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COMMENTO AL VANGELO DI GIOVANNI

Ultimo Aggiornamento: 04/06/2019 15:05
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09/01/2012 13:37
 
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CAPITOLO DECIMO NONO


Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece fla­gellare.

Gesù è innocente. Ma non lo si vuole libero. Non ha commesso alcuna colpa, non può essere punito. Invece cosa succede? Pilato lo fa flagellare. Con quale diritto? A quale titolo?

Ciò che Pilato comanda è un atto arbitrario, illegale atto contro la persona. Anche questo è il peccato del mondo. Non si vede la dignità dell’altra persona che merita rispetto e stima, ossequio e riverenza, ma soprattutto merita che venga sempre trattata con giustizia e secondo giustizia. Di questi peccati il mondo è pieno, possiamo anche dire che esso ignora e calpesta i diritti della persona, la quale ha scritto nel suo essere che è ad immagine del suo Creatore e quindi di perfettissima uguaglianza con ogni altra persona.

Non si parla qui di chi è Gesù, che è persona divina, è Dio in se stesso. Pilato questo mai avrebbe potuto saperlo; però sa che Gesù è uomo, è perfetto uomo e come tale va rispettato. Se non si rispetta la giustizia, se non si vede l’altro in tutto uguale a noi, senza alcuna differenza, allora non potrà mai esserci giustizia in questo mondo.

E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano: «Salve, re dei Giudei! ».

Ciò che fanno i soldati è anch’esso indegno della loro carica. Essi devono mantenersi rigorosamente all’applicazione del comando ricevuto. Essi invece prendono una iniziativa che si trasforma in gioco e in ludibrio nei confronti di Gesù. Lo rivestono come se fosse un re: gli mettono sul capo una corona di spine, dolorosissima ed un mantello di porpora addosso e trattandolo come un re da burla, lo scherniscono salutandolo come il re dei Giudei.

Anche questo è sopruso, è abuso di ministero. C’è un ministero di chi è preposto ad eseguire le sentenze e questo è giusto e chi lo esercita non commette alcuna colpa. La società vive così e la si rispetta. Ma con Gesù non viene rispettato il proprio ministero, che è di pura esecuzione della sentenza, Gesù viene ulteriormente umiliato, ulteriormente martoriato, nel corpo e nello spirito e questo non è consentito. Anche questo è peccato del mondo.

Finché chi è preposto ad un ministero che è di applicazione della legge non si limita rigorosamente al suo mandato e non vede nell’altro uno che ha sempre bisogno di pietà e di misericordia, e sul quale non si può inveire a piacimento, l’umanità non uscirà mai dalla sua barbarie peccaminosa e l’uomo, anche se ha sbagliato, sarà sempre considerato un non uomo, uno senza dignità, uno sul quale chiunque potrà inveire, perché ha il diritto di farlo e se questo diritto non ce l’ha, se lo prende autonomamente.

E gli davano schiaffi.

Non solo lo scherniscono, si fanno beffe di lui, non solo lo caricano di una corona di spine sulla testa, lo prendono anche a schiaffi.

Quando il cuore, a causa di un ministero così difficile quale quello del soldato, diventa di pietra, si fa spietato, chi non fa più differenza tra uomo e uomo e chi è giusto e chi è colpevole, chi è più colpevole e chi è meno colpevole, per costui c’è semplicemente un non-uomo, sul quale si può fare ciò che si vuole. Anche questo è il peccato del mondo che si abbatte contro Gesù per sommergerlo.

Pilato intanto uscì di nuovo e disse loro: « Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa ».

Mentre i soldati trattavano così duramente Gesù, senza alcuna misericordia e pietà, infierendo contro di lui, Pilato tenta una via di conciliazione con la folla dei Giudei.

Loro devono sapere che in Gesù lui non ha trovato alcuna colpa. Precisiamo. Pilato non dice che in Gesù non c’è alcuna colpa. Se lui avesse detto così avrebbe potuto obiettare che Gesù è colpevole e che lui non sa trovarle, perché le colpe ci sono. Invece: “Io non trovo in lui nessuna colpa”. Lui il governatore lo sapeva fare e se lui non ha trovato alcuna colpa, significa realmente che le colpe in Gesù non ci sono.

Ciò che Pilato dice è una assoluzione piena nei riguardi di Gesù. Gesù è innocente, totalmente innocente, perché neanche Pilato ha trovato in lui alcuna colpa. Come d’altronde era avvenuto per i sommi sacerdoti, i quali non hanno trovato in lui nessuna colpa secondo la loro legge.

Anche se non ha trovato in lui nessuna colpa, non era questo il modo di procedere. Il governatore non ha una responsabilità per rapporto alla folla, la responsabilità è per rapporto all’imputato. Se l’imputato è innocente deve essere liberato, non deve essere flagellato, non deve essere insultato e beffeggiato, non deve essere schiaffeggiato. Ma questa è decisione che spetta a chi governa, non ha chi è governato. Ma anche questo è il peccato del mondo e Gesù dovette portarlo sulle sue spalle interamente, nella sua carne dovette subirlo tutto.

Allora Gesù uscì, por­tando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: « Ecco l'uomo! ».

Pilato conduce fuori Gesù con il suo vestito regale: la corona di spine e il mantello di porpora. Lo presenta alla folla con delle parole che suonano come un disprezzo, una dichiarazione di nullità della persona contro la quale i Giudei si stanno così accanendo.

In fondo il suo pensiero è assai semplice. Quest’uomo non vale niente, quest’uomo è sempre e comunque sotto il potere di Roma che può in ogni momento ridurlo così come oggi lo state vedendo. Egli non ha nessuna significanza politica, nessuna forza, la sua regalità è semplicemente da burla e da gioco ed i miei soldati hanno saputo giocare, ed anche bene, con lui.

Se quest’uomo è una nullità politica, un non reazionario, un passivo che tutto subisce e tutto vive senza rivoltarsi contro, perché inveire ancora contro di lui? Perché non liberarlo? Perché non lasciarlo andare per la sua strada?

Pilato presentando così Gesù commette un altro errore. La giustizia non si può fondare sulla commiserazione, essa ha un solo principio ed è sull’innocenza. Pilato deve liberare Gesù perché senza colpa. Lui stesso ha detto che non ha trovato in lui nessuna colpa. Chiedere commiserazione alla folla non è e non deve essere di chi vuole esercitare la giustizia sulla terra. Anche questo è peccato del mondo che si abbatte contro Gesù. Lui lo priva di ogni dignità, di ogni personalità, lo fa passare per un meschino, per un uomo da nulla al fine di ottenere dalla folla il benestare perché lui lo possa liberare.

Per Giovanni Gesù è invece il vero uomo, è l’uomo. Gesù è il modello di ogni uomo, a lui ognuno deve ispirarsi, verso di lui guardare se vuole realmente divenire uomo, ed uscire dalla schiavitù della non umanità nella quale il peccato lo ha condotto e che tiene sempre nei ceppi e nei ferri di una natura corrotta e consumata nella sua essenza, che è sempre, perché tale è rimasta, ad immagine e a somiglianza del suo Creatore.

Gesù è pertanto l’uomo nuovo. Ma se lui è veramente tale, significa che c’è un altro modo di essere, ma anche di concepire le relazioni degli uomini; significa che la vera umanità si costruisce nel perdono, nella sopportazione della violenza, nell’assumersi ogni ingiustizia e viverla per amore del Signore, significa anche lasciarsi catturare dagli uomini e non opporre loro nessuna resistenza, anche quando ti flagellano, ti schiaffeggiano, ti coronano di spine, si burlano di te rivestendoti di ciò che essi vogliono che tu sia, perché così ti possono meglio dileggiare ed umiliare.

In questo processo Gesù è il vero uomo, l’uomo libero, l’uomo signore di tutti i suoi sentimenti; tutti gli altri sono schiavi della loro concupiscenza e superbia, del loro odio, della loro stoltezza, della loro debolezza, della sete di gloria che è nel cuore. Gesù invece è il povero in spirito, l’umile ed il mite, il giusto che soffre ingiustamente, che non si oppone al malvagio e che tutto offre al Padre suo, per rendere a lui gloria.

AI vederlo i som­mi sacerdoti e le guardie, gridarono: « Crocifiggilo, cro­cifiggilo!».

Pilato non ottiene quanto sperava dalla sua mossa. Pensare di poterlo ottenere è già per lui un segno di vera stoltezza. Egli non sa chi ha di fronte a sé, non sa che costoro sono degli irriducibili. Non sa che essi hanno già condannato a morte Gesù e che sempre durante il ministero pubblico di Gesù essi avevano più volte desiderato lapidarlo e toglierlo di mezzo.

Pilato è un ingenuo politicamente parlando, è un inetto, perché ignora e non conosce chi realmente sono i suoi interlocutori. Questi non si interessano se Gesù è vero o falso, non si interessano se è giusto od ingiusto, non vogliono neanche sapere se è buono o cattivo, a loro interessa una cosa sola: toglierlo di mezzo, abolire e cancellare la sua esistenza dalla terra.

Un governatore, uno che esercita il potere e non sa chi gli sta di fronte, non conosce la “verità” che abita nel cuore di chi vuole o non vuole una determinata cosa, non è un buon governatore, perché non conoscendo, potrebbe prendere delle iniziative sbagliate, che vanno contro la giustizia.

Pilato è la rovina della giustizia, perché prevede male, e prevede male perché non conosce; ogni sua mossa diviene così contro Gesù e a favore dei nemici di Gesù. Chi vuol governare gli uomini, sia che si tratti di governo civile, sia di governo religioso, deve saper leggere nel cuore e nelle intenzioni recondite dei suoi amministrati; se questa perspicacia egli non la possiede, diviene la rovina di ogni giustizia, perché inevitabilmente cadrà nelle mani dei nemici della giustizia.

Chi governa avrà sempre un momento particolare nella sua amministrazione in cui è necessario conoscere il cuore di chi domanda giustizia per sé o per gli altri, ed anche in chi vuole che giustizia sia fatta contro gli altri. In questo caso l’amministratore della giustizia non può errare, egli dovrà sempre sapere che il cuore dell’uomo è un abisso di invidia, di ipocrisia, di malvagità, di malignità, di volontà di male e che può sempre mostrarlo come un abisso di bontà, di ricerca del bene comune, di desiderio di pace e di comunione, potrà rivestirlo e presentarlo sotto le vesti di un mite agnellino, mentre dentro altro non è che un lupo rapace.

Pilato pensa di trovarsi dinanzi a degli agnellini ragionevoli, mentre in realtà egli ha di fronte dei lupi rapaci, lupi della sera, affamati e assetati del sangue di Gesù. Vedendo il sangue altro non possono fare che gridare che Gesù sia crocifisso, sia messo a morte. Anche questo è il peccato del mondo che si abbatte contro Gesù per sommergerlo. Ma Gesù lo vive per insegnare a noi che chi vuole onorare e glorificare il Padre suo, deve addossarsi anche questo peccato, deve sapere che ci saranno sempre contro di lui, dinanzi a chi deve difendere la sua giustizia, dei lupi rapaci, travestiti da miti e inoffensivi agnellini che altro non domandano che il bene e la pace, e perché il bene e la pace siano conquistati la via è la crocifissione di chi la turba e di chi la pone in questione.

Disse loro Pilato: « Prendetelo voi e cro­cifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa ».

A questo punto Pilato vedendo che i suoi tentativi erano falliti. Era fallito quello di liberarlo per scelta del popolo, era fallito l’altro di farlo flagellare per impietosire il popolo dei Giudei con la dichiarazione di nullità umana e politica di Gesù, vuole consegnarlo direttamente alla loro legge, alle loro costumanze, ai loro usi e tradizioni, che in parte, pur sempre sotto la vigilanza di Roma, il popolo dei Giudei conservava.

Lui non vuole crocifiggerlo, non può crocifiggerlo, perché un tale atto sarebbe stato un evidente sopruso, una palese ingiustizia. Quindi vi rinuncia e lo affida nelle loro mani. Vorrebbe. Questa sua stolta decisione aggrava ulteriormente la posizione di Gesù. I nemici di Gesù sanno che con Pilato è sufficiente insistere un altro poco ed egli sarebbe crollato, avrebbe ceduto alle loro richieste. Anche questo è peccato del mondo che si abbatte contro Gesù. Approfittare della debolezza di chi deve governare, di chi deve praticare la giustizia; è quel male del mondo di cui il mondo si serve per fare il male ai suoi simili.

Pilato è un debole, vuole e non vuole, decide e non decide, concede e poi riprende, di questo si accorgono i nemici di Gesù e quindi lo tengono sempre nelle loro mani. Il loro è un sottilissimo gioco di capitolazione. Essi sanno che Pilato capitolerà, è sufficiente giocare con lui e la fine presto e di certo verrà.

Gli risposero i Giudei: « Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio ».

I Giudei spostano la discussione. Da politica la fanno diventare questione religiosa. Gesù non deve morire perché ha infranto la legge di Roma. Pilato ha visto bene che in Gesù non c’era colpa politica. Gesù deve morire perché ha infranto la legge del popolo dei Giudei, secondo la quale c’è un solo Dio, in cielo e in terra e Dio è unico, solo. Non ci sono altri dèi e lui non ha figli.

Ora Gesù si è fatto Figlio di Dio, quindi si è proclamato Dio. Questo è peccato, è colpa gravissima di idolatria e chi commette l’idolatria deve essere punito con la morte, perché ha tradito la fede dei Padri, ha violato il primo comandamento, punibile con la lapidazione. “Non avrai altro Dio di fronte a me”. Facendosi Dio, Gesù si è posto di fronte al Dio dei Padri. Questa è colpa evidente, per questa colpa egli deve morire.

L’astuzia e la scaltrezza dei sommi sacerdoti e di coloro che sono interlocutori in questo processo è veramente assai grande, più che grande. Essi sanno cogliere un momento di incertezza nel processo e subito corrono ai ripari. Ciò che prima non dicono, ora lo affermano e vogliono costringere Pilato a divenire esecutore di una sentenza già emessa da loro, ma che per essere eseguita ha bisogno della legalizzazione del governatore di Roma.

All'udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura ed entrato di nuovo nel pretorio disse a Gesù: « Di dove sei? ».

Viene qui svelato il cuore di Pilato. Egli ha paura. Ha paura di Gesù, ma ha ancora più paura della folla. Sicuramente avrà visto Gesù in un modo assai strano, molto differente da ogni altro uomo da lui giudicato e condannato. Ora che ha saputo che si è fatto figlio di Dio, comincia forse a capire qualcosa e per questo la paura in lui aumenta.

Pilato non sa realmente cosa significa farsi figlio di Dio. Ma un uomo si può fare figlio di Dio? Anche se Pilato ignora cosa vogliono dire i sommi sacerdoti con la loro accusa su Cristo Gesù, egli sa tuttavia che il caso che lui è chiamato a risolvere non è del tutto “normale”, non è un caso come tutti gli altri, lo dimostra il fatto che egli si trovi dinanzi ad un uomo avvolto dal mistero, ma anche differente per comportamento da ogni altro uomo.

Ogni altro avrebbe svelato i suoi sentimenti di odio e di vendetta, di rancore e di odio, invece Gesù non ha nulla di tutto questo nel suo cuore; in lui c’è solo desiderio di verità e di amore. Soprattutto in Gesù c’è qualcosa che sfugge a Pilato, qualcosa di cui egli non sa capacitarsi, qualcosa che fa sì che Gesù non sia uno come gli altri, ma molto diverso dagli altri e per questo, al sentire che Gesù si è fatto figlio di Dio, ha ancora più paura. Prima sospettava il mistero, adesso viene messo dinanzi. Il mistero di un uomo è davanti ai suoi occhi ed ora egli è chiamato a pronunziarsi sul mistero di Gesù e non più sulla sua condotta umana. Chi è allora veramente Gesù. Ma prima di tutto di dove è Gesù? Della terra o del cielo? Questo è ciò che Pilato vuole sapere.

Ma Gesù non gli diede risposta.

Gesù non risponde alla domanda di Pilato. Quando Egli non risponde il motivo è uno solo, la domanda non nasce dal desiderio di conoscere la verità, e poiché Gesù dona solo risposte secondo verità. Se lui non risponde, significa che la domanda non nasce dalla verità del cuore, nasce invece da mille altri motivi, che non sono amore della verità.

È importante cogliere questo aspetto del comportamento di Gesù. Ogni qualvolta l’uomo esce dalla verità anche nella sua richiesta o inchiesta, perché non conforme ai canoni della ricerca della verità, che vuole che essa venga cercata per se stessa, indipendentemente dalla persona o dai suoi comportamenti, dalle sue origini e attuali situazioni storiche, Gesù non risponde. Egli tace. Lui è la verità ed ogni sua risposta deve essere per la verità; ora la verità non tollera che si possa porre una questione che indaghi su se stessa se all’origine nel cuore non c’è la verità della ricerca. Poiché Pilato non cerca nel suo cuore la verità, Gesù non può rispondere alla sua domanda.

Gli disse allora Pilato: « Non mi parli? Non sai che ho il po­tere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce? ».

Dinanzi al silenzio di Gesù, Pilato non comprende e quasi perde la sua calma. Vuole che Gesù parli. Gesù deve parlare a Pilato, ma il motivo che viene addotto non è certo un motivo di verità, è invece un motivo di arbitrio.

Gesù deve parlare a Pilato perché la sua vita ora è nelle sue mani. Da lui dipende la libertà, ma anche da lui dipende la condanna alla morte di croce.

Gesù non deve parlare perché Pilato ha il potere di mettere in libertà e il potere di mettere in croce. Egli deve parlare per dire solo quella verità che Pilato non cerca, non vuole cercare, anche se attualmente ha paura ed agisce con essa nel cuore.

Qui Pilato fa una affermazione che è la negazione di ogni giustizia. Il potere di mettere a morte una persona o di liberarla può essere esercitato solo in seguito alla dimostrazione per via giuridica della colpevolezza dell’imputato o della sua non colpevolezza. Quando questo potere dovesse essere esercitato senza aver precedentemente dimostrato lo stato di “giustizia” di una persona, ovvero se colpevole o innocente, un tale esercizio della potestà sarebbe un arbitrio, un abuso di potere e di autorità.

Pilato in fondo dice a Gesù che lui è la legge, lui è il giudice, lui è anche l’esecutore della sentenza. Tutto è nelle sue mani. Gli fa sentire il peso della sua autorità. Anche questo è il peccato del mondo che Gesù ha portato sulle sue spalle. Questo peso è enorme nella storia dell’umanità, poiché più che spesso l’uomo nei confronti dell’altro uomo si fa legge, giudice e carnefice. E questo non è consentito a nessuno. Nessun uomo ha un tale potere. Chi dovesse arrogarselo sarebbe il nemico dell’uomo e potrebbe governare gli uomini solo con la violenza ed il sopruso ed ogni altra angheria e tirannide. Purtroppo Gesù ha vissuto tutto questo e Giovanni ci dimostra qual è in verità il peccato del mondo contro il quale l’uomo ogni giorno si schianta e muore. Ma Gesù è venuto a liberare l’uomo da questa schiavitù.

Rispose Gesù: « Tu non avresti nessun po­tere su di me se non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande ».

Gesù ora risponde a Pilato; gli dice che lui non può arrogarsi quell’autorità che lui pretenderebbe di poter sempre e comunque esercitare. L’autorità che lui ha discende dall’alto. In quanto egli ha potere su Gesù è perché è venuta la sua ora ed il Padre gli ha concesso questo potere di giudicare il suo figlio unigenito. Se non fosse venuta la sua ora, egli non avrebbe potuto esercitare nessuna potestà né di vita e né di morte, perché il Padre non lo avrebbe permesso.

Perché allora il Padre lo ha permesso? Il motivo è teologico e soteriologico insieme. Gesù si addossò tutto il peccato del mondo; il mondo con il suo peccato si è abbattuto su di lui. Uno dei più gravi peccati è la relazione di giustizia tra gli uomini ed è il più pesante, il più gravoso, il più umiliante, perché priva l’uomo della sua dignità di essere uomo.

Gesù ha dovuto sperimentare su di sé l’assenza di ogni giustizia, ha provato ogni sorta di ingiustizia nel suo corpo e nel suo spirito, insegnandoci che anche contro questo peccato è difficile potersi liberare; chi libera è sempre il Signore e per questo urge sempre pregare che non si cada in potere dell’uomo, ma per non cadere è necessario che il Padre non conceda su di noi nessun potere all’uomo, non gli dia la possibilità di poterci giudicare e condannare ingiustamente.

Questo può accadere finché non arriva la nostra ora; quando la nostra ora sarà arrivata, allora il Padre dei cieli concede il potere ad un uomo e questo compie l’opera di vittoria del mondo su di noi. Ma il mondo vince perché noi dobbiamo rendere gloria al Padre nostro celeste, ma vince solo quando è la nostra ora di glorificare il Padre, fino a quel momento l’uomo non viene investito di questo potere e quanto avviene attorno a noi lui neanche lo percepisce, gli è come ignoto, oppure diviene difficile togliere un solo capello, nonostante l’invidia e la malvagità che regna nel cuore.

Precisato questo, Gesù dice a Pilato la sua responsabilità, la sua colpa è minore di fronte a quelli che glielo hanno consegnato; costoro hanno una colpa ed una responsabilità più grande.

La colpa di Pilato è quella di non sapere cosa fare dinanzi ad un atto di giustizia da rendere ad un uomo ingiustamente accusato. Egli è un debole e della sua debolezza è colpevole. Sa che Gesù è giusto, che non ha commesso nulla di male e tuttavia non lo libera, anzi lo fa flagellare, lo mette nella condizione di essere liberato per scelta, paragonandolo ad un criminale già condannato per il suo crimine. Se lui non fosse stato investito di questa responsabilità, lui minimamente si sarebbe interessato del caso Gesù.

Il Vangelo rende a Pilato questa testimonianza. Erode avrebbe voluto qualche volta mettere le mani su Gesù; mai questo è detto di Pilato. La colpa dei sommi sacerdoti e dei farisei è invece una colpa di invidia, di gelosia mortale contro Gesù e questa viene dalla superbia della vita. Quello dei sommi sacerdoti è un peccato satanico. Satana ha invidia dell’uomo, i sommi sacerdoti hanno invidia di Gesù e per questo vogliono toglierlo di mezzo. Non vogliono toglierlo di mezzo né perché si è fatto re e né perché si fa figlio di Dio.

Questo deve essere chiaro quando si parla di Gesù. Essendo quello di Pilato un peccato di fragilità umana, mentre quello dei sommi sacerdoti e dei farisei un peccato di superbia satanica, la gravità è ben diversa, la colpevolezza anche. E tuttavia anche Pilato è colpevole e responsabile; è responsabile per non aver applicato la giustizia per debolezza, o per paura dei sommi sacerdoti.
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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