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COMMENTO AL VANGELO DI GIOVANNI

Ultimo Aggiornamento: 04/06/2019 15:05
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09/01/2012 13:32
 
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Nel seno del Padre

La gloria del Padre e del Figlio. Gesù vede la sua morte come il rendimento della più alta gloria al Padre suo che è nei cieli; vede la sua risurrezione come la glorificazione della sua Persona da parte del Padre. Vede l’una il frutto dell’altra; vede cioè la sua morte in croce, che è rendimento della gloria del Padre, come l’albero dal quale maturerà il frutto della sua risurrezione gloriosa, che è poi la gloria che ritorna sulla sua Persona a causa della sua morte. Ogni glorificazione vera ed autentica che dalla terra sale verso il cielo ridiscende su colui che l’ha innalzata sotto forma di gloria più grande.
Il potere di dare la vita eterna. Gesù manifesta ai suoi discepoli qual è il potere che ha ricevuto dal Padre: quello di dare la vita eterna a coloro che il Padre gli ha dato. Il Padre dona al Figlio quelli che lui vuole, il Figlio dona a coloro che il Padre gli ha dato la vita eterna. Il Padre dona al Figlio coloro che attraverso un atto di conversione si lasciano attrarre da Lui per mezzo della Parola di Gesù, a tutti costoro Gesù dona la vita eterna. Da precisare che non c’è in Dio un atto arbitrario, una scelta operata solo dalla sua volontà, secondo la quale alcuni sarebbero dati a Gesù ed altri esclusi. Sappiamo invece della volontà universale di Dio che vuole che ogni uomo arrivi alla salvezza. Il Padre dona al Figlio coloro che da lui si lasciano dare, e si lasciano dare attraverso l’ascolto della Parola di Gesù e la conversione ad essa.
Cosa è la vita eterna. Il dono della vita eterna è l’inserimento dell’uomo nel mistero della conoscenza che regna tra il Padre e il Figlio. Possiede la vita eterna, dono di Gesù a coloro che il Padre gli ha dato, colui che è immesso in questo mistero di amore e che questo mistero di amore esprime nella sua vita e per esso si consuma. Chi entra nel mistero d’amore che si vive tra il Padre ed il Figlio, sa con perfetta scienza chi è il Padre e chi è Gesù, sa che il Padre di Gesù è il vero Dio e che Gesù è il vero inviato dal Padre, per compiere nel mondo la redenzione e la salvezza. Questa è la scienza che Gesù dona a coloro che il Padre gli ha dato e questa scienza è possibile solo nel dono del Suo Santo Spirito.
La gloria attraverso l’opera. Gesù glorifica il Padre attraverso l’opera che il Padre gli ha comandato di fare. Quest’opera non è fuori di lui, non sono i segni e i miracoli che lui ha già fatto, quest’opera è ciò che egli si sta accingendo a fare: consegnare se stesso, annullandosi, alla morte e alla morte di croce. Quest’opera sola glorifica il Padre, perché per mezzo di essa Gesù riconosce che il Padre è il suo Signore, al quale la sua vita appartiene e al quale bisogna donarla secondo la sua volontà, secondo il suo comandamento. Questa è l’opera sempre da compiere da parte di ogni discepolo. La fede è vocazione a quest’opera e senza di essa la nostra fede giunge alla sua piena maturità, a quella fruttificazione che è la gloria del Padre attraverso la perdita della nostra vita.
La gloria di prima. Gesù aveva già una gloria, era in possesso di essa a causa della sua natura e Persona divina. Con la sua risurrezione il Padre non solo gli ha dato il frutto della gloria del suo corpo risuscitato, glorioso, incorruttibile e immortale, gli ha dato anche quella gloria che Gesù aveva e che era come nascosta nella sua natura umana. Dopo la sua risurrezione non solo Gesù è riconosciuto come un inviato da Dio accreditato con segni e prodigi, elevato alla gloria del cielo in corpo ed anima, egli è anche riconosciuto come Signore e Dio, come Giudice dei vivi e dei morti, come il Signore dell’uomo ed il suo Creatore, come Colui che è il Vincitore degli inferi e tutto questo nella sua Persona divina, nella quale vive tutta la natura umana e tutta la natura divina.
Le regole della missione. Chi vuole compiere la missione di Gesù deve attenersi alle stesse regole secondo le quali Egli l’ha compiuta. Gesù ha compiuto la missione prima di tutto spendendo interamente la sua vita per la gloria del Padre, perché attraverso il dono di essa, la gloria salisse dall’umanità al Cielo e Dio fosse riconosciuto come l’unico Signore dell’uomo. Questa è la prima regola. Senza questo perenne cammino dell’uomo verso il dono totale di sé al Padre celeste, ogni altra missione è fallimentare, poiché il dono della propria vita al Padre dei cieli è la missione delle missioni, è la missione che deve essere portata a compimento da ogni uomo. La seconda regola è vissuta fuori di noi ed è quella di manifestare e di far conoscere il nome di Dio ai fratelli. Questo si deve operare attraverso l’annunzio della Parola del Padre, che è Parola di Gesù, che è divenuta ora Parola del discepolo di Gesù. Attraverso il dono della Parola si introduce un uomo nella conoscenza del mistero del Padre e del Figlio, lo si innesta in questo mistero, perché compia lo stesso cammino di amore che fu di Gesù.
Gesù non prega per il mondo. Il mondo sono quelli che il Padre non ha dato al Figlio; poiché il Padre non li ha dati, egli non ha alcuna responsabilità verso di loro; se il Padre non glieli ha dati, significa che loro hanno rifiutato la salvezza, si sono posti fuori del cammino della vita. Per costoro Gesù non può pregare; c’è in loro una volontà contraria a quella del Padre, volontà radicata e stabilizzata, senza più alcuna possibilità di cambiamento. Sempre Gesù ha manifestato nel vangelo la condizione di irreversibilità per tutti coloro che sono incorsi nel peccato contro lo Spirito Santo; questo è il peccato che conduce alla morte, come dirà anche Giovanni nella sua prima Lettera e contro questo peccato non c’è possibilità alcuna di una qualche preghiera di conversione. Il cielo e la sua grazia non possono più avere alcun benefico effetto su di loro; per questo Gesù non prega per loro.
Nel mondo, del mondo. Dal momento che i discepoli hanno accolto la Parola di Gesù e hanno ricevuto la vita eterna, sono stati cioè inseriti nel mistero di amore e di conoscenza che regna tra il Padre e il Figlio, essi non appartengono più al mondo. Il mondo è tutto ciò che non conosce la volontà di Dio, che non vuole conoscerla, che si oppone ad essa, che la rifiuta e contro di essa combatte, al fine di distruggerla. Pur essendo passati a Dio, i discepoli di Gesù si trovano a vivere in mezzo a coloro che rifiutano la volontà di Dio, a quanti non la conoscono, a coloro che la manomettono, la travisano; in mezzo a quanti o non sono con Dio perché non vogliono esserlo, o non lo sono perché ancora nessuno lo ha fatto conoscere loro. Il mondo della non fede è l’habitat di coloro che hanno la fede ed è in questo habitat che i discepoli devono vivere, al fine di rendere testimonianza al Padre, di compiere l’opera che il Padre ha loro affidato: di proclamare la Parola di Gesù, che è via di conversione e di salvezza. Essi che non sono del mondo non possono uscire dal mondo; uscire dal mondo sarebbe una rinuncia allo svolgimento della loro missione, che deve essere vissuta e portata a compimento nel mondo.
Custoditi dal Padre. Gesù lascia questo mondo, ritorna al Padre; egli non può più vigilare sui suoi discepoli, non può più custodirli, come ha fatto lungo tutto il corso della sua vita trascorsa insieme a loro. Chiede ora al Padre che prenda sotto la sua cura quanti gli ha dato, li custodisca, li protegga. C’è il maligno che gira attorno a loro per tentarli, per circuirli, per farli nuovamente del mondo, al quale essi non appartengono più. Se il Padre non li prenderà sotto la sua custodia, qualcuno potrebbe andare anche perduto, a causa della fragilità della natura umana. Questa preghiera deve essere sempre elevata da chi ha una certa responsabilità pastorale, da chi ha avuto in consegna da Dio anime da portare alla salvezza; se il Padre non interviene, se il Padre non mette sotto le sue ali quanti sono stati chiamati alla vita eterna, il maligno potrebbe uccidere, disperdere, far smarrire, confondere, allontanare. Gesù conosce l’arte e la scienza diabolica, sa le sue disastrose conseguenze in ordine alla salvezza eterna e per questo prega il Padre che non permetta che il maligno abbia il sopravvento su coloro che gli ha dato e che ora deve lasciare perché è giunto il momento di ritornare a Lui. Questa preghiera deve essere perennemente elevata ogni giorno da tutti, perché è la preghiera della salvezza e per la salvezza; è l’affidamento delle anime a Dio e se Dio non si prende cura di ogni anima, l’anima è sempre in pericolo di dannazione, di perdizione, di ritorno nel mondo.
Una cosa sola. Gesù prega il Padre perché i suoi discepoli vivano la stessa relazione di unità e di amore che intercorre tra Padre e Figlio. Come il Padre è nel Figlio e il Figlio è nel Padre, così i discepoli devono essere nel Padre e nel Figlio uno cosa sola, una sola realtà. Questa è la vocazione ultima dell’uomo, divenire in Dio una cosa sola con lui. Può avvenire questo e come? Può raggiungere l’uomo una tale perfezione? Lo può, a condizione che divenga con Cristo una cosa sola. Sarà Cristo Gesù a far divenire una cosa sola con il Padre colui che è divenuto una cosa sola con lui. Si diviene una cosa sola con lui, quando il suo discepolo diviene una cosa sola con la sua Parola. La Parola è la porta per divenire una cosa sola con Gesù; Gesù è la porta per divenire una cosa sola con il Padre.
La nuova consacrazione. Per questo Gesù chiede al Padre che i suoi siano consacrati nella verità. La verità è la sua Parola, è la perfetta conoscenza della volontà del Padre; è la ricomposizione del loro essere fatto ad immagine e a somiglianza di Dio, ma attraverso la nuova rigenerazione che si compie nelle acque del Battesimo per opera e virtù dello Spirito Santo. Gesù vuole che i suoi discepoli siano interamente consacrati nella verità, vuole cioè che tutta intera la loro esistenza altro non sia che un consumarsi per la verità. Cosa è infatti la consacrazione se non la volontà di consumare la vita per una cosa, togliendola da tutte le altre cose che non sono la cosa per cui si vuole consumare interamente la nostra esistenza? Se la verità è il principio della consumazione del discepolo di Gesù, egli deve togliere la sua vita da ogni altra cosa che non sia la verità, deve abolire dalla sua esistenza quanto non contiene la verità o quanto la verità non esprime al sommo della perfezione.
Mandati nel mondo. Ma il rapporto tra Gesù e i discepoli non si esaurisce con i Dodici. Gesù è venuto per la salvezza del mondo, non per pochi uomini e poche donne solamente. Egli sta per finire la sua missione sulla terra. Chi porterà al mondo intero la Parola che salva? Chi darà loro il Pane della vita? Chi annunzierà la buona novella in Gesù morto e risorto? Sono i discepoli che devono prendere, in tutto, il posto di Gesù, ma prendendo il suo posto, devono prendere anche la sua missione e portarla a compimento come lui l’ha fatto, non solo con la parola e con le opere, con i segni e con i prodigi; devono portarla a compimento anche attraverso il dono della propria vita in rendimento di gloria al Padre celeste. La missione o è completa, o non è missione. Una missione che non preveda la consumazione della propria vita per la gloria del Padre, non è certamente la missione di Gesù.
Consacrati agli altri. Perché i discepoli possono svolgere secondo le modalità di Gesù la missione che lo stesso Gesù ha affidato loro, essi devono consacrare se stessi alla missione, e devono consacrarsi all’amore per i fratelli. Devono spendere la loro vita come Gesù l’ha spesa interamente per condurre nella Parola coloro che il Padre vorrà dare loro. La loro missione è senza sosta e senza tempo, senza principio e senza fine, dovrà durare per tutto il tempo della loro vita, così come ha fatto Gesù. Il segreto perché la missione riesca è lo stesso che fu per Gesù: quello di sapere sempre quale tempo trascorrere con gli uomini, e quale con il Signore, con il suo Santo Spirito, con il Padre dei cieli. Dovranno trascorre molto tempo con il Padre dei cieli perché dovranno sempre sapere cosa è volontà del Padre, da ciò che volontà del Padre non è. Solo dopo aver saputo per rivelazione, per ispirazione, per certezza interiore della coscienza qual è la volontà del Padre, essi dovranno lasciare il Padre e andare nel mondo, comunicare la volontà del Padre e subito dopo ritornare presso il Padre, per implorare la grazia dello Spirito della conversione per quanti hanno ascoltato la loro Parola ed anche per chiedere nuovi lumi e nuova luce per un successivo loro efficace ritorno nel mondo.
La fede per la parola. La Parola dei discepoli diviene il tramite della fede in Gesù. È necessario che nessuna distorsione avvenga nella Parola. I discepoli devono porre ogni attenzione a che la loro sia l’unica Parola di Dio, l’unica Parola di Gesù. Come tra Gesù e il Padre vi era sempre l’unica Parola del Padre e mai nessun elemento estraneo, neanche piccolissimo, si intromise tra il Padre e Gesù, così deve avvenire tra la Parola di Gesù e quella dei discepoli; mai deve intromettersi l’elemento umano, altrimenti la Parola perde di consistenza spirituale e non genera più figli a Dio, non converte a Gesù, non attira uomini per il regno dei cieli. La fedeltà del discepolo alla Parola del Maestro è la via per la conversione dei cuori e per la fede in Gesù, loro Salvatore.
Una cosa sola nella parola. L’assoluta fedeltà alla Parola non è di uno solo; deve essere di tutti i discepoli. La forza dei discepoli del Signore è la loro unità nella Parola, nella professione dell’unica verità. Quando questo non dovesse succedere, la Parola da forza di vita si trasforma in non-parola che è debolezza di morte. La non-parola è una parola che disorienta il mondo, lo confonde, lo conduce su una strada di dubbio e di incertezza; fa sì che non si sappia quale parola sia la vera e quale la parola falsa. E tuttavia nessuna paura; a questa non-parola che è scandalo e disorientamento si può ovviare ad una condizione: che chi crede nella Parola deve dare forma a tutto il suo amore, affinché la carità elevata oscuri la divisione che c’è a causa della non-parola e attraverso la carità si raggiunga l’adesione a Gesù attraverso la Parola vera che il suo discepolo annunzia, ma che non è nella sua coralità, in quanto altri discepoli non sono più consacrati alla verità, avendo scelto vie proprie, elementi umani da inserire a piacere nell’unica parola di salvezza.
Nella gloria di Gesù. Tutto però deve concludersi nel cielo. Gesù chiede al Padre che tutti coloro che sono diventati una cosa sola con la sua Parola diventino anche una cosa sola con la sua gloria, siano i perfetti contemplatori della sua gloria, dell’una e dell’altra gloria, della gloria della divinità, che egli possedeva prima della creazione del mondo e della gloria dell’umanità che si è acquisita con la sua morte in croce in segno di obbedienza e di sottomissione al Padre celeste. La contemplazione della gloria di Gesù produce gioia eterna, felicità senza fine nel cuore dei discepoli del Signore ed è questo, in verità, il Paradiso: gustare e vedere la gloria di Gesù, gloria che egli ha ricevuto dal Padre, che si è conquistata attraverso la sua obbedienza. Parte di questa gloria saranno anche i discepoli di Gesù ed assieme a lui contempleranno la gloria del Padre ed il suo immenso amore in favore della creatura che egli ha fatto a sua immagine.
Un solo amore. Ma ancora non siamo nella gloria del cielo. Gesù pensa alla vita dei suoi discepoli sulla terra. Sa che occorre loro una cosa e questo in un modo indispensabile: loro dovranno possedere nel cuore lo stesso amore con il quale il Padre ha amato il Figlio. Ma questo amore non può ricolmare il cuore dei discepoli direttamente; esso li colmerà se vivranno di conoscenza del Padre, se accoglieranno la conoscenza che Gesù ha portato sulla terra e la faranno diventare loro vita. Quando questo avverrà ed avviene sempre per mezzo della Parola di Gesù, che è la perfetta manifestazione del Padre, l’amore con il quale il Padre ha amato il Figlio scenderà nel loro cuore e attraverso l’amore dei discepoli per la Parola di Gesù, l’amore con il quale Gesù ha amato il Padre diverrà il loro amore e attraverso di loro salirà al cielo l’inno di gloria per il loro Signore e Dio.
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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