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ORIGENE (185-254 d.C.)

Ultimo Aggiornamento: 12/09/2014 20:03
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06/05/2011 23:27
 
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Dottrina

Le speculazioni filosofiche del grande direttore del Didaskaleion lo esposero a feroci critiche e condanne, soprattutto dal IV secolo in poi. Tuttavia, egli, nella prefazione al De principiis, scrisse una regola, così formulata nella traduzione di Rufino: «Illa sola credenda est veritas quae in nullo ab ecclesiastica et apostolica discordat traditione». Pressoché la stessa norma viene espressa in termini equivalenti in molti altri passaggi dell'opera: «non debemus credere nisi quemadmodum per successionem Ecclesiae Dei tradiderunt nobis» (In Matt., ser. 46, Migne, XIII 1667). In base a questi principi, Origene si appellava continuamente alla preghiera ecclesiastica, all'insegnamento ecclesiastico, e alla regola ecclesiastica della fede (kanon). Egli accettava solamente i quattro Vangeli Canonici perché la tradizione non ne ammetteva altri; sosteneva la necessità del battesimo perché era concorde con la pratica della Chiesa fondata sulla tradizione Apostolica; avvertiva coloro che interpretavano le Sacre scritture, di non fare affidamento sul proprio giudizio ma "sulla regola della Chiesa istituita da Cristo". Per questo, aggiungeva, noi abbiamo solamente due luci che ci possano guidare, Cristo e la Chiesa; la Chiesa riflette fedelmente la luce ricevuta da Cristo, come la luna riflette i raggi del sole. Il segno distintivo del cattolico è l'appartenenza alla Chiesa, al di fuori della quale non c'è salvezza; al contrario, colui che abbandona la Chiesa cammina nell'oscurità, è un eretico. È attraverso il principio dell'autorità che Origene era solito smascherare e combattere gli errori dottrinali ed era lo stesso principio che invocava quando enumerava i dogmi della fede. Un uomo animato da tali sentimenti può commettere errori, perché è umano, ma la sua disposizione d'animo è essenzialmente cattolica e non merita di essere enumerato fra i promotori dell'eresia.

Sulla base di tali presupposti si può iniziare ad esaminare la dottrina di Origene, basata su tre punti fondamentali:

[modifica] Allegoria nell'interpretazione delle Sacre Scritture

I brani principali sull'ispirazione, il significato e l'interpretazione delle Sacre Scritture sono riportati in greco nei primi 15 capitoli del Philocalia. Secondo Origene, le Sacre Scritture sono ispirate, perché sono la parola e l'opera di Dio. Ma, lontano dall'essere uno strumento inerte, l'autore ispirato ha il pieno possesso delle sue facoltà, è consapevole di ciò che sta scrivendo; è libero di riferire il suo messaggio o no; non è perso in un delirio passeggero come gli oracoli pagani, poiché disagi fisici, disturbi dei sensi o perdita momentanea della ragione altro non sono che prove dell'azione degli spiriti maligni. Dato che le Sacre scritture derivano da Dio, dovrebbero avere le caratteristiche distintive dell'opera Divina: la verità, l'unità, e la pienezza. La parola di Dio non può essere falsa; pertanto non possono essere ammessi errori o contraddizioni nelle Sacre scritture (In Joan., X, III). Essendo l'autore delle Sacre Scritture unico, la Bibbia può essere considerata più un libro unico che una raccolta di libri (Philocalia, V, IV-VII), uno strumento perfettamente armonioso (Philocalia, VI, I-II). Ma la caratteristica più Divina delle Sacre Scritture è la loro pienezza: «Non c'è nelle Sacre scritture il più piccolo brano (cheraia) che non rifletta la saggezza di Dio» (Philocalia, I, XXVIII, cf. X, I). Ci sono imperfezioni nella Bibbia: antilogie, ripetizioni e discontinuità; ma queste imperfezioni divengono perfezioni poiché ci conducono all'allegoria ed al significato spirituale (Philocalia, X, I-II).

In un primo momemto, partendo dalla tricotomia platonica, Origene distingueva il corpo, l'anima, e lo spirito delle Sacre Scritture; in un secondo, seguendo una terminologia più razionale, distingueva solamente tra la lettera (corpo) e lo spirito. In realtà, l'anima, o il significato psichico, o significato morale (cioè le parti morali delle Sacre Scritture, e le applicazioni morali delle altre) gioca solamente un ruolo secondario. L'interpretazione di Origene della lettera (o corpo) è diversa da quella odierna. Oggi si indaga sul senso letterale, mentre Origene indagava in senso grammaticale, il letterale in opposizione al significato figurato. Per questo i significati che Origene legava alle parole erano diversi da quelli che attualmente vengono loro legati.

Sebbene ci avvisi che questi brani sono le eccezioni, si deve notare che Origene ammetteva troppi casi in cui le Sacre Scritture non dovevano essere interpretate letteralmente. Le due grandi regole di interpretazione stilate dal catechista di Alessandria, prese per loro stesse ed indipendentemente da interpretazioni erronee sono a prova di critica. Esse possono essere così formulate:

  • Le Sacre Scritture devono essere interpretate in una maniera degna di Dio, loro autore.
  • Il senso corporale o letterale delle Sacre Scritture non deve essere seguito quando questo comporti qualsiasi cosa impossibile, assurda o indegna di Dio.

I problemi sorgono dall'applicazione di queste regole. Origene ricorse troppo facilmente all'allegoria semplicemente per spiegare apparenti antilogie o antinomie. Considerava che alcuni resoconti o precetti della Bibbia fossero indegni di Dio se fossero stati presi alla lettera. Giustificava l'allegoria con il fatto che altrimenti alcune parti o precetti abrogati sarebbero inutili per il lettore: un fatto che gli fosse apparso contrario alla provvidenza dell'ispiratore divino e alla dignità del documento era quindi letto in questa maniera. Sebbene le critiche dirette contro il suo metodo allegorico da Epifanio e da Metodio non fossero infondate, tuttavia molti rimproveri sorgevano da malintesi.

Subordinazione delle Persone Divine

Le tre Persone della Trinità si distinguono da tutte le altre creature per tre caratteristiche: l'assoluta immaterialità, l'onniscienza, e la sostanziale santità. Come è ben noto, molti antichi scrittori ecclesiastici attribuivano agli spiriti creati una sorta di ambiente aereo o etereo senza il quale non potevano interagire. Sebbene non prenda una decisa posizione, Origene era di questa opinione, tuttavia, non appena si poneva una domanda sulle Persone Divine, era perfettamente sicuro che non avessero un corpo e non fossero contenute in un corpo; e questa caratteristica apparteneva solamente alla Trinità (De principiis, IV, 27; I, VI, II, II, 2; II, IV 3 ecc.). La conoscenza di ogni creatura, essendo essenzialmente limitata, è imperfetta e capace di essere sempre aumentata. Ma sarebbe impensabile che le Persone Divine possano passare dallo stato d'ignoranza alla conoscenza. Come poteva il Figlio, che è la Saggezza del Padre, essere ignorante di qualsiasi cosa? ("In Joan"., 1,27; Contra Celsum, VI, XVII). Allo stesso modo non si può ammettere l'ignoranza dello Spirito che il "indaga le cose profonde di Dio" (De principiis, I, V, 4; I, VI, 2; I, VII, 3; "In Num. him"., XI, 8 ecc.). Come la sostanziale santità è privilegio esclusivo della Trinità, così è anche l'unica fonte di tutta la santità creata. Il peccato viene perdonato solo grazie all'azione simultanea di Padre, Figlio, e Spirito Santo. In una parola le tre Persone della Trinità sono indivisibili nel loro essere, nella loro presenza, e nel loro operare.

Insieme a questi testi perfettamente ortodossi ci sono alcuni che devono essere interpretati con estrema attenzione, ricordando che la lingua della teologia ancora non era perfettamente sviluppata e che Origene fu il primo ad affrontare questi spesso difficili problemi. Apparirà allora, che la subordinazione delle Persone Divine, così grandemente utilizzata contro Origene consisteva, generalmente, in differenze di attribuzioni (il Padre creatore, il Figlio redentore, lo Spirito santificatore) che sembravano assegnare alle Persone un diverso campo d'azione, o nella pratica liturgica di pregare il Padre attraverso il Figlio nello Spirito Santo, o nella teoria così diffusa all'interno della Chiesa greca dei primi cinque secoli, che il Padre aveva una preminenza (taxis) sulle altre due Persone, per il solo fatto che ordinariamente il Padre era preminente per dignità (axioma), poiché rappresentava l'intera Divinità, della quale era il principio (arché), l'origine (aitios), e la fonte (pege). Ecco perché Atanasio difendeva l'ortodossia di Origene sulla Trinità e perché Basilio e Gregorio di Nazianzo risposero agli eretici che rivendicavano l'appoggio della sua autorità che lo avevano frainteso.

Con le sue teorie, Origene propose una estensione del monismo emanazionistico di Plotino che postulava tre ipostasi a fondamento dell'universo, riconoscendo nell'Uno la persona del Padre, nel pensiero-essere la persona dello Spirito Santo(relazione di amore fra il Padre e il Figlio, fra l'Uno e la materia), e nella materia (intesa unita alla forma) il Figlio, non più come tre ipostasi degradanti ma come tre entità pari, distinte ed identiche nello stesso tempo. Tale visione rappresenta il primo tentativo di aggancio della filosofia antica al Cristianesimo.

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POTRESTE AVERE DIECIMILA MAESTRI IN CRISTO, MA NON CERTO MOLTI PADRI, PERCHE' SONO IO CHE VI HO GENERATO IN CRISTO GESU', MEDIANTE IL VANGELO. (1Cor. 4,15 .
 
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