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COMMENTO AL VANGELO DI GIOVANNI

Ultimo Aggiornamento: 04/06/2019 15:05
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09/01/2012 21:41
 
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I due dialoghi con Pietro.

Quand'ebbero mangiato Gesù disse a Simon Pietro: « Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro? ».

Ora è il momento di Pietro. Egli non potrà passare alla storia come colui che ha rinnegato il Signore. Questo peccato dovrà essere cancellato ed espiato e questo potrà avvenire solo per opera di Gesù.

Giovanni attento alla verità che dovrà sempre regnare nel gregge di Gesù tra pastori e pecorelle, tra pastori e pastori, vuole che mai tra costoro intervenga l’ostacolo del peccato che potrebbe rivelarsi come riserva di ascolto e di amore degli uni, innocenti e santi, con gli altri, peccatori e rinnegatori di Gesù.

Quanto egli ora scrive ed attesta in questa terza rivelazione di Gesù deve essere modalità perenne e stile della Chiesa. La Chiesa non deve ricordare il peccato dei suoi figli; essa deve pensare e sapere che ogni peccato può essere perdonato, ogni colpa cancellata, ogni pena estinta, ogni momento può essere un momento di novità e questa novità solo l’amore di Gesù che dimora in un cuore la può operare.

C’è pertanto un dialogo che deve essere posto e di fatto viene posto da Gesù al cuore che ha peccato, che si è pentito, perché chiaramente appaia il pentimento ed il perdono. Ma anche appaia in piena luce la novità di vita, il nuovo essere di chi ha peccato che si fonda interamente sull’amore per il Signore.

Giovanni ci vuole insegnare che ogni peccato potrà essere vinto da un amore più grande, assai grande, un amore che diventa nostra vita, nostra relazione, nostro modo di essere e di operare nella storia e nelle infinite relazioni che noi stringiamo con i fratelli.

Gesù chiede a Pietro se lo ama più di costoro. Costoro sono i discepoli del Signore. In questa prima domanda viene posto a nudo il cuore di Pietro; gli altri non devono pensare che Pietro non ami il suo Maestro, essi devono sapere che Pietro ama il suo Maestro più di loro, più dell’amore che c’è nel loro cuore.

Viene così ristabilita la parità mentale tra Pietro e gli altri, Non perché Pietro abbia sbagliato non ama il Maestro, non perché loro non abbiano sbagliato essi amano il Maestro più di Pietro. Essi ora sanno che Pietro ama il Maestro più di loro e questa conoscenza o certezza pone la parità nell’amore, che non potrà essere misurato da un peccato commesso, o da un peccato non commesso. L’amore può sempre essere rimesso nel cuore. Questa verità dovrà essere vita della Chiesa, altrimenti si cadrà facilmente nel giudizio, nella condanna, nella svalutazione, nell’umiliazione, e soprattutto nella superbia.

Gesù con la domanda posta a Pietro mette tutti nella santa umiltà. Nessuno potrà d’ora in poi gloriarsi dinanzi a Pietro, o protestare il suo amore più grande di quello di Pietro e quindi avanzare in nome di questo amore delle pretese di governo o di potestà più grandi.

Gli rispose: « Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene ».

Gesù lo sa che Pietro ama il Maestro. Soprattutto Pietro sa che il Maestro conosce il suo cuore, egli sa che lui lo ama, anche se nella sua vita c’è stato uno sbandamento, a causa sempre di quella sicurezza che lo animava e che sovente lo faceva sbagliare.

Questa risposta è assai importante perché una vita senza la certezza che Gesù sa cosa c’è nel nostro cuore, non è possibile viverla. Ognuno di noi deve avere questa certezza, questa scienza. Gesù conosce il mio cuore e sa che io non mento. L’amore che Pietro attesta di avere per il Maestro non è fondato sulla sua Parola, è manifestato sulla certezza che Gesù ha di questo amore. Tu, Signore, me lo chiedi, io te lo dico, ma tu lo sai. Qui si fonda la verità, non su quello che noi diciamo, ma su quello che Gesù sa ed egli sa che Pietro ama il Signore più di tutti loro.

Gli disse: « Pa­sci i miei agnelli ».

A questa prima affermazione di un amore più grande, Gesù conferisce a Pietro il potere di pascere i suoi agnelli. Gli agnelli sono i figli delle pecore, sono tutti coloro che vengono alla fede generati dalla Parola che gli Apostoli avranno fatto risuonare per il mondo.

Pietro è, con queste parole, costituito Pastore universale di tutto il gregge di Dio. Questo non significa che egli dovrà pascerlo da solo, lo farà assieme agli altri, ma è lui che dovrà sempre vigilare che il gregge rimanga nella verità e nella grazia di Gesù. Una pecora da sola potrà sempre sbagliare e di fatto molte pecore da sole e singolarmente hanno sbagliato, ma sopra di esse ha sempre vigilato Pietro, perché gli agnelli fossero sempre nutriti della verità la più pura e della grazia la più santa.

Gli disse di nuovo: « Simone di Giovanni, mi vuoi bene? ».

Gesù chiede nuovamente a Pietro se gli vuole bene, se lo ama. La domanda serve a Pietro, serve anche agli altri. Serve a Pietro perché prenda coscienza di se stesso e smetta di sentirsi sempre sicuro di sé; nulla è sicuro nella storia di un uomo, sicuro è solo chi cammina con il timore del Signore, ma il timore del Signore è dono attuale di Dio, che di volta in volta bisogna impetrarlo nella preghiera umile e fiduciosa, rivolta con insistenza e senza mai stancarsi a colui dal quale ogni dono discende nei cuori.

Serve agli altri, perché anche loro devono stare attenti, mettersi sempre in umiltà. Non perché uno non abbia peccato, è impeccabile. È impeccabile solo chi cammina con il Signore, ma per camminare con il Signore è necessario che il Signore si abbia sempre nel cuore, il quale, per essere degna dimora di Dio deve rimanere sempre nell’umiltà la più grande; deve sempre restare nella coscienza della sua peccabilità. L’uomo è sempre peccabile, peccherà sempre se Dio non abita in lui con la sua verità e con la sua grazia. È sufficiente che Dio abbandoni l’anima per un solo istante e l’altro è già precipitato nei peccati più orrendi e più abominevoli.

Gli rispose: « Certo, Si­gnore, tu lo sai che ti voglio bene ».

Pietro risponde ancora una volta fondando il suo amore non sulla sua coscienza, ma sulla scienza che Gesù ha di lui. Il Signore lo sa; tu lo sai che io ti voglio bene.

Gli disse: « Pasci le mie pecorelle ».

In seguito a questa manifestazione del suo amore, Gesù conferisce a Pietro la potestà di pascere le sue pecorelle. Sono le pecore Madri, sono gli stessi discepoli presenti, sono tutti coloro che succederanno loro. Ogni pecora di Gesù dovrà lasciarsi pascere da Pietro, costituito Pastore di ogni agnello e di ogni pecora.

Questo è il primato che Gesù ha conferito a Pietro e nella sua Persona ad ogni suo successore. Anche ogni successore delle pecore deve sapere che è suo dovere farsi pascere da Pietro, altrimenti se lui si distaccherà dalla verità e dalla grazia di Pietro, lui morirà, non sopravviverà, poiché fuori dei pascoli di Pietro, non c’è nutrimento per loro, ogni altro nutrimento è veleno di morte.

Gli disse per la terza volta: « Si­mone di Giovanni, mi vuoi bene? ».

Ma Gesù non si ferma nelle sue richieste d’amore nei confronti di Pietro. Tre erano state le negazioni, tre dovranno essere le sue protestazioni pubbliche di amore. Questo perché la riparazione sia completa ed il peccato interamente rimosso e cancellato dalla sua mente e dalla mente dei discepoli di Gesù.

Pietro rimase addo­lorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse: « Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene ».

Pietro vive un momento di sofferenza, non dubita di Gesù, vede ancora una volta il suo peccato, si vede nell’atrio della casa del sommo sacerdote, rivive per un attimo quei momenti tristi della sua vita e per questo si addolora. Si addolora anche perché affiora alla sua mente il pensiero che il Maestro dubiti, non sia convinto delle sue parole.

Ancora una volta c’è in Pietro tutta la sua umanità che si mostra, ma la nostra umanità ci accompagnerà sempre sulla via verso Dio, possiamo modificarla, possiamo correggerla, possiamo fortificarla, ma sarà sempre la nostra umanità e non un’altra che ci spingerà in avanti.

Possiamo sottometterla a noi a condizione che in essa vi mettiamo un forte amore per Gesù. Ed è questo amore che Pietro ha messo in essa dopo il suo triplice rinnegamento, con questo amore egli riesce a superare quel momento di tristezza, di dubbio e di amarezza e manifestare al Maestro tutto il suo amore.

Tu lo sai, Signore, che io ti amo, perché tu sai tutto e niente e nessuno può ingannarti. Tu conosci il mio cuore e sai che in esso non c’è alcuna falsità. Ciò che è sulle mie labbra è anche nel mio cuore ed esso ora è tutto per te.

Pietro ora sa che è possibile superare se stessi, vincersi, liberarsi, sa anche qual è la via: non essere mai sicuri di sé, dubitare sempre, restare sempre in umiltà, pensare anche che qualcosa di noi non sia poi tanto sicuro presso Gesù come noi potremmo immaginare, quando non siamo umili, sottomessi, miti e mansueti di fronte a lui.

Gli rispose Gesù: « Pasci le mie pecorelle.

Ora che Pietro sa come si sta dinanzi a Gesù, sa anche come si sta dinanzi alle pecore. Se lui dovrà prendere il posto di Gesù, dovrà anche comportarsi come Gesù si sta comportando nei suoi riguardi. Gesù ha perdonato; il governo delle pecore si fonda essenzialmente sul perdono, ma anche sul grande amore, sulla fiducia dopo il peccato.

Ora può pascere definitivamente tutte le pecore e tutti gli agnelli del gregge del Padre suo. Per pascerle bene si dovrà sempre ricordare di questo dialogo d’amore e di responsabilità vissuto in questo primo mattino presso il lago di Genesaret, o Mare di Galilea.

In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cin­gevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cin­gerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi ».

In questo versetto Gesù predice a Pietro quale sarà la sua fine, ma anche gli predice che lui non scapperà più, non rinnegherà più il Signore. Come nel cenacolo dinanzi alla sicurezza di Pietro, gli aveva preannunziato che lo avrebbe rinnegato tre volte nella stessa notte, prima del canto del gallo; ora a causa di questa sua umiltà, di questa insicurezza, di questo turbamento del suo cuore, del dolore che ha provato alla terza domanda di Gesù, dinanzi al nuovo cuore di Pietro, Gesù gli preannunzia la sua fine.

Pietro sarà cinto come Gesù è stato cinto, sarà portato come Gesù è stato portato, sarà ucciso come Gesù è stato ucciso. Questa volta veramente Pietro darà la vita per il suo Maestro, potrà darla perché egli non è più quello di prima. Il suo peccato è stato la sua più grande scuola, alla scuola del suo rinnegamento ha imparato che bisogna confidare solo in Dio, nella sua grazia, mai in se stessi, nelle proprie forze. Per grazia di Dio è possibile seguire Gesù, non per possibilità umane.

Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glo­rificato Dio.

Pietro avrebbe un giorno glorificato il Maestro con il martirio, con l’offerta della sua vita. È parola di Gesù e sicuramente si compirà, come si è compiuta l’altra parola che Gesù aveva detto a Pietro nel cenacolo.

E detto questo aggiunse: « Seguimi ».

Ora che Pietro è entrato nella verità e nella grazia, che per lui è umiltà del cuore e timore del Signore, che creano in lui insicurezza nei mezzi umani, ma fortezza di Spirito Santo nei mezzi divini, di grazia, egli può seguire il Maestro, prima non avrebbe potuto seguirlo e di fatto non lo ha seguito.

Per seguire il Maestro occorre che il cuore, lo spirito, l’anima entrino nella verità e nella grazia di Gesù. Con la verità non solo si conosce Dio, si conosce se stessi, si conosce cosa è la natura umana, cosa essa non può fare da sola in ordine al bene, si conosce la propria fragilità e debolezza, si conosce la povertà di se stessi, si conosce la nullità delle proprie forze e quindi l’inconsistenza delle proprie decisioni di bene.

Con la grazia invece si riceve ogni capacità dallo Spirito del Signore e quindi si è pronti a seguire il Signore. La verità e la grazia devono sempre essere sostenute da un grandissimo amore per Gesù, amore che fa sì che con Lui si diventi una sola vita, un solo desiderio, una sola volontà, una sola obbedienza, un solo moto del cuore.

In questa identità di essere e di pensiero, in questa conformità di amore e di obbedienza la vita di Gesù diviene la vita del discepolo, il quale è capace di attuarla tutta intera nella sua propria missione.

La vocazione del discepolo diviene pertanto il compimento in lui della vita del Maestro, ma la vita del Maestro è il compimento della volontà del Padre. Questa è la vocazione. Ora che Pietro ha visto la vita del Maestro e l’ha vista per intero, ora che la verità di Dio e la sua grazia sono interamente nel suo cuore, egli può seguire il Maestro. Ora anche il Maestro lo può chiamare, gli può dire: “Seguimi”.

Pietro allora, voltatosi, vide che li seguiva quel di­scepolo che Gesù amava, quello che nella cena si era trovato al suo fianco e gli aveva domandato: « Signore, chi è che ti tradisce? ».

Mentre Gesù dialoga con Pietro, questi si volta e vede che sono seguiti dal discepolo che Gesù amava. Viene ancora una volta detto chi è questo discepolo e che cosa ha fatto durante l’ultima cena.

Questo discepolo era al fianco di Gesù, aveva posato il suo capo sul petto di Gesù e gli aveva chiesto chi era colui che stava per tradirlo.

Ancora una volta viene il ricordo del Cenacolo. Per Pietro il cenacolo ricordava la sua autosufficienza, la sua certezza umana di poter seguire il Maestro, nonostante il Maestro gli avesse detto che lo avrebbe di lì a poco rinnegato tre volte.

Per l’altro discepolo il cenacolo ricorda l’amore di Gesù, il suo dolore per il tradimento, ricorda l’amico ed il confidente, ricorda soprattutto il cuore di Gesù che batteva palpiti d’amore e lui questi palpiti li aveva sentiti.

Pietro dunque, vedutolo, disse a Gesù: « Signore e lui? ».

Pietro vuol sapere che avverrà di questo discepolo, vuole conoscere anzi tempo quale sbocco avrà la sua vita.

Gesù gli rispose: « Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te? Tu seguimi ».

Gesù non risponde alla domanda di Pietro. Gli dice semplicemente che la vita è personale ed ogni vita ha una sua particolare missione e vocazione. La vocazione dell’uno non è vocazione dell’altro e la missione dell’uno non è missione dell’altro. Ognuno deve mettere ogni cura a compiere ciò che lui sa per se stesso e per la sua persona, deve lasciare libero l’altro di poter compiere quanto per l’altro è stato stabilito.

Non solo si deve lasciare libero l’altro, Gesù dice qualcosa di più. Dice che la vocazione dell’altro non deve essere di nostro interessamento. A noi non deve riguardare quanto è stato stabilito per l’altro. C’è pertanto una libertà spirituale nei confronti dei fratelli che ci permette di conservare una grande pace. Ognuno per la sua strada, ognuno per la sua missione, ognuno per il compimento di essa.

La libertà dalla vocazione, dalla missione, dal fine della vocazione e della missione degli altri deve essere libertà del cuore, della mente, dello spirito. Anche questo è vangelo, lieta novella, annunzio di salvezza. Ognuno sa cosa deve fare dinanzi a Dio e deve preoccuparsi di fare solo quello.

Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: « Se voglio che rimanga finché io venga, che importa a te? ».

Da questa parola di Gesù a Pietro si era diffusa nella comunità l’idea che il discepolo che Gesù amava non sarebbe mai morto.

Sappiamo dalla storia che questo discepolo che è Giovanni ha avuto una longevità quasi secolare. Da questa sua lunga vita anche l’interpretazione errata della parola detta da Gesù a Pietro.

Lo stesso discepolo pertanto si preoccupa di chiarire il senso di quanto Gesù aveva detto e precisamente: non che egli non sarebbe morto, ma “se voglio che rimanga finché io venga, che importa a te?”.

Gesù lascia la vita del discepolo che lui amava avvolta dal mistero, come dal mistero è avvolta ogni altra vita. Che in ogni vita ci sia un mistero è una verità, che questo mistero significhi altre cose che pensiamo noi, questa non è verità detta da Gesù.

Ancora una volta viene puntualizzato come sia veramente facile assumere una parola di Gesù e darle un altro significato, opposto e contrario all’intenzione e alla parola con cui la verità è stata annunziata e manifestata. Questo episodio vuole che si sia sempre circospetti, attenti, vigili, affinché nulla di falso o di erroneo venga ad intromettersi nelle parole di Gesù.

Il rispetto del mistero che avvolge una vita anche questo è vangelo. Viverlo è santità, verità, giustizia, amore.
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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