori loro indicati, aggiungendo che non venivano insegnati nelle loro diocesi: Anastasio, pur dichiarando che Origene gli era del tutto ignoto, condannò i brani estratti dai suoi libri; Girolamo iniziò a tradurre in latino le varie elucubrazioni del patriarca e la sua violenta diatriba con Crisostomo; Epifanio, precedendo Teofilo a Costantinopoli, trattò Crisostomo come temerario e quasi eretico, finché intravide la verità e sospettò che, probabilmente, era stato ingannato. Pertanto, lasciò improvvisamente Costantinopoli e morì in mare prima di arrivare a Salamina.

È ben noto come Teofilo, convocato dall'imperatore per giustificare la sua condotta nei confronti di Isidoro e degli "Alti Fratelli", grazie alle sue macchinazioni riuscì abilmente a cambiare ruolo. Invece di essere l'accusato, divenne l'accusatore. Fece convocare Crisostomo di fronte al conciliabolo della Quercia (ad Quercum) e ne provocò la condanna. Non appena la sete di vendetta di Teofilo si fu saziata, non si sentì più nulla dell'origenismo. Il Patriarca di Alessandria cominciò a leggere Origene, pretendendo di poter dividere le rose dalle spine, e si riconciliò con gli "Alti Fratelli" senza chiedergli di ritrattare. Appena le dispute personali si sopirono, lo spettro dell'origenismo svanì.

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POTRESTE AVERE DIECIMILA MAESTRI IN CRISTO, MA NON CERTO MOLTI PADRI, PERCHE' SONO IO CHE VI HO GENERATO IN CRISTO GESU', MEDIANTE IL VANGELO. (1Cor. 4,15 .
 
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